«Anche il creditore fondiario soggiace all’articolo 52 l.f. e deve svolgere domanda di ammissione al passivo per vedere riconosciuto il proprio credito nel passivo del fallimento del debitore i cui beni gravati da ipoteca sono stati oggetto di procedura esecutiva immobiliare precedentemente avviata dal creditore stesso […]».
Il caso. Un istituto di credito, in forza di contratto di mutuo fondiario, avviava un'esecuzione forzata immobiliare nei riguardi di una s.r.l. Il bene, gravato dell'ipoteca e oggetto della procedura, veniva aggiudicato nel marzo 2006. A fine marzo 2006 veniva dichiarato il fallimento della s.r.l. Il Fallimento interveniva nella procedura esecutiva contestando la natura fondiaria del credito. Successivamente il Giudice dell'esecuzione, ritenendo che gli istituti di credito non fossero tenuti a svolgere domanda di insinuazione al passivo, approvava il progetto di distribuzione ordinando il pagamento della somma incassata in favore della banca. Il Fallimento non impugnava l'ordinanza e solo successivamente notificava atto di citazione nei confronti dell'istituto di credito per chiedere la restituzione dell'importo. Il Tribunale e la Corte d'Appello respingevano le richieste del Fallimento che svolgeva ricorso in Cassazione. La massima. Anche il creditore fondiario soggiace all' articolo 52 l.f. e deve svolgere domanda di ammissione al passivo per vedere riconosciuto il proprio credito nel passivo del fallimento del debitore i cui beni gravati da ipoteca sono stati oggetto di procedura esecutiva immobiliare precedentemente avviata dal creditore stesso. Tuttavia, se il creditore fondiario non ha svolto domanda di ammissione al passivo e se il giudice dell'esecuzione ha comunque approvato il progetto di distribuzione delle somme ricavate dall'aggiudicazione dei beni assegnandole al creditore fondiario, il Fallimento che non ha impugnato tale provvedimento con i rimedi previsti dal codice di procedura civile non può più dolersi né della mancata insinuazione al passivo da parte del creditore fondiario, né dell'assegnazione allo stesso delle somme ottenute per via del principio di intangibilità dell'aggiudicazione e della concreta ed effettiva distribuzione degli importi ricavati. La decisione della Corte. L'ordinanza della Corte di Cassazione consente di “ripassare” i principi di coordinamento tra la disciplina del Testo Unico Bancario d.lgs. numero 385/1993, articolo 41 e la legge fallimentare . L'articolo 41, comma 2, così recita «L'azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari può essere iniziata o proseguita dalla banca anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore. Il curatore ha facoltà di intervenire nell'esecuzione. La somma ricavata dall'esecuzione, eccedente la quota che in sede di riparto risulta spettante alla banca, viene attribuita al fallimento». La norma permette quindi al creditore fondiario di iniziare e proseguire l'azione esecutiva sui beni del debitore soggetti ad ipoteca a garanzia del credito medesimo nonostante questi sia dichiarato fallito. Tale facoltà tuttavia non esclude la possibilità che il giudice delegato disponga la liquidazione degli stessi beni in sede fallimentare. Ciò che rileva è il criterio temporale, cioè l'anteriorità del provvedimento che dispone la vendita. A sua volta il curatore può optare per un intervento nella procedura esecutiva individuale ai sensi dell' articolo 41, comma 2 del d.lgs. numero 385/1993 . Come ricorda la Cassazione, il privilegio di cui al citato articolo del TUB è di carattere meramente processuale consistente nella possibilità di avvalersi della procedura esecutiva. Tale “vantaggio” tuttavia non esime il creditore fondiario dalla necessità di svolgere domanda di ammissione al passivo nel fallimento per veder riconosciuto il proprio credito. Il creditore fondiario in sostanza non è esentato dal concorso formale con gli altri creditori del fallimento. Sul punto, la Corte di Cassazione ribadisce che l'istituto del credito fondiario, per trattenere in via definitiva quanto ricavato dall'esecuzione individuale a copertura del proprio credito, è tenuto ad insinuarsi al passivo del fallimento del debitore, così partecipando all'esecuzione concorsuale a conferma del principio di esclusività della verifica fallimentare previsto dall' articolo 52 l.f. Da ciò consegue che all'assegnazione delle somme disposta nel processo avanti al giudice dell'esecuzione va attribuito carattere “provvisorio”, essendo onere del creditore fondiario insinuarsi al passivo del fallimento, per consentire la graduazione dei crediti, cui è finalizzata la procedura concorsuale. In questi termini la Cassazione ricostruisce il coordinamento tra esecuzione individuale e collettiva fallimentare. Nel caso di specie però il creditore fondiario non ha insinuato il proprio credito nel passivo della s.r.l. e tuttavia il giudice dell'esecuzione ha definitivamente approvato il progetto di distribuzione della procedura esecutiva immobiliare individuale riconoscendo il ricavato dell'aggiudicazione in favore dell'istituto di credito. A fronte di ciò il Fallimento è rimasto di fatto inerte. Ha inizialmente contestato nella procedura esecutiva la natura fondiaria, ma non ha svolto un intervento ex articolo 41, comma 2 TUB, non ha contestato l'ordinanza del giudice dell'esecuzione, non ha svolto opposizione ex articolo 615 – 617 c.p.c., né ha dato luogo a contestazioni rilevanti ex articolo 512 c.p.c. A questo punto i Giudici di legittimità ricordano che – secondo giurisprudenza costante – l'approvazione del progetto di distribuzione comporta l'intangibilità della concreta attribuzione delle somme ricavate così Cass. numero 15963/2021 Cass. numero 26927/2018 . In sostanza, prosegue la Cassazione, la definitività dei risultati dell'esecuzione si fonda sia sull'irrevocabilità dei provvedimenti del giudice dell'esecuzione una volta attuati come prevede l' articolo 487, comma 1 c.c. , sia sull'intrinseca caratteristica del procedimento esecutivo basato su apposite forme per salvaguardare i contrapposti interessi delle parti. I rimedi previsti dal codice al riguardo sono, appunto, le opposizioni all'esecuzione con le modalità e le tempistiche stabilite. Nello specifico la Cassazione ha quindi ribadito che l'ordinanza distributiva costituisce «il culmine di un'attività giurisdizionale a contraddittorio eventuale, basata su un concetto di preclusione più ampio rispetto a quello del giudicato» così Cass. numero 2434/1969 . Il Fallimento, dopo essere intervenuto nel processo esecutivo, ha ritenuto non impugnare l'ordinanza che ha dichiarato esecutivo il progetto di distribuzione, né si è avvalso dei rimedi previsti dal codice di rito. La procedura concorsuale pertanto non può più dolersi della mancata insinuazione al passivo da parte dell'istituto di credito, né – tantomeno – può pretendere la restituzione di quanto ormai assegnato definitivamente dal giudice dell'esecuzione. Gli importi riconosciuti dal giudice dell'esecuzione al creditore fondiario sono divenuti così “intoccabili” per il principio di intangibilità della concreta ed effettiva distribuzione delle somme ricavate e il ricorso in Cassazione viene respinto.
Presidente De Chiara – Relatore Di Marzio Fatti di causa 1. - Il Fallimento omissis S.r.l. ricorre per tre mezzi, illustrati da memoria, nei confronti di S.I. S.r.l., P.C.S. S.p.A. e I. S.r.l., contro la sentenza del 31 maggio 2018, con cui la Corte d'appello di Palermo ha respinto l'appello dello stesso Fallimento avverso sentenza del locale Tribunale di rigetto della domanda volta alla ripetizione della somma di Euro 3.257.403,97, con accessori. 2. - La vicenda da cui si origina il ricorso si riassume nei termini seguenti. 2.1. - Questo l'antefatto - l'Istituto Bancario S.P. S.p.A., sezione credito fondiario, agendo in forza di contratto di mutuo fondiario del omissis , ha intrapreso, con pignoramento notificato il omissis , un'esecuzione forzata immobiliare nei confronti di omissis S.r.l., avente ad oggetto un edificio situato in omissis - il 1 marzo 2006 il giudice dell'esecuzione ha aggiudicato l'immobile per il prezzo di Euro 3.302.600,00 - il 20 marzo 2006 il Tribunale di Palermo ha dichiarato il fallimento di omissis S.r.l. - il 22 marzo 2006 il Fallimento è intervenuto nel procedimento esecutivo assumendo che il credito azionato non avesse o avesse perso la sua natura fondiaria, e chiedendo altresì che al creditore procedente fosse assegnato soltanto il residuo capitale, con gli accessori indicati nell'atto l'intervento - il 5 novembre 2009 è stato depositato il piano di riparto - il giudice dell'esecuzione, replicando ad osservazioni delle parti, con ordinanza del 24 febbraio 2010, ha ritenuto che secondo la Cassazione, gli istituti di credito fondiario non sono tenuti a sottostare all'obbligo di insinuazione al passivo. Tale interpretazione appare confermata dalla recente introduzione della L.Fall., articolo 52, comma 3 potendosi desumere da tale novella che solo con il citato intervento il legislatore abbia inteso innovare il sistema introducendo una regola prima inesistente , disponendo che il piano del riparto venisse conseguentemente rettificato - lo stesso giudice dell'esecuzione, con successiva ordinanza del 30 luglio 2010, rilevato che la precedente ordinanza del 24 febbraio 2010 non era stata impugnata, ha dichiarato esecutivo il progetto di distribuzione, ordinando il pagamento delle singole quote di liquidazione in favore dei creditori, pagamento che per quanto rileva è stato eseguito in favore di I. S.r.l., e dichiarando esaurita la procedura - neppure tale ordinanza è stata oggetto di impugnazione. 2.2. - Con atto di citazione notificato il 5 novembre 2012 il Fallimento ha citato S.I. S.r.l. e I. S.r.l., già Istituto Bancario S.P. S.p.A., chiedendone condanna alla restituzione dell'intero importo corrisposto, pari a Euro 3.257.403,97, oltre accessori. Il Tribunale ha respinto la domanda osservando quanto segue Tutte le contestazioni mosse nell'ambito del presente giudizio sono state oggetto delle procedure esecutive immobiliari riunite, che hanno visto l'intervento della Curatela e si sono concluse con il provvedimento depositato il 30 luglio 2010 con cui il giudice delegato ha dichiarato esecutivo il piano di riparto il soggetto espropriato non può esperire, dopo la chiusura del procedimento di esecuzione forzata, l'azione di ripetizione di indebito contro il creditore procedente o intervenuto per ottenere la restituzione di quanto costui abbia riscosso . 2.3. - Il Fallimento ha appellato la sentenza, nei confronti di S.I. S.r.l., e per essa di C.C.M. S.p.A., che ha resistito, nonché delle contumaci P.C.S. S.p.A. e I. S.r.l., e l'appello è stato definito con la sentenza qui impugnata, la quale ha osservato Il progetto di distribuzione è atto conclusivo del processo esecutivo e quindi ad esso deve riconoscersi non solo l'irrevocabilità tipica dei provvedimenti del giudice dell'esecuzione ma soprattutto il carattere preclusivo che consegue alla mancata attivazione degli interessati nell'ambito dello stesso processo e con gli strumenti giuridici che questo offre a tutela degli interessi coinvolti. Per quanto sopra esposto, avendo la Curatela fallimentare partecipato al procedimento di espropriazione e non avendo proposto opposizione nelle forme di rito, deve ritenersi che sia precluso alla stessa di esercitare l'azione di ripetizione di indebito . 3. - S.I. S.r.l. resiste con controricorso, illustrato da memoria, mentre P.C.S. S.p.A. e ICR5 S.r.l. non spiegano difese. Ragioni della decisione 4. - Il ricorso contiene tre motivi. 4.1. - Il primo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 512 e 615 c.p.c. , anche in relazione alla L.Fall., articolo 51 e 52 . La tesi che vi si sostiene si può sintetizzare in ciò, che il principio applicato dalla Corte d'appello non terrebbe conto delle peculiarità ricorrenti nell'ipotesi di interferenza tra la procedura fallimentare e la procedura esecutiva immobiliare individuale volta alla soddisfazione di un credito fondiario. 4.2. - Il secondo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione della L.Fall., articolo 52, anche in relazione all' articolo 41 Testo Unico Bancario , invocando in breve il principio secondo cui la facoltà di prosecuzione dell'esecuzione individuale data in caso di credito fondiario si risolve in un mero privilegio processuale, che non altera le regole del concorso. 4.3. - Il terzo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione dell' articolo 2855 c.c. Ma si tratta, in effetti, non già di una censura rivolta avverso la sentenza impugnata, bensì della riproposizione di una domanda subordinata, concernente il calcolo degli interessi sul residuo credito derivante dal mutuo fondiario, non esaminata dal giudice di merito in quanto assorbita. 5. Il ricorso va respinto. 6. - Il primo ed il secondo motivo, che per il loro collegamento possono essere trattati simultaneamente, sono infondati. Ciò quantunque essi colgano correttamente taluni aspetti dell'interferenza tra l'esecuzione individuale volta alla soddisfazione di un credito fondiario e l'esecuzione concorsuale derivante dal fallimento del debitore. 6.1. - Il coordinamento tra la disciplina dettata dal testo unico bancario , D.Lgs. 1 settembre 1993, numero 385, articolo 41, e la L.Fall., articolo 52, risponde a principi costantemente ribaditi nella giurisprudenza di questa Corte. In generale, il citato articolo 41 attribuisce al titolare del credito fondiario la facoltà di iniziare e proseguire l'azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia del credito medesimo, nei confronti del debitore, nonostante il fallimento di questi, ma tale facoltà non esclude il potere del giudice del fallimento di disporre la liquidazione degli stessi beni in sede fallimentare le due procedure non sono cioè incompatibili, ma devono coordinarsi tra loro e, per tale aspetto, concernente l'individuazione del giudice cui spetta di vendere, il coordinamento è operante sulla base del criterio temporale, e dunque in considerazione dall'anteriorità del provvedimento che dispone la vendita Cass. 8 settembre 2011, numero 18436 Cass. 28 gennaio 1993, numero 1025 . D'altro canto, un certo grado di osmosi tra le procedure è dato dalla previsione dell'intervento del curatore nell'esecuzione, come stabilito dall' articolo 41, comma 2, secondo periodo Testo Unico Bancario . Si tratta di un peculiare intervento, con finalità anzitutto informativa, ma altresì diretto a far valere in sede esecutiva tutte le ragioni della procedura concorsuale, ivi compresa quella, contemplata dal terzo periodo della citata norma, volta al recupero di quanto residua dopo la soddisfazione provvisoria del creditore fondiario. Intervento, dunque, ben distinto da quello di cui alla L.Fall., articolo 107, comma 6, secondo cui Se alla data di dichiarazione di fallimento sono pendenti procedure esecutive, il curatore può subentrarvi in tale caso si applicano le disposizioni del codice di procedura civile altrimenti su istanza del curatore il giudice dell'esecuzione dichiara l'improcedibilità dell'esecuzione, salvi i casi di deroga di cui all'articolo 51 . 6.2. - Quanto alla interferenza tra l'una e l'altra procedura, e con particolare riguardo alla controversia in esame, va ancora sottolineato che l' articolo 41 Testo Unico Bancario assegna al creditore fondiario un privilegio di carattere meramente processuale, essenzialmente consistente, per l'appunto, nella facoltà di avvalersi della esecuzione individuale, privilegio che, però, non incide affatto sulla portata sostanziale del diritto di detto creditore ad essere soddisfatto. Il che val quanto dire, in altri termini, che il creditore fondiario non può ottenere dalla esecuzione individuale nulla più di quanto otterrebbe attraverso il concorso fallimentare. 6.3. - La norma non comporta dunque alcuna deroga alla disciplina dettata in tema di accertamento del passivo, ed in particolare al principio di esclusività della verifica fallimentare previsto dalla L.Fall., articolo 52, neppure potendosi ritenere che il rispetto di tali regole sia assicurato nell'ambito della procedura individuale dall'intervento del curatore fallimentare Cass. 11 ottobre 2012, numero 17368 , sulla linea di Cass., Sez. Unumero , 17 dicembre 2004, numero 23572 . Ne discende che l'assegnazione della somma disposta nell'ambito della procedura individuale, come rammentato dal ricorrente, ha carattere provvisorio, essendo onere del creditore ai insinuarsi comunque al passivo del fallimento, in vista della graduazione dei crediti cui è strumentale la procedura concorsuale principio, quest'ultimo, occorre precisare, affermato già nella vigenza della legge fallimentare ante-riforma, e con riferimento alla previgente disciplina del credito fondiario, R.D. 16 luglio 1905, numero 646, articolo 42 v. p. es. Cass. 15 gennaio 1998, numero 314 Cass. 17 dicembre 2004, numero 23572 Cass. 5 aprile 2007, numero 8609 numero 11014 Cass. 28 maggio 2008, numero 13996 Cass. 4 settembre 2009, numero 19217 Cass. 10 ottobre 2012, numero 17368 . L'esecuzione individuale, perciò, non si sottrae alla disciplina concorsuale in materia di accertamento dei crediti e dei privilegi ed alla ripartizione della somma ricavata Cass. 21 marzo 2014, numero 6738 Cass. 8 settembre 2011, numero 18436 , ed il coordinamento fra esecuzione individuale e concorsuale e', come si diceva, assicurato in ragione dell'attribuzione di provvisorietà all'assegnazione operata in sede di esecuzione forzata individuale, unitamente alla connessa imposizione al creditore dell'onere d'insinuarsi al passivo del fallimento per conseguire il risultato dell'esecuzione. Di guisa che, in definitiva, il creditore fondiario vedrà integralmente soddisfatto il suo credito ove nei suoi riguardi, in sede fallimentare, risulti esservi capienza, mentre vedrà il proprio credito falcidiato in presenza di crediti prededucibili o muniti di cause di prelazione di grado superiore al suo, dovendo in tal caso restituire alla massa le somme eventualmente percepite in eccesso rispetto a quelle riconosciute nel riparto fallimentare. 6.4. - Tale ricostruzione, formatasi in sede giurisprudenziale, come si diceva, già prima della riforma della legge fallimentare , ha ricevuto poi espressa sanzione normativa nell'articolo 52 legge medesima, che, dopo aver stabilito, al comma 2, che ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione o prededucibile deve essere accertato in sede di concorso, ha all'esito della novella del 2007 precisato, al comma 3, che Le disposizioni del comma 2 si applicano anche ai crediti esentati dal divieto di cui all'articolo 51 , e cioè esentati dal divieto di azioni esecutive e cautelari individuali, come accade appunto per il credito fondiario. Norma, quella dell'articolo 52, comma 3 inserita nella L.Fall. , dal correttivo ed applicabile, in forza del D.Lgs. 12 settembre 2007, numero 169, articolo 22, comma 2, ai procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti alla data della sua entrata in vigore, nonché alle procedure concorsuali e di concordato fallimentare aperte successivamente alla sua entrata in vigore . Dunque non applicabile al caso in esame, che rimane però soggetto ai principi di cui si è detto, già in precedenza formatisi. 6.5. - In tale ottica si è detto, in tempi abbastanza recenti, che per ottenere l'attribuzione in via provvisoria, salvi i definitivi accertamenti operati nel prosieguo della procedura fallimentare delle somme ricavate dalla vendita, il creditore fondiario dovrà documentare al giudice dell'esecuzione di avere sottoposto positivamente il proprio credito alla verifica del passivo in sede fallimentare, cioè di aver proposto l'istanza di ammissione al passivo del fallimento e di avere ottenuto un provvedimento favorevole dagli organi della procedura anche se non ancora divenuto definitivo . Solo in tal caso il giudice dell'esecuzione potrà attribuire al suddetto creditore il ricavato della vendita e dovrà farlo nei limiti del provvedimento di ammissione, disponendo la restituzione del residuo al fallito e per esso al curatore del suo fallimento, ma senza alcuna ulteriore decurtazione . In caso contrario cioè laddove l'istituto non abbia affatto presentato l'istanza di ammissione al passivo, in violazione della L.Fall., articolo 52, ovvero il suo credito sia stato escluso dal passivo , l'intero ricavato della vendita non potrà che essere rimesso agli organi della procedura fallimentare, per essere distribuito in tale sede Cass. 28 settembre 2018, numero 23482 , che è stata pronunciata, è importante dire, in un caso in cui, dichiarato esecutivo il piano di riparto dal giudice dell'esecuzione, il curatore fallimentare aveva spiegato opposizione agli atti, respinta con decisione poi cassata con la richiamata pronuncia . 6.6. - Questo essendo il sintetico quadro delle interferenze tra le procedure, occorre chiedersi se e come influisca su di esse l'eventualità, evidentemente patologica, che il giudice dell'esecuzione - come nel caso in esame - conduca la procedura esecutiva al suo esito, con l'approvazione del progetto di distribuzione, e la sua successiva esecuzione, pur reso edotto dalla dichiarazione di fallimento, senza che una insinuazione al passivo del creditore fondiario vi sia stata e senza che, per conseguenza, il giudice del fallimento abbia potuto verificare il credito. 6.7. - Secondo l'orientamento di questa Corte, l'approvazione del progetto di distribuzione comporta l'intangibilità della concreta ed effettiva attribuzione delle somme ricavate da ult. Cass. 8 giugno 2021, numero 15963 in precedenza tra le moltissime Cass. 24 ottobre 2018, numero 26927 Cass. 14 giugno 2016, numero 12242 Cass. 31 ottobre 2014, numero 23182 Cass. 18 agosto 2011, numero 17371 Cass. 30 novembre 2005, numero 26078 Cass. 8 maggio 2003, numero 7036Cass. 8 maggio 2003, numero 7036 . Si tratta di una soluzione ampiamente avversata dalla dottrina, sulla considerazione, in breve, che essa finisce per attribuire all'approvazione del progetto di distribuzione un'autorità sostanziale che si proietta al di fuori del processo esecutivo, autorità che è invece propria solo del giudicato conseguito all'esito del processo dichiarativo e che è incompatibile con i limiti cognitivi del processo esecutivo, strutturalmente inidoneo a condurre ad un accertamento definitivo dei crediti azionati. Nella giurisprudenza di legittimità, la quale deve farsi carico delle ricadute applicative delle soluzioni adottate, il riconoscimento della stabilità dei risultati del processo esecutivo ha invece trovato un inquadramento complessivo in una decisione ormai remota nella quale è stato affermato, sulla scia della giurisprudenza precedente, che il processo esecutivo per espropriazione forzata è costruito come successione di subprocedimenti, culminanti nell'adozione di successivi provvedimenti, ai quali è tendenzialmente estranea la regola della propagazione delle nullità processuali dettata dall' articolo 159 c.p.c. , con la conseguenza che la definitività del provvedimento che conclude ciascun subprocedimento, una volta che abbia avuto esecuzione, diviene irretrattabile Cass., Sez. Unumero , 27 maggio 1995, numero 11178 . In altri termini, la definitività del risultati dell'esecuzione trova fondamento, oltreché sull'irrevocabilità dei provvedimenti del giudice dell'esecuzione, una volta attuati, secondo l' articolo 487 c.p.c. , comma 1, sull'intrinseca caratteristica del procedimento esecutivo, improntato al rispetto di apposite forme, istituite allo scopo di salvaguardare i contrapposti interessi delle parti, procedimento entro il quale sono apprestati rimedi processuali, le opposizioni di cui agli articolo 615 e 617 c.p.c. , utili ad assicurare la legittimità della procedura, sia sotto il profilo formale, sia sotto quello sostanziale. Dopo di che, l'orientamento, risalente ad un ancor più remota decisione, secondo la quale l'ordinanza distributiva costituisce il culmine di un'attività giurisdizionale a contraddittorio eventuale, basata su un concetto di preclusione più ampio rispetto a quello del giudicato Cass. 3 luglio 1969, numero 2434 , si è definitivamente stabilizzato. 6.8. - Le ragioni della soluzione adottata sono ben comprensibili una volta stabilito che l'esecuzione forzata è retta da un impianto che, attraverso le opposizioni esecutive, è idoneo a garantire la conformità a diritto del procedimento esecutivo e del risultato da esso attinto, deve di necessità osservarsi che, ove si ammettesse che tale risultato possa essere travolto ad esecuzione conclusa, ad esempio a mezzo di azioni recuperatorie o risarcitorie, si creerebbe un cortocircuito nello stesso funzionamento del sistema. Di qui l'irretrattabilità dell'ordinanza di distribuzione che non sia stata oggetto di contestazione - sempre, beninteso, che la contestazione potesse essere effettivamente fatta valere v. per un caso Cass. 8 giugno 2021, numero 15963 - ai sensi dell' articolo 512 c.p.c. o, comunque, di opposizione esecutiva. 6.9. - Nel caso di specie, deve allora osservarsi che il Fallimento è intervenuto nella procedura esecutiva, spiegando intervento riconducibile non certo alla L.Fall., articolo 107, come invece affermato a pagina 3 del ricorso, bensì all' articolo 41, comma 2, secondo periodo Testo Unico Bancario , tant'e' che la tesi spiegata in quella sede, in assenza di qualunque manifestazione di volontà di subentrare al creditore procedente, si è incentrata sull'insussistenza della natura fondiaria del credito, perché oggetto di cessione, e sulla quantificazione dell'importo spettante al creditore procedente e' quanto riferisce lo stesso ricorrente, sempre a pagina 3 del ricorso . Effettuato l'intervento, il Fallimento non ha reagito né all'ordinanza del 24 febbraio 2010, con la quale si negava che il creditore fondiario dovesse effettuare l'insinuazione al passivo, e, dopo che il giudice dell'esecuzione ha dichiarato esecutivo il progetto di distribuzione, assegnando al creditore procedente poco meno che l'intera somma ricavata dalla vendita forzata del compendio immobiliare, e riconoscendo ulteriori interessi, è rimasto inerte ed anzi, viene riferito a pagina 5 del ricorso che, a seguito di detti provvedimenti del giudice dell'esecuzione, il Curatore ha chiesto ed ottenuto al giudice delegato di non proporre impugnazione avverso i provvedimenti presi dal giudice dell'esecuzione ed a proporre azione di restituzione delle somme che risultavano incassate dal creditore . Insomma, il Fallimento, dopo essere intervenuto nel processo esecutivo, sostanzialmente opponendosi a che l'esecuzione intrapresa potesse concludersi in quella sede, ha poi ritenuto, a seguito della dichiarazione di esecutività del progetto di distribuzione, di non avvalersi dei rimedi che pure gli spettavano ed ha consentito che il processo esecutivo al quale aveva partecipato si chiudesse nel senso indicato sicché esso subisce l'effetto di irretrattabilità di cui si è detto. 7. - Il terzo mezzo è assorbito. 8. - Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il Fallimento al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 15.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dando atto, ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13 , comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.