Reato continuato, la tossicodipendenza è solo uno degli indici del medesimo disegno criminoso

Lo stato di tossicodipendenza, pur non comportando automaticamente il riconoscimento dell'unicità del disegno criminoso, può giustificarlo con riguardo ai reati che siano collegati e dipendenti da tale stato, sempre che ricorrano anche le altre condizioni individuate dalla giurisprudenza per la sussistenza della continuazione.

Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sulla responsabilità dell'imputata per i reati di furto e indebito utilizzo di carta di credito commessi in un ospedale ai danni di due pazienti. Nello specifico, la Corte d'Appello disconosceva la continuazione tra i reati giudicati, nonostante l'analogia fra gli stessi e la breve distanza temporale che li separava, senza tuttavia considerare la certificazione relativa allo stato di tossicodipendenza dell'imputata. A riguardo, la Suprema Corte ha evidenziato che in tema di reato continuato, in forza dell'articolo 671, comma 1, c.p.p., lo stato di tossicodipendenza, pur non comportando automaticamente il riconoscimento dell'unicità del disegno criminoso, può giustificarlo con riguardo ai reati che siano collegati e dipendenti da tale stato, sempre che ricorrano anche le altre condizioni individuate dalla giurisprudenza per la sussistenza della continuazione Cass. penumero , numero 22493/2019 se, dunque, la consumazione di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza non è condizione necessaria o sufficiente ai fini del riconoscimento della continuazione, di essa costituisce comunque un indice rivelatore, «sicché tale stato deve formare oggetto di specifico esame da parte del giudice qualora emerga dagli atti o sia stato altrimenti prospettato» Cass. penumero , numero 18242/2014 . Nel caso di specie, i Giudici osservano che la Corte d'Appello si è sottratta all'esame della documentazione relativa alla condizione di tossicodipendenza dell'imputata, il che giustifica l'accoglimento del ricorso e l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della medesima Corte.

Presidente Pezzullo – Relatore Caputo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza deliberata in data 08/09/2020, la Corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza del 16/12/2019 con la quale il Tribunale di Bergamo aveva dichiarato P.E. responsabile dei reati - commessi il omissis - di furto per aver sottratto a B.B. , che si trovava in un camera d'ospedale, la borsetta al cui interno vi erano il portafogli contenente, tra l'altro, un carata di credito capo A , indebita utilizzazione delle carte di credito capo B , sostituzione di persona capo C e furto per aver sottratto a P.S. , che si trovava ricoverata nel reparto di ostetricia di un ospedale il portafoglio applicate le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva e ritenuti i fatti giudicati in continuazione con quelli di cui alla sentenza del Tribunale di Milano numero 4416/2017 del 04/05/2017 definitiva in data 01/06/2017 , riconosciuta come violazione più grave il delitto sub B del presente processo, l'imputata veniva condannata alla pena complessiva di anni 1, mesi 7 di reclusione ed Euro 650 di multa. 2. Avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia ha proposto ricorso per cassazione P.E., attraverso il difensore Avv. omissis , denunciando - nei termini di seguito enunciati nei limiti di cui all'articolo 173 c.p.p., comma 1, disp. att. - inosservanza dell'articolo 81 c.p., comma 2, e vizi di motivazione in relazione al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati di cui al presente procedimento e quelli di cui alla sentenza della Corte di appello di Brescia numero 3362/2018 del 17/12/2018 irrevocabile il 05/03/2019 , in quanto la reiterazione di condotte del tutto simili tra loro - realizzate dall'imputata nella primavera del […] e nella primavera del […] - non può essere considerata come il frutto di una sperimentazione, posto che analoghe condotte criminose erano state realizzate dall'imputata in epoca sia anteriore, sia successiva, laddove l'assunto della sentenza impugnata secondo cui la tesi difensiva può contare solo sull'analogia dei fatti commessi nell'aprile del […] e poi nel maggio del […] è in contraddizione con quanto affermato dalla sentenza impugnata lì dove rileva l'intuitiva evidenza dell'esistenza di un medesimo disegno criminoso tra i reati oggetto del presente procedimento, sicché non si comprende per quale diversa ragione l'imputata si sarebbe recata nell'ospedale di omissis il omissis , tanto più che lo stesso giudice di appello esclude che la mera distanza temporale tra i reati precluda il riconoscimento della continuazione. La reiterazione di condotte del tutto simili nel corso del tempo è intuitivo della sussistenza del medesimo disegno criminoso, essendo dimostrato che, nel periodo in cui sono stati commessi i reati, l'imputata faceva uso massiccio di sostanze stupefacenti, sicché non tornò all'azione spinta da motivazioni estemporanee presentatesi a distanza di tempo, come si rileva dalla documentazione prodotta dalla difesa. 3. Con requisitoria scritta ex D.L. numero 137 del 28 ottobre 2020, articolo 23, comma 8, convertito, con modificazioni, dalla L.numero 176 del 18 dicembre 2020, il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione Luigi Orsi ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere accolto, nei termini di seguito indicati. 2. La sentenza di primo grado ha riconosciuto la continuazione tra i reati oggetto del presente procedimento e quelli oggetto della sentenza del Tribunale di Milano numero 4416/2017 del 04/05/2017, rilevando l'analogia tra i reati giudicati nei due procedimenti furto commesso in un ospedale, utilizzo della carta di credito sottratta e la breve distanza temporale 15 giorni che li separava. A diverse conclusioni è giunto il Tribunale di Brescia con riguardo al reato di furto pluriaggravato giudicato dalla sentenza numero 3362/2018 della Corte di appello di Brescia del 17/12/2018 irrevocabile il 05/03/2019 , trattandosi di fatto commesso il omissis , ossia a oltre un anno di distanza rispetto ai fatti di cui al presente procedimento commessi il omissis . Investita dell'impugnazione sul punto, la Corte di appello bresciana ha confermato il disconoscimento della continuazione rispetto al reato oggetto della sentenza della Corte di appello bresciana, rilevando che la tesi difensiva poteva contare solo sull'analogia dei reati commessi nell'aprile del […] e quelli poi realizzati nel maggio del […], giacché,, se è vero che la mera distanza cronologica tra le singole condotte non può essere di per sé preclusiva della ravvisabilità dell'identità del disegno criminoso, la mera reiterazione nel tempo di condotte soltanto analoghe non è sufficiente a tale scopo, posto che, nel caso di specie, tale reiterazione deve essere al più interpretata come il risultato della sperimentazione, da parte dell'imputata, della facilità e della fruttuosità di un particolare tipo di reati, quale il furto ai danni di degenti nelle strutture ospedaliere, tipo di reato al quale P. si è rivolta al nuovo manifestarsi di necessità economiche ritenute non fronteggiabili se non attraverso il delitto. Osserva ancora la sentenza impugnata che il dato cronologico sottolineato dal giudice di primo grado assume rilievo del tutto peculiare, dimostrando che P. tornò all'azione spinta da motivazioni estemporanee presentatesi a distanza di tempo, motivazioni che le fecero riesumare modalità illecite di guadagno nelle quali si era già fruttuosamente cimentata. 3. Nei termini, in sintesi, indicati, la motivazione della sentenza impugnata non è esente dai vizi denunciati. Il ricorso lamenta la mancata considerazione della documentazione prodotta dalla difesa, ossia la relazione del Serd della Casa circondariale di omissis , con annesse certificazioni relative allo stato di tossicodipendenza rilasciate dal Serd della Casa circondariale di omissis il 30/07/2018 e dal Serd della Casa circondariale di omissis il 29/11/2019, relazione che, secondo l'impugnate, la Corte di appello menziona solo lì dove richiama le vicissitudini che hanno costellato la vita dell'imputata . La doglianza coglie nel segno. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di reato continuato, in forza dell'articolo 671 c.p.p., comma 1, come modificato dalla L. 21 febbraio 2006, numero 49 - che è norma di carattere generale, pur essendo collocata nell'ambito della disciplina della continuazione in fase esecutiva Sez. 2, numero 41214 del 06/11/2007, Corbo, Rv. 238762 - lo stato di tossicodipendenza, pur non comportando automaticamente il riconoscimento dell'unicità del disegno criminoso, può giustificarlo con riguardo ai reati che siano collegati e dipendenti a tale stato, sempre che ricorrano anche le altre condizioni individuate dalla giurisprudenza per la sussistenza della continuazione Sez. 2, numero 22493 del 21/03/2019, Avanzini, Rv. 275420 conf., ex plurimis, Sez. 5, numero 10797 del 23/02/2010, Riolfo, Rv. 246373 se, dunque, la consumazione di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza non è condizione necessaria o sufficiente ai fini del riconoscimento della continuazione, di essa costituisce comunque un indice rivelatore, sicché tale stato deve formare oggetto di specifico esame da parte del giudice nella specie, dell'esecuzione qualora emerga dagli atti o sia stato altrimenti prospettato Sez. 1, numero 18242 del 04/04/2014, Flammini, Rv. 259192 . La Corte di appello si è sottratta allo specifico esame della documentazione relativa alla condizione di tossicodipendenza allegata dalla difesa, il che inficia la tenuta della motivazione sul punto della sentenza impugnata, che, 4. Pertanto, in parte qua, ossia con riferimento al trattamento sanzionatorio e, segnatamente, al diniego della continuazione rispetto al reato oggetto della sentenza della Corte di appello di Brescia del 17/12/2018 numero 3362/2018, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio in merito al trattamento sanzionatorio ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo in merito al trattamento sanzionatorio ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia.