Condanna definitiva a dieci mesi di reclusione e 1.400 euro di multa. Respinta la tesi difensiva, centrata su una presunta disattenzione in buonafede nell’acquisto dell’arma effettuato su un sito web specializzato.
Impossibile riconoscere la buonafede dell'esperto di armi beccato a comprare online una carabina ad aria compressa con una potenza superiore ai 18 joule e per questo catalogabile come vera e propria arma da sparo. Impossibile, difatti, ipotizzare che l'acquisto su un sito web sia stato frutto di un errore, ossia della confusione tra due differenti beni. Concordi i Giudici di merito sacrosanta la condanna di un uomo, un esperto di armi , finito sotto processo per «avere illegalmente detenuto una carabina ad aria compressa con potenza pari a 18,8 joule, come da accertamento tecnico del Banco nazionale di prova che, in sostanza, è il controllore tecnico della rispondenza delle armi e delle munizioni alle norme tecniche e di legge. Proprio alla luce della verifica effettuata dal Banco nazionale di prova, la carabina in possesso dell'uomo è stata catalogata come « arma comune da sparo » e « clandestina in quanto priva dei marchi» previsti come obbligatori dalla l. numero 110/1975 . A rendere ancora più grave la posizione dell'uomo, infine, «l'avere acquistato la carabina per corrispondenza senza essere munito di licenza ». In secondo grado, comunque, la pena viene ridotta a dieci mesi di reclusione e 1.400 euro di multa. Col ricorso in Cassazione, però, il difensore dell'uomo contesta le valutazioni compiute dai Giudici di merito, i quali, osserva, «si sono adagiati sul criterio per cui un esperto di armi non può non sapere che l'arma ha potenza superiore a quella da lui ritenuta e comunque ha da verificare tale situazione». Invece, «tale verifica può essere fatta soltanto dal Banco nazionale di prova», a cui «l'uomo aveva dato piena disponibilità alla verifica, essendo stato convinto, in buonafede , di avere acquistato un'arma della potenza di 7,5 joule», annota il legale. Chiaro l'obiettivo della linea difensiva instillare il dubbio che «per mera disattenzione» l'uomo abbia «detenuto un'arma di potenza superiore a quella consentita». In questa ottica la carta giocata dal legale è quella della buonafede, sostenendo che il suo cliente «ha acquistato la carabina su un sito web specializzato - precisamente, da un rivenditore spagnolo - e ha indicato l'opzione per un'arma di potenza inferiore a 7,5 joule». Inoltre, «all'arrivo della carabina a destinazione, non vi erano indicazioni sulla potenza dell'arma nella documentazione accompagnatoria», aggiunge il legale. Questa tesi però non regge alla prova dei fatti, ribattono i Giudici di Cassazione. Ciò perché tra primo e secondo grado si è appurato che «il sito, di cui si è servito l'uomo, è stato visitato anche da agenti di Polizia giudiziaria», i quali hanno potuto verificare che «la pagina di acquisto evidenziava chiaramente non solo il modello opzionato ma anche - nell'ambito del modello - la potenza dell'arma ed il prezzo, differente per le diverse potenze, così da costituire ulteriore elemento di distinzione». Peraltro, è anche emerso che «all'atto del controllo dell'ordine di acquisto veniva specificata la potenza dell' arma che si stava acquistando ed il relativo prezzo, così da prevenire errori». Logico, di conseguenza, escludere la buonafede dell'uomo, che, in quanto esperto di armi, «non avrebbe potuto confondere un'arma per un'altra, e in ogni caso - una volta arrivata la carabina a destinazione - avrebbe dovuto operare le necessarie verifiche », sanciscono i Giudici. E, in ultima battuta, «la disponibilità» data dall'uomo «alla verifica presso il Banco nazionale di prova non può ritenersi indizio comprovante la sua buonafede», concludono dalla Cassazione.
Presidente Casa – Relatore Liuni Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 2/3/2020 la Corte d'appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Monza del 13/9/2017, ha rideterminato la pena inflitta a V.M. in mesi 10 di reclusione e Euro 1.400 di multa, ritenendo assorbito il reato di cui alla L. numero 865 del 1967, articolo 2 e 7 in quello di cui alla L. numero 110 del 1975, articolo 23, comma 2. L'imputato è stato condannato per avere illegalmente detenuto una carabina ad aria compressa […] con potenza pari a 18,8 joule, come da accertamento tecnico del Banco Nazionale di Prova, arma comune da sparo e clandestina in quanto priva dei marchi di cui agli L. numero 110 del 1975, articolo 7 e 11, nonché per avere acquistato detta arma per corrispondenza senza essere munito di licenza, in violazione dell'articolo 17 Legge citata. Con la recidiva semplice. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, avv. Maurizio Bono, deducendo violazione di legge e contraddittorietà della motivazione per la mancata applicazione della disciplina dell'errore sul fatto. I giudici di merito si sarebbero adagiati sul criterio per cui il V. - esperto di armi - non poteva non sapere che l'arma aveva potenza superiore a quella da lui ritenuta e comunque avrebbe dovuto verificare tale situazione. Trattasi di affermazioni illogiche, in quanto tale verifica poteva essere fatta soltanto dal Banco Nazionale di Prova, al quale infatti l'imputato aveva dato piena disponibilità alla verifica, essendo stato convinto in buona fede di avere acquistato un'arma della potenza di 7.5. joule. Ciò determina il legittimo dubbio che per mera disattenzione il V. abbia detenuto un'arma di potenza superiore a quella consentita. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile, in quanto fondato su motivi non consentiti dalla legge per essere reiterativi delle doglianze già prospettate nel gravame, alle quali l'impugnata sentenza ha dato una risposta corretta in punto di diritto e logicamente argomentata. 2. È stata riproposta la censura della buona fede del V., il quale aveva acquistato la carabina su siti specializzati Internet, precisamente da un rivenditore spagnolo, affermando di avere indicato l'opzione per un'arma di potenza inferiore a 7,5 joule, e che all'arrivo a destinazione dell'acquisto non vi erano indicazioni sulla potenza dell'arma nella documentazione accompagnatoria. Tuttavia, i giudici di merito hanno dato atto che il sito del quale si era servito l'imputato era stato visitato anche da agenti di Polizia giudiziaria che avevano verificato che la pagina di acquisto evidenziava chiaramente non solo il modello opzionato ma anche - nell'ambito del modello - la potenza dell'arma ed il prezzo, differente per le diverse potenze, così da costituire ulteriore elemento di distinzione. Inoltre, era stato verificato che all'atto del controllo dell'ordine di acquisto veniva specificata la potenza dell'arma che si stava acquistando ed il relativo prezzo, così da prevenire errori. Da ciò si è esclusa la buona fede dell'imputato, il quale era esperto di armi e non avrebbe potuto confondere un'arma per un'altra, e in ogni caso - una volta arrivata la carabina a destinazione - avrebbe dovuto operare le necessarie verifiche. Nè la disponibilità data alla verifica presso il Banco Nazionale di Prova può ritenersi indizio comprovante tale buona fede. 3. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della congrua somma indicata in dispositivo, ai sensi dell' articolo 616 c.p.p. , non risultando cause di esenzione da responsabilità in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità, a tenore della sentenza della Corte costituzionale numero 186 del 2000 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.