Precarie le condizioni igienico-sanitarie dei locali che ospitano il Provveditorato, la dipendente colpita da problemi di salute deve agire contro il Ministero dell’Istruzione

Accertato il diritto della lavoratrice ad ottenere un adeguato ristoro economico. A pagare deve essere il Ministero in qualità di datore di lavoro. Irrilevante il fatto che a mettere a disposizione i locali incriminati sia stata la Provincia.

Inadeguate le condizioni igienico-sanitarie dei locali che ospitano il Provveditorato agli studi. Ripercussioni inevitabili per una lavoratrice, inquadrata come collaboratrice amministrativa, la quale deve rivalersi direttamente nei confronti del Ministero dell'Istruzione. Irrilevante il fatto che a mettere a disposizione i locali incriminati sia stata la Provincia. A dare il via alla vicenda giudiziaria è la decisione di una donna, collaboratrice amministrativa di un Provveditorato agli studi, di agire contro il Ministero dell'Istruzione, sostenendo di «avere contratto una malattia, con permanente inidoneità al lavoro, a causa delle condizioni igienico-sanitarie del luogo di prestazione del servizio». A fronte di tale azione giudiziaria il Ministero dell'Istruzione chiama in causa la Provincia, osservando che essa «era obbligata a fornire i locali» che ospitavano il ‘Provveditorato' e «a provvedere alla loro manutenzione». Per i giudici di merito però non vi sono dubbi la responsabilità per i problemi di salute della lavoratrice va addossata esclusivamente al Ministero dell'Istruzione. In particolare, in Appello viene sottolineato che «l'azione è stata dispiegata dalla lavoratrice a titolo contrattuale e nei confronti del proprio datore di lavoro, domanda rispetto alla quale non poteva esservi legittimazione passiva della Provincia». Viene aggiunto poi che «la chiamata in causa» proposta dal Ministero dell'Istruzione «non è stata fatta in manleva, ma come chiamata di quello che il Ministero riteneva essere l'effettivo responsabile» tale impostazione è erronea poiché, osservano i giudici, «l'azione della lavoratrice era stata dispiegata verso il datore di lavoro per non avere procurato che la prestazione lavorativa si svolgesse in locali idonei». In conclusione, i giudici d'Appello spiegano che sì «l'ente territoriale era tenuto alla manutenzione dell'immobile» che ospitava il Provveditorato ma comunque «il Ministero dell'Istruzione è da ritenere responsabile, quale datore di lavoro, non essendosi attivato per ottenere senza indugio un'adeguata sistemazione dei locali e dell'immobile, eventualmente provvedendovi in vece dell'ente locale». Infruttuosa la decisione del Ministero dell'Istruzione di proporre ricorso in Cassazione. Anche i giudici di terzo grado, difatti, ritengono palese la responsabilità del Ministero per i problemi di salute riportati dalla lavoratrice a causa delle precarie condizioni igienico-sanitarie dei locali in cui era collocato il Provveditorato. Confermato, in sostanza, «il difetto di legittimazione passiva dell'ente locale», seppur «tenuto per legge alla manutenzione dell'immobile» che ospitava il Provveditorato. I magistrati sottolineano che «costituiscono azioni diverse e potenzialmente coesistenti quella del dipendente nei riguardi del proprio datore a titolo contrattuale per non avere assicurato idonee condizioni di lavoro e quella nei riguardi del diverso ente in ipotesi tenuto alla manutenzione dei locali, evidentemente a titolo diverso, data l'assenza di vincoli di lavoro». Dunque, «è sterile l'insistenza del Ministero sulla possibilità che vi siano responsabilità della Provincia», sia perché, precisano i giudici, «non è stata azionata alcuna domanda di manleva, e dunque non vi erano pronunce da assumere da questo punto di vista», sia perché «la titolarità passiva del rapporto di lavoro è inconfutabilmente in capo al Ministero dell'Istruzione, il quale, pertanto, in ragione di ben precisi coefficienti colposi, non può che risponderne verso la lavoratrice». Indiscutibile, quindi, la colpa datoriale attribuibile al Ministero dell'Istruzione, con conseguente obbligo risarcitorio in favore della lavoratrice.

Presidente Manna – Relatore Bellè Rilevato che 1. N.C., collaboratrice amministrativa del Provveditorato agli Studi di omissis , cui poi è succeduta nel processo la figlia ed unica erede S.R., ha agito in giudizio contro il Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca di seguito, MIUR , assumendo di avere contratto malattia con permanente inidoneità al lavoro a causa delle condizioni igienico sanitarie del luogo di prestazione del servizio su istanza del MIUR, veniva chiamata in giudizio anche la Provincia Regionale di Catania, poi Città Metropolitana di Catania, ritenuta dal Ministero legittimata passiva rispetto all'accaduto, in quanto obbligata a fornire i locali e a provvedere alla loro manutenzione il Tribunale ha accolto la domanda nei confronti del MIUR, dichiarando il difetto di legittimazione passiva della Provincia e la Corte d'Appello ha rigettato il gravame, rilevando come l'azione fosse stata dispiegata dalla lavoratrice a titolo contrattuale e nei confronti del proprio datore di lavoro, domanda rispetto alla quale non poteva esservi legittimazione della Provincia la Corte territoriale aggiungeva che la chiamata in causa non era stata fatta in manleva , ma come chiamata di quello che il MIUR riteneva essere l'effettivo responsabile, con impostazione infondata, in quanto l'azione del lavoratore era stata dispiegata verso il datore di lavoro per non avere procurato che la prestazione si svolgesse in locali idonei precisava ancora la Corte territoriale che, per quanto non vi fosse dubbio che l'ente territoriale fosse tenuto alla manutenzione dell'immobile anche in virtù della disposizione del D.Lgs. numero 297 del 1994, articolo 614 il MIUR era responsabile, quale datore di lavoro, non essendosi attivato per ottenere senza indugio un'adeguata sistemazione dei locali e dell'immobile, eventualmente provvedendovi in vece dell'obbligato 2. il MIUR ha proposto ricorso per cassazione con un motivo, resistito dalla Città Metropolitana di Catania e dalla S. con controricorso la Città Metropolitana ha anche depositato memoria. Considerato che 1. va preliminarmente esclusa la fondatezza dell'eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione, per tardività, sollevata dalla Città Metropolitana non è del tutto chiara la dinamica della notificazione del ricorso per cassazione alla Città Metropolitana, perché la relata fa riferimento ad una raccomandata spedita il 18.4.2016, mentre l'avviso di ricevimento in atti riguarda altra raccomandata pervenuta il 1.8.2016 tuttavia, è certo che il ricorso per cassazione sia stato notificato il 18.4.2016 invio - 21.4.2016 ricezione alla S. e, quindi, tempestivamente rispetto alla notifica della sentenza al MIUR, avvenuta il 26.2.2016 si deve allora tenere presente che la causa in cui si sia verificata la chiamata del terzo presunto titolare passivo del rapporto intercetta un'ipotesi di litisconsorzio necessario processuale, che rende la controversia inscindibile Cass. 28 febbraio 2018, numero 4722 Cass. 8 agosto 2003, numero 11946 , sicché, addirittura in caso di omessa notifica ad una delle parti, si dovrebbe disporre l'integrazione v. ad es., Cass. 3 aprile 2007, numero 8350 pertanto, stante la tempestività rispetto ad una parte, non vi è proprio luogo a discutere di tardività rispetto ad altra parte, comunque evocata in giudizio ancor prima di qualsiasi intervento della Corte 2. l'unico motivo di ricorso denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell' articolo 106 c.p.c. , in relazione all' articolo 360 c.p.c. , numero 3 e con esso si sostiene che la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto il difetto di legittimazione passiva dell'ente territoriale, tenuto per legge alla manutenzione dell'immobile 3. il motivo è infondato 4. è evidente che costituiscono azioni diverse e potenzialmente coesistenti quella del dipendente nei riguardi del proprio datore, a titolo contrattuale per non avere assicurato idonee condizioni di lavoro e quella nei riguardi del diverso ente in ipotesi tenuto alla manutenzione dei locali, evidentemente a titolo diverso, data l'assenza di vincoli di lavoro è dunque sterile l'insistenza del MIUR sulla possibilità che vi siano responsabilità della Provincia, sia perché, come rilevato dalla Corte territoriale, non è stata azionata alcuna domanda di manleva e dunque non vi erano pronunce da assumere da questo punto di vista, sia perché la titolarità passiva del rapporto di lavoro è inconfutabilmente in capo al MIUR il quale, pertanto, in ragione del fatto che la Corte territoriale ha ritenuto di ravvisare in capo ad esso ben precisi coefficienti colposi, non può che risponderne verso il lavoratore d'altra parte, il motivo nulla adduce in ordine alle valutazioni di merito svolte dalla Corte territoriale nel ravvisare la colpa datoriale posta a fondamento dell'obbligo risarcitorio e quindi, sotto questo profilo, nulla quaestio 5. al rigetto del ricorso segue la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore delle controparti delle spese del giudizio di legittimità che liquida, per ciascuna di esse, in Euro 5.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15% ed accessori di legge, con distrazione in favore dell'Avv. Santo Li Volsi, antistatario, per le spese relative alla S.