Quando può essere concessa la riabilitazione?

La riabilitazione può essere concessa «quando siano decorsi almeno tre anni dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o sia in altro modo estinta» ed «il condannato nello stesso arco temporale abbia dato prova di buona condotta […]».

Un imputato ricorre in Cassazione, in seguito al mancato accoglimento, da parte del Tribunale di sorveglianza di Ancona, della sua richiesta volta ad ottenere la riabilitazione, in seguito alla condanna per il reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti. Il giudice di merito avrebbe basato la sua decisione sulla mancanza di prove di buona condotta, trascurando la regolare attività lavorativa svolta dall'accusato in Svizzera, nel periodo successivo dalla data di estinzione della pena. La doglianza è fondata. L'articolo 179 c.p. prevede espressamente che la riabilitazione può essere concessa «quando siano decorsi almeno tre anni dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o sia in altro modo estinta» ed «il condannato nello stesso arco temporale abbia dato prova di buona condotta, dovendosi intendere il relativo termine come decorrente dal momento di conclusione dell'espiazione della pena detentiva e dal pagamento effettivo della pena pecuniaria e il destinatario del provvedimento come colui che ha già riportato condanna con sentenza dibattimentale o emessa nel giudizio abbreviato, cui è pacificamente equiparabile la sentenza di patteggiamento. La concessione della riabilitazione è subordinata alla dimostrazione del ravvedimento del richiedente, desumibile dai comportamenti regolari tenuti nel periodo minimo previsto dalla legge e sino alla data della decisione sull'istanza, e dalla sua attivazione per l'eliminazione delle conseguenze pregiudizievoli, derivate dalla condotta criminosa, condizione pretesa dalla norma di cui all'articolo 179 c.p., anche nei casi in cui nel procedimento di cognizione sia mancata la costituzione di parte civile e quindi non sia stata resa alcuna statuizione sulle obbligazioni civili, scaturenti dall'illecito penale. È onere dell'istante «allegare la sussistenza delle condizioni pretese dall'ordinamento per l'ammissione alla riabilitazione e, per quanto in ossequio ai principi generali, valevoli per gli incidenti di esecuzione, spetti all'autorità giudiziaria, a fronte dell'allegazione di circostanze specifiche da parte dell'interessato, condurre le opportune indagini per verificare le sue reali condizioni economiche e patrimoniali, è sempre sul richiedente che grava l'onere di fornire qualche elemento conoscitivo, indicativo del suo sforzo e della buona condotta tenuta». Inoltre, ai fini dell'accertamento della buona condotta, «la personalità dell'istante va verificata alla luce di tutto quanto accaduto non solo nel periodo minimo di tre anni dall'esecuzione o dalla estinzione della pena inflitta, ma anche in quello successivo, sino alla data della decisione sull'istanza prodotta, e in tale valutazione globale bisogna ricercare e trovare non tanto un'assenza di ulteriori elementi negativi, bensì delle prove effettive e costanti di buona condotta. Ciò che si richiede è, dunque, l'emergenza positiva di fatti sintomatici dell'avvenuto recupero del soggetto ad un corretto modello di vita, l'instaurazione e il mantenimento di uno stile di vita improntato al rispetto delle norme di comportamento comunemente osservate dalla generalità dei consociati, pur quando le stesse non siano penalmente sanzionate o siano, addirittura, imposte soltanto da quelle elementari e generalmente condivise esigenze di reciproca affidabilità che sono alla base di ogni ordinata e proficua convivenza sociale» Cass. numero 196/2002, numero 35545/2008, numero 39809/2008, numero 5164/2014 . Nella valutazione del presupposto probatorio «è consentito al giudice prendere in esame, nonostante la presunzione di non colpevolezza che assiste l'imputato, anche denunce, atti di procedimenti penali pendenti a carico del riabilitando, ancorché non ancora definiti con sentenza di condanna, ma a condizione che abbiano ad oggetto fatti successivi a quelli cui inerisce la domanda e che se ne apprezzi il significato concreto, dimostrativo della commissione di condotte devianti o irregolari, tali da contraddire il mantenimento della buona condotta e da provare il mancato recupero del condannato» Cass. numero 13753/2020, numero 15471/2014, numero 22374/2009 numero 6528/2012 . Il Tribunale non ha applicato correttamente i suddetti principi. Pertanto, ne consegue l'annullamento dell'ordinanza con rinvio al Tribunale di sorveglianza.

Presidente Bricchetti – Relatore Aliffi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Ancona ha respinto l'opposizione proposta da C.G. avverso il provvedimento del 9 settembre 2020 di rigetto dell'istanza diretta ad ottenere la riabilitazione in relazione alla sentenza della Corte di appello di Ancona, in data 24 ottobre 2005, con la quale era stato condannato per il reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti alla pena di mesi 6 di reclusione e Lire 2.500,00 di multa dichiarata estinta per esito positivo dell'affidamento in prova con provvedimento del Tribunale di sorveglianza in data omissis . Il Tribunale ha giustificato il rigetto con la mancanza di prove effettive e costanti di buona condotta, osservando che l'istante, da una parte, non aveva offerto significativi elementi e, dall'altra, era stato ripetutamente segnalato, dal 2000 al 2017, dalla polizia giudiziaria per reati in materia fiscale, particolarmente gravi anche se non definiti con pronunce irrevocabili di condanna. Il C. , inoltre, era stato prosciolto per prescrizione in relazione a violazioni del 2010, aveva sofferto l'applicazione della misura degli arresti domiciliari nel 2006 e risultava ancora iscritto nel registro delle notizie di reato per un procedimento penale avente ad oggetto fatti commessi dal omissis . 2. Avverso l'anzidetto provvedimento ha proposto ricorso l'interessato a mezzo del difensore avv. P. A. S., articolando più censure, per violazione di legge e vizio di motivazione, di seguito enunciate. Il Tribunale di sorveglianza ha escluso che il condannato, riabilitato, con provvedimento del 9 aprile 2020 in relazione alla sentenza di condanna emessa dalla Corte di appello di Perugia il 5 febbraio 2011, abbia dato prova di buona condotta, erroneamente interpretando l'informativa in atti e comunque seguendo un percorso argomentativo illogico e contraddittorio. Ha, in particolare trascurato che, nel periodo successivo dalla data di estinzione della pena, ha esercitato regolare attività lavorativa, trasferendosi in Svizzera dove, secondo la documentazione prodotta dalla difesa, ha sempre tenuto regolare condotta. Discostandosi dalla giurisprudenza di legittimità, ampiamente richiamata, ha valutato in senso sfavorevole all'accoglimento dell'istanza i deferimenti all'autorità giudiziaria, anche se relativi a fatti commessi in un periodo diverso ed anteriore a quello indicato dall'articolo 179 c.p. e ha, invece, illegittimamente valorizzato denunce che, per quanto successive al omissis , si riferiscono pur sempre a fatti non accertati con sentenze divenute irrevocabili e, per di più, commessi in epoca diversa da quella rilevante ai fini della riabilitazione. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1. L'articolo 179 c.p., prescrive espressamente che la riabilitazione può essere concessa quando siano decorsi almeno tre anni dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o siasi in altro modo estinta ed il condannato nello stesso arco temporale abbia dato prova di buona condotta, dovendosi intendere il relativo termine come decorrente dal momento di conclusione dell'espiazione della pena detentiva e dal pagamento effettivo della pena pecuniaria e il destinatario del provvedimento come colui che ha già riportato condanna con sentenza dibattimentale o emessa nel giudizio abbreviato, cui è pacificamente equiparabile la sentenza di patteggiamento. La concessione della riabilitazione è subordinata alla dimostrazione del ravvedimento del richiedente, desumibile dai comportamenti regolari tenuti nel periodo minimo previsto dalla legge e sino alla data della decisione sull'istanza, e dalla sua attivazione per l'eliminazione delle conseguenze pregiudizievoli, derivate dalla condotta criminosa, condizione pretesa dalla norma di cui all'articolo 179 c.p., anche nei casi in cui nel procedimento di cognizione sia mancata la costituzione di parte civile e quindi non sia stata resa alcuna statuizione sulle obbligazioni civili, scaturenti dall'illecito penale. È onere dell'istante allegare la sussistenza delle condizioni pretese dall'ordinamento per l'ammissione alla riabilitazione e, per quanto in ossequio ai principi generali, valevoli per gli incidenti di esecuzione, spetti all'autorità giudiziaria, a fronte dell'allegazione di circostanze specifiche da parte dell'interessato, condurre le opportune indagini per verificare le sue reali condizioni economiche e patrimoniali, è sempre sul richiedente che grava l'onere di fornire qualche elemento conoscitivo, indicativo del suo sforzo e della buona condotta tenuta. 1.1. Ai fini dell'accertamento della buona condotta, la personalità dell'istante va verificata alla luce di tutto quanto accaduto non solo nel periodo minimo di tre anni dall'esecuzione o dalla estinzione della pena inflitta, ma anche in quello successivo, sino alla data della decisione sull'istanza prodotta, e in tale valutazione globale bisogna ricercare e trovare non tanto un'assenza di ulteriori elementi negativi, bensì delle prove effettive e costanti di buona condotta. Ciò che si richiede è, dunque, l'emergenza positiva di fatti sintomatici dell'avvenuto recupero del soggetto ad un corretto modello di vita, l'instaurazione e il mantenimento di uno stile di vita improntato al rispetto delle norme di comportamento comunemente osservate dalla generalità dei consociati, pur quando le stesse non siano penalmente sanzionate o siano, addirittura, imposte soltanto da quelle elementari e generalmente condivise esigenze di reciproca affidabilità che sono alla base di ogni ordinata e proficua convivenza sociale Sez. 1, numero 196 del 3/12/2002, Rega, Rv. 223027 Sez. 2 numero 35545 del 25/6/2008 P.G. in proc. Gucciardi, Rv. 240660 Sez. 1, numero 39809 del 2/10/2008, Lombardo, Rv. 241652 Sez. 6, numero 5164 del 16/01/2014, Marigliano, Rv. 258572 . Sicché, mentre il totale silenzio sulla condotta risulta insufficiente a fornire prove effettive e costanti di buona condotta, qualsiasi nota negativa di comportamento costituisce prova esattamente contraria a quella richiesta dal legislatore per concedere una patente di buona condotta atta, addirittura, a cancellare gli effetti penali di precedenti condanne. 1.2. Nella valutazione del presupposto probatorio è consentito al giudice prendere in esame, nonostante la presunzione di non colpevolezza che assiste l'imputato, anche denunce, atti di procedimenti penali pendenti a carico del riabilitando, ancorché non ancora definiti con sentenza di condanna, ma a condizione che abbiano ad oggetto fatti successivi a quelli cui inerisce la domanda e che se ne apprezzi il significato concreto, dimostrativo della commissione di condotte devianti o irregolari, tali da contraddire il mantenimento della buona condotta e da provare il mancato recupero del condannato Sez. 1, numero 13753 del 21/01/2020, Dondi, Rv. 278937 Sez. 1, numero 15471 del 26/11/2014, dep. 2015, Proietto Rv. 263313 Sez. 1, numero 22374 dell'8/5/2009 Sez. 1, numero 6528 dell'1/2/2012, Di Vincenzo, Rv. 252081 . Non possono essere tenuti in considerazione comportamenti, ancorché di chiara valenza negativa, compiuti dal condannato in un momento antecedente a quello prescritto dall'articolo 179 c.p., comma 1 Sez. 1, numero 55063 del 14/11/2017, Fiumefreddo, Rv. 271916 Sez. 1, numero 47465 del 30/10/2013, Bensada, Rv. 257437 Sez. 1, numero 8134 del 17/02/2010, Braico, Rv. 246388 . 2. Di tali principi il provvedimento impugnato non ha fatto esatta applicazione. Ha desunto, in via prioritaria, l'assenza di effettività e di costanza della buona condotta richiesta dalla legge da fatti commessi fino al , quindi non ricadenti nel triennio decorrente dalla cessata esecuzione della pena inflitta con la sentenza in relazione alla quale è stata chiesta la riabilitazione omissis . In quest'ottica ha, altrettanto erroneamente, posto a raffronto la documentazione prodotta dal condannato, riferita al periodo oggetto di valutazione, con le risultanze negative desunte dalle informative di polizia che, invece, si riferiscono a comportamenti che, per quanto non sintomatici di ravvedimento, sono stati tutti commessi in epoca non rilevante ai sensi dell'articolo 179 c.p 3. Pertanto, l'ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio al Tribunale di Sorveglianza per rivalutare le ragioni dell'opposizione proposta dal condannato alla stregua dei rilievi e dei principi di diritto che si sono enunciati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Ancona.