Intossicazione da sostanze stupefacenti, quando può essere riconosciuta l’attenuante del vizio di mente?

«L'intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti può influire sulla capacità di intendere e volere soltanto qualora, per suo carattere ineliminabile e per l'impossibilità di guarigione, provochi alterazioni psicologiche permanenti configurabili quale vera e propria malattia, dovendo escludersi dal vizio di mente di cui agli articolo 88 e 89 c.p. anomalie non conseguenti a uno stato patologico».

Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione ha avuto modo di esprimersi sul riconoscimento della circostanza attenuante del vizio parziale di mente in caso di intossicazione da abuso di alcool o di sostanze stupefacenti. La Corte d'Appello, infatti, aveva confermato la condanna emessa dal Tribunale di Milano con cui l'imputato era stato ritenuto responsabile di diversi furti in abitazione. L'imputato ricorre in Cassazione, deducendo la violazione di legge relativamente al mancato riconoscimento dell'attenuante del vizio parziale di mente. Il difensore dell'accusato, infatti, afferma che il suo assistito presenta una capacità di discernimento ed autocontrollo fortemente ridotta a causa dall'uso prolungato di sostanze psicotrope, circostanza che emergerebbe non solo dalle modalità con cui sono stati commessi i fatti oggetto di imputazione, ma anche dal fatto che sin dall'interrogatorio di garanzia il suo assistito aveva mostrato alcune difficoltà di comunicazione. La doglianza è infondata. La Corte d'Appello, infatti, ha ripercorso approfonditamente la storia clinica dell'imputato e ha escluso la possibilità di concedere la suddetta attenuante perché la documentazione medica prodotta non certificava uno stato patologico permanente, non emergendo una compromissione psichica collegata all'assunzione delle sostanze stupefacenti. Tali conclusioni sono in linea con quanto affermato in diverse pronunce dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui «l'intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti può influire sulla capacità di intendere e volere soltanto qualora, per suo carattere ineliminabile e per l'impossibilità di guarigione, provochi alterazioni psicologiche permanenti configurabili quale vera e propria malattia, dovendo escludersi dal vizio di mente di cui agli articolo 88 e 89 c.p. anomalie non conseguenti a uno stato patologico» Cass. numero 25252/2018 . Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Presidente Piccialli – Relatore Bruno Motivi della decisione 1. Con sentenza emessa in data 11/2/2021, la Corte d'appello di Milano ha confermato la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Milano con cui C.R. è stato ritenuto responsabile di una pluralità di furti in abitazione con condanna alla pena ritenuta di giustizia. 2. La difesa propone ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello, deducendo violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento dell'attenuante del vizio parziale di mente. Sin dall'interrogatorio di garanzia, osserva la difesa, il ricorrente aveva mostrato di avere difficoltà di eloquio, rappresentando di essere malato. Collocato agli arresti domiciliari, aveva subito due ricoveri in struttura ospedaliera anche per motivi psichiatrici. La successiva collocazione in comunità venne motivata sulla base della sua dipendenza dalle sostanze stupefacenti e della necessità di sottoporre l'imputato ad un programma di cura anche sotto il profilo psicopatologico. Le stesse modalità con cui sono stati commessi i fatti di cui alle imputazioni denotano le particolari condizioni del ricorrente e la circostanza che lo stesso sia affetto da vizio parziale di mente, rivelando una capacità di discernimento e di autocontrollo fortemente ridotta. La giurisprudenza ha delineato i presupposti di tale infermità, stabilendo che si può parlare di cronica intossicazione da uso di stupefacenti quando, anche in difetto di assunzione di sostanze psicotrope, l'organismo dell'agente risulti compromesso in ragione di un eccessivo uso prolungato nel tempo. Che il C. si trovi in tale stato è dimostrato anche dal fatto che lo stesso, in passato, ha subito due affidamenti in prova ai servizi sociali D.P.R. numero 309 del 1990, ex articolo 94, concessi dal Tribunale di Sorveglianza sulla base di documentazione che attestava il suo stato di tossicodipendenza. 3. I motivi di ricorso sono reiterativi delle doglianze proposte in sede di appello e privi di confronto con le motivazioni offerte nelle due conformi sentenze di merito. In tali pronunce, infatti, i giudici del merito, dopo aver ampiamente ripercorso la storia clinica del ricorrente ed esaminato in modo completo ed approfondito le risultanze processuali, hanno escluso la possibilità di concedere la chiesta attenuante, in quanto la documentazione medica prodotta dall'imputato non certificava uno stato patologico permanente, non emergendo alcun quadro di compromissione psichica collegato all'assunzione di sostanze stupefacenti. Tali argomentazioni si pongono del tutto in linea con la consolidata giurisprudenza di legittimità di questa Corte, secondo la quale l'intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti può influire sulla capacità di intendere e di volere soltanto qualora, per il suo carattere ineliminabile e per l'impossibilità di guarigione, provochi alterazioni psicologiche permanenti configurabili quale vera e propria malattia, dovendo escludersi dal vizio di mente di cui agli articolo 88 e 89 c.p., anomalie non conseguenti ad uno stato patologico tra molte Sez. 6, numero 25252 del 03/05/2018, Rv. 273389 - 01 Sez. 2, numero 44337 del 15/10/2013, Rv. 257521 - 01 Sez. 6, numero 47078 del 24/10/2013, Rv. 257333 - 01 . Il ricorso si presenta inammissibile, poiché volto a richiamare l'attenzione della Corte di legittimità su aspetti valutativi di merito, i quali, come è noto, sono esclusi dal sindacato di questa Corte. 4. Consegue alla declaratoria d'inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, a norma dell'articolo 616 c.p.p., al versamento della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa d'inammissibilità Corte Cost. sent. numero 186 del 13.6.2000 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Motivazione semplificata.