Legittima la sospensione dello studente che ferisce il compagno di banco

Respinte le contestazioni mosse dai genitori del ragazzo allontanato temporaneamente dalla scuola e mirate ad ottenere non solo una sanzione meno severa ma anche il ristoro economico per i danni subiti, a loro parere, dal figlio.

La scuola batte, almeno per una volta, i genitori, e, anche grazie alla presa di posizione dei giudici, vede confermata la sanzione – una sospensione di quindici giorni senza obbligo di frequenza – adottata nei confronti di uno studente che con uno stupido comportamento, da lui presentato come semplice scherzo, ha ferito seriamente il compagno di banco. Il fattaccio risale alla fine di febbraio del 2016 quando, in una classe di una scuola media, uno studente – Tizio, nome di fantasia – riporta una ferita lacero-contusa, di circa un centimetro di diametro, con sanguinamento. Le indagini portate avanti dal preside dell'istituto, che interroga i compagni di classe di Tizio, fanno emergere l'amara realtà la ferita è stata causata da Caio – nome di fantasia –, compagno di banco di Tizio. A ricostruire l'episodio è proprio Caio egli, convocato in presidenza e accompagnato dal padre, ammette di avere collocato per scherzo una matita, in posizione verticale, sulla sedia di Tizio, che si è ferito mentre compiva l'azione di sistemarsi sulla propria sedia. Pronta la reazione della scuola. Tre giorni dopo l'incidente, difatti, il consiglio di classe delibera all'unanimità «di comminare a Caio una sanzione di quindici giorni di sospensione senza obbligo di frequenza» e «consiglia ai genitori di Caio di prendere in considerazione il cambio di scuola». La linea dura adottata dalla scuola viene contestata dalla madre e dal padre di Caio. Essi mettono in dubbio la legittimità della sospensione decisa nei confronti del figlio e, allo stesso tempo, chiedono al Ministero dell'Istruzione, all'Ufficio scolastico regionale e alla scuola un risarcimento per i danni morali subiti, a loro dire, dal figlio. A rispondere picche alla loro pretesa sono innanzitutto i giudici del Tar Lazio, i quali osservano che «il comportamento» tenuto da Caio è palesemente grave e quindi «la sanzione decisa dalla scuola è proporzionata rispetto all'episodio e ai danni procurati» a Tizio. Nel contesto del Consiglio di Stato, però, i genitori di Caio ribadiscono le loro contestazioni nei confronti della posizione assunta dalla scuola. In particolare, essi sottolineano «la finalità educativa delle sanzioni» da applicare agli studenti, sanzioni che «devono essere temporanee e proporzionate». E comunque, aggiungono ancora i due genitori, «allo studente deve sempre essere offerta la possibilità di convertire la sanzione in attività in favore della comunità scolastica, proprio perché la finalità della sanzione non è meramente punitiva ma educativa e di rafforzamento dei rapporti all'interno della comunità scolastica». Secondo i genitori di Caio, quindi, «il regolamento d'istituto deve rafforzare, con la previsione di sanzioni alternative all'allontanamento dalla comunità scolastica, la possibilità di recupero dello studente». Queste obiezioni non convincono però i magistrati del Consiglio di Stato, i quali, condividendo la linea tracciata dal Tar Lazio, confermano la legittimità della sanzione adottata dalla scuola nei confronti di Caio. In questa ottica è decisivo il riferimento alla « estrema gravità » del gesto compiuto da Caio, gesto che «ha leso l'integrità fisica» del compagno di banco. Non secondaria, poi, anche la constatazione che Caio in passato si è reso colpevole di altri episodi violenti in classe. Tutti questi dettagli spingono i giudici del Consiglio di Stato a ribadire «la proporzionalità della misura adottata» dalla scuola, adeguata, poi, anche «in relazione alle circostanze oggettive e soggettive conosciute dal corpo docente».

Presidente Lipari – Estensore Valentini Fatto La controversia ha ad oggetto la sanzione disciplinare della sospensione della frequenza scolastica per quindici giorni irrogata dal Consiglio di classe della omissis dell'Istituto comprensivo omissis   Scuola secondaria di primo grado, all'alunno omissis . La vicenda scaturisce da quanto accaduto nella giornata di omissis . Durante la quarta ora di lezione, è emerso che l'alunno omissis presentava una ferita lacero-contusa di circa 1 cm di diametro nella zona perineale con sanguinamento. Prestati i soccorsi del caso, il Preside dell'Istituto scolastico ha richiesto ai vari compagni di classe di omissis quale fosse stata la causa della ferita. Dalle dichiarazioni dei ragazzi, è emerso che la ferita sarebbe stata causata dal compagno di banco - omissis    -, il quale avrebbe posto una matita in posizione verticale sulla sedia di omissis nel momento in cui questi si sedeva. Nell'immediatezza dei fatti, il omissis è stato, quindi, convocato in Presidenza. In quella sede, accompagnato dal padre, il ragazzo ha ammesso di aver posizionato per scherzo la matita sulla sedia del compagno, senza tuttavia avere l'intenzione di infliggere un danno. A seguito della sommaria ricostruzione dei fatti occorsi, il Preside ha fatto inserire sul registro elettronico della omissis   la convocazione di un Consiglio di classe straordinario per la data del omissis “per sanzioni disciplinari ai sensi del Regolamento d'Istituto”. Nella seduta del  omissis il Consiglio di classe ha deliberato all'unanimità “di comminare una sanzione di 15 giorni di sospensione senza obbligo di frequenza, consigliando alla famiglia di prendere in considerazione il cambio della scuola”. A seguito di respingimento del reclamo presentato dai genitori del minore all'Organo di garanzia dell'Istituto e, successivamente, al direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale, è stato adito il giudice amministrativo per ottenere l'annullamento della sanzione e il risarcimento dei danni subiti. I ricorrenti hanno lamentato in prime cure l'illegittimità della sanzione comminata per plurime violazioni, di natura sostanziale e procedimentale, del d.P.R. numero 249/1998, come modificato dal d.P.R. 21.11.2007, numero 235, della circolare ministeriale prot. numero 3602/PO del 4.7.2008 e del Regolamento d'istituto. Con la sentenza impugnata, il Tar Lazio ha rigettato il ricorso. Secondo il Tar per il Lazio, “l'inquadramento del comportamento tenuto nell'ambito di una casistica che presenta il requisito della “gravità” non appare irragionevole né la sanzione comminata appare sproporzionata rispetto all'evento e ai danni procurati”. Non sussisterebbero inoltre – ad avviso del Tar per il Lazio – neppure i vizi procedimentali rilevati giacché il Consiglio di classe sarebbe stato regolarmente convocato in via d'urgenza mediante l'annotazione nel registro di classe. Né vi sarebbero, infine, vizi nella composizione dell'Organo di garanzia interno alla scuola. Diritto In sede di appello, sono stati proposti due motivi, oltre a una domanda risarcitoria. Con il primo motivo, è stata invocata l'illegittimità della sanzione irrogata per violazione dell'articolo 4 del d.P.R. numero 249/1998, come modificato dal d.P.R. numero 235/2007, e del Regolamento d'istituto, nonché per violazione dei principi del contraddittorio e di proporzionalità e gradualità delle sanzioni e per sviamento di potere. L'appellante ha dedotto in proposito che le disposizioni asseritamente violate prevedono una finalità educativa delle sanzioni, che l'interessato deve poter esporre le proprie ragioni e che le sanzioni stesse devono essere temporanee e proporzionate. Inoltre, allo studente deve sempre essere “offerta la possibilità” di convertire la sanzione “in attività in favore della comunità scolastica” articolo 4, comma 5, dello Statuto , proprio perché la finalità della sanzione non è meramente punitiva ma educativa e di rafforzamento dei rapporti all'interno della comunità scolastica. Nel richiamare le vigenti disposizioni amministrative, si lamenta, poi, la violazione della legge numero 241/1990 “in tema di avvio del procedimento, formalizzazione dell'istruttoria, obbligo di conclusione espressa, obbligo di motivazione e termine”. Ne consegue, secondo l'appellante, che ciascun regolamento d'istituto deve stabilire precisamente “forma e … modalità di contestazione dell'addebito forma e modalità di attuazione del contraddittorio termine di conclusione”. Vista poi la funzione educativa della sanzione, i regolamenti d'istituto devono rafforzare, con la previsione di sanzioni alternative all'allontanamento della comunità scolastica, “la possibilità di recupero dello studente attraverso attività di natura sociale, culturale ed in generale a vantaggio della comunità scolastica”. Nella ricostruzione del sistema rileva, infine, il Regolamento d'istituto adottato dalla Scuola secondaria di I grado “ omissis ” il quale, però, lungi dal dettare una disciplina esaustiva del procedimento disciplinare, si limita a richiamare all'articolo 10, deduce l'appellante, i criteri generali dettati dallo Statuto. Dal quadro normativo emergono con evidenza, secondo l'appellante, i vizi che inficiano il procedimento disciplinare condotto dall'Istituto scolastico e la sanzione irrogata. Nel caso di specie, la sanzione sarebbe stata irrogata senza rispettare le garanzie minime di contraddittorio imposte dalla natura afflittiva dei provvedimenti sanzionatori La sentenza del Tar Lazio sarebbe poi erronea nella parte in cui ha ritenuto apoditticamente ragionevole e proporzionata la sanzione rispetto all'evento e ai danni procurati Con il secondo motivo, è stata dedotta l'illegittima composizione dell'Organo di garanzia interno della scuola di cui all'articolo 5 del d.P.R. numero 249/1998. Nel corso del giudizio di primo grado, i genitori dello studente sospeso hanno dedotto, infatti, che l'Organo di garanzia interno della scuola – chiamato a decidere sull'impugnazione della sanzione disciplinare – non assicurava le necessarie condizioni di oggettività ed imparzialità, con particolare riferimento alla componente docente. Una docente aveva partecipato, infatti, al Consiglio di classe del omissis , all'esito del quale era stata irrogata, all'unanimità, la sanzione disciplinare al minore. Un'altra docente aveva collaborato, invece, attivamente col Preside all'accertamento dei fatti che hanno condotto all'irrogazione della sanzione, come si evince dal verbale stesso del Consiglio di classe del omissis e dalla dichiarazione sottoscritta il omissis in merito ai fatti avvenuti il precedente 26 febbraio. Secondo l'appellante, stante l'evidente conflitto d'interessi, la componente docente dell'organo avrebbe dovuto astenersi dal decidere ed essere, a stretto giro, sostituita da docenti supplenti, non coinvolti nella vicenda. L'appellante ha poi riproposto la domanda risarcitoria. Avendo ritenuto legittima la sanzione, il giudice di prime cure non ha esaminato la domanda risarcitoria proposta in primo grado. Nelle conclusioni del ricorso e del successivo atto di motivi aggiunti, è stato chiesto, però, non solo l'annullamento della sanzione, ma anche la condanna delle amministrazioni al risarcimento di tutti i danni morali patiti dal minore, da disporre con liquidazione in via equitativa. L'appellante conclude con la richiesta di annullamento della sentenza di primo grado e per l'effetto di annullamento della sanzione della sospensione, oltre alla condanna al risarcimento dei danni morali. Osserva il collegio che i motivi di appello non paiono comprovare la lamentata insufficienza della sentenza di prime cure quanto agli specifici argomenti dedotti, che risultano invece compiutamente valutati nel primo giudizio con conclusioni e allegazioni che appaiono condivisibili. In particolare, quanto al primo motivo, non è stata ravvisata dal TAR adito la violazione delle norme del d.P.R. numero 249/1998, come modificato dal d.P. R. numero 235/2007 , né del Regolamento d'Istituto, né è stata ritenuta sussistere la violazione dei principi del contraddittorio e della proporzionalità e gradualità delle sanzioni irrogate. L'applicazione delle citate disposizioni va infatti inquadrata nella connotazione di estrema gravità che le caratterizza, perché riferite a un atto capace di ledere l'integrità fisica di un alunno. In questo contesto, si dà conto nella citata pronuncia sia delle dichiarazioni rese dallo studente circa la propria personale responsabilità, sia delle testimonianze rese dal personale scolastico. Inoltre, nella memoria dell'amministrazione, richiamata dal giudice di prime cure, diversamente da quanto affermato dall'appellante, si riferisce di altri episodi di cui il medesimo studente si sarebbe reso autore, non smentite, in quella sede, dalla controparte. Tali circostanze, oltre a deporre in favore della proporzionalità della misura adottata, evidentemente ritenuta adeguata in relazione alle circostanze oggettive e soggettive conosciute dal corpo docente, pur tenendo conto dei principi generali di gradualità e con riferimento alle finalità della misura sanzionatoria, depongono altresì per l'urgenza del provvedimento, comprovata dai passaggi procedimentali tempestivi posti in essere dall'amministrazione scolastica. Quanto alla garanzia del contraddittorio, nella stessa sentenza si dà conto della sollecitazione nei confronti dei genitori negato dalla controparte con il mero riferimento all'inesistenza di atti scritti , al termine dell'istruttoria, a depositare eventuali memorie o a chiedere apposita audizione, invito che non è stato raccolto. Per converso, gli interessati, informati dell'esito del procedimento, hanno potuto esercitare il diritto di accesso agli atti. Circa il secondo motivo, la composizione predeterminata dell'Organo di garanzia, regolarmente costituito, rappresenta come una mera supposizione non dimostrata la dedotta posizione precostituita nei confronti dell'alunno sanzionato o il presunto conflitto di interessi, tanto che l'organo di garanzia regionale, evocato dagli appellanti con ulteriore reclamo, ha confermato la decisione adottata. Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Settima , definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge l 'appello. Condanna l'appellante alla rifusione delle spese del grado, liquidate in euro 3500,00, oltre agli accessori di legge, in favore del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all 'articolo 52, commi 1, 2 e 5, del decreto legislativo 30 giugno 2003, numero 19 6 e dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera f , del Regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di riproduzione e diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità del minore, dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela e di ogni altro dato idoneo ad identificare i medesimi interessati ivi citati.