Beccato senza mascherina: multa cancellata se il verbale è poco dettagliato

Per legittimare la sanzione non ci si può limitare al registrare che la persona non faceva uso delle protezioni respiratorie. Il giudice ritiene anche priva di valore la delibera con cui a fine gennaio del 2020 è stato proclamato lo stato di emergenza nazionale per fronteggiare la diffusione del COVID-19.

Niente multa per il cittadino se, in piena pandemia , l'esponente delle forze dell'ordine si limita ad asserire il mancato utilizzo della mascherina. E comunque, facendo un passo indietro, è da ritenere illegittimo, secondo i giudici, lo stato di emergenza deliberato a fine gennaio del 2020. I fatti risalgono alla fine di ottobre del 2020. Una sera, pochi minuti dopo le 23, nella zona di Bressanone, un uomo – che sostiene di «avere festeggiato coi colleghi la nascita di una bambina» e di essere in cammino «verso la città per comprare le sigarette» – viene fermato da un carabiniere, il quale gli contesta il mancato utilizzo della mascherina nonostante le disposizioni a livello nazionale e provinciale. Inutili, in quegli attimi, le obiezioni proposte dall'uomo. Consequenziale per lui è la multa , pari a 410 euro e 65 centesimi, multa che però egli contesta presentando opposizione e chiamando in causa la Provincia e sostenendo, inoltre, di avere «indossato mascherina e sciarpa» quando venne fermato dall'esponente dell'Arma. Per il giudice «in considerazione della entità della sanzione amministrativa di 400 euro , che rappresenta oggettivamente un somma altamente pregiudizievole per le finanze del cittadino medio, si rende doverosa un'attenta verifica dei presupposti normativi che stanno alla base dell'ingiunzione di pagamento» contestata dall'uomo. In questa ottica viene richiamata la delibera del Consiglio dei Ministri, risalente alla fine di gennaio del 2020, con cui «venne dichiarato lo stato di emergenza nazionale, in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili» ossia alla diffusione del COVID-19. E «va fin da subito precisato che detta delibera non può essere considerata come atto avente forza di legge», poiché, alla luce del cosiddetto codice della protezione civile, «detto tipo di atto rientra nel novero dei provvedimenti non normativi esclusi dal controllo preventivo circa la loro legittimità ed il loro fondamento» e ciò, conseguentemente, «espone questi stessi atti al controllo da parte dell'autorità giudiziaria, che è finalizzato a verificare se la delibera sia stata emanata sulla base di sussistenti presupposti normativi». E proprio il codice della protezione civile «individua le tipologie degli eventi emergenziali, fra le quali rientrano le emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo». Logico dedurre che «l'epidemia o la pandemia non rientrano in alcun modo nell'ambito della calamità naturale», sancisce il Giudice di Pace di Bressanone, perché proprio il legislatore «non ha indicato il rischio epidemico fra quelli a causa dei quali occorre intervenire, previa dichiarazione di stato di emergenza comunale, regionale o nazionale». Ciò significa che «manca un qualsivoglia presupposto legislativo su cui fondare la delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio del 2020, con consequenziale illegittimità della stessa delibera, non rientrando tra i poteri del Consiglio dei Ministri quello di dichiarare lo stato di emergenza sanitaria». Tirando le somme, «la delibera dichiarativa dello stato di emergenza », a fronte della diffusione del COVID-19, «è illegittima per essere stata emanata in assenza dei presupposti legislativi , in quanto non è rinvenibile alcuna fonte avente forza di legge, ordinaria o costituzionale, che attribuisca al Consiglio dei Ministri il potere di dichiarare lo stato di emergenza per rischio sanitario». Ovviamente, «a fronte della illegittimità della delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio del 2020, devono reputarsi illegittimi tutti i successivi provvedimenti emessi per il contenimento e la gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, nonché tutte le successive proroghe dello stesso stato di emergenza», chiarisce il giudice. Messa da parte la questione relativa alla validità del provvedimento con cui è stato proclamato, oltre due anni fa, lo stato di emergenza nazionale per fronteggiare la pandemia, il Giudice di Pace di Bressanone ritiene comunque doveroso tornare alla vicenda in esame per dare ragione all'uomo sanzionato, cancellare la multa nei suoi confronti e sancire la fragilità della contestazione a lui mossa dal carabiniere. Nel verbale redatto dal militare dell'Arma si attesta che l'uomo «non faceva uso delle protezioni respiratorie» ossia della mascherina. All'uomo, osserva il giudice, è stata contestata una condotta asseritamente contraria normativa che prevede «l' obbligo di indossare la mascherina in tre ipotesi diverse e distinte 1 quando sono probabili assembramenti, 2 quando vi è la possibilità concreta di incontrare o incrociare qualcuno, 3 quando non è possibile mantenere la distanza interpersonale di due metri». In sostanza, «la norma si fonda su una previsione di pericolo in termini di possibilità e probabilità, ma, essendo fattispecie astratta, deve trovare poi conforto oggettivo in quella concreta, cioè la prevedibilità della possibilità o probabilità deve essere provata in sede di accertamento». Di conseguenza, «limitarsi al mero dato oggettivo del “non faceva uso delle protezioni respiratorie”, come riportato nel verbale, non consente in concreto di stabilire», sottolinea il giudice, «se, quel giorno ed in quel preciso momento, il luogo dell'accertamento fosse affollato al punto tale da obbligare l'uomo ad indossare la mascherina a fronte dell'impossibilità di garantire il distanziamento dalle altre persone». In questa ottica il giudice aggiunge che «tali circostanze fattuali costituiscono il presupposto della violazione e devono essere l'oggetto della contestazione. Esse devono, quindi, formare il costrutto della motivazione, perché in mancanza di esse la violazione contestata perde il suo fondamento». E in questa vicenda emerge chiaramente che «il pubblico ufficiale ha omesso di descrivere le particolari condizioni soggettive ed oggettive dell' accertamento , con la conseguenza che non risulta provata oltre ogni ragionevole dubbio la fattispecie integrativa dell'illecito contestato all'uomo». Tirando le somme, va accolta l'azione proposta dall'uomo, poiché « non vi sono prove sufficienti della sua responsabilità » ossia della violazione della normativa che in determinate condizioni impone l'uso della mascherina.

Giudice Giatti Ragioni di fatto e di diritto della decisione Con ricorso depositato in data 26.05.2021 il suddetto ricorrente proponeva opposizione avverso il verbale di contestazione omissis del AA emesso dalla Legione Carabinieri omissis , Stazione di omissis , nonché derivante ordinanza d'ingiunzione numero omissis di omissis , data omissis notificata in data omissis . Il sig. AA esponeva che in data 22.10.2020, alle ore 23.00, dopo aver festeggiato con colleghi la nascita di una bambina, si stava dirigendo verso la città per comprarsi le sigarette quando presso il complesso universitario di omissis veniva fermato da un carabiniere, al quale il ricorrente passava i suoi dati personali come da questo richiesti, per poi allontanarsi. Il sig. AA dichiarava di aver indossato la mascherina e la sciarpa. Alle ore 16.30 del 23.10.2021 si recava alla caserma di omissis e mostrava agli agenti dei selfies per provare che aveva rispettato le norme relative al contenimento covid19. Nella stessa giornata del 23.10.2020 veniva emesso e notificato al ricorrente il verbale di contestazione omissis Seguiva l'ordinanza d'ingiunzione numero omissis emessa in data omissis dalla Provincia Autonoma di omissis con la quale veniva comminata al ricorrente una sanzione pecuniaria di euro 410,65 per violazione dell'articolo 4, comma 1, del decreto legge del 25 marzo 2020, numero 19, della legge provinciale della Provincia Autonoma di omissis numero 4 dd. 08 maggio 2020 che all'articolo 1, punto 6 dispone che Negli spostamenti nel territorio della provincia di Bolzano si osservano il divieto di assembramento, l'obbligo di distanziamento interpersonale di sicurezza e vanno utilizzate, da parte degli adulti e dei bambini in età scolare, protezioni delle vie respiratorie in tutti i casi in cui vi sia la possibilità di incontrare altre persone con le quali non si convive. nonché dell'ordinanza contingibile ed urgente numero 40 dd. 09.10.2020 che prevede l'obbligo di indossare un dispositivo di protezione delle vie respiratorie in tutti i luoghi al chiuso, se non diversamente stabilito da protocolli di sicurezza o dalle misure contenute nell'allegato A della legge provinciale 08.05.2020, numero 4 di indossare il predetto dispositivo in tutti i luoghi all'aperto, quando ci si trovi in prossimità 1 metro di altre persone non conviventi e comunque in ogni situazione di possibile assembramento. Non ritenendo la sanzione legittima, il sig. AA presentava opposizione presso questo Giudice di Pace. Con decreto di data 09.06.2021 il Giudice di Pace fissava per la comparizione delle parti l'udienza dell'08.09.2021. Si costituiva l'amministrazione opposta chiedendo il rigetto dell'opposizione perché inammissibile e infondata. L'opposta faceva presente che il ricorrente si era avvalso della facoltà di presentare dei difensivi scritti presso la Segreteria Generale della Provincia autonoma di omissis entro il termine di 30 giorni ribadendo di aver indossato una mascherina, diversamente da quanto specificato nel verbale di contestazione. Dalle controdeduzioni presentate dai carabinieri si evinceva che il sig. AA “Si trovava in stato di ebbrezza alcolica, avrebbe provocato gli agenti e non avrebbe indossato la mascherina, anche se intimato più volte dagli agenti che si erano recati all'università di omissis in seguito ad una segnalazione di assembramento. L'insistente atteggiamento nel violare le misure di contenimento covid avrebbe indotto gli accertatori a sanzionare il sig. AA Alla prima udienza il Giudice di Pace riteneva la causa matura per la decisione e rinviava all'udienza di data odierna per la lettura del dispositivo con contestuale deposito della motivazione sulla decisione. Il ricorso è fondato e merita accoglimento. In considerazione dell'entità della sanzione amministrativa di euro 400,00, che rappresenta oggettivamente una somma altamente pregiudizievole per le finanze del cittadino medio, si rende doverosa un'attenda verifica dei presupposti normativi che stanno alla base dell'ingiunzione di pagamento oggetto del presente ricorso. In forza della delibera del Consiglio dei Ministri del 31.01. 2020, emessa in virtù del com b. disp. articolo 7 co. 1° lett. C e 24 co 1 ° del D.lgs. 02.01.2018, veniva dichiarato lo stato di emergenza nazionale, in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili. Il D.lgs. 02.01.2018, il c.d. Codice della Protezione Civile , prevede, infatti, che il Consiglio de Ministri deliberi ex articolo 24 lo stato di emergenza, da pubblicarsi sulla Gazzetta Ufficiale, qualora ne ricorrano i presupposti. Va fin da subito precisato che detta delibera non può essere considerata come atto avente forza di legge, stante il disposto di cui al 5° co. dell'articolo 24 D.lgs. numero 1/2018, a tenore del quale detto tipo di atto rientra nel novero dei provvedimenti non normativi esclusi dal controllo preventivo circa la loro legittimità ed il loro fondamento il che, conseguentemente espone questi stessi atti al controllo da parte dell'autorità giudiziaria, che è finalizzato a verificare se la delibera sia stata emanata sulla base di sussistenti presupposti normativi. Orbene, il D.lgs. numero 1/2018 all'articolo 7 individua le tipologie degli eventi emergenziali, fra le quali rientrano, lett. c , le emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo ai sensi dell'articolo 24 . Come ineccepibilmente enunciato dalla sentenza numero 1842/2021 emessa in data 08/11//2021 dal Tribunale di Pisa, alla quale si rimanda per relationem, l'epidemia o la pandemia non rientrino in alcun modo nell'ambito della calamità naturale, per il semplice motivo che sono dimensioni di crisi del tutto diverse fra di loro . Il Legislatore, nel redigere un testo onnicomprensivo sulla Protezione civile come il d.lgs. 1/2018 , non ha infatti indicato il rischio epidemico fra quelli a causa dei quali occorre intervenire, previa dichiarazione di stato di emergenza comunale, regionale o nazionale. Manca, perciò, un qualsivoglia presupposto legislativo su cui fondare la delibera del Consiglio dei Ministri del 31.1.2020, con consequenziale illegittimità della stessa per essere stata emessa in violazione dell'articolo 78, non rientrando tra i poteri del Consiglio dei Ministri quello di dichiarare lo stato di emergenza sanitaria. Questo Giudice di Pace quindi fa proprie le conclusioni statuite dal giudice di merito del capoluogo toscano la delibera dichiarativa dello stato di emergenza adottata dal Consiglio dei Ministri il 31.1.2020 è illegittima per essere stata emanata in assenza dei presupposti legislativi, in quanto non è rinvenibile alcuna fonte avente forza di legge, ordinaria o costituzionale, che attribuisca al Consiglio dei Ministri il potere di dichiarare lo stato di emergenza per rischio sanitario. A fronte della illegittimità della delibera del CdM del 31.01.2020, devono reputarsi illegittimi tutti i successivi provvedimenti emessi per il contenimento e la gestione dell'emergenza epidemiologica da COV/O 19, nonché tutte le successive proroghe dello stesso stato di emergenza. Alle similari conclusioni sono pervenuti il Giudice di Pace di Frosinone con sentenza numero 519/2020 ed il Tribunale di Reggio Emilia con sentenza numero 54/2021 . Si ritiene comunque opportuno entrare anche nel merito della contestazione de quo. Si rileva infatti che i Carabinieri della Compagnia di Bressanone, con il verbale di data 23/10/2020, contestavano la violazione della Legge numero 35/2020 e L.P. numero 4/2020 perché in Bressanone - via Dante presso il complesso universitario omissis nonostante invitato non faceva uso delle protezioni respiratorie . Come noto, nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa in tema di onere probatorio se l'opponente ha sollevato contestazioni sull'esistenza dei fatti costitutivi del suo obbligo, tali contestazioni non onerano l'opponente anche alla prova dell'inesistenza dei fatti costitutivi del suo obbligo al contrario, la prova dell'esistenza dei fatti costitutivi dell'obbligo si pone a carico dell'amministrazione opposta, che viene a rivestire - dal punto di vista sostanziale - la posizione di attrice. Ad essa, quindi, incombe l'obbligo di fornire la prova adeguata della fondatezza della sua pretesa, mentre all'opponente, al contrario, spetta provare le circostanze negative contrapposte a quelle allegate dall'Amministrazione Cassazione Civile, sez. VI, ordinanza n 1921/2019 . Al ricorrente veniva contestata una condotta asseritamente contraria alla L.P. numero 4/2020 che prevede l'obbligo di indossare le mascherine in tre ipotesi diverse e distinte 1 quando sono probabili assembramenti, 2 quando vi è la possibilità concreta di incontrare o incrociare qualcuno, 3 quando non sia possibile mantenere la distanza interpersonale di due metri. Tale disposizione è fondata per le prime due ipotesi sulla possibilità/prevedibilità, e la terza su un dato oggettivo, ossia la mancata del distanziamento interpersonale di due metri. Ebbene, la norma si fonda su una revisione di pericolo in termini di possibilità e probabilità, ma essendo fattispecie astratta deve trovare poi conforto oggettivo in quella concreta, cioè la prevedibilità della possibilità/probabilità deve essere provata in sede di accertamento. Limitarsi al mero dato oggettivo del non faceva uso delle protezioni respiratorie come riportato nella motivazione del verbale non consente in concreto di stabilire se quel giorno ed in quel preciso momento, il luogo dell'accertamento fosse affollato al punto tale da obbligare il ricorrente d indossare la mascherina a fronte dell'impossibilità di garantire il distanziamento dalle altre persone. Tali circostanze fattuali, infatti, costituiscono il presupposto della violazione e devono essere l'oggetto della contestazione, in quanto circostanze fondanti la fattispecie astratta. Esse devono, quindi, formare il costrutto della motivazione, perché in mancanza la violazione contestata perde il suo fondamento. Nel caso di specie il pubblico ufficiale ha omesso di descrivere le particolari condizioni soggettive ed oggettive dell'accertamento con la conseguenza che non risulta provato oltre ogni ragionevole dubbio la fattispecie integrativa dell'illecito contestato. Ciò detto, per le ragioni sopra esposte non può non applicarsi al caso di specie la previsione del comma 11 dell' articolo 6 del D.Lgs. numero 150/2011 che dispone che il giudice accoglie l'opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell'opponente . Un tanto detto il ricorso viene accolto ed il provvedimento opposto annullato. Ragioni di giustizia sostanziale dispongono per la compensazione delle spese di lite tra le parti. P.Q.M. Il Giudice di Pace di Bressanone, visto l'articolo 7, 10° comma del D.lgs. 150/2011, accoglie il ricorso annulla i provvedimenti opposti dispone la compensazione delle spese di lite tra le parti.