La Corte di Cassazione torna sul delitto di circonvenzione di incapace.
Il Tribunale di Milano dichiarava il non doversi procedere nei confronti di una donna per alcune condotte di circonvenzione di incapace, condannandola per altri comportamenti sempre per lo stesso delitto. In secondo grado veniva confermato il non doversi procedere nei confronti dell'imputata per intervenuta prescrizione. Avverso la sentenza della Corte d'Appello meneghina, la donna proponeva ricorso per Cassazione. Con il principale motivo di doglianza la ricorrente rilevava che la Corte di merito avesse errato nel confermare la tesi dei primi giudici riguardo alle reali condizioni psichiche delle quali era affetto la vittima del presunto reato, desumendone la mala fede. Il motivo è infondato e il ricorso è stato rigettato. Osserva infatti il Collegio che tutte le dichiarazioni valutate dai giudici territoriali, comprese quelle del medico curante, non risultavano né illogiche, né tanto meno carenti o errate, in quanto la vittima era da molti anni affettata da «gravi criticità psichiche». Specifica poi la Corte di Cassazione che la nozione di deficienza psichica utilizzata dalla disposizione incriminatrice di circonvenzione di incapace, comprende qualsiasi minorazione della sfera volitiva e intellettiva che renda facile la suggestionabilità della vittima e ne diminuisca i poteri di difesa. Pertanto, il Collegio rigetta il ricorso, confermando le precedenti pronunce che avevano ampiamente e debitamente considerato ogni elemento per pervenire alla logica conclusione di ascrizione del reato alla ricorrente.
Presidente Cammino – Relatore Di Pisa Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Milano, con sentenza in data 28/07/2016, dichiarava non doversi procedere nei confronti di M.S.E.M. in ordine a talune delle condotte di circonvenzione di incapace continuata di cui al capo b in danno di S.S. riteneva la predetta responsabile delle ulteriori condotte ex articolo 81,643 c.p., e la condannava alla pena ritenuta di giustizia nonché al risarcimento del danno, da liquidarsi in separata sede civile, in favore di S.P. numero q. di amministratore di sostegno di S.S. . Con sentenza in data 23/10/2020, la Corte d'appello di Milano, pronunziando sull'appello dell'imputata, dichiarava non doversi procedere per intervenuta prescrizione in ordine a tutte le condotte contestate e confermava le statuizioni civili. 2. Avverso la sentenza suindicata propone ricorso per cassazione M.S.E.M., a mezzo difensore di fiducia, formulando quattro motivi. 2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione all'articolo 643 c.p., e vizio di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza di una condotta di circonvenzione di incapace. Rileva, in particolare, che la corte di merito aveva errato nel confermare la tesi dei primi giudici secondo cui, come ritenuto dal consulente del P.M., la persona offesa era da sempre affetta da demenza vascolare con deliri mentre dalla documentazione in atti risultava nel 1990 la diagnosi di schizofrenia paranoide in disturbo di personalità paranoide e solamente dal luglio 2009 una condizione di decadimento cognitivo con sintomi psicotici in paziente con encefalopatia multiinfartuale poi degenerato in un progressivo peggioramento dello stato cognitivo sino all'arresto psicomotorio, verificatosi nel marzo del 2010. Osserva che tale discrasia dava la misura delle contraddizioni in cui erano incorsi i giudici di merito ritenendo, alla luce delle dichiarazioni della sorella S.P. e del medico curante Dott. M., la evidente riconoscibilità all'esterno delle condizioni psichiche di S.S Assume che sia il tribunale che la corte di appello, poi, avevano omesso di confrontarsi con quanto dichiarato dal teste Prof. F.S. nel richiamare il proprio elaborato circa le condizioni psichiche della vittima e non avevano adeguatamente preso in esame quanto dichiarato dai testi D.A.S., dal Notaio A.M. presso la quale lo S. aveva rilasciato procura speciale in favore della ricorrente e dal teste della difesa A.G. circa la non riconoscibilità del precario stato di salute mentale dello S Evidenzia che i giudici di merito, nel desumere la consapevolezza della ricorrente delle condizioni psichiche dello S. dalla circostanza che la M. avrebbe fatto stipulare alla persona offesa una serie di proposte di acquisto in costanza della inadempienza del saldo dei contratti precedenti , avevano operato un ragionamento del tutto illogico, non considerando che, per espressa pattuizione negoziale, i termini di pagamento erano dilazionati sino al versamento del saldo a ventiquattro mesi sicché, ad eccezione di una proposta di acquisto, nessuno dei contratti aveva raggiunto la naturale scadenza. Sottolinea, altresì, che i giudici non avevano un alcun modo valutato la circostanza che il 2 ottobre 2009 e, quindi, dopo i fatti, lo S. era stato sottoposto a visita medica ed aveva ottenuto il rinnovo della patente e che mancava ogni motivazione sulla attività di induzione. Lamenta che, in generale, la corte territoriale non aveva esaminato le specifiche censure formulate limitandosi a fare proprie le considerazioni del primo giudice e desumendo la malafede della ricorrente da una serie di dati non veritieri o contraddittori. Con il secondo motivo deduce violazione dell'articolo 111 Cost. e degli articolo 178 c.p.p., lett. c nonché dell'articolo 233 c.p.p., in relazione all'articolo 578 c.p.p. Evidenzia che la corte di appello aveva erroneamente rigettato l'eccezione di nullità sollevata dalla difesa per avere il tribunale disatteso l'istanza finalizzata a consentire al consulente tecnico di parte Prof. F. di procedere a visita e colloquio con la persona offesa, indispensabile in quanto il consulente del P.M. aveva sottoposto a diversi colloqui lo S. ed ad un test specifico. Assume che in tal modo erano stati violati i diritti di difesa dell'imputata e che del tutto inconferente era il richiamo operato dai giudici di appello al disposto di cui all'articolo 233 c.p.p Con il terzo motivo rileva vizio di motivazione relativamente alla mancata declaratoria della nullità della sentenza di primo grado per inutilizzabilità della prova documentale costituita dalla consulenza redatta dal c.t.u. Dott. M. nella causa civile promossa innanzi dal Tribunale di Milano. Evidenzia che tale consulenza non poteva in alcun modo essere utilizzata non essendosi proceduto all'audizione del Dott. M. e che, erroneamente, la corte di appello aveva affermato che il primo giudice non aveva utilizzato tale documento, posto che lo stesso era stato indicato dal Tribunale fra i documenti agli atti del fascicolo. Con il quarto motivo deduce violazione dell'articolo 360 c.p.p., in relazione all'articolo 578 c.p.p Assume che i giudici di merito avevano escluso che la relazione del perito del P.M. fosse atto irripetibile, con la conseguenza che non erano dovuti gli avvisi alle parti, non considerando che, tenuto conto del progressivo peggioramento delle condizioni della persona offesa, l'accertamento doveva essere eseguito con le modalità che non erano state rispettate. Considerato in diritto 1. Il ricorso va rigettato. 2. Osserva la Corte che le censure proposte con il primo motivo sono nel loro complesso prive di fondamento. Va osservato che i giudici territoriali, nel richiamare la documentazione sanitaria in atti, le dichiarazioni del C.T. del P.M. Dott.ssa L. nonché quelle del medico curante Dott. M.C. e della sorella della vittima S.P. hanno chiarito, con argomentazioni che non appaiono nè carenti nè illogiche nè contraddittorie, che S.S. , il quale già nel 1989 era stato ricoverato per disturbi deliranti all'epoca dei fatti era certamente soggetto affetto da gravi criticità psichiche con deficit di memoria a breve e lungo termine e di giudizio, ritenendo che la sua infermità fosse percepibile all'esterno. Orbene va rilevato che la nozione di deficienza psichica utilizzata dalla disposizione incriminatrice della circonvenzione di incapace comprende qualsiasi minorazione della sfera volitiva e intellettiva, che renda facile la suggestionabilità della vittima e ne diminuisca i poteri di difesa contro le insidie altrui integra, pertanto, il requisito dello stato di deficienza psichica della persona offesa del delitto di circonvenzione di incapace anche una minorata capacità psichica, con compromissione del potere di critica e indebolimento di quello volitivo, tale da rendere possibile l'altrui opera di suggestione. Ciò comporta che, nella complessa situazione di approfittamento delineata dalla norma il distinguo tra infermità psichica e deficienza psichica si giochi tutto sulla natura e rilevanza del processo patologico che intacca le capacità cognitive e volitive del soggetto, riverberando i suoi effetti sulla capacità. Questa Corte si è perciò pronunciata nel senso che per infermità psichica o mentale deve intendersi ogni alterazione psichica derivante da un vero e proprio stato patologico, conosciuto e codificato dalla scienza medica quindi catalogabile fra le malattie mentali quali psicosi e schizofrenie o da una condizione soggettiva che, sebbene non patologica, menomi le facoltà intellettive o volitive del soggetto quale conseguenza di una anomalia mentale stati psiconEurologici , non importa se in modo definitivo o temporaneo, e, per deficienza psichica, debba intendersi un'alterazione dello stato mentale, ontologicamente meno grave e aggressivo della infermità e non conseguente ad uno stato patologico, dipendente da particolari situazioni fisiche età avanzata e fragilità di carattere ovvero da una anomala dinamica relazionale tra l'autore dell'induzione e l'autore dell'atto pregiudizievole, situazioni che comportino l'indebolimento della funzione volitiva o affettiva, inficiando il potere di critica e di difesa dall'altrui opera di suggestione e sia comunque idonea a porre il soggetto passivo in uno stato di minorata capacità di autodeterminazione in quanto i cedimenti intellettivi, volitivi o affettivi, compromettendo il pensiero critico, minano la autonoma determinazione del soggetto Cass. numero 29003 del 2012 rv 253311 . Alla situazione di obiettiva compromissione della capacità decisionale del soggetto passivo, quale elemento costitutivo del tipo di illecito, fa da contraltare, in un coessenziale dualismo qualificante la fattispecie penale, l'instaurazione di un rapporto squilibrato fra vittima ed agente nel senso che quest'ultimo abbia la possibilità di manipolare la facoltà di autodeterminarsi della vittima che, a causa dello stato deficitario in cui versa, per la mancanza o diminuita capacità critica, sia incapace di opporre alcuna resistenza ad essere agita Cass. numero 9358 del 2015 rv 262839 . Pacifico è, poi, in punto di diritto che il delitto di circonvenzione di incapace non esige che il soggetto passivo versi in stato di incapacità di intendere e di volere, essendo sufficiente anche una minorata capacità psichica, con compromissione del potere di critica ed indebolimento di quello volitivo, tale da rendere possibile l'altrui opera di suggestione e pressione Sez. 2, numero 3209 del 20/12/2013 - dep. 23/01/2014, P.O. in proc. D.M.L. e altro, Rv. 25853701 . Rientra, pertanto, nella nozione di deficienza psichica ex articolo 643 c.p. la minorata capacità psichica, con compromissione del potere di critica ed indebolimento di quello volitivo, tale da rendere possibile l'altrui opera di suggestione, perché è deficienza psichica qualsiasi minorazione della sfera volitiva ed intellettiva che agevoli la suggestionabilità della vittima e ne riduca i poteri di difesa contro le altrui insidie Cass. Sez. 2, sent. numero 24192 del 05/03/2010, dep. 23/06/2010, Rv. 247463 . È, poi, altrettanto pacifico che il convincimento circa la prova dell'induzione per la configurabilità dell'articolo 643 c.p., ben può essere fondato su elementi indiretti e indiziari, cioè risultare da elementi precisi e concordanti come la natura degli atti compiuti e il pregiudizio da essi derivante cfr. in tal senso Cass. Sez. 2, Sent. numero 17415 del 23/01/2009, dep. 23/04/2009, Rv. 244343 . In ordine, infine, alla riconoscibilità da parte di terzi dello stato di infermità o deficienza psichica, se è vero che lo stesso deve essere oggettivo, non è tuttavia necessario che tutti ne siano consapevoli, essendo richiesta la relativa consapevolezza solo in capo all'autore del reato v. Cass. Sez. 5, sent. numero 6782 del 14.12.1977, dep. 30.5.1978, rv 139201/ consapevolezza che può essere desunta anche dalla arrendevolezza del soggetto. Invero nel caso in esame il giudice d'appello, nel ritenere sussistenti i fatti illeciti contestati, non si è limitato a richiamare la sentenza di primo grado che aveva già confutato le doglianze oggi reiterate, ma ha dato espressamente conto di avere esaminato in maniera specifica le censure in esame e di essere pervenuto alla conclusione, con motivazione coerente e priva di vizi logici, che non vi era spazio per un' alternativa diversa da quella sostenuta nella sentenza impugnata, risultando pienamente argomentata e non inficiata da contraddizione alcuna la sentenza nella parte in cui ha ritenuto anche pienamente dimostrata la conoscenza della infermità da parte della ricorrente. La difesa di quest' ultima ha evidenziato, in sintesi, la fallacia del ragionamento della corte di appello la quale, pervenendo ad un giudizio di colpevolezza, non aveva adeguatamente valutato quanto accertato dal consulente di parte Prof. F. il quale aveva asserito che non vi era alcuna certezza medico legale per ritenere che il sig. S. all'epoca dei fatti fosse in ridotte capacità di intendere e di volere e/o di circonvenibilità tali da determinare uno stato di infermità ed inferiorità da renderlo suscettibile di azioni di abuso o di induzione da parte della predetta M. . Ed, ancora, è stata lamentata l'omessa valutazione di quanto riferito dai testi D.A.S., dal Notaio A.M. presso la quale lo S. aveva rilasciato procura speciale in favore della ricorrente e dal teste della difesa A.G. circa la non riconoscibilità del precario stato di salute mentale dello S Va, tuttavia, rilevato che il giudizio sulla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova è devoluto insindacabilmente ai giudici di merito e la scelta che essi compiono, per giungere al proprio libero convincimento, con riguardo alla prevalenza accordata a taluni elementi probatori, piuttosto che ad altri, ovvero alla fondatezza od attendibilità degli assunti difensivi, quando non sia fatta con affermazioni apodittiche o illogiche, si sottrae al controllo di legittimità della Corte Suprema. Si è in particolare osservato che non è sindacabile in sede di legittimità, salvo il controllo sulla congruità e logicità della motivazione, la valutazione del giudice di merito, cui spetta il giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova, circa contrasti testimoniali o la scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti. Sez. 2, numero 20806 del 05/05/2011 - dep. 25/05/2011, Tosto, Rv. 25036201 . Deve osservarsi che i giudici del merito, chiamati a decidere su opposte risultanze processuali come sovente accade in materie che lasciano aperti spunti valutativi, nel pieno esercizio del loro potere discrezionale hanno debitamente spiegato le ragioni per le quali hanno ritenuto di aderire alle conclusioni del consulente del P.M. Dott.ssa L. - considerazioni in piena sintonia con le risultanze della certificazione medica in atti e con quanto riferito dal medico curante Dott. M. e dalla sorella della vittima - evidenziando le ragioni per le quali non sono state ritenute attendibili le conclusioni opposte dedotte dalla difesa e nel fare ciò risultano avere preso in considerazione anche i principali elementi evidenziati dalla difesa nell'atto di appello e riproposti in questa sede. Non va, del resto, sottaciuto che la ricorrente, ventilando l'ipotesi che la condizione di decadimento psichico della persona offesa non era retrodatabile all'epoca dei fatti ed assumendo che non risultava alcun comportamento anomalo della vittima riscontrabile all'esterno, mira ad una ricostruzione alternativa degli accadimenti non considerando, peraltro, che la configurabilità della condotta illecita contestata, muovendo dalla condizioni psichiche della vittima come accertate sulla scorta delle condivisibili valutazioni del consulente del P.M. Dott.ssa L. e degli elementi istruttori sopra richiamati, è stata, fra l'altro, collegata alla effettuazione di una serie di operazioni finanziarie assai dispendiose e prive di alcuna immediata utilità per la vittima. In particolare, con ragionamento adeguato e privo di aporie logiche, la corte di appello ha valorizzato la circostanza che nel periodo compreso fra il 15 ottobre 2007 e il 6 luglio 2009 la M. aveva fatto sottoscrivere allo S. sei contratti preliminari in forza dei quali lo stesso - il quale non aveva mai riferito di avere tali disponibilità - si era obbligato a pagare la esorbitante somma di Euro 1.589.500,00 quale corrispettivo di undici settimane di godimento di multiproprietà in Montecarlo la maggior parte delle quali neppure in corrispondenza del Gran Premio di Montecarlo di cui la persona offesa risultava fortemente appassionato, con incameramento di ingenti provvigioni. Va detto che la difesa dell'imputata con i motivi di ricorso in esame, sotto forma di un asserito vizio motivazionale, tende a sottoporre a questa Corte Suprema un nuovo giudizio sulla circonvenibilità della persona offesa ed alla sua percepibilità all'esterno che è tipicamente un giudizio di merito e che non è certo censurabile nel momento in cui - come avvenuto nel caso in esame - i giudici di entrambi i gradi di giudizio risultano avere esaminato tutti gli elementi probatori a loro disposizione non solo la relazione del consulente del P.M. Dott.ssa L. ma anche le deposizioni di numerosi testi e la copiosa documentazione sanitaria e, attraverso una valutazione di puro merito - come tale insindacabile in questa sede - hanno ritenuto che la persona offesa si trovasse nelle condizioni indicate dall'articolo 643 c.p Non può sottacersi che talune della criticità evidenziate - ed in particolare la affermazione da parte dei giudici di merito che la M. avrebbe fatto stipulare alla persona offesa una serie di proposte di acquisto in costanza della inadempienza del saldo dei contratti precedenti non considerando che, per espressa pattuizione negoziale, i termini di pagamento erano dilazionati sino al versamento del saldo a ventiquattro mesi sicché, ad eccezione di una proposta di acquisto, nessuno dei contratti aveva raggiunto la naturale scadenza - non sono in ogni caso tali da incrinare il complessivo ragionamento di segno conforme dei giudici di merito. Ed, infatti, a parte la considerazione che risulta, comunque acclarata una evidente anomalia negli acquisti de quibus, va ricordato che in tema di ricorso per cassazione, l'emersione di una criticità su una delle molteplici valutazioni contenute nella sentenza impugnata, laddove le restanti offrano ampia rassicurazione sulla tenuta del ragionamento ricostruttivo, non può comportare l'annullamento della decisione per vizio di motivazione, potendo lo stesso essere rilevante solo quando, per effetto di tale critica, all'esito di una verifica sulla completezza e sulla globalità del giudizio operato in sede di merito, risulti disarticolato uno degli essenziali nuclei di fatto che sorreggono l'impianto della decisione. Sez. 1, numero 46566 del 21/02/2017 - dep. 11/10/2017, M e altri, Rv. 27122701 . In ultima analisi le censure proposte sono da ritenere infondate in quanto vanno ritenute per lo più un modo surrettizio di introdurre, in questa sede di legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali già ampiamente presi in esame dalla corte territoriale che con motivazione logica, adeguata e del tutto coerente con gli indicati elementi probatori ha puntualmente disatteso la tesi difensiva. 3. Il secondo motivo è infondato non sussistendo sulla scorta delle disposizioni di cui al codice di rito un diritto del consulente di parte ad esaminare personalmente la vittima ben potendo il diritto di difesa essere esercitato attraverso tutti i necessari accertamenti sulla scorta della documentazione sanitaria già in atti, considerato, peraltro, che non risulta che parte ricorrente abbia sollecitato una nuovo accertamento tecnico nell'ambito del quale avrebbe potuto richiedere ampie indagini nel pieno contraddittorio delle parti. 4. Il terzo motivo è manifestamente infondato in quanto la eccepita inutilizzabilità della consulenza del Dott. M.M. non vale ad inficiare il complessivo ragionamento dei giudici di merito posto che il contenuto di detta consulenza è stato solo, incidentalmente, richiamato dai giudici di primo grado i quali hanno fondato la ricostruzione circa la circonvenibilità della vittima e la sua percepibilità all'esterno sulla base di ulteriori e molteplici elementi istruttori. Occorre considerare che nell'ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l'inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l'incidenza dell'eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta prova di resistenza , in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l'identico convincimento. Sez. 2, numero 7986 del 18/11/2016 - dep. 20/02/2017, La Gumina e altro, Rv. 26921801 nella specie la ricorrente non chiarisce in alcun modo le ragioni per le quali la inutilizzabilità di detto dato probatorio sarebbe tale da incrinare il ragionamento dei giudici di merito basato, per contro, su molteplici elementi di prova fra loro pienamente convergenti, elemento questo che rende la censura formulata con tale motivo priva di pregio alcuno. 5. Il quarto è infondato in quanto il consulente del P.M. - il quale ha iniziato le operazioni di consulenza nel 2011 - non ha effettuato accertamenti irripetibili ma ha fondato le sue conclusioni sulla disamina degli atti, dovendo ricostruire le condizioni di salute della vittima all'epoca dei fatti 2007-2009 . Va, invero, rilevato che la consulenza specialistica che si fondi sull'esame di dati cristallizzati in documentazione sanitaria e sugli esiti di un'attività diagnostica ed implichi esclusivamente un'attività valutativa di tipo tecnico-scientifico ha natura di atto ripetibile e può essere disposta ex articolo 359 c.p.p., essendo in questo caso, il diritto di difesa garantito dall'escussione del consulente nel contraddittorio dibattimentale, ai sensi dell'articolo 501 c.p.p. vedi in proposito Cass. numero 37340/2019 . 6. Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso devono essere rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. Non avendo parte civile formulato apposita istanza di liquidazione delle spese del presente grado del giudizio nessuna statuizione va adottata sul punto. 7. In caso di diffusione del presente provvedimento vanno omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.