Conto corrente cointestato: il saldo attivo appartiene esclusivamente al correntista che abbia effettuato versamenti

Nel conto corrente bancario cointestato a più persone i rapporti interni tra correntisti, anche aventi facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, sono regolati dal secondo comma dell’articolo 1854 c.c., in virtù del quale debito e credito si dividono in quote uguali solo se non risulti diversamente ne consegue che, ove, ad esempio, il saldo attivo risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, si deve escludere che l’altro possa, nel rapporto interno, avanzare diritti sul saldo medesimo.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nell'ordinanza numero 23403 depositata il 27 luglio 2022. Il fatto. Un erede testamentaria conveniva in giudizio dinnanzi al Tribunale territorialmente competente la sorella coerede chiedendo di disporre la divisone dell'asse ereditario e di accertare l'avvenuto prelievo dal conto corrente della de cuius ossia la di loro madre , ad opera della convenuta, di ingenti somme di denaro senza giustificazione alcuna a partire dal 2003, nonché di ricomprendere nella massa un'ingente somma di denaro consegnata dalla defunta alla convenuta a titolo di prestito e mai restituita. Il Tribunale adito disponeva con sentenza lo scioglimento della comunione, previa collazione ai sensi dell' articolo 737 c.c. delle donazioni effettuate dalla defunta in favore della coerede convenuta, condannando quest'ultima a pagare all'attrice una certa somma di denaro oltre interessi. Successivamente la Corte d'Appello adita respingeva il gravame avanzato dalla coerede convenuta affermando – quanto alla lamentata nullità della domanda per indeterminatezza delle richieste relative ai “prelievi anomali” ed alla ultrapetizione per aver il Tribunale incluso nella collazione somme non indicate dall'attrice come donazioni – che la domanda inerente ai prelievi sul conto corrente cointestato era chiara e chiedeva di imputare gli stessi alla massa. La coerede convenuta proponeva, quindi, ricorso per Cassazione avverso la decisione della Corte territoriale mentre l'intimata non svolgeva alcuna attività difensiva. Il Collegio ha ritenuto fondato il quarto motivo del ricorso proposto dalla ricorrente con il quale quest'ultima denunciava la violazione dell' articolo 112 c.p.c. per ultrapetizione e degli articolo 1854 e 1298 c.c. circa la contitolarità del conto corrente per non avere l'attrice mai formulato la domanda volta ad accertare che il conto corrente bancario fosse solo fittiziamente cointestato e, nonostante ciò, il CTU nella propria perizia aveva precisato che la presunzione di contitolarità non poteva trovare applicazione e i giudici avevano, conseguentemente deciso, «considerando che tutte le somme in essere sul conto corrente fossero riconducibili alla defunta». Nella specie, i giudici di legittimità, hanno ritenuto preliminare l'esame del predetto motivo di ricorso, il quale attiene, per l'appunto, agli affetti della cointestazione del conto corrente ed alla correlata presunzione di contitolarità delle somme depositate, essendo stati considerati dai giudici del merito come “donazioni” per il corrispondente integrale importo alcune operazioni di prelievo compiute dal medesimo conto. Fatta questa necessaria premessa, secondo il Collegio di legittimità, pur ove si dica insuperata la presunzione di parità delle parti, ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, nei rapporti interni non può disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell'altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all'intero svolgimento del rapporto. La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza della Corte d'Appello rinviandola per il riesame alla stessa Corte in diversa composizione, in quanto – come già detto - ha ritenuto preliminare accertare la titolarità delle somme giacenti sul conto corrente cointestato alla coerede convenuta e alla defunta all'esito di tale accertamento, pertanto, il giudice di rinvio dovrà così specificare quali atti di disposizione del saldo attivo, per l'intero rapporto o per la misura eccedente la eventuale quota parte di eccedenza della convenuta, operati con firma congiunta o disgiunta, fossero volti a realizzare, mediante espressione di un valido consenso contrattuale, un arricchimento della donataria correlato ad un impoverimento della donante, dando così luogo a donazioni dirette, indirette o ad esecuzione indiretta. Concludendo. I giudici, quindi, concludono affermando che l'accoglimento del quarto motivo, trattato prioritariamente per questioni di ordine logico, comporta l'assorbimento dei primi tre motivi attinenti, in sintesi, alla qualificazione della domanda accolta ed alla valutazione del compendio probatorio , la cui decisione perde di immediata rilevanza, investendo profili che potranno essere nuovamente affrontati nel giudizio di rinvio.

Presidente D'Ascola – Relatore Scarpa  Fatti di causa C.L. ha proposto ricorso, articolato in quattro motivi, avverso la sentenza della Corte d'appello di Milano, numero 2020/2017, pubblicata in data 10 maggio 2017. L'intimata C.A.M. non ha svolto attività difensive. Con citazione notificata il 15 ottobre 2012, C.A., erede testamentaria della madre R.G., morta il omissis , convenne in giudizio davanti al Tribunale di Milano la coerede C.L., chiedendo di disporre la divisione dell'asse ereditario e di accertare l'avvenuto prelievo dal conto corrente della de cuius, ad opera della convenuta, di ingenti somme di denaro senza giustificazione alcuna a partire dal 2003, nonché di ricomprendere nella massa la somma di Lire 180.000.000 consegnata da R.G. a C.L. a titolo di prestito e mai restituita. L'attrice precisò che il testamento olografo di R.G., pubblicato il 24 maggio 2011, aveva disposto che il denaro in giacenza sul conto corrente acceso presso la Banca Popolare di Milano Agenzia di omissis , cointestato alla medesima R. ed a C.L., doveva essere suddiviso in parti uguali tra le figlie. Con sentenza del 25 luglio 2016 il Tribunale di Milano dispose lo scioglimento della comunione, previa collazione ai sensi dell' articolo 737 c.c. , delle donazioni effettuate da R.G. in favore di C.L., e condannò quest'ultima a pagare ad C.A.M. l'importo di Euro 31.281,20, oltre interessi. La Corte d'appello di Milano ha poi respinto il gravame avanzato da C.L., affermando - quanto alla lamentata nullità della domanda per indeterminatezza delle richieste relative ai prelievi anomali ed alla ultrapetizione per aver il Tribunale incluso nella collazione somme non indicate dall'attrice come donazioni - che la domanda inerente ai prelievi sul conto corrente cointestato era chiara e chiedeva di imputare gli stessi alla massa. La Corte d'appello ha poi riepilogato, sulla base della documentazione prodotta, le vicende relative al conto corrente bancario cointestato a C.L. e R.G., sul quale dall'apertura omissis per un periodo iniziale, fino all'anno omissis , le due correntiste potevano operare a firma disgiunta, poi dal omissis potevano operare con firma congiunta, e da ultimo potevano operare anche disgiuntamente. La sentenza impugnata ha evidenziato in particolare come operazioni anomale il bonifico di Euro 32.500,00 disposto nel 2003 da C.L. in favore del marito ed il trasferimento di Euro 45.600,00 eseguito nel 2007 in favore del conto della stessa C.L., affermando perciò che avrebbe piuttosto avuto titolo ad essere ricompresa nella massa ereditaria l'intera somma di queste due operazioni Euro 78.100,00 , da aggiungere al relictum Euro 22.641,03 . Il ricorso è stato deciso in Camera di consiglio procedendo nelle forme di cui al D.L. 28 ottobre 2020, numero 137, articolo 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, numero 176 . La ricorrente ha presentato memoria. Motivi della decisione 1. Il primo motivo del ricorso di C.L. deduce la violazione dell' articolo 164 c.p.c. , commi 3 e 4, la nullità della citazione per indeterminatezza della domanda e la conseguente violazione del diritto di difesa. La ricorrente censura la scarna motivazione offerta dalla Corte d'appello, secondo la quale la domanda attorea era chiara , avendo l'attrice, in citazione prima e nella memoria ex articolo 183 c.p.c. , poi, dedotto che i prelievi dal conto corrente fossero senza causa e che il prestito di Lire 180.000.000 del 2001 non era mai stato restituito, e quindi richiesto che i relativi importi venissero perciò conferiti alla massa ereditaria e conteggiati nel progetto divisionale , tenendo conto di eventuali collazioni . La censura lamenta che tale formulazione della domanda aveva costretto la convenuta a difendersi relativamente a circostanze, nei fatti, poi rivelatesi ininfluenti, impedendole invece di argomentare su quello che poi è stato per come trasformato dal giudice di prime cure l'oggetto del giudizio e cioè le donazioni effettuate dalla signora R. alla figlia L. . Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione dell' articolo 112 c.p.c. e dell'articolo 737 c.c., ovvero la violazione del principio in base al quale ai fini della collazione devono essere individuati i beni che si ritengono collazionabili, e conseguente vizio di ultrapetizione. Corrispondenza tra il richiesto e il pronunciato . Si espone che mai l'attrice aveva qualificato i denunciati prelievi anomali dal conto corrente come donazioni, avendo piuttosto utilizzato indebitamente tale qualificazione il Tribunale. Il terzo motivo del ricorso di C.L. reca la seguente rubrica u lteriore prova e conferma della fondatezza dei motivi di gravame sopra esposti viene implicitamente fornita dalla Corte nel momento in cui va ad analizzare il merito della vicenda e dunque a ricostruire l'asse ereditario, sfociando anch'essa, come sfociò il primo Giudice, in una evidente violazione dell' articolo 116 c.p.c. e dell'articolo 2697 c.c., in relazione all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3, sebbene per motivi differenti da quelli riscontrati nella sentenza di primo grado . Questo motivo espone che l'evidente indeterminatezza della domanda ha comportato che il Tribunale e la Corte d'appello, chiamati a determinare la consistenza dell'asse ereditario, siano giunti a conclusioni drasticamente differenti. La Corte d'appello, infatti, nella determinazione del relictum, ha disatteso il ragionamento seguito dal primo giudice ed ha ignorato la CTU, essendosi limitata a rilevare come di tutte le operazioni eseguite dalla signora C.L., le uniche delle quali la stessa non ha fornito giustificazione , risultano essere il bonifico di Euro 32.500,00 effettuato nel omissis e l'assegno di Euro 45.600,00 del omissis . In tal modo, la Corte di Milano si sarebbe sostituita all'attrice, individuando quelle che avrebbero potuto/dovuto essere riconosciute come donazioni peraltro, i giudici di appello non avrebbero rilevato che le somme oggetto del bonifico di Euro 32.500,00 furono poi nella quasi totalità versate nuovamente sul conto della mamma con giroconto del omissis per Euro 30.000,00 . Il quarto motivo di ricorso denuncia la violazione dell' articolo 112 c.p.c. per ultrapetizione e degli articolo 1854 e 1298 c.c. , circa la contitolarità del conto corrente. Si osserva che C.A. non aveva mai formulato la domanda volta ad accertare che il conto corrente fosse solo fittiziamente cointestato nonostante ciò, il CTU nella propria perizia aveva precisato che la presunzione di contitolarità non poteva trovare applicazione e i giudici avevano conseguente deciso considerando che tutte le somme in essere sul conto corrente fossero riconducibili alla signora R. . La ricorrente si duole che la Corte d'appello non abbia reso alcuna decisione in ordine alla censura attinente alla contitolarità del denaro giacente sul conto cointestato. 2. Risulta preliminare l'esame del quarto motivo di ricorso, il quale attiene agli effetti della cointestazione del conto corrente ed alla correlata presunzione di contitolarità delle somme depositate, essendo stati considerati dai giudici del merito come donazioni per il corrispondente integrale importo alcune operazioni di prelievo compiute dal medesimo conto. 2.1. La citazione notificata il 15 ottobre 2012 da C.A. chiedeva di accertare in capo all'attrice la qualità di erede di C.L., di procedere alla divisione dei beni relitti, nonché, appunto, di accertare i prelievi ingiustificati di ingenti somme di danaro effettuati da C.L. sul conto corrente cointestato acceso presso la Banca Popolare di Milano Agenzia di OMISSIS , ed ancora la consegna di Lire 180.000.000 a titolo di prestito eseguita dalla de cuius in favore della convenuta, al fine di disporre che tutti tali importi venissero conferiti alla massa ereditaria . Nell'esporre gli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, la citazione introduttiva di C.A. dapprima lamentava la non congruenza delle operazioni effettuate sul conto corrente rispetto alle esigenze di vita della R., chiedendo che i rispettivi importi salvo diversa e puntuale dimostrazione di loro imputazione , confluissero nella massa poi faceva cenno alla mancata restituzione del prestito di Lire 180.000.000 infine richiamava il disposto dell' articolo 737 c.c. , circa l'obbligo di collazione. Nella memoria ex articolo 183 c.p.c. , comma 6, numero 1 , depositata il 17 giugno 2013, l'attrice ribadiva che i prelievi dal conto corrente cointestato erano senza causa né giustificazione nella memoria ex articolo 183 c.p.c. , comma 6, numero 3 , depositata il 23 settembre 2013, l'attrice controdeduceva di aver richiesto la collazione già in citazione col richiamo all' articolo 737 c.c. . 2.2. Il Tribunale di Milano, nella sentenza del 25 luglio 2016, affermò che l'attrice aveva specificamente chiesto lo scioglimento della comunione ereditaria e la conseguente divisione dell'asse ereditario relitto dalla defunta madre R., previa collazione ai sensi dell' articolo 737 c.c. . Quanto al saldo creditore di Euro 22.641,03, oltre interessi pari ad Euro 0,12, emergente dal conto corrente cointestato alla medesima R. ed a C.L., acceso presso la Banca Popolare di Milano Agenzia di omissis , il Tribunale di Milano sostenne che nessuna delle parti dubitava che esso cadesse in successione in quanto il conto era alimentato da un rapporto di provvista costituito dalla pensione della R. . In primo grado, la domanda inerente alla somma oggetto di mutuo venne respinta a seguito del disconoscimento della copia della scrittura che ne costituiva prova. In prosieguo, la sentenza del Tribunale di Milano reputò documentalmente provato dagli estratti conto allegati dall'attrice che il conto corrente bancario cointestato presso la Banca Popolare di Milano Agenzia di omissis fosse alimentato esclusivamente dai versamenti relativi alla pensione di R.G., come riscontrato anche dalla espletata CTU contabile, dando perciò per superata la presunzione ex articolo 1854 c.c. e articolo 1298 c.c. , comma 2. Potendo le correntiste fino al omissis operare solo congiuntamente, la sentenza di primo grado ravvisò la volontà della R. di attribuire a C.L. un vantaggio patrimoniale per spirito di liberalità nell'apposizione della firma da parte della prima per tutti quei prelievi che non trovavano giustificazione nel rimborso di spese sostenute dalla figlia. L'animus donandi, ad avviso del Tribunale, connotava poi anche le operazioni in conto corrente eseguite dal omissis , quando le correntiste potevano disporre disgiuntamente, avendo la R., attraverso il vaglio degli estratti conto e delle comunicazioni riassuntive bancarie , ratificato i prelievi compiuti dalla figlia L., in quanto donazioni effettuate a titolo di mera e spontanea elargizione . Il Tribunale specificò in sentenza di aver rimesso alle determinazioni di un consulente tecnico d'ufficio il calcolo dell'entità del donatum in favore di C.L. da parte della de cuius R., tenendo conto del diritto di abitazione spettante a quest'ultima sull'appartamento della figlia L. e dei mesi in cui la R. si era recata presso l'altra figlia A In particolare, la sentenza di primo grado decise di aderire alla tabella di calcolo B stilata dall'ausiliare, che calcolava in Euro 800,00 l'uscita media mensile dal conto, da intendersi ragionevole esborso sostenuto da L. nell'interesse della madre. Il donatum, soggetto a collazione, da imputare a C.L., fu quantificato dal Tribunale in Euro 44.205,00, pari all'entità dell'eccedenza non rendicontata , sicché, considerato altresì il relictum e quantificata la massa da dividere in complessivi Euro 66.398,96, detratto l'importo delle spese funerarie sostenute dalla convenuta, questa fu condannata a versare ad C.A. la somma di Euro 31.281,20. 2.3. Veniva proposto appello unicamente da C.L., la quale censurava 1 la violazione dell' articolo 164 c.p.c. , per l'indeterminatezza della domanda 2 la violazione dell' articolo 112 c.p.c. e dell'articolo 737 c.c., assumendosi che l'attrice C.A. avesse qualificato come donazione soltanto il supposto prestito di Lire 180.000.000, domanda che era stata rigettata, e giammai i prelievi dal conto corrente cointestato 3 la violazione dell' articolo 115 c.p.c. e dell'articolo 2947 c.c., circa la natura di donazione riconosciuta ai prelievi dal conto corrente 4 la violazione degli articolo 742 e 770 c.c. , quanto alla ricomprensione nella collazione dei prelievi dal conto corrente 5 la violazione dell' articolo 112 c.p.c. e degli articolo 1854 e 1298 c.c., non essendo mai stata formulata domanda volta ad accertare la fittizia cointestazione del conto corrente 6 la violazione dell' articolo 116 c.p.c. , in ordine alla valutazione delle risultanze della CTU. 2.4. La sentenza della Corte d'appello di Milano, come visto, ha inteso la domanda di C.A. come volta a imputare i prelievi alla massa , affermando che come qualificare giuridicamente tali prelievi è compito del giudice . I giudici di secondo grado hanno poi individuato due operazioni anomale effettuate da C.L. sul conto corrente cointestato il bonifico di Euro 32.500,00 disposto il omissis con firma della sola C.L. ed il trasferimento di Euro 45.600,00 eseguito il omissis con assegno a firma di entrambe le correntiste emesso in favore del conto della stessa C.L Di questa seconda operazione la Corte di Milano ha affermato che correttamente è stata qualificata come donazione . Ad avviso dei giudici di appello, avrebbe dovuto, comunque, ricomprendersi nella massa ereditaria la somma delle due specifiche operazioni descritte pari ad Euro 78.100,00 , da unire al relictum Euro 22.641,03 , il che avrebbe giustificato una maggior pretesa di C.A., pari ad Euro 48.422,50, rilevando, tuttavia, che quest'ultima non aveva svolto appello incidentale. Rispondendo al quarto motivo di appello, la Corte di Milano ha sostenuto che non potevano peraltro ravvisarsi nel caso in esame liberalità d'uso, quanto, semmai, donazioni remuneratorie ai sensi dell' articolo 770 c.c. , comma 1. 2.5. Il Tribunale di Milano aveva, quindi, accolto la domanda di C.A., intendendo la stessa come azione di divisione ereditaria previa collazione dei prelievi di somme dal conto corrente cointestato e ravvisando in tali operazioni bancarie atti di liberalità, con i quali si era realizzato un arricchimento della donataria C.L. correlato ad un impoverimento della donante R.G 2.6. La Corte d'appello di Milano ha ribadito a sua volta che la domanda di C.A. era fondata per non aver la convenuta fornito adeguata giustificazione dei prelievi disposti sul conto cointestato, traendo sulla base di tale ragionamento la prova di un debito della condividente C.L. di importo superiore a quello che secondo il Tribunale era stato versato a titolo di liberalità e del quale la prima sentenza aveva perciò disposto la collazione per imputazione. 2.7. La collazione ereditaria suppone, del resto, che si sia in presenza di donazioni fatte in vita dal de cuius, giacché essa in entrambe le forme previste dalla legge, per conferimento del bene in natura ovvero per imputazione - è uno strumento giuridico volto alla formazione della massa ereditaria da dividere al fine di assicurare l'equilibrio e la parità di trattamento tra i vari condividenti, così da non alterare il rapporto di valore tra le varie quote, da determinarsi, in relazione alla misura del diritto di ciascun condividente, sulla base della sommatoria del relictum e del donatum al momento dell'apertura della successione, e quindi garantire a ciascuno degli eredi la possibilità di conseguire una quantità di beni proporzionata alla propria quota. Perciò l'obbligo della collazione sorge automaticamente a seguito dell'apertura della successione salva l'espressa dispensa da parte del de cuius nei limiti in cui sia valida e i beni donati devono essere conferiti indipendentemente da una espressa domanda dei condividenti, essendo sufficiente a tal fine la domanda di divisione e la menzione in essa dell'esistenza di determinati beni, facenti parte dell'asse ereditario da ricostruire, quali oggetto di pregressa donazione Cass. Sez. 2, 01/02/1995, numero 1159 Cass. Sez. 2, 18/07/2005, numero 15131 Cass. Sez. 2, 12/08/2010, numero 18625 . E' tuttavia pregiudiziale all'obbligo di collazione la proposizione della domanda di accertamento dell'esistenza di una donazione indiretta Cass. Sez. 2, 23/07/2019, numero 19833 . 2.8. Ne' il Tribunale né la Corte d'appello hanno qualificato la domanda di C.A. come azione di accertamento con funzione recuperatoria, riconducibile alla petizione di eredità ex articolo 533 c.c. , quale è quella con cui l'erede chieda di ricomprendere nell'attivo ereditario anche il credito spettante al de cuius per le somme di cui un coerede si sia illegittimamente appropriato prima della sua morte arg. da Cass. Sez. 6 - 2, 24/09/2020, numero 20024 Cass. Sez. 2, 28/12/2004, numero 24034 anche Cass. Sez. 2, 31/10/2016, numero 22005 diversamente Cass. Sez. 2, 09/02/2011, numero 3181 , quanto all'azione esperibile per far ricadere in successione somme di denaro che l'ereditando abbia, prima della sua morte, rimesso, senza una apparente causa giustificativa, al futuro erede e che questi abbia o abbia avuto nella disponibilità, in forza di un titolo giuridico preesistente ed indipendente rispetto alla morte del de cuius . 2.9. Essendo, in ogni caso, la sentenza impugnata pervenuta alla conclusione che si dovesse recuperare nell'asse ereditario da dividere l'intera somma di Euro 78.100,00, risultante dai due prelievi dal conto cointestato operati nel omissis il primo dalla sola C.L. ed il secondo a firma congiunta delle due correntiste , è da intendersi in quanto donazioni soggette a collazione, occorreva chiarire, in risposta al quinto motivo di appello, perché è stata ritenuta superata la presunzione di proprietà comune delle somme sul medesimo conto, questione che il Tribunale aveva risolto sulla base della considerazione che il rapporto bancario era alimentato esclusivamente dai versamenti relativi alla pensione . Non risulta altrimenti accertato che, nella specie, si era trattato di cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di danaro depositata presso un istituto di credito appartenuta all'atto della cointestazione ad uno solo dei cointestatari cfr. Cass. Sez. 2, 10/04/1999, numero 3499 Cass. Sez. 2, 12/11/2008, numero 26983 . I principi più volte ribaditi da questa Corte affermano, invero, che nel conto corrente bancario intestato a più persone i rapporti interni tra correntisti, anche aventi facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, sono regolati non dall' articolo 1854 c.c. , riguardante i rapporti con la banca, bensì dell' articolo 1298 c.c. , comma 2, in virtù del quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali solo se non risulti diversamente ne consegue che, ove, ad esempio, il saldo attivo risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, si deve escludere che l'altro possa, nel rapporto interno, avanzare diritti sul saldo medesimo. Peraltro, pur ove si dica insuperata la presunzione di parità delle parti, ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, nei rapporti interni non può disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell'altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all'intero svolgimento del rapporto cfr. Cass. Sez. 2, 04/01/2018, numero 77 Cass. Sez. 2, 02/12/2013, numero 26991 Cass. Sez. 2, 19/02/2009, numero 4066 Cass. Sez. 1, 01/02/2000, numero 1087 Cass. Sez. 1, 09/07/1989, numero 3241 . Accertata la titolarità delle somme giacenti sul conto corrente acceso presso la Banca Popolare di Milano Agenzia di omissis , cointestato a R.G. ed a C.L., il giudice di rinvio dovrà così specificare quali atti di disposizione del saldo attivo, per l'intero importo o per la misura eccedente la eventuale quota parte di spettanza di C.L., operati con firma congiunta o disgiunta, fossero volti a realizzare, mediante espressione di un valido consenso contrattuale, un arricchimento della donataria correlato ad un impoverimento della donante, dando così luogo a donazioni dirette, indirette o ad esecuzione indiretta cfr. Cass. Sez. Unumero , 27/07/2017, numero 18725 . 3. L'accoglimento del quarto motivo, trattato prioritariamente per questioni di ordine logico, comporta l'assorbimento dei primi tre motivi attinenti, in sintesi, alla qualificazione della domanda accolta ed alla valutazione del compendio probatorio , la cui decisione perde di immediata rilevanza, investendo profili che potranno essere nuovamente affrontati nel giudizio di rinvio. In conclusione, deve accogliersi il quarto motivo di ricorso, restando assorbiti i primi tre motivi, e la sentenza impugnata deve essere cassata nei limiti della censura accolta, con conseguente rinvio, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione, che deciderà la causa uniformandosi ai richiamati principi di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M . La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata nei limiti della censura accolta e rinvia la causa alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 aprile 2022.