Scatta la sanzione per il municipio che ha tappezzato il territorio di telecamere finalizzate ad immortalare i trasgressori in materia di rifiuti senza aver disciplinato il corretto trattamento dei dati personali. Basta infatti la segnalazione di un cittadino per attivare una verifica sulla regolarità privacy dell'intero procedimento e ritrovarsi dalla posizione di controllore a quella di controllato.
Lo ha evidenziato il Garante per la protezione dei dati personali con l'ordinanza ingiunzione numero 214 del 9 giugno 2022. Un Comune ha posizionato diverse fototrappole sul territorio nominando, tra l'altro, ausiliario di polizia giudiziaria un soggetto esterno deputato alla assistenza e manutenzione di numero 4 telecamere finalizzate al controllo delle discariche abusive . Un trasgressore ha proposto con successo censure privacy sia al Giudice di pace che al Collegio evidenziando anche il conflitto di interessi del responsabile della protezione dei dati. A parere del Collegio tutte le argomentazioni difensive adottate dal Comune per giustificare la cattura ed il trattamento dei dati personali ad uso polizia e quindi in parziale deroga alla più stringenti limitazioni previste dal regolamento europeo risultano immotivate. In particolare, a causa della mancata definizione preventiva delle variegate finalità del trattamento effettuato con l'impiego delle fototrappole. In mancanza di qualsiasi regolazione organizzativa di dettaglio sulla legittimità e specifica eventuale ulteriore finalità di prevenzione dei reati del trattamento, sulla possibile differenziata e ampliata base giuridica e sulla necessità e proporzionalità del trattamento medesimo, l'Autorità ha dovuto necessariamente classificare la cattura di immagini per il controllo delle discariche come una mera attività di controllo amministrativo cui si applica soltanto il GDPR . Nel caso in specie, specifica infatti il severo provvedimento, «il Comune tratta dati personali, mediante dispositivi video, per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all'esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento ovvero per accertare condotte che sono sanzionate anzitutto in via amministrativa. Tali trattamenti sono, dunque, del tutto estranei all'attività di pubblica sicurezza e polizia giudiziaria». Trattandosi di mera attività amministrativa tutte le giustificazioni adottate dal Comune sulla possibilità di conservare i dati per un periodo di tempo prolungato e con un uso parziale dei cartelli informativi risultano inadeguate. Nel corso dell'attività istruttoria, prosegue l'ordinanza, «è emerso che il Comune non ha fissato i tempi massimi di conservazione delle immagini riprese mediante le c.d. fototrappole ai fini del contrasto al fenomeno dell'illecito abbandono dei rifiuti e, conseguentemente, con riguardo al caso oggetto di reclamo, ha proceduto all'accertamento delle violazioni amministrative in tempi superiori a due mesi rispetto alla data di registrazione delle immagini. Anche in relazione a tale profilo, il Comune ha sostenuto che i trattamenti di dati personali da esso effettuati sarebbero da ricondursi ad attività di polizia giudiziaria, con conseguente applicazione del d.lgs. 18 maggio 2018, numero 51 . Tali tesi non può, tuttavia, trovare accoglimento, valendo, a tal riguardo, le considerazioni sopra esposte in merito alla piena applicazione delle disposizioni del regolamento e del codice ai trattamenti di dati personali effettuati dal Comune ai fini dell'accertamento di violazioni amministrative in materia ambientale. Di conseguenza, nell'ottica del principio di responsabilizzazione e in ossequio al principio di limitazione della conservazione, il Comune avrebbe dovuto definire i termini massimi di conservazione delle immagini di videosorveglianza per ciascuna finalità di trattamento perseguita, motivando adeguatamente le scelte a tal riguardo compiute». Per concludere nel corso dei giudizi di opposizione alle multe accertate con l'impiego di fototrappole il Comune si è avvalso del patrocinio del proprio avvocato - dpo in palese conflitto di interessi con la sua attività di responsabile della protezione dei dati personali. Si confermano pertanto, conclude l'ordinanza, «le valutazioni preliminari dell'ufficio e si rileva l'illiceità del trattamento di dati personali effettuato dal Comune, per aver posto in essere trattamenti di dati personali mediante dispositivi video in maniera non conforme ai principi di liceità, correttezza e trasparenza, limitazione della conservazione e responsabilizzazione, fornendo un'informativa sul trattamento dei dati personali di primo livello non idonea e omettendo di fornire un'informativa sul trattamento dei dati personali di secondo livello, nonché mettendo il proprio rpd in una posizione di conflitto di interessi, in violazione degli articolo 5, par. 1, lett. a ed e , e par. 2 in combinato disposto con l'articolo 24 , 12, 13 e 38, par. 6, del regolamento». Il Collegio ha quindi adottato misure correttive sanzionando il Comune con una somma di 26 mila euro.
Ordinanza ingiunzione del Garante Privacy del 9 giugno 2022, numero 214