Sì alla cittadinanza italiana per lo straniero affidabile e rispettoso delle regole

Il TAR Lazio ha riconosciuto ampio potere discrezionale all’amministrazione, che ha il compito di verificare che nel soggetto istante risiedano e si concentrino le qualità ritenute necessarie per ottenere la cittadinanza.

La vicenda da cui trae origine la questione sottoposta all'esame del TAR Lazio riguarda il diniego della concessione della cittadinanza italiana ad un cittadino straniero, per avere  commesso i reati di cui agli articolo 81 e 483 c.p. secondo il Ministero dell'Interno, infatti, la condotta del richiedente sarebbe «indice di inaffidabilità e di una non compiuta integrazione nella comunità nazionale desumibile da un complesso di situazioni e comportamenti, posti in essere nel corso della permanenza nel territorio nazionale». A sostegno di ciò, il Collegio ha evidenziato che «la concessione della cittadinanza deve rappresentare il suggello sul piano giuridico di un processo di integrazione che nei fatti sia già stato portato a compimento, la formalizzazione di una preesistente situazione di “cittadinanza sostanziale” che giustifica l'attribuzione dello status giuridico» in altre parole, si tratta di valutare il possesso di ogni requisito atto ad assicurare l'inserimento in modo duraturo nella comunità, «mediante un giudizio prognostico che escluda che il richiedente possa successivamente creare problemi all'ordine e alla sicurezza nazionale, disattendere le regole di civile convivenza ovvero violare i valori identitari dello Stato, gravare sulla finanza pubblica» ex multis, TAR Lazio, numero 3227/2021 . Tale valutazione, pertanto, si esplica attraverso un ampio potere discrezionale dell'amministrazione l'acquisizione dello status di cittadino italiano per naturalizzazione, infatti, è oggetto di un provvedimento di concessione. Tuttavia, a differenza dei normali procedimenti concessori, che esplicano i loro effetti esclusivamente sul piano di uno specifico rapporto amministrazione-cittadino, l'ammissione di un nuovo componente nell'elemento costitutivo dello Stato incide sul rapporto singolo-comunità, con implicazioni di ordine politico e amministrativo, in quanto si tratta di determinazioni che rappresentano una esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini. Ne consegue che il provvedimento di concessione della cittadinanza si inserisce nel novero degli atti di alta amministrazione , che sottendono una valutazione di opportunità politico-amministrativa caratterizzata da un altissimo grado di discrezionalità nella valutazione dei fatti accertati e acquisiti al procedimento, a cui si contrappone il ristretto potere di controllo del giudice, che deve essere contenuto entro i «ristretti argini del controllo estrinseco e formale, con preclusione di una autonoma valutazione delle circostanze di fatto e di diritto, oggetto del giudizio di idoneità richiesto per l'acquisizione dello status di cittadino». Ciò premesso, il Collegio osserva che nel caso in esame l'Amministrazione ha valutato correttamente la situazione del richiedente, se si tiene conto che la condotta contestata risultava lesiva di beni giuridici importanti per la tenuta del sistema ordinamentale e per il rispetto delle regole di civile convivenza con particolare riguardo ai rapporti con le Autorità. Pertanto, il TAR Lazio respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Presidente Rizzetto – Relatore Giudice Fatto 1. Con l'odierno ricorso parte ricorrente ha impugnato il decreto del Ministero dell'Interno di rigetto della sua domanda di concessione della cittadinanza, presentata in data 19 dicembre 2013, ai sensi dell'articolo 9, comma 1, lett. f , legge numero 91/1992. 2. Il diniego si fonda sulle seguenti ragioni ostative “VISTI i pregiudizi di carattere penale 16/12/2009 decreto penale del G.I.P. del Tribunale di omissis , esecutivo 1'11/02/2010, per i reati di cui agli articolo 81 e 483 del c.p., da cui si evince che la condotta del richiedente è indice di inaffidabilità e di una non compiuta integrazione nella comunità nazionale desumibile da un complesso di situazioni e comportamenti, posti in essere nel corso del1a permanenza nel territorio nazionale - e, in particolare, nel decennio anteriore alla data di presentazione della domanda - idonei a fondare l'opportunità della concessione del nuovo status civitatis”. 3. Il ricorrente deduce un unico motivo di ricorso avverso il provvedimento sfavorevole, quale la Violazione dell'articolo 9, comma 1, lettera f , della legge 91/92 per eccesso di potere, difetto di motivazione, carenza e difetto di istruttoria, in quanto - la condanna non giustifica un grave giudizio sulla personalità dell'istante, essa si sostanzia in un decreto penale di condanna pronuncia che definisce la posizione del soggetto senza processo che ha previsto nel dispositivo una multa di 570,00 euro e riguarda un reato estinto al momento della presentazione dell'istanza di cittadinanza, dunque inesistente - peraltro in relazione alla stessa unica condanna penale il Tribunale di Sorveglianza di omissis  con Ordinanza del 26 settembre 2017 ha concesso la riabilitazione - il reato contestato è un reato minore e piuttosto risalente nel tempo - il precedente indicato, per il reato ad oggi estinto, non può essere oggettivamente considerato ostativo della concessione della cittadinanza, se non con una motivazione congrua che ne sottolinei il nocumento rispetto alla successiva condotta di vita del ricorrente improntata al lavoro e alla famiglia. 4. Si è costituita in giudizio l'Amministrazione resistente, deducendo l'infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto. 5. All'udienza del 4 febbraio 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione dal Collegio. Diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Il Collegio reputa utile in funzione dello scrutinio delle doglianze formulate nell'atto introduttivo del giudizio una premessa di carattere teorico in ordine al potere attribuito all'amministrazione in materia, all'interesse pubblico protetto e alla natura del relativo provvedimento vedi, da ultimo, TAR Lazio, sez. V bis, numero 2943, 2944, 2945, 3018 e 3471/2022 . L'acquisizione dello status di cittadino italiano per naturalizzazione è oggetto di un provvedimento di concessione, che presuppone l'esplicarsi di un'amplissima discrezionalità in capo all'Amministrazione. Ciò si desume, ictu oculi, dalla norma attributiva del potere, l'articolo 9, comma 1, della legge numero 91/1992, a tenore del quale la cittadinanza “può” - e non deve - essere “concessa”. La dilatata discrezionalità in questo procedimento si estrinseca attraverso l'esercizio di un potere valutativo che si traduce in un apprezzamento di opportunità in ordine al definitivo inserimento dell'istante all'interno della comunità nazionale, apprezzamento influenzato e conformato dalla circostanza che al conferimento dello status civitatis è collegata una capacità giuridica speciale, propria del cittadino, che comporta non solo diritti - consistenti, sostanzialmente, oltre nel diritto di incolato, nei “diritti politici” di elettorato attivo e passivo che consentono, mediante l'espressione del voto alle elezioni politiche, la partecipazione all'autodeterminazione della vita del Paese di cui si entra a far parte e la possibilità di assunzione di cariche pubbliche - ma anche doveri nei confronti dello Stato-comunità, - consistente nel dovere di difenderla anche a costo della propria vita in caso di guerra “il sacro dovere di difendere la Patria” sancito, a carico dei soli cittadini, dall'articolo 52 della Costituzione , nonché, in tempo di pace, nell'adempimento dei “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, consistenti nell'apportare il proprio attivo contributo alla Comunità di cui entra a far parte articolo 2 e 53 Cost. . A differenza dei normali procedimenti concessori, che esplicano i loro effetti esclusivamente sul piano di uno specifico rapporto Amministrazione/Amministrato, l'ammissione di un nuovo componente nell'elemento costitutivo dello Stato Popolo , incide sul rapporto individuo/Stato-Comunità, con implicazioni d'ordine politico-amministrativo si tratta, pertanto, di determinazioni che rappresentano un'esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini vedi, da ultimo, Consiglio di Stato, sez. III, 7.1.2022 numero 104 cfr. Cons. Stato, AG, numero 9/1999  sez.  IV  numero  798/1999  numero  4460/2000  numero  195/2005  sez,  I,  numero 1796/2008 sez. VI, numero 3006/2011 Sez. III, numero 6374/2018 numero 1390/2019, numero 4121/2021 TAR Lazio, Sez. II quater, numero 10588 e 10590 del 2012 numero 3920/2013 4199/2013 . È stato, in proposito, anche osservato che il provvedimento di concessione della cittadinanza refluisce nel novero degli atti di alta amministrazione, che sottende una valutazione di opportunità politico-amministrativa, caratterizzata da un altissimo grado di discrezionalità nella valutazione dei fatti accertati e acquisiti al procedimento l'interesse dell'istante ad ottenere la cittadinanza deve necessariamente coniugarsi con l'interesse pubblico ad inserire lo stesso a pieno titolo nella comunità nazionale. E se si considera il particolare atteggiarsi di siffatto interesse pubblico, avente natura “composita”, in quanto coevamente teso alla tutela della sicurezza, della stabilità economico-sociale, del rispetto dell'identità nazionale, è facile comprendere il significativo condizionamento che ne deriva sul piano dell'agere del soggetto alla cui cura lo stesso è affidato. 2.1. In questo quadro, pertanto, l'amministrazione ha il compito di verificare che nel soggetto istante risiedano e si concentrino le qualità ritenute necessarie per ottenere la cittadinanza, quali l'assenza di precedenti penali, la sussistenza di redditi sufficienti a sostenersi, una condotta di vita che esprime integrazione sociale e rispetto dei valori di convivenza civile. La concessione della cittadinanza deve rappresentare il suggello sul piano giuridico di un processo di integrazione che nei fatti sia già stato portato a compimento, la formalizzazione di una preesistente situazione di “cittadinanza sostanziale” che giustifica l'attribuzione dello status giuridico in proposito, Tar Lazio, Sez. II quater, sent. numero 621/2016 “concessione che costituisce l'effetto della compiuta appartenenza alla comunità nazionale e non causa della stessa . In  altre  parole,  si  tratta  di  valutare  il  possesso di ogni requisito atto ad assicurare l'inserimento in modo duraturo nella comunità, mediante un giudizio prognostico che escluda che il richiedente possa successivamente creare problemi all'ordine e alla sicurezza nazionale, disattendere le regole di civile convivenza ovvero violare i valori identitari dello Stato, gravare sulla finanza pubblica cfr. ex multis Tar Lazio, Roma, Sez. I ter, numero 3227 e numero 12006 del 2021 e sez. II quater, numero 12568/ 2009 Cons. Stato, sez. III, numero 104/2022 numero 4121/2021 numero 7036 e numero 8233 del 2020 numero 1930, numero 7122 e numero 2131 del 2019 numero 657/2017 numero 2601/2015 sez. VI, numero 3103/2006 numero 798/1999 . 3. Se, dunque, il potere dell'Amministrazione ha natura discrezionale, il sindacato giurisdizionale sulla valutazione dell'effettiva e compiuta integrazione nella comunità nazionale deve essere contenuto entro i ristretti argini del controllo estrinseco e formale, si esaurisce nello scrutinio del vizio di eccesso di potere, nelle particolari figure sintomatiche dell'inadeguatezza del procedimento istruttorio, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, arbitrarietà, irragionevolezza della scelta adottata o difetto di motivazione, con preclusione di un'autonoma valutazione delle circostanze di fatto e di diritto oggetto del giudizio di idoneità richiesto per l'acquisizione dello status di cui è causa il vaglio giurisdizionale non deve sconfinare nell'esame del merito della scelta adottata, riservata all'autonoma valutazione discrezionale dell'Amministrazione ex multis, Cons. Stato, sez. III, 7.1.2022 numero 104 Sez. IV, numero 6473/2021 Sez. VI, numero 5913/2011 numero 4862/2010 numero 3456/2006 Tar Lazio, Sez. I ter, numero 3226/2021, Sez.II quater, numero 5665/2012 . 4. Applicando le coordinate tracciate al caso sub judice, questo Collegio ritiene le censure formulate con l'unico motivo di ricorso non condivisibili non può giungersi, infatti, ad affermare che l'Amministrazione ha valutato in maniera manifestamente illogica la situazione dell'istante, se si tiene conto che la condotta tenuta dal richiedente è lesiva di beni giuridici importanti per la tenuta del sistema ordinamentale e del rispetto delle regole di civile convivenza ed in particolare di quelle che reggono i rapporti con le Autorità dello Stato di cui vuole far parte integrante. Il ricorrente, infatti, è stato condannato per-OMISSIS-in atto pubblico articolo 483 cp , reato continuato articolo 81 cp , rendendo false dichiarazioni, e, pertanto tenendo un comportamento che è comunque indicativo “di una non compiuta integrazione, e conoscenza dei principi che informano anche il procedimento in questione, che il richiedente ha il dovere di acquisire, ovvero di uno scarso rispetto delle predette regole, sicché tale comportamento può essere valutato, oltre che sul piano penale, anche sul piano del procedimento amministrativo in esame come comportamento indicativo di scarsa affidabilità nel rapportarsi con le Istituzioni dello Stato di cui aspira a divenire cittadino”, come già chiarito dalla Sezione con riferimento alle dichiarazioni rese in occasione della richiesta di cittadinanza, ma valide in generale TAR Lazio, Sez, V bis, numero 2943, 2944, 3026 del 2022 cfr. T.A.R. Lazio, sez. I Ter, 31/08/2020 numero 9289numero 10317/2020 numero 7919/21 numero 6541/2021 . Peraltro, la condotta in parola è stata posta in essere nel decennio antecedente l'istanza, più precisamente quattro anni prima. Sotto il profilo storico, le circostanze del fatto in altre parole appaiono idonee a confutare gli argomenti di parte sulla lieve gravità e la risalenza nel tempo del fatto, e a confermare il giudizio “di inaffidabilità e di una non compiuta integrazione nella comunità nazionale  [e il provvedimento dà conto che ciò è] desumibile da un complesso di situazioni e comportamenti [di cui, quindi, si è tenuto conto nell'esercizio dell'attività altamente discrezionale a tutela dei suesposti superiori interessi pubblici, avuti di mira dalla norma attributiva del potere], posti in essere nel corso del1a permanenza nel territorio nazionale - e, in particolare, nel decennio anteriore alla data di presentazione della domanda [con speciale attenzione anche al c.d. “periodo di osservazione”] - idonei a fondare l'opportunità della concessione del nuovo status civitatis”. La motivazione del provvedimento, dunque, sconfessando le tesi attoree, consente di ricostruire il percorso logico-giuridico che ha condotto alla determinazione negativa del Ministero, non avendo ravvisato la coincidenza fra interesse pubblico ed interesse del richiedente alla concessione della cittadinanza italiana, sulla base degli elementi istruttori raccolti - sottratti ad un autonomo e diverso giudizio in questa sede, pena la violazione del divieto di un sindacato di merito. Nella valutazione della significatività della condotta emerge, in particolare, che si è tenuto conto della prossimità temporale al momento della domanda, in linea con una giurisprudenza granitica sulla particolare rilevanza, ai sensi dell'articolo 9 legge 91/1992, del decennio antecedente la presentazione dell'istanza, quale “periodo di osservazione” in cui devono essere maturati i requisiti per la cittadinanza, inclusi quelli dell'irreprensibilità della condotta Cons. St., sez. VI - 10/01/2011, numero 52 TAR Lazio, sez. II quater, numero 10678/13, numero 1833/2015 TAR Lazio, sez. I ter, numero 5917/21 da ultimo, TAR Lazio, sez. V bis, numero 2943, 2944, 2945 e 2946 del 2022 . 4.1. Quanto, inoltre, alla dedotta estinzione del reato, proprio perché lo straniero non ha un diritto soggettivo all'acquisto della cittadinanza, ai sensi della legge 5 febbraio 1992, numero 91 a fronte dell'ampia discrezionalità dell'Amministrazione procedente - posta a presidio di rilevanti interessi dello Stato - nella valutazione in ambito amministrativo della condotta e dell'inserimento sociale dell'interessato, la giurisprudenza è costante nel ritenere che “le valutazioni volte all'accertamento di una responsabilità penale si pongano su di un piano assolutamente differente ed autonomo rispetto alla valutazione del medesimo fatto ai fini dell'adozione di un provvedimento amministrativo, con la possibilità che le risultanze fattuali oggetto della vicenda penale possano valutarsi negativamente, sul piano amministrativo, anche a prescindere dagli esiti processuali penali” ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I ter, sentenze nnumero 10323/2021, 3345/2020, 347/2019, 6824/2018, Sez. II, sentenza numero 1833/2015 . Di qui l'infondatezza anche degli argomenti di parte sulla presunta irrilevanza del fatto-reato posto in essere, in ragione dell'intervenuta estinzione del reato, rimanendo la condotta valutabile per il suo valore sintomatico come già chiarito in precedenza. 4.2. In ordine, infine, all'invocata riabilitazione da parte del Tribunale di Sorveglianza di omissis , visto che ha avuto luogo il 26 settembre 2017, quindi in un momento successivo all'adozione del provvedimento, è da considerarsi circostanza che non inficia la legittimità dell'avversato decreto, dato che questa va valutata alla stregua della situazione di fatto esistente e conosciuta dalla PA al momento dell'emanazione dell'atto. Tuttavia, sul punto appare opportuno richiamare la giurisprudenza - dalla quale non vi è motivo per discostarsi - che esclude un condizionamento automatico degli effetti della riabilitazione sul giudizio di idoneità che il soggetto pubblico è chiamato a compiere ai fini del contemperamento tra l'interesse pubblico ad ampliare la platea dei soggetti cittadini e l'interesse privato al conseguimento dell'ambito status, ciò in quanto espressione di principi, che - proprio perché ritenuti condivisibili - devono applicarsi a fortiori anche all'ipotesi meno rilevante del reato estinto. In particolare, di recente è stato affermato che “la presenza di una ordinanza di riabilitazione. non comporta, in via automatica, un giudizio positivo sulla personalità dell'interessato, valido ai fini della valutazione sulla concessione della cittadinanza italiana… la valutazione svolta dall'amministrazione resistente ha natura complessa in quanto deve tener conto di molteplici aspetti di carattere quantitativo il reddito e qualitativo in particolare, una valutazione di affidabilità e di proficuo inserimento nel tessuto sociale nazionale che implicano un giudizio fondato non solo sui dati storici ma soprattutto su una valutazione prognostica basata su  un giudizio di probabilità circa la permanenza anche in futuro di quei requisiti in forma stabile” Tar Lazio, Sez. I ter, sent. 13630/2020 del 17.12.2020 . 5. Quindi, la motivazione del diniego, da cui si evince che il soggetto pubblico ha fondato il giudizio di inaffidabilità dell'istante sulla condotta posta in essere in un'epoca non troppo risalente nel tempo rispetto alla domanda che lede beni giuridici rilevanti per l'ordinamento atti a preservare la civile convivenza, appare idonea a superare il vaglio della logicità e ragionevolezza, non offrendo elementi atti a confermare le censure di carenza e di difetto di istruttoria e ciò, ad onta dell'estinzione del reato. Inoltre, si tenga conto che il diniego della cittadinanza non preclude all'interessato di ripresentare l'istanza nel futuro già dopo un anno dal primo rifiuto , per cui le conseguenze discendenti dal provvedimento negativo sono solo temporanee e non comportano alcuna “interferenza nella vita privata e familiare del ricorrente” articolo 8 CEDU, articolo 7 Patto internazionale diritti civili  e politici - dato che l'interessato può continuare a rimanere in Italia ed a condurvi la propria esistenza alle medesime condizioni di prima. Per cui, per il provvedimento impugnato, con cui, nel bilanciamento degli interessi pubblici e privati in gioco, si è ritenuto recessivo l'interesse del privato ad essere ammesso come componente aggiuntivo del Popolo italiano, l'irragionevolezza è altresì esclusa alla luce della circostanza che il diniego di cittadinanza provoca il solo svantaggio temporale sopraindicato, il quale risulta “giustificato” ove si consideri la rilevanza degli interessi in gioco e l'irreversibilità degli effetti connessi alla concessione dello status di cittadino. Da tale punto di vista, infatti, risulta inopportuno ampliare la platea dei cittadini mediante l'inserimento di un nuovo componente ove sussistano dubbi sulla sua attitudine a rispettare i valori fondamentali per la comunità di cui diviene parte essenziale con piena partecipazione all'autodeterminazione delle scelte di natura politica. Il diniego di ammissione in questi casi, avuto riguardo alle conseguenze sopraevidenziate, non può ritenersi affetto da irragionevolezza, non potendo, peraltro, la valutazione riservata all'autorità competente essere inficiata da valutazioni personali del ricorrente sul “tenue” disvalore sociale dei reati dallo stesso commessi. 5.1. Peraltro, a ciò si aggiunga che il ricorrente non ha addotto, neanche in fase di riscontro del preavviso di rigetto, alcun elemento degno di speciale merito, in grado di far venir meno i constatati motivi ostativi alla concessione dello status anelato l'astensione dal commettere reati e la condotta di vita improntata al lavoro e alla famiglia nel periodo successivo all'illecito contestato rappresentano un prerequisito della richiesta di cittadinanza. 6. Ne discende la corretta azione dell'Amministrazione, che è conseguentemente dimostrata a prescindere dalla rilevanza, che potrebbe essere stata attribuita e di cui tuttavia il decreto non rende conto, dell'omessa dichiarazione del precedente penale in sede di redazione della domanda di accesso allo status, dedotta dall'Amministrazione solo nell'ambito degli atti difensivi. L'atto impugnato supera la prova di resistenza e non può essere annullato in quanto, per quanto sopra esposto, il motivo relativo alla rilevanza del fatto-reato è comunque sufficiente a sorreggerne la validità. 7. Il Collegio, pertanto, ritiene, sulla scorta dei principi sopra enunciati, che le conclusioni a cui è giunta l'Amministrazione siano immuni dai vizi di eccesso di potere, difetto di motivazione, carenza e difetto di istruttoria 8. In conclusione, per quanto osservato, il ricorso deve essere respinto perché infondato. 9. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Quinta Bis , definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in euro 1.500,00 millecinquecento/00 , oltre accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, numero 196 e degli articoli 5 e 6 del Regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 , a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità del ricorrente.