Indennità di mobilità e indennità sostitutiva del preavviso: quando possono sovrapporsi?

«In tema di indennità di mobilità, l'articolo 7, comma 12, della l. numero 223/1991 rinvia alla normativa che disciplina l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione e, quindi, all'articolo 73 del r.d.l. numero 1827/1935, conv. nella l. numero 1155/1936, che differisce la decorrenza dell'indennità di disoccupazione alla fine del periodo di preavviso solo se l'indennità sostitutiva del preavviso sia stata pagata dal datore ne consegue che l'istituto previdenziale non è esonerato dall'erogazione dell'indennità di mobilità per il periodo coperto dall'indennità di mancato preavviso qualora non sia provato che quest'ultima sia stata effettivamente corrisposta».

Così ha deciso la Corte di cassazione con l'ordinanza numero 22154/2022 del 13 luglio 2022. La ratio comune delle due indennità. Il fallimento ricorrente in Cassazione denunciava alla Suprema Corte la non cumulabilità, da parte del lavoratore licenziato, del diritto all'indennità di mobilità pacificamente riconosciuta da INPS con quella di mancato preavviso, avendo i due istituti la stessa ratio legis , ossia, sostenere il lavoratore nel periodo di ricerca di una nuova occupazione. La Corte di Cassazione dichiara infondato il ricorso, ritenendo la cumulabilità delle due indennità nel caso di specie. La disciplina dell'indennità di mobilità. L' articolo 7, comma 12 l. numero 223/1991 dispone che l'indennità di mobilità sia regolata dalla normativa che disciplina l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione ebbene, l'articolo 73 della normativa fondamentale sulla indennità di disoccupazione, di cui al R.D.L. numero 1827/1935, convertito in  l. numero 1155/1936 , fissa sì la decorrenza della indennità di disoccupazione a partire dalla fine del periodo di preavviso, ma solo se la relativa indennità sostitutiva sia stata corrisposta dal datore. Si prevede, infatti, al secondo comma che «qualora all'assicurato sia pagata una indennità per mancato preavviso, l'indennità per disoccupazione è corrisposta dall'ottavo giorno successivo a quello della scadenza del periodo corrispondente alla indennità per mancato preavviso ragguagliata a giornate». Da qui, la regola per cui l'Istituto viene esonerato dal pagamento dell'indennità di disoccupazione e, quindi per rinvio, dell'indennità di mobilità, per tutto il periodo coperto dall'indennità sostitutiva erogata dal datore di lavoro, ma ciò solo se il datore medesimo effettivamente la corrisponda. Viceversa, in caso di mancata erogazione di tale indennità, ed a prescindere dal fatto che il lavoratore ne abbia o meno diritto nei confronti del datore di lavoro, non opera il differimento del pagamento della prestazione previdenziale fino alla scadenza del periodo di preavviso non lavorato, poichè tale differimento è previsto, si ribadisce, solo nel caso in cui «all'assicurato sia pagata una indennità per mancato preavviso » . Sembra quasi banale precisare che una simile disciplina ha quale scopo evitare che le parti lavoratore datore di lavoro stipulino accordi a danno degli istituti previdenziali. Il principio di diritto enunciato dall'ordinanza in commento, peraltro, trova le proprie radici in uno storico e consolidatissimo orientamento giurisprudenziale dal quale non si intende prendere le distanze.

Presidente Doronzo - Relatore Patti Riilevato che 1. con decreto 9 luglio 2018, il Tribunale di Civitavecchia ha ammesso C.R. in prededuzione in via privilegiata ai sensi dell' articolo 2751 bis numero 1 c.c. allo stato passivo del Fallimento omissis  s.p.a. per i crediti di Euro 278,30 per retribuzione maturata per la prestazione lavorativa resa dal 29 al 31 maggio 2014, di Euro 21.145,70 per indennità di mancato preavviso di licenziamento e di Euro 1.616,00 per quota di T.f.r. maturata sull'indennità di mancato preavviso in accoglimento della sua opposizione allo stato passivo, dal quale erano stati integralmente esclusi i crediti insinuati per la complessiva somma di Euro 27.147,63, oltre che per i suindicati importi ammessi, anche per il credito di Euro 4.107,63, a titolo di retribuzione maturata di cui Euro 142,480 per ferie non godute e Euro 486,14 per ratei di tredicesima e quattordicesima mensilità relativi all'anno 2015 dal 10 gennaio 2015, data di cessazione delle percezione della C.I.G.S. al 15 febbraio 2015, data di decorrenza del licenziamento intimato il 9 febbraio 2015 2. ravvisata la spettanza della retribuzione maturata dalla lavoratrice per la comprovata prestazione di attività lavorativa tra la dichiarazione di fallimento, con autorizzazione all'esercizio provvisorio dell'impresa 28 maggio 2014 e l'inizio della Cassa Integrazione 1 giugno 2014 ed esclusa invece per il successivo periodo dal 10 gennaio al 15 febbraio 2015 in difetto di una tale prova, il Tribunale ha in particolare ritenuto dovuta alla lavoratrice l'indennità di mancato preavviso, per la durata di otto mesi ai sensi dell'articolo 34 del CCNL di categoria, per licenziamento intimato dal curatore per cessione dell'azienda, e quindi per causa a lei non imputabile, non avendo ella rinunciato all'indennità con l'accordo sindacale del 29 dicembre 2014, riguardante i soli lavoratori collocati in mobilità entro il 31 dicembre 2014 e percepito l'indennità di mobilità ostativa alla percezione di quella di mancato preavviso soltanto se relativa al medesimo periodo in epoca successiva agli otto mesi di preavviso, con irrilevanza dell'asserita difficoltà della curatela di previsione della durata dell'esercizio provvisorio. E il riconoscimento dell'indennità ha comportato quella della relativa quota di T.f.r., a norma dell'articolo 34 CCNL, comma 18 3. con atto notificato il 2 agosto 2018, la curatela fallimentare ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, cui la lavoratrice ha resistito con controricorso 4. entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell' articolo 380bis1 c.p.c. . Considerato che 1. in via preliminare, deve essere ritenuta l'infondatezza dell'eccezione di illegittimità della notificazione del ricorso, posto che l'irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata per le ragioni indicate sub p.to 1 di pgg. 4 e 5 del controricorso non ne comporta la nullità Cass. 15 gennaio 2020, numero 532 , in specifico riferimento ad un messaggio di posta elettronica certificata contenente in allegato un file in formato “.pdf” creato mediante la scansione della copia cartacea del ricorso , se la consegna telematica abbia comunque prodotto il risultato della conoscenza dell'atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale Cass. s.u. 18 aprile 2016, numero 7665 Cass. s.u. 29 settembre 2018, numero 23620 Cass. 15 gennaio 2020, numero 532 , cit. Cass. 15 luglio 2021, numero 20214 come appunto avvenuto nel caso di specie, in cui la lavoratrice si è tempestivamente costituita in giudizio e difesa 2. il fallimento ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione dell' articolo 2118 c.c. , dell'articolo 34 CCNL del Trasporto Aereo, commi 11 e 15, della L. numero 223 del 1991, articolo 7, del R.D.l. numero 1827 del 1935, articolo 77, per la non cumulabilità, da parte del lavoratore licenziato, del diritto all'indennità di mobilità che gli sia stata riconosciuta con l'indennità di mancato preavviso, avendo i due istituti la stessa ratio di sostegno del lavoratore nel tempo di ricerca di una nuova occupazione ai fini della sovrapposizione dei periodi, rilevando la data in cui il lavoratore abbia maturato il diritto di percezione dell'indennità di mobilità, al momento di cessazione del rapporto di lavoro a causa di licenziamento, coincidente con quello di maturazione dell'indennità di mancato preavviso qualora esso non sia stato lavorato e non in cui egli abbia scelto, a propria discrezione, di attivare l'indennità di mobilità primo motivo contraddittoria motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, in ordine all'affermazione, dapprima, del divieto di percezione dell'indennità di mancato preavviso da parte del lavoratore, che abbia diritto ad un'altra indennità nel caso di specie di mobilità , che pure sia volta a sopperire al mancato svolgimento dell'attività lavorativa ed al riconoscimento, poi, della doppia indennità secondo motivo 3. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono infondati 4. in tema di indennità di mobilità, la L. numero 223 del 1991, articolo 7, comma 12, rinvia alla normativa che disciplina l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione e quindi al R.D.l. numero 1827del 1935, articolo 73, conv. nella L. numero 1155 del 1936 , che differisce la decorrenza dell'indennità di disoccupazione alla fine del periodo di preavviso solo se l'indennità sostitutiva del preavviso sia stata pagata dal datore con la conseguenza che l'istituto previdenziale non è esonerato dall'erogazione dell'indennità di mobilità per il periodo coperto dall'indennità di mancato preavviso, qualora non sia provato che quest'ultima sia stata effettivamente corrisposta Cass. 9 marzo 2012, numero 3836 Cass. 28 dicembre 2012, numero 24159 , con affermazione del principio ai sensi dell' articolo 360bis c.p.c. , numero 1 Cass. 21 giugno 2021, numero 17606 , in più specifico riferimento alla rilevanza in ambito previdenziale del periodo di preavviso non lavorato, per il quale sia stata corrisposta l'indennità sostitutiva, nonostante la sua natura obbligatoria e la cessazione immediata del rapporto lavorativo e al suo computo ai fini del raggiungimento del requisito dei due anni d'iscrizione nell'AGO contro la disoccupazione involontaria, per la corresponsione dell'indennità ordinaria di disoccupazione 4.2. nel caso di specie, il Tribunale ha accertato la richiesta e la percezione, da parte della lavoratrice licenziata, dell'indennità di mobilità dal 16 ottobre 2015, decorsi gli otto mesi di diritto alla percezione dell'indennità di mancato preavviso secondo capoverso di pag. 6 del decreto peraltro, irrilevante ai fini della spettanza in ogni caso alla lavoratrice dell'indennità di mancato preavviso, per la sola variazione del termine di decorrenza dell'indennità di mobilità, a seconda del pagamento o meno dal datore di lavoro della seconda 4.3. le superiori argomentazioni escludono pure ogni contraddittorietà di motivazione del decreto, neppure configurabile per effetto della novellazione del testo dell' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 5 Cass. s.u. 7 aprile 2014. numero 8053 5. pertanto il ricorso deve essere rigettato, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, numero 23535 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13 , comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.