Riprende vigore la richiesta avanzata da un padre e mirata a vedere revocato l’obbligo per lui di versare ogni mese 1.100 euro ai due figli gemelli invalidi. Riflettori puntati sulla condotta tenuta dai due ragazzi, i quali non hanno neanche inviato i loro curricula al genitore che voleva aiutarli a reperire un’occupazione. Nella società attuale, osservano i Giudici, anche chi è affetto da handicap o disabilità ha la possibilità di essere inserito nel mondo del lavoro.
La mera condizione di invalidità del figlio – maggiorenne – non basta a sancirne il diritto a percepire ogni mese dal padre l'assegno di mantenimento. Necessario, invece, precisano i giudici, che egli dia prova di avere comunque ricercato infruttuosamente una occupazione idonea a renderlo, in tutto o in parte, autosufficiente dal punto di vista economico. A portare la vicenda in Cassazione è il padre Tizio – che si ritrova sul groppone l'obbligo di versare ogni mese 1.100 euro al mese a testa ad entrambi i figli gemelli Caio e Sempronio maggiorenni – già sopra i 35 anni di età –, invalidi al 34% – con conseguente riduzione della capacità lavorativa – e titolari di una laurea triennale. In Appello i giudici, a fronte delle obiezioni proposte dal genitore, hanno sostenuto che «l'indifferenza di Caio e Sempronio all'ottenimento di un'occupazione è rimasta sfornita di prova, non essendo tale l'inerzia palesata a fronte dell'invito del padre di inviargli un curriculum al fine di aiutarli a reperire un posto di lavoro». Per Tizio vi è però comunque una piccola vittoria in secondo grado, poiché, visto il suo pensionamento, «l'assegno in favore dei due figli è stato ridotto e portato da 1.500 euro a 1.100 euro». Nel contesto della Cassazione, però, Tizio ripropone le proprie obiezioni e critica palesemente la condotta tenuta dai due figli. A questo proposito, difatti, egli osserva che in Appello non ci è neppure chiesti «se l'invalidità dei due ragazzi sia tale da giustificare una pensione o una facilitazione nel mondo del lavoro» e aggiunge poi di «avere invitato i ragazzi a trasmettergli i propri curricula al fine di aiutarli nella ricerca di un'occupazione, non ottenendone, però, risposta, perché i figli non si sono mai attivati a tale scopo». Illegittimo, quindi, secondo Tizio, obbligarlo ancora a sostenere economicamente i due figli. In premessa i giudici ribadiscono che l'obbligo del mantenimento dei ragazzi è caricabile solo sul padre, poiché «la loro madre è destinataria anch'ella di un assegno di mantenimento» che si aggira sui 1.800 euro. Ampliando l'orizzonte, poi, i magistrati della Cassazione ritengono plausibile mettere in discussione il diritto riconosciuto in Appello a Caio e Sempronio. Ciò perché in Appello «si è ritenuto che sussista un'invalidità dei gemelli, i quali hanno l'età di 37 anni, pari al 34%, ma non si è accertato se questo impedisca loro il reperimento di un'attività lavorativa almeno idonea ad un parziale guadagno». Anche nel caso di un figlio maggiorenne invalido va comunque applicato il principio secondo cui «il figlio divenuto maggiorenne ha diritto al mantenimento a carico dei genitori soltanto se , ultimato il prescelto percorso formativo scolastico, dimostri, con conseguente onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un'occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, e ridimensionando, se del caso, le proprie aspirazioni, senza indugiare nell'attesa di una opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni». In questa ottica, «il riconoscimento di un assegno di mantenimento ai figli maggiorenni portatori di handicap grave, la cui condizione giuridica è equiparata, sotto tale profilo, a quella dei figli minori» deve poggiare sul presupposto di «una minorazione, singola o plurima, tale da ridurre la sua autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione». Senza tale menomazione, allora, «la condizione giuridica del figlio invalido è assimilabile non a quella dei figli minori bensì allo status giuridico dei figli maggiorenni». Per fare maggiore chiarezza, poi, i Giudici sottolineano che «nella società attuale anche chi è affetto da handicap o disabilità ha la possibilità di essere inserito nel mondo del lavoro , nei limiti a lui confacenti e secondo il contributo lavorativo che egli sia in grado di dare». Anche per questo, quindi, «in tema di assegno di mantenimento del figlio maggiorenne non autosufficiente e affetto da handicap, il figlio che lo richieda è onerato della prova della ricerca diligente di una occupazione confacente, idonea a renderlo in tutto o in parte economicamente autosufficiente», concludono dalla Cassazione. E di questo principio dovranno tenere conto i giudici d'Appello, che saranno chiamati a prendere nuovamente in esame la richiesta avanzata da Tizio e mirata ad ottenere la revoca dell'assegno di mantenimento che ad oggi è tenuto a versare ogni mese ad entrambi i figli.
Presidente Genovese – Relatore Nazzicone Fatti di causa Viene proposto ricorso per la cassazione del decreto della Corte d'appello di Catania del 1 marzo 2019, il quale ha, in parziale riforma della decisione di primo grado, ridotto l'assegno di mantenimento per ciascuno dei due figli maggiorenni del ricorrente da Euro 1.500,00 ad Euro 1.100,00 mensili, oltre alla metà delle spese straordinarie da essi sostenute. La corte territoriale, per quanto ora rileva, ha ritenuto l'infondatezza dell'eccezione di non integrità del contraddittorio, per non essere stata chiamata in causa la ex coniuge, non sussistendo litisconsorzio necessario. Ha, quindi, disatteso l'argomento della non debenza dell'assegno a favore dei due figli gemelli maggiorenni all'epoca di 33 anni , non cessando l'obbligo di mantenimento del figlio che quando egli abbia raggiunto l'indipendenza economica, come è onere del genitore provare. Ha aggiunto che i gemelli sono affetti da patologia invalidante, con riduzione della capacità lavorativa ed invalidità pari al 34%, ma hanno conseguito una laurea triennale in disegno industriale nel 2015 la loro indifferenza all'ottenimento di un'occupazione è rimasta sfornita di prova, non essendo tale l'inerzia palesata a fronte dell'invito del padre di inviargli un curriculum, al fine di aiutarli a reperire un posto di lavoro. Tuttavia, ha ritenuto che l'assegno dovesse essere ridotto, atteso il pensionamento del padre, già dipendente dalla Provincia di … , che percepiva una pensione di Euro 1.800,00 mensili, essendo peraltro titolare di un patrimonio mobiliare ed immobiliare, mentre la ex coniuge gode, a sua volta, di un assegno divorzile e non ha mai lavorato. Si difendono con controricorso gli intimati. La parte ricorrente ha depositato la memoria. Con ordinanza interlocutoria del 9 luglio 2021, La Sezione VI-1 ha rimesso la causa alla udienza pubblica. Il Procuratore generale ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso. Le parti hanno ha depositato le memorie di cui all' articolo 378 c.p.c. . Ragioni della decisione 1. - I motivi deducono 1 violazione e falsa applicazione dell' articolo 316-bis c.c. , perché entrambi i genitori sono tenuti al mantenimento in relazione alle loro capacità, onde il ricorrente aveva diritto a chiedere la chiamata in causa dell'altro genitore, o almeno ad eccepire la non integrità del contraddittorio infatti, una volta ritenuta la debenza di una certa quota di assegno di mantenimento, è corretto che essa venga posta a carico di entrambi i genitori in proporzione alle rispettive sostanze, onde era legittima la richiesta di chiamare in causa la ex coniuge, ai fini di provvedere ad ogni accertamento, nel contraddittorio con essa 2 violazione e falsa applicazione dell' articolo 337-septies c.c. , perché la corte territoriale non si è neppure chiesta se l'invalidità dei ragazzi che il ricorrente avrebbe appreso in corso di causa sia tale da giustificare una pensione o una facilitazione nel mondo del lavoro egli aveva dimostrato di avere invitato i ragazzi a trasmettergli i propri curricula, al fine di aiutarli nella ricerca di un'occupazione, non ottenendone risposta, perché i figli non si sono mai attivati a tal fine non è, allora, legittimo un obbligo del genitore perdurante sine die, nè la questione è risolta dall'affermazione, ad opera della corte del merito, della sussistenza di un obbligo quanto meno nell'immediato , senza neppure vagliare le possibilità della madre che, allo stato, riscuote redditi maggiori di quelli del padre 3 violazione e falsa applicazione dell' articolo 316-bis c.c. , perché, pur dovendo entrambi i genitori contribuire al mantenimento dei figli in relazione alle loro capacità, neppure si conosce la situazione reddituale della madre, che aveva un'attività commerciale poi ceduta, ed oggi grazie all'assegno in suo favore guadagna più del marito 4 violazione e falsa applicazione dell' articolo 91 c.p.c. , perché, pur avendo la corte territoriale riformato il decreto impugnato, ha condannato l'appellante a pagare i quattro quinti delle spese del grado. 2. - Il primo motivo involge la questione se, in presenza della richiesta dell'assegno di mantenimento da parte dei figli maggiorenni, l'accertamento del quantum debba svolgersi nel contraddittorio di entrambi. Essi sono infondati. Non vi è dubbio che, al riguardo, non sussista il litisconsorzio necessario sostanziale, in quanto l'obbligazione fra i genitori non è neppure solidale, non potendo il figlio pretendere che da ciascuno di essi il dovuto. Tuttavia, una volta individuata la misura dell'assegno di cui il figlio maggiorenne abbia eventualmente diritto di godere, il carico non può che reputarsi ripartito fra i genitori, in proporzione delle rispettive sostanze e possibilità. A tal fine, il giudice del merito è quindi tenuto ad accertare, sia pure incidentalmente e senza forza di giudicato, i redditi di entrambi, per ripartire il peso dell'assegno a carico di ciascun genitore. Ciò posto, nel caso di specie la sentenza riporta che la ex moglie stessa è destinataria di un assegno di mantenimento le parti riferiscono della misura disposta dal giudice di Euro 1.800,00 può dirsi, dunque, in re ipsa che il solo obbligato fosse il padre e che l'intera misura fosse da porsi a carico del medesimo. 3. - Il secondo motivo è fondato. La corte del merito ha ritenuto che sussista un'invalidità dei gemelli, i quali hanno l'età di 37 anni, pari al 34%, ma non ha accertato se questo impedisca loro il reperimento di un'attività lavorativa, almeno idonea ad un parziale guadagno, affermando che il relativo onere probatorio fosse a carico del padre, il quale non lo avrebbe offerto. In tal modo, essa non si è attenuta al principio di diritto, secondo cui il figlio divenuto maggiorenne ha diritto al mantenimento a carico dei genitori soltanto se, ultimato il prescelto percorso formativo scolastico, dimostri, con conseguente onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un'occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell'attesa di una opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni Cass. 14 agosto 2020, numero 17183 . Tale principio è stato già ribadito anche con riguardo al riconoscimento di un assegno di mantenimento ai figli maggiorenni portatori di handicap grave, la cui condizione giuridica è equiparata, sotto tale profilo, a quella dei figli minori ex articolo 337 septies c.c. , ma unicamente se sussista il presupposto ai sensi della L. numero 104 del 1992, articolo 3, comma 3, richiamato dall' articolo 37-bis disp. att. c.c. , ossia se la minorazione, singola o plurima, della quale il medesimo sia portatore, abbia ridotto la sua autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione essendo, in caso contrario, la condizione giuridica del figlio assimilabile non a quella dei minori bensì allo status giuridico dei figli maggiorenni Cass. 29 luglio 2021, numero 21819 . Occorre, invero, rammentare che, nella società attuale, anche chi è affetto da handicap o disabilità ha la possibilità di essere inserito nel mondo del lavoro, nei limiti a lui confacenti e secondo il contributo lavorativo che egli sia in grado di dare. La corte d'appello ha affermato il principio opposto, in tal modo violando la disposizione, con conseguente necessità che essa proceda al relativo accertamento in concreto, nell'ambito delle risultanze processuali emerse. 4. - Il terzo ed il quarto motivo restano assorbiti. 5. - In conclusione, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata innanzi alla Corte d'appello di Catania, in diversa composizione, affinché provveda all'accertamento della debenza e della misura dell'assegno, sulla base delle risultanze in atti ed alla stregua del seguente principio di diritto In tema di assegno di mantenimento del figlio maggiorenne non autosufficiente e affetto da handicap, il figlio che lo richieda è onerato della prova della ricerca diligente di una occupazione confacente, idonea a renderlo in tutto o in parte economicamente autosufficiente . Alla corte territoriale si demanda la liquidazione delle spese di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, respinto il primo, assorbiti il terzo e il quarto cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa innanzi alla Corte d'appello di Catania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità. Dispone che, in caso di diffusione della presente sentenza, siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 5 2.