Merce nascosta in borse idonee a non far scattare l’allarme all’uscita dal negozio: legittimo parlare di furto aggravato dall’uso di un mezzo fraudolento

Impossibile ridimensionare l’episodio che ha visto protagonisti un ragazzo e una ragazza, colti sul fatto da un commesso e registrati nella loro azione criminosa dal sistema di videosorveglianza del negozio. Decisiva la constatazione che i contenitori impiegati hanno consentito ai due ladri di superare i tornelli delle casse senza far scattare l’allarme.

Legittimo parlare di furto aggravato dall'uso di un mezzo fraudolento se il ladro occulta la merce in borse idonee a non far scattare l'allarme all'uscita dall'esercizio commerciale. Ricostruito l'episodio, grazie ai filmati tratti dal sistema di videosorveglianza del negozio, i giudici di merito ritengono sacrosanta, sia in primo che in secondo grado, la condanna per «furto aggravato dall'uso di mezzo fraudolento ». Nello specifico, si è accertato che nel luglio del 2012 un ragazzo e una ragazza sono riusciti a portare via «svariati profumi, occultati sia all'interno di una borsa porta PC che all'interno di una borsetta» e poi «a guadagnare l'uscita senza far scattare l'allarme». Col ricorso in Cassazione proposto solo dalla ragazza viene contestata «l'aggravante del mezzo fraudolento». Su questo fronte il suo difensore sostiene che «l'utilizzo di borse per l' occultamento della merce» non è catalogabile come «mezzo fraudolento». Non essendo contestabile l'identificazione della ragazza, i Giudici di terzo grado si soffermano sull'aggravante del mezzo fraudolento. In Appello si è precisato che «i due ragazzi si erano introdotti nell'esercizio commerciale simulando la qualità di clienti, occultando senza esser notati la refurtiva in ampie borse e raggiungendo con rapidità l'uscita, riuscendo a dissimulare l'esecuzione del furto –  scoperto solo dopo – grazie all'impiego di contenitori che avevano scongiurato l'attivazione dell'allarme ai tornelli delle casse» e si è ravvisata, di conseguenza, l'esistenza del ricorso a un mezzo fraudolento, che «può essere integrato da una varietà di condotte tali da connotare il fatto di una maggiore offensività rispetto al bene protetto». Per i giudici di secondo grado, quindi, «non vi è stato il semplice occultamento della refurtiva – ben trentatré confezioni di profumo a – nelle borse, bensì l'impiego di un vero e proprio stratagemma che ha impedito l'attivazione dell'allarme». Questa visione è condivisa dalla Cassazione. I magistrati di terzo grado ricordano, in premessa, che si può parlare di «mezzo fraudolento» a fronte di «una condotta , posta in essere nel corso dell'azione delittuosa, dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosità, astuzia , scaltrezza, idonea, quindi, a sorprendere la contraria volontà del detentore e a vanificare le misure che questi ha apprestato a difesa dei beni di cui ha la disponibilità». E ragionando in questa prospettiva è evidente la gravità del comportamento tenuto dalla ragazza nel negozio, poiché ella non si è limitata al «semplice occultamento della merce in una borsa», ma ha impiegato «contenitori che hanno consentito a lei e al complice di superare i tornelli delle casse senza far scattare l'allarme», e non a caso la scoperta della sottrazione delle confezioni di profumo, concludono i giudici, è avvenuta nell'immediatezza «solo grazie alla memoria visiva di un commesso».

Presidente Dovere – Relatore Cappello Ritenuto in fatto 1. La Corte d'appello di Cagliari ha confermato la sentenza del Tribunale cittadino di condanna di V.A.M.L. per il reato di furto aggravato dall'uso di mezzo fraudolento, posto in essere in concorso il 21/7/2012 ai danni di un esercizio commerciale, mediante asporto di svariati profumi occultati sia all'interno di un porta PC che all'interno di una borsetta, riuscendo gli agenti a guadagnare l'uscita senza far scattare l'allarme. 2. La difesa dell'imputata ha proposto ricorso, formulando tre motivi. Con il primo, ha dedotto vizio della motivazione in ordine alla valutazione del compendio probatorio, contestando la certezza del riconoscimento dell'imputata. Con il secondo, ha dedotto inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale in relazione alla ritenuta sussistenza dell'aggravante del mezzo fraudolento, tale non potendo considerarsi, secondo il deducente, l'utilizzo di borse per l'occultamento della merce, con conseguente improcedibilità del reato, in difetto di apposita querela. Con il terzo, infine, ha dedotto violazione di legge in relazione al giudizio di comparazione tra gli elementi circostanziali. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. La Corte d'appello ha ritenuto la penale responsabilità dell'imputata alla luce delle testimonianze S. , dipendente dell'esercizio commerciale, e Z. , all'epoca dei fatti in servizio presso la Stazione dei c.c. di omissis . La prima era stata avvisata da un collega della sottrazione di merce avvenuta con modalità analoghe a precedenti furti ai danni di profumerie nello stesso lasso temporale e a opera di una coppia di stranieri - dei quali rendeva anche descrizione - che si erano serviti di un porta computer e di una borsetta bianca. Effettuati i relativi controlli, la donna si era accorta dell'ammanco della merce. La stessa, poi, aveva messo a disposizione dei c.c. il filmato tratto dal sistema di videosorveglianza del negozio. Dal canto suo, l'operante di PG aveva visionato le immagini delle telecamere di videosorveglianza, in cui erano perfettamente visibili gli autori del furto. Grazie ad esse, poi, erano stati individuati un ragazzo e di una ragazza, quest'ultima identificata nell'odierna ricorrente grazie al controllo incrociato con una foto segnaletica, scattata in occasione di analoghi fatti criminosi. Un riscontro era stato tratto anche dal confronto tra le immagini della videocamera e quelle tratte dal profilo facebook della V. . Pertanto, attraverso un controllo incrociato tra i dati in possesso delle forze di polizia e gli accertamenti anagrafici sulla patente di guida e altro si era risaliti alla identificazione della coppia. Le borse portate dai due nell'occorso erano di dimensioni tali da contenere le 33 confezioni di profumo mancanti dai banconi del negozio. Quanto alla aggravante del mezzo fraudolento, la Corte di merito ha precisato che i due ragazzi si erano introdotti nell'esercizio commerciale simulando la qualità di clienti, occultando senza esser notati la refurtiva in capaci borse e raggiungendo con rapidità l'uscita, riuscendo a dissimulare l'esecuzione del furto che, infatti, fu scoperto solo dopo grazie all'impiego di contenitori che avevano scongiurato l'attivazione dell'allarme ai tornelli delle casse, in ciò ravvisando un mezzo fraudolento che può essere integrato da una varietà di condotte tali da connotare il fatto di una maggiore offensività rispetto al bene protetto e ritenendo, dunque, che non vi era stato il semplice occultamento della refurtiva nelle borse, ma l'impiego di un vero e proprio stratagemma che aveva impedito l'attivazione dell'allarme. I precedenti dell'imputata hanno giustificato il giudizio di mera equivalenza delle riconosciute generiche con la ritenuta aggravante. 3. I motivi sono manifestamente infondati. Richiamato il consolidato orientamento di questa Corte in ordine ai limiti del sindacato di legittimità, soprattutto in un caso di doppia sentenza conforme di merito tra le altre, sez. 3 numero 44418 del 16/7/2013, Argentieri, Rv, 257595 sez. 3 numero 13926 del 1/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615 sez. 2, numero 37295 del 12/6/2019, Rv. 277218 e ricordata la estraneità al giudizio di legittimità della valutazione e dell'apprezzamento del significato degli elementi probatori che attengono interamente al merito, cfr. sez. 6 numero 47204 del 7/10/2015, Rv. 265482 sez. 6 numero 25255 dèl 14/2/2012, Rv. 253099 , va rilevato che, con il primo motivo, la difesa ha inteso sollecitare una rivisitazione delle risultanze probatorie per inferirne una inidoneità dimostrativa degli addebiti, riconosciuta invece con ragionamento del tutto logico dai giudici del merito proprio alla luce delle prove testimoniali. Con tale incedere argomentativo la difesa ha omesso un effettivo confronto, come denuncia la stessa affermazione secondo cui la identificazione sarebbe avvenuta solo in virtù di una foto segnaletica dell'imputata. Quanto, poi, alla aggravante di cui all' articolo 625 numero 2, c.p. , la decisione si pone in termini di perfetta coerenza con i principi più volte affermati dal giudice di legittimità, a mente dei quali, essa delinea una condotta, posta in essere nel corso dell'azione delittuosa, dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosità, astuzia, scaltrezza, idonea, quindi, a sorprendere la contraria volontà del detentore e a vanificare le misure che questi ha apprestato a difesa dei beni di cui ha la disponibilità Sez. U, numero 40354 del 18/7/2013, Sciuscio, RV. 255974, in cui, in applicazione del principio, la Corte ha escluso la configurabilità dell'aggravante nel caso di occultamento sulla persona o nella borsa di merce esposta in un esercizio di vendita self-service sez. 4, numero 10041 del 6/12/2018, dep. 2019, Chaketadze, Rv. 275271, in cui, la Corte ha ritenuto configurabile l'aggravante in un caso di impossessamento di capi di abbigliamento realizzato mediante occultamento all'interno di una borsa schermata da fogli di alluminio, al fine di eludere il sistema di allarme del centro commerciale dal quale erano stati sottratti . Nella specie, la Corte ha dato conto che non si era trattato del semplice occultamento della merce in una borsa, ma dell'impiego di contenitori che avevano consentito ai due complici, in maniera connotata quindi da particolare insidiosità, di superare i tornelli delle casse senza attivare l'allarme, la scoperta della sottrazione essendo avvenuta nell'immediatezza solo grazie alla memoria visiva di un commesso. Lo stesso dicasi quanto alla dosimetria della pena. Oltre a rilevarsi, ancora una volta, il mancato confronto con le ragioni della decisione, con la quale - del tutto legittimamente - i giudici hanno valorizzato la personalità dell'imputata che, solo qualche mese prima, si era resa responsabile di analoga condotta criminosa, va ricordato che il giudizio di comparazione tra gli elementi circostanziali attiene esclusivamente al merito e che le circostanze attenuanti generiche sono state introdotte con la funzione di mitigare la rigidità dell'originario sistema di calcolo della pena nell'ipotesi di concorso di circostanze di specie diversa e tale funzione, ridotta a seguito della modifica del giudizio di comparazione delle circostanze concorrenti, ha modo di esplicarsi efficacemente solo per rimuovere il limite posto al giudice con la fissazione del minimo edittale, allorché questi intenda determinare la pena al di sotto di tale limite, con la conseguenza che, ove questa situazione non ricorra, perché il giudice valuta la pena da applicare al di sopra del limite, il diniego della prevalenza delle generiche diviene solo elemento di calcolo e non costituisce mezzo di determinazione della sanzione e non può, quindi, dar luogo nè a violazione di legge, nè al corrispondente difetto di motivazione sez. 3, numero 44883 del 18/7/2014, Cavicchi, RV. 260627 . 4. Alla inammissibilità segue la condanna dell'imputata al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità cfr. C. Cost. numero 186/2000 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.