Il documento in questione si divide in due sezioni nella prima il medico della struttura indica la terapia che deve essere seguita, specificando dosaggio, orari e modalità di somministrazione dei medicinali nella seconda il personale non medico attesta di avervi provveduto, apponendo la propria sigla a conferma dell’avvenuta somministrazione secondo le disposizioni mediche.
La Corte d'Appello di Brescia confermava la condanna per reato di falso ideologico commesso da un esercente un servizio di pubblica necessità, in qualità di medico chirurgo, per aver attestato falsamente nel foglio unico di terapia, i trattamenti di cura disposti per una paziente ricoverata e deceduta poche settimane dopo l'ingresso in struttura sanitaria, omettendo l'indicazione di alcuni farmaci e modificando i dosaggi relativi ad altri medicinali somministrati. Il professionista ricorre in Cassazione deducendo, tra i vari motivi, il travisamento della prova e l'erronea applicazione della legge penale, in ordine al reato contestato, sostenendo che il documento in questione non integri una dichiarazione di verità con valenza pubblicistica, bensì, si limiti a riportare i medicinali prescritti e somministrati alla paziente con mera rilevanza interna nell'ambito della struttura sanitaria. Inoltre, l'imputato sostiene di essersi limitato a riportare i medicinali prescritti da altro medico in precedenza. Tale doglianza è, però, infondata. Il documento in questione si divide in due sezioni nella prima il medico della struttura indica la terapia che deve essere seguita, specificando dosaggio, orari e modalità di somministrazione dei medicinali nella seconda il personale non medico attesta di avervi provveduto, apponendo la propria sigla a conferma dell'avvenuta somministrazione secondo le disposizioni mediche. Ne consegue, quindi, il valore certificativo del documento, anche quando il medico compili il foglio unico di terapia sulla base di una scelta terapeutica svolta da altro sanitario, come è avvenuto nel caso di specie. L'accusato non si è, quindi, limitato ad una mera attività amanuense. Infatti, al medico “interno” che recepisce le indicazioni del collega “esterno” viene richiesto non solo di ricopiarle, ma di verificarne la congruità prima di consentirne l'esecuzione. Il Collegio, infatti, sottolinea come per la sussistenza dei reati di falso quali fattispecie di pericolo, «non è necessario che l'atto abbia effettivamente tratto in inganno alcuno e men che meno che dallo stesso siano derivate conseguenze dannose, ma è sufficiente che la contraffazione abbia capacità ingannatoria, secondo una valutazione da compiersi ex ante ed in concreto» Cass. numero 45351/2021 . Pertanto, sulla base di tale premessa, «non è necessario che il documento, una volta contraffatto, abbia avuto concreta rilevanza esterna alla struttura», essendo sufficiente che «la stessa rappresenti una sua caratteristica intrinseca e che il suo contenuto attestativo possa trarre in inganno i sanitari ospedalieri sull'effettivo contenuto della terapia prescritta».
Presidente Vessichelli – Relatore Pistorelli Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Brescia ha confermato, anche agli effetti civili, la condanna di D.F.P. per il reato di falso ideologico commesso dall'esercente un servizio di pubblica necessità, commesso nella qualità di medico chirurgo operante nella struttura privata omissis , per aver attestato falsamente, nel foglio unico di terapia, i trattamenti di cura disposti per T.A. , ivi ricoverata e deceduta poche settimane dopo l'ingresso in struttura, omettendo l'indicazione di taluni farmaci e modificando i dosaggi relativi ad altri medicinali effettivamente somministrati. In parziale riforma della pronunzia di primo grado, la Corte territoriale ha invece escluso la circostanza aggravante di cui all'articolo 61 c.p., numero 9, originariamente contestata e rideterminato conseguentemente la pena, concedendo altresì all'imputato il beneficio della non menzione. 2. Avverso la sentenza ricorre l'imputato a mezzo del proprio difensore articolando quattro motivi. 2.1 Con il primo deduce vizi di motivazione, travisamento della prova ed erronea applicazione della legge penale, in ordine al reato di falso ideologico in certificati di cui all'articolo 481 c.p., contestando il carattere certificativo del foglio unico di terapia, oggetto dell'asserita falsificazione, per la riferibilità ad altro soggetto del relativo contenuto e per carenza di rilevanza esterna del documento. In primo luogo, il ricorrente sostiene che il documento non integri una dichiarazione di verità con valenza pubblicistica, bensì, limitandosi a riportare i medicinali prescritti e somministrati alla paziente, abbia una mera rilevanza interna nell'ambito della struttura sanitaria. Rilievo che troverebbe ulteriore conforto nella normativa di settore che disciplina la cartella clinica - e dunque anche il foglio unico di terapia che la compone - formata all'interno di una casa di cura esclusivamente privata, quale certamente era all'epoca la omissis , la quale ha instaurato il regime convenzionato con il sistema sanitario pubblico solo successivamente ai fatti per cui si procede, come peraltro riconosciuto anche dalla sentenza impugnata. Per tale ragione una sua falsificazione al più integrerebbe una falsità in scrittura privata, ormai depenalizzata. In tal senso militerebbe anche la mancanza nel foglio di ulteriori informazioni, quali la diagnosi, le prescrizioni mediche che riguardavano la T. o relative ad altre attività di accertamento eventualmente attribuibili all'imputato. In secondo luogo, si esclude la riferibilità all'imputato del contenuto documentale, posto che sarebbe stato formato sulla base della prescrizione effettuata da altro medico che aveva in cura la T. . In ultimo, si contesta la asserita rilevanza esterna del documento falsificato, in quanto gli accessi della T. ad una struttura ospedaliera esterna evocati dalla sentenza, in occasione dei quali era stato esibito ai sanitari il foglio unico di terapia, risalgono ad un periodo antecedente alla data di asserita falsificazione del documento. In altri termini quello visionato dal personale ospedaliero sarebbe il foglio originale contenente le erronee indicazioni di somministrazione e non già quello che lo ha sostituito, oggetto dell'addebito di falso. 2.2 Analoghi vizi vengono dedotti con il secondo motivo in relazione all'elemento soggettivo del reato, per inconsapevolezza della natura certificativa e della falsificazione ad oggetto il foglio unico di terapia. Quanto al primo profilo, il ricorrente evidenzia l'ignoranza inevitabile e scusabile in cui era caduto facendo affidamento sulle indicazioni provenienti dall'Ordine dei Medici di Latina in merito ho alla natura di mero promemoria interno del foglio di terapia. In relazione al secondo profilo, il ricorrente adduce la carenza del dolo riguardo la falsificazione del documento, in quanto la modifica dello stesso era stata ordinata dal D. alle infermiere della struttura sanitaria per rimediare ad un precedente errore materiale nella sua redazione, così da rappresentare in modo corretto la terapia farmacologica effettivamente somministrata, come traspare dalla perizia autoptica eseguita sul corpo della T. - che ha escluso qualsiasi interferenze eziologica dei farmaci assunti con la produzione dell'evento morte - e dalle dichiarazioni rese in giudizio da alcune infermiere della struttura, che illogicamente i giudici del merito hanno ritenute inattendibili per via di asserite pressioni che lo stesso medico avrebbe rivolto nei loro confronti e di cui tuttavia non vi sarebbe prova. 2.3 Con il terzo motivo il ricorrente deduce erronea applicazione della legge penale in merito al mancato riconoscimento dell'innocuità del falso commesso e difetto di motivazione sull'analoga obiezione sollevata con i motivi d'appello. Nel merito, l'alterazione del documento sarebbe innocua per la fede pubblica, in quanto posta in essere per rimediare ad un precedente errore contenuto nel foglio unico di terapia, alterazione che tra l'altro non ha mai avuto rilevanza esterna, essendo successiva agli episodi in cui, a seguito di accesso della T. al pronto soccorso, la cartella clinica è stata consegnata al personale ospedaliero. 2.4. Con il quarto motivo vengono dedotti analogamente erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in merito alla mancata irrogazione della sola pena pecuniaria ed alla subordinata richiesta di conversione di quella detentiva effettivamente applicata. Con riguardo alla prima richiesta, ritualmente avanzata con il gravame di merito, la sentenza sarebbe invero rimasta silente, omettendo di giustificare il rigetto della richiesta difensiva. Quanto alla ulteriore richiesta di conversione della pena detentiva in quella pecuniaria, il ricorrente lamenta l'insufficienza della motivazione resa dalla Corte, che non si sarebbe confrontata compiutamente con i criteri di cui all'articolo 133 c.p., nonché la sua illogicità nella parte in cui i giudici d'appello hanno giustificato la propria decisione in riferimento alla mancata rinuncia da parte dell'imputato alla sospensione condizionale, beneficio peraltro già concesso in primo grado e non incompatibile con la pena pecuniaria. 3. Il difensore della parte civile ha trasmesso memoria il 1 febbraio 2022 a confutazione dei motivi di ricorso, che ha richiesto vengano dichiarati inammissibili o comunque rigettati, richiedendo altresì la condanna dell'imputato alla refusione delle spese sostenute nel grado. Il 31 gennaio 2022 ha trasmesso memoria anche il difensore dell'imputato con la quale ha ribadito i motivi di ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito esposti. 2. Invero infondato è il primo motivo di ricorso. Occorre preliminarmente ricostruire il contenuto del documento oggetto di giudizio, onde asseverarne la natura giuridica. La tesi difensiva, secondo cui il foglio unico di terapia di cui si tratta non contempli alcuna attività certificativa del D. , essendosi lo stesso limitato a riportare i medicinali prescritti da altro medico in modo che gli stessi potessero essere in concreto somministrati dal personale infermieristico della RSA, seppur suggestiva, non si confronta nè con l'effettivo contenuto dello stesso documento, nè con la sua funzione. 2.1 Come risulta dalla ricostruzione accolta in sede di merito - e non contestata dal ricorrente - il documento in questione si divide in due sezioni nella prima il medico della struttura indica la terapia che deve essere eseguita, specificando il dosaggio, gli orari e le modalità di somministrazione dei medicinali nella seconda il personale non medico, cui tali indicazioni anzitutto sono rivolte, attesta di avervi provveduto, apponendo la propria sigla a conferma dell'avvenuta somministrazione secondo le disposizioni indicate dal medico che aveva compilato la prima sezione del foglio. 2.2 Le indicazioni articolate nella prima sezione, qualora frutto delle autonome scelte terapeutiche operate dal medico che l'ha redatta, non è in dubbio che assumano valore di certificazione ex multis Sez. 4, Sentenza numero 20270 del 06/03/2019, Palmeri, Rv. 276238 . Non di meno deve riconoscersi pari valore certificativo al documento anche quando il medico della struttura compili il foglio unico di terapia sulla base di una scelta terapeutica svolta da altro sanitario, come è avvenuto nel caso di specie, in quanto il D. ha trascritto nel foglio unico di terapia originale, seppure erroneamente, la prescrizione che gli era pervenuta dal medico che seguiva la T. prima di essere ricoverata nella RSA. Anche in questo caso, infatti, il medico non si limita alla mera riproduzione delle indicazioni terapeutiche rappresentate in altri documenti, ma definisce o quantomeno recepisce, avallandola, le stesse, disponendone in concreto l'esecuzione da parte del personale della struttura sanitaria presso cui opera. È dunque possibile riscontrare in ogni caso un'attività diretta di accertamento da parte del medico che compila il foglio ed attesta l'effettiva somministrabilità della terapia. 2.3 D'altra parte che il ricorrente non si sia limitato ad una acritica attività amanuense trova conferma nella stessa funzione del foglio unico di terapia all'interno della struttura teatro della vicenda. Il personale infermieristico della RSA non poteva difatti somministrare in autonomia i farmaci ai pazienti, ma doveva attenersi strettamente alle indicazioni terapeutiche provenienti dai medici della medesima struttura. In tal senso al medico interno che recepisce le indicazioni del collega esterno viene richiesto non solo di ricopiarle, compito che potrebbe essere svolto anche da personale non qualificato, ma di verificarne la congruità prima di consentirne l'esecuzione. Altrimenti ragionando dovrebbe concludersi che il medico interno non avrebbe il potere di modificare indicazioni terapeutiche manifestamente incoerenti ovvero il dovere di evitare che il personale infermieristico proceda a somministrare terapie palesemente prive di base scientifica o pericolose o secondo modalità non consone, pur avendone preso contezza. Il che, come detto, renderebbe all'evidenza del tutto superflua la previsione del suo intervento. 2.4 In ultimo la valenza certificativa del foglio unico di terapia appare altresì confermata, come evidenziato in particolare nella sentenza di primo grado, dalla provata rilevanza esterna dello stesso, peraltro solo genericamente contestata dalla difesa. Anzitutto deve ribadirsi il tradizionale insegnamento di questa Corte riguardo la natura dei reati di falso quali fattispecie di pericolo ex multis Sez. 5, Sentenza numero 45351 del 13/09/2021, Colognato, Rv. 277647 , per la cui sussistenza non è necessario che l'atto falso abbia effettivamente tratto in inganno alcuno e men che meno che dallo stesso siano derivate conseguenze dannose, ma è sufficiente che la contraffazione abbia capacità ingannatoria, secondo una valutazione da compiersi ex ante ed in concreto. Sulla base di tale premessa, non è dunque necessario che il documento, una volta contraffatto, abbia avuto concreta rilevanza esterna alla struttura, essendo sufficiente che la stessa rappresenti una sua caratteristica intrinseca e che dunque il suo contenuto attestativo possa trarre in inganno, ad esempio, i sanitari ospedalieri su l'effettivo contenuto della terapia prescritta. Caratteristica comprovata nel caso di specie dal fatto che il documento dovesse accompagnare la paziente ogni qual volta la stessa veniva trasferita presso una struttura ospedaliera in occasione dell'insorgenza di problematiche non fronteggiabili all'interno della RSA e che ivi venisse estratta copia del medesimo. Ed in tal senso infondate sono le obiezioni articolate dal ricorrente circa l'errore in cui sarebbe caduta la sentenza sulla rilevanza esterna del documento, in quanto i ricoveri ospedalieri della T. sarebbero tutti intervenuti prima della sua sostituzione con il foglio contraffatto. Infatti, la Corte territoriale non ha voluto intendere che i medici ospedalieri sono stati effettivamente tratti in inganno, ma semplicemente e per l'appunto sottolineare l'intrinseca attitudine certificativa del documento anche in ragione della sua comprovata funzione di informare sanitari esterni alla struttura sul contenuto della terapia seguita dalla paziente e ciò al mero fine della qualificazione giuridica del fatto. 3. Parimenti infondato ed in parte generico è il successivo motivo inerente la carenza del necessario elemento soggettivo del reato. Non può anzitutto condividersi l'assunto riguardo l'imprevedibilità della natura certificativa che può assumere il foglio unico di terapia, come dimostra la giurisprudenza che si è espressa in tal senso già precedentemente al fatto ex multis Sez. 5, numero 2659 del 26/11/1981, dep. 1982, Faina, Rv. 152705 . Tale assunto non può essere superato neppure considerando le indicazioni provenienti dall'evocato articolo pubblicato sul sito dell'Ordine dei Medici di Latina in merito alla natura di mero promemoria interno del foglio, trattandosi invero di una opinione isolata, neppure espressa a livello nazionale, che peraltro non si confrontava con la costante giurisprudenza e che pertanto non era in grado di trarre in errore l'imputato. La successiva doglianza relativa alla inconsapevolezza della falsificazione, seppur suggestiva, non si confronta effettivamente con quanto affermato nella sentenza di primo grado. Se è vero che le dichiarazioni di alcune infermiere sostengono la tesi difensiva, in senso opposto militano, come ragionevolmente ritenuto in sede di merito, le sigle degli infermieri, presenti nel foglio originario, in relazione anche alle somministrazioni indicate erroneamente. Se difatti il personale infermieristico avesse sin dall'inizio seguito la terapia corretta e non quella risultante dal foglio unico di terapia, essendo a conoscenza dell'errore, si sarebbe certamente limitato a sottoscrivere le somministrazioni effettive e non anche quelle superflue e quindi non effettuate, come invece risulta dalla copia del foglio originario, effettuata al Pronto soccorso durante il ricovero della T. . Inoltre per la stessa ragione il personale della RSA non avrebbe consegnato al pronto soccorso il foglio unico di terapia, sapendo che da esso non si sarebbero potute ricostruire le cure effettivamente eseguite. 4. Il terzo motivo è invece manifestamente infondato. Preliminarmente va ribadito il tradizionale insegnamento di questa Corte secondo cui in tema di falsità in atti, ricorre il cosiddetto falso innocuo nei casi in cui l'infedele attestazione nel falso ideologico o l'alterazione nel falso materiale siano del tutto irrilevanti ai fini del significato dell'atto e non esplichino effetti sulla sua funzione documentale, non dovendo l'innocuità essere valutata con riferimento all'uso che dell'atto falso venga fatto ex multis Sez. 5, Sentenza numero 5896 del 29/10/2020, dep. 2021, Brisciano, Rv. 280453 . Occorre dunque in primo luogo confutare l'asserita carenza motivazionale in ordine ad analogo motivo sollevato nell'atto di appello. Il ricorrente difatti manca di confrontarsi con l'intera motivazione del giudice di appello, in particolare laddove si è evidenziata la funzione certificativa del foglio unico di terapia, come già osservato sub. 2.2. Tale passaggio motivazionale, unito alla corretta qualificazione del fatto come fatto offensivo, anche in relazione alla comprovata rilevanza esterna del documento, in definitiva rende irrilevante che la Corte di merito non abbia dedicato apposita confutazione alle obiezioni difensive sollevate in sede di gravame, rimanendo sul punto assorbite dal complesso delle argomentazioni poste a fondamento della pronunzia oggetto di ricorso intrinsecamente incompatibili con la tesi del falso innocuo. Ciò premesso, devono confermarsi le valutazioni fatte proprie in sede di merito con riferimento alla non innocuità dell'alterazione documentale posta in essere. In primo luogo in quanto essa ha avuto ad oggetto la prescrizione terapeutica ordinata agli infermieri e le cure in concreto somministrate, ossia le informazioni afferenti alla funzione certificatoria del foglio . Irrilevante è in tal senso l'obiezione difensiva riguardo il fatto che l'alterazione non costituirebbe un falso, bensì una correzione di un precedente errore di compilazione del documento ciò in quanto l'alterazione, in ogni caso, ha minato la funzione propria del foglio unico di terapia di ricostruzione storica della terapia effettivamente decisa e svolta all'interno della struttura sanitaria. Altresì irrilevanti sono i rilievi del ricorrente riguardo la carenza di offensività della condotta posta in essere, in quanto il documento falsificato non avrebbe mai avuto rilevanza esterna, obiezione smentita da quanto osservato in precedenza sub. 2.4, mentre l'imputato era ben consapevole del fatto che il foglio di prescrizione accompagnava la paziente nei suoi ricoveri costituendo la fonte cui attingevano i sanitari ospedalieri per avere contezza delle terapie cui era sottoposta. 5. Meritevole di accoglimento è invece l'ultimo motivo di ricorso inerente al trattamento sanzionatorio. La sentenza impugnata non solo manca di rispondere alla, pur ritualmente formulata, richiesta di applicazione della sola pena pecuniaria in luogo della pena detentiva irrogata in primo grado, ma in ogni caso si rivela carente nel giustificare il diniego della subordinata richiesta di conversione della pena detentiva irrogata ai sensi della L. numero 689 del 1981, articolo 53. Con riferimento a tale ultimo profilo di doglianza, il giudice dell'appello ha solo apoditticamente e genericamente evocato l'insufficiente deterrenza della sanzione pecuniaria risultante dalla conversione, senza peraltro esplicare, in ossequio all'articolo 133 c.p., le ragioni che, in relazione al caso concreto, imporrebbero di rigettare la richiesta di sostituzione, tenuto conto della personalità dell'imputato e dell'effettiva entità dell'illecito. Non di meno illegittimo è l'ulteriore riferimento operato dalla Corte alla mancata rinunzia dell'imputato alla sospensione condizionale concessagli nel primo grado di giudizio, posto che il beneficio è compatibile con la pena sostitutiva che integra, a tutti gli effetti, una sanzione penale Sez. 2, Sentenza numero 46757 del 26/09/2018, Rv. 274082 . 6. In conclusione la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Brescia in merito al trattamento sanzionatorio, mentre nel resto il ricorso deve essere rigettato. Spese della parte civile a definitivo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Brescia. Rigetta nel resto il ricorso. Spese della parte civile al definitivo.