Può ritenersi affetto da abnormità «non solo il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori di casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite».
In seguito ad un incidente stradale, un imputato, accusato di aver violato le norme del Codice della strada e aver cagionato la morte di un motociclista, ricorre in Cassazione deducendo l'abnormità dell'ordinanza resa dal giudice di primo grado, avente ad oggetto, quale thema probandum, quello dell'identificazione del soggetto alla guida dell'autocarro al momento del sinistro. Il ricorso è manifestamente infondato. Il Collegio ricorda che il paradigma del provvedimento abnorme «si discosta e diverge non solo dalla previsione di determinate norme ma anche dall'intero sistema organico della legge processuale, così da porsi come un atto insuscettibile di ogni inquadramento normativo e da risultare imprevisto e imprevedibile rispetto alla tipizzazione degli atti processuali compiuta dal legislatore» Cass. numero 3010/1996, numero 4121/1992, numero 1338/1992 . Inoltre, è abnorme non solo il provvedimento che, per la sua singolarità, «non sia inquadrabile nell'ambito dell'ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite» Cass. numero 757/1997, numero 4023/1996, numero 182/1994 . Esso, quindi, rappresenta «un'evenienza del tutto eccezionale essendo emesso in assoluta carenza di potere, oltre che con radicale divergenza dagli schemi e con i principi ispiratori dell'ordinamento processuale» Cass. numero 2628/1993 e l'abnormità inerisce solo a quei provvedimenti che si presentano avulsi dagli schemi normativi. Ne consegue, quindi, che possa ritenersi affetto da abnormità «non solo il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall'intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori di casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite».
Presidente Dovere – Relatore Cirese Ritenuto in fatto Con sentenza in data 21 marzo 2016 la Corte d'appello di Ancona ha riformato unicamente in punto di trattamento sanzionatorio, con la concessione delle circostanze attenuanti generiche, la sentenza con cui il Tribunale di Pesaro in data 17 luglio 2012 aveva ritenuto A.A. colpevole del reato di cui all'articolo 589, comma 2, c.p., per avere causato, con violazione delle norme del codice della strada, la morte di M.V. e lo aveva condannato alla pena di un anno di reclusione oltre alla sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida per anni due nonché al risarcimento del danno in favore delle parti civili. Il fatto è stato così ricostruito nelle sentenze di merito in data omissis l'A. , quale conducente dell'autocarro Iveco 35SO4 tg. … , percorrendo in … la omissis con direzione periferia-centro, per imprudenza, negligenza, imperizia ed inosservanza delle norme sulla circolazione stradale, in particolare effettuando il sorpasso del ciclomotore … . … condotto da M.V. , collideva con il medesimo venendo così a contatto la parete destra del furgone con il fianco sinistro del ciclomotore condotto dal M. che, a seguito delle gravissime lesioni riportate, decedeva in data omissis . 2. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del suo difensore, con un unico motivo rubricato Violazione dell'articolo 606 c.p.p. lett. c in relazione all'articolo 507 c.p.p. deducendo l'abnormità dell'ordinanza resa in data 14 marzo 2012 dal giudice di primo grado con cui lo stesso ha indicato alle parti ai sensi dell'articolo 506 c.p.p., come tema di prova necessario ai fini della decisione, quello della individuazione del soggetto conducente dell'autocarro. 3. Con requisitoria scritta il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha chiesto il rigetto del ricorso. Il difensore dell'imputato ha depositato conclusioni scritte. Le parti civili costituite hanno depositato memoria con cui hanno chiesto il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1.1. Il ricorso è manifestamente infondato. La censura ha ad oggetto la pretesa abnormità dell'ordinanza dibattimentale del 14 marzo 2012 con cui il giudice di primo grado ha indicato alle parti ex articolo 506 c.p.p. quale thema probandum quello della identificazione del soggetto alla guida dell'autocarro al momento del sinistro. A seguito di tale indicazione il Pubblico Ministero ha svolto attività integrativa di indagine ed il giudizio di primo grado si è concluso con la condanna dell'odierno imputato. La questione già oggetto di motivo di appello e segnatamente del terzo motivo è stata risolta dalla Corte territoriale ritenendo che l'ordinanza de qua non si espone nè alla denuncia di nullità assoluta, nè di inutilizzabilità nè tantomeno di abnormità pur dovendo essere sussunta nel paradigma dell'articolo 507 c.p.p. in luogo che in quello dell'articolo 506 cod.proc. penumero . 1.2. Al fine di valutare la fondatezza della doglianza, occorre premettere che la categoria dell'abnormità dell'atto è di creazione pretoria e rappresenta il risultato di una lunga elaborazione giurisprudenziale con cui, a partire dal codice del 1930, è stata creata una categoria autonoma accanto a quella tradizionale dell'invalidità. L'intento è stato quello di introdurre un correttivo al principio della tassatività dei mezzi di impugnazione, nel senso che si è inteso apprestare il rimedio del ricorso per cessazione contro quei provvedimenti che, pur non essendo oggettivamente impugnabili, risultino, tuttavia, effetti da anomalie genetiche o funzionali così radicali da non poter essere inquadrati in alcuno schema legale. Il ricorso per cassazione costituisce, pertanto, lo strumento processuale utilizzabile per rimuovere gli effetti di un provvedimento che, per la singolarità e la stranezza del suo contenuto, deve essere considerato avulso dall'intero ordinamento giuridico. In mancanza di una definizione legislativa, la giurisprudenza della Suprema Corte ha configurato il paradigma del provvedimento abnorme ponendone in risalto i caratteri salienti nel fatto che esso si discosta e diverge non solo dalla previsione di determinate norme ma anche dall'intero sistema organico della legge processuale, così da porsi come un atto insuscettibile di ogni inquadramento normativo e da risultare imprevisto e imprevedibile rispetto alla tipizzazione degli atti processuali compiuta dal legislatore Sez. 3, numero 3010 del 9 luglio 1996 P.M. in proc. Cammarata, Rv. 206059 Sez. 6, numero 4121 del 19 novembre 1992, Bosca, Rv. 192943 Sez. 5, numero 1338 del 22 giugno 1992, P.M. in proc. Zinno, Rv. 191559 . In altre decisioni è stato precisato che è abnorme non solo il provvedimento che, per la sua singolarità, non sia inquadrabile nell'ambito dell'ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite Sez. 3, numero 757 del 21 febbraio 1997, Piccoli, Rv. 207297 Sez. 1, numero 4023 dell'11 giugno 1996, P.M. in proc. Settegrana, Rv. 205358 Sez. 5, numero 182 del 13 gennaio 1994, P.M. in proc. Marino ed altro, Rv. 197091 . Nella ricerca degli elementi qualificanti la figura del provvedimento abnorme è stato altresì stabilito che l'atto abnorme rappresenta un'evenienza del tutto eccezionale essendo emesso in assoluta carenza di potere, oltre che con radicale divergenza dagli schemi e con i principi ispiratori dell'ordinamento processuale Cass., Sez. 6, numero 2628 del 30 settembre 1993, Russo ed altro, Rv. 196925 , e che l'abnormità inerisce soltanto a quei provvedimenti che si presentano avulsi dagli schemi normativi e non anche a quelli che, pur essendo emessi in violazione di specifiche norme processuali, rientrano tra gli atti tipici dell'ufficio che li adotta Sez. 2, numero 2035 del 10 aprile 1995, P.M. in proc. Saraceno, Rv. 201657 . Inoltre, è stato posto in luce che l'abnormità dell'atto processuale può riguardare tanto il profilo strutturale, allorché, per la sua singolarità, si pone fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando, pur non estraneo al sistema normativo, determina la stasi del processo e l'impossibilità di proseguirlo Sez. 3, numero 2853 del 14 luglio 1995, P.M. in proc. Beggiato ed altri, Rv. 205406 Sez. 5, numero 1465 dell'11 marzo 1994, PM. in Luchino ed altro, Rv. 197999 . L'assenza di criteri omogenei e uniformi di identificazione dei caratteri distintivi del provvedimento abnorme ha contribuito ad una progressiva estensione di tale categoria alla quale la giurisprudenza di legittimità ha fatto ricorso per rimuovere situazioni processuali extra ordinem , altrimenti non elirninabili, create da provvedimenti del giudice inficiati da anomalie genetiche o funzionali che ne impediscono l'inquadramento nei tipici schemi normativi e li rendono incompatibili con le linee fondanti del sistema processuale. In conclusione può ritenersi affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall'intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori di casi consentiti e delle ipotesi previste, a di là di ogni ragionevole limite. La categoria dell'abnormità dell'atto conosce, dunque, un limite positivo, che qualifica l'atto, sotto il profilo strutturale, per la sua estraneità stranezza o singolarità al sistema processuale, rispetto al quale è completamente avulso, o, sotto il profilo funzionale, per la capacità di determinare la paralisi del processo, ma anche un limite negativo, non potendosi definire abnorme l'atto che costituisce mera violazione delle regole processuali vedi in tal senso da ultimo Sez. 4, numero 14747 dell'8/2/22, P.M. contro ignoti . 1.3. Ciò premesso e venendo al caso in esame, l'indicazione da parte del giudice del dibattimento di un tema di prova, segnatamente quello della identificazione del conducente dell'autoveicolo, risolvendosi nella sollecitazione allo svolgimento di una sorta di attività integrativa di indagine, non si colloca nel perimetro dei poteri istruttori riconosciuti al giudice del dibattimento nell'impianto codicistico. Non rientra invero, nell'ambito dell'articolo 506 c.p.p. rubricato Poteri del presidente in ordine all'esame dei testimoni e delle parti private , che prevede la facoltà del Presidente del collegio e comunque del giudice del dibattimento di indicare alle parti temi di prova nuovi o più ampi, utili per la completezza dell'esame testimoniale e neanche in quello dell'articolo 507 c.p.p. rubricato Ammissione di nuove prove che prevede, in via eccezionale, l'acquisizione d'ufficio di nuovi mezzi di prova al termine dell'istruttoria dibattimentale. L'ordinanza de qua, tuttavia, pur censurabile per le ragioni anzidette, non può qualificarsi quale atto abnorme in quanto non ha natura decisoria concretandosi in una mera sollecitazione rivolta alle parti cui le stesse erano libere di aderire o meno e come tale non è suscettibile di incidere sulla posizione delle stesse non determinando peraltro neanche una stasi del procedimento. In sintesi, dunque, l'ordinanza emessa in dibattimento con cui si indichi alle parti un tema di prova comunque motivata, a prescindere dalla sua qualificazione, collocandosi all'interno del sistema processuale e non determinando alcuna stasi del procedimento, non può, per definizione, considerarsi affetta da abnormità alcuna, strutturale o funzionale. Per le considerazioni svolte, il ricorso va dichiarato inammissibile. Consegue, per il disposto dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in Euro 1000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.