L’onere del cessionario di versare ed integrare l’IVA in reverse charge

Incombe sul cessionario l'onere di versare l'IVA, talché, allorquando il cedente non esponga sul documento fiscale l’IVA in fattura, non si configura in astratto ex ante una posizione debitoria di quest’ultimo verso l'erario, mentre il cessionario che riceve la fattura emessa in regime di reverse charge è onerato ad integrare la medesima con il quantum debendo di cui all’IVA, nonché a procedere alla relativa annotazione sul registro delle vendite.

La vicenda. Il caso trae origine da tre distinti accertamenti nei confronti di una società con cui l'Amministrazione Finanziaria contestava la mancata ovvero tardiva emissione e susseguente registrazione di autofatture inerenti a pagamenti effettuati in favore di a soggetti esteri, irrogando sanzioni ai sensi e per gli effetti del combinato disposto di cui agli articolo 5,6 e 13, comma 1, d.lgs. numero 471/1997, recuperando, così, coattivamente, tra le altre, l'omesso versamento in materia di IVA. La società presentava ricorso alla CTP di Perugia, dolendosi dell'irrogazione delle sanzioni, deducendo la assoluta infondatezza in diritto del provvedimento dell'Amministrazione Finanziaria, asserendo di avere già provveduto a sanare la omissione sottesa alla registrazione delle fatture, talché la violazione, meramente formale non potesse essere inquadrata come fattispecie punibile. L'organo adito, condividendo le ragioni della società, accoglieva il ricorso ed annullava le sanzioni irrogate, riformando, tra le altre, gli avvisi emessi. L'Amministrazione Finanziaria era dichiarata soccombente, altresì, dalla CTP - medio tempore adita - che, non si limitava a confermare quanto statuito in primo grado, bensì dichiarava la avvenuta decadenza del diritto in capo all'Amministrazione medesima alla pretesa erariale diretta all'esazione coatta non già della sola imposta, ma anche della sanzione irrogata ex articolo 5 d.lgs. numero 471/1997. L'Amministrazione Finanziaria ricorreva, dunque, in Cassazione. La questione. La questione giuridica di rilievo sottende alla individuazione e disamina dei profili sottesi alle caratteristiche del reverse charge, alla generale dicotomia tra violazioni tributarie sostanziali, formali e meramente formali nonché alla peculiare disciplina sanzionatoria in materia di autofatturazione. In linea generale, in ambito di IVA, infatti, il cedente ha l'onere, in primo luogo, di applicare l'aliquota prescritta dalla normativa dei beni direttamente in fattura, addebitando il maggior valore direttamente cessionario e, in secondo luogo, di versare il quantum all'erario, talché il committente maturi un'eguale e corrispondente somma da porre detrazione. Tale istituto subisce alcune deroghe allorquando, in accordo col diritto interno e sovranazionale, occorra la fattispecie del reverse charge disciplinato dall'articolo 17, comma 5 ,,e 6 d.P.R. numero 633/1972. Sommariamente, l'inversione opera nel senso di traslare l'onere del versamento dell'imposta in capo al cessionario talché il cedente non debba applicare l'aliquota in fattura e, parimenti, lo stesso risulta debitore nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, mentre sul committente grava l'obbligo di operare un'integrazione “postuma” - applicando l'IVA ab initio astrattamente dovuta - della fattura emessa in regime di reverse charge, provvedendo, infine alla relativa annotazione nel registro delle vendite. Ai fini dell'insorgere della detrazione, l'istituto prescrive l'annotazione della stessa operazione nel registro dei soli acquisti, sì da determinare un sostanziale bilanciamento, in accordo con i principi di neutralità. Per quanto di stretto interesse della pronuncia in commento, appare opportuno evidenziare che il tool fiscale non osti in alcuna guisa all'onere di tempestiva emissione dell'autofattura che – alla stregua della fattura - deve essere emessa ex articolo 21, comma 4, d.P.R. numero 633/1972, “al momento di effettuazione dell'operazione determinata a norma dell'articolo 6” che, in caso di reverse charge, si connota, tra le altre, di ulteriori e peculiari prescrizioni di cui all'articolo 17, comma 5, volti a dirimere la regolare e compiuta ricostruzione delle operazioni effettuate. Conclusioni. La Corte di Cassazione, nel rassegnare le conclusioni, esprimeva, cassando con rinvio la sentenza, il principio di diritto per cui, congiuntamente, l'autofattura e il documento ricevuto dal committente, debitamente integrato, debbano essere annotati dal committente stesso sul registro delle fatture emesse ovvero in quello dei corrispettivi ai sensi del combinato disposto di cui agli articolo 23 e 24 d.P.R. numero 633/1972, mentre, ai fini della successiva e legittima detrazione, sì da assicurare il bilanciamento di cui sopra delle operazioni sottese, rileva la sola annotazione sul registro degli acquisti ex articolo 25 della medesima norma.

Presidente Virgilio – Relatore Fuochi Tinarelli Fatti di causa L'Agenzia delle entrate emetteva nei confronti della società omissis già Srl, già Spa tre avvisi di accertamento, con cui, in relazione alla rilevata mancata o tardiva emissione e registrazione nei termini di legge di autofatture relative a pagamenti effettuati a soggetti esteri, contestava, per gli anni 2002 e 2003, la sanzione D.Lgs. numero 471 ciel 1997, ex articolo 13, comma 1, per autofatture tardivamente registrate, e recuperava l'Iva il cui pagamento era stato omesso, rispettivamente, per il 2002 e il 2003, irrogando le conseguenti sanzioni per violazione dell'obbligo di autofatturazione e per infedele dichiarazione D.Lgs. numero 471 del 1997, ex articolo 5 e 6. La contribuente proponeva separati ricorsi, con i quali deduceva l'infondatezza delle pretese, assumendo di aver omesso solamente la registrazione delle fatture, che aveva provveduto ad integrare, irregolarità che costituiva violazione meramente formale, non punibile. I ricorsi, previa riunione, erano accolti dalla CTP di Perugia. La sentenza era confermata dalla CTR in epigrafe, che dava atto dell'avvenuto abbandono, da parte dell'Ufficio, della pretesa erariale diretta al recupero dell'imposta, nonché alla sanzione irrogata ex articolo 5 D.Lgs. numero 471 del 1997 per dichiarazione infedele. L'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con due motivi, illustrato da memoria. Teleunit Ltd resiste con controricorso, poi illustrato con memoria. Ragioni della decisione 1. Preliminarmente va disattesa l'eccezione di inammissibilità per difetto di autosufficienza del ricorso, che è adeguatamente corredato della sommaria esposizione dei fatti di causa, delle ragioni fatte valere dalla contribuente, delle statuizioni di merito e delle ragioni di doglianza, specificamente riferite alla decisione della CTR, non solo integralmente riprodotta ma anche accompagnata dalla successiva puntuale indicazione delle affermazioni sia in primo grado che in appello di cui è contestata l'erroneità. Parimenti infondata è l'asserita improcedibilità per violazione dell'articolo 369 c.p.c. per omesso deposito dei documenti, atteso che, come ripetutamente affermato dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di giudizio per cassazione, per i ricorsi avverso le sentenze delle commissioni tributarie, la indisponibilità dei fascicoli delle parti i quali, D.Lgs. numero 546 del 1992, ex articolo 25, comma 2, restano acquisiti al fascicolo d'ufficio e sono restituiti solo al termine del processo comporta la conseguenza che la parte ricorrente non è onerata, a pena di improcedibilità ed ex articolo 369 c.p.c., comma 2, numero 4, della produzione del proprio fascicolo e per esso di copia autentica degli atti e documenti ivi contenuti, poiché detto fascicolo è già acquisito a quello d'ufficio di cui abbia - come nella specie - domandato la trasmissione alla S.C. ex articolo 369 c.p.c., comma 3, a meno che - evenienza che qui non ricorre - la predetta parte non abbia irritualmente ottenuto la restituzione del fascicolo di parte dalla segreteria della commissione tributaria neppure è tenuta, per la stessa ragione, alla produzione di copia degli atti e dei documenti su cui il ricorso si fonda e che siano in ipotesi contenuti nel fascicolo della controparte Cass. numero 28695 del 30/11/2017 . 2. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., numero 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. numero 472 del 1997, articolo 6, comma 5 bis, e L. numero 212 del 2000, articolo 10, comma 3, avuto riguardo alle sanzioni irrogate, D.Lgs. numero 471 del 1997, ex articolo 6 per omessa autofatturazione per cinque fatture nel 2002 e sette fatture nel 2003. 2.1. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., numero 3, violazione del D.Lgs. numero 471 del 1997, articolo 13 nonché del D.Lgs. numero 472 del 1997, articolo 6, comma 5 bis, e L. numero 212 del 2000, articolo 10, comma 3, avuto riguardo alla tardiva autofatturazione per tre fatture nel 2002 e per numerose altre nel 2003. 3. I motivi, che possono essere esaminati unitariamente per connessione logica, oltre che ammissibili avendo l'Ufficio, come già esposto, riprodotto l'intera decisione impugnata e specificamente indicato quanto statuito dalla CTR, censurando l'erroneità della tesi giuridica del giudice di merito sulla natura della violazione, sono fondati nei termini che seguono. 3.1. Ha carattere preliminare, invero, la disamina dei seguenti tre profili a caratteristiche del regime dell'inversione contabile o reverse charge cd. autofatturazione b distinzione tra violazioni sostanziali, formali e meramente formali c specificità della disciplina sanzionatoria in materia di autofatturazione. 4. Quanto alla prima questione - il regime del reverse charge appare opportuno partire dalle modalità di assolvimento ordinario dell'imposta. 4.1. Nel sistema ordinario dell'Iva, infatti, il prestatore/cedente applica l'aliquota in fattura che addebita al committente/cessionario e poi versa la somma all'erario, mentre il secondo, che ha ricevuto la fattura e pagato l'Iva al primo, matura un corrispondente diritto di detrazione verso lo Stato. Tale modalità è derogata in alcuni casi, per i quali l'ordinamento interno e unionale ha previsto il diverso sistema del reverse charge o inversione contabile . Giova sottolineare che l'istituto, regolato, specialmente, dal D.P.R. numero 633 del 1972, articolo 17 in particolare, dai commi 5 e 6 , assolve, nella sua concezione originale e tradizionale, allo scopo di permettere l'ingresso nel sistema contabile delle operazioni rilevanti ai fini Iva in Italia realizzate da imprese non residenti in ispecie, per operazioni intracomunitarie come quelle alla base della vicenda in giudizio cd. reverse charge esterno Accanto a questa finalità, invero, si è progressivamente valutato il modello in questione come risposta alle esigenze di contrasto alle frodi perché idoneo ad evitare un incontrollato ed abusivo esercizio del diritto di detrazione v. l'articolo 199 quater della Dir. 2006/112/CE, introdotto con l'articolo 1 Dir. 2018/2057/UE, che ha introdotto una più vasta applicazione dell'istituto . Orbene, il meccanismo così contemplato sposta sul cessionario l'onere di versare l'Iva in particolare, chi effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi non espone l'Iva in fattura e non è debitore verso l'erario, mentre chi riceve la fattura emessa in regime di reverse charge, è tenuto ad integrarla con l'Iva dovuta e a provvedere alla relativa annotazione nel registro delle vendite. Per consentire, poi, il sorgere e l'esercizio del diritto di detrazione la norma prevede, quale modalità tecnica integrativa rispetto alla condizione generale di cui al D.P.R. numero 633 del 1972, articolo 19, comma 1 , l'annotazione della stessa operazione nel registro degli acquisti, così da riequilibrare il sistema in coerenza con i principi di neutralità. In termini essenziali, si può dire che il regime in questione addossa ai destinatari della fattura, ossia ai committenti/cessionari che diventano soggetti passivi dell'imposta l'onere di pagare l'Iva sull'operazione e, attraverso un meccanismo contabile di doppia registrazione , riconosce agli stessi il diritto di detrazione per un pari importo. 4.2. La peculiarità del meccanismo non interferisce, peraltro, con l'obbligatorietà e tempestività dell'emissione dell'autofattura che come la fattura - deve essere emessa, ai sensi del D.P.R. numero 633 del 1972, articolo 21, comma 4, al momento di effettuazione dell'operazione determinata a norma dell'articolo 6 del medesimo D.P.R., obbligo che, anzi, resta rafforzato dalla previsione, in caso di reverse charge, di specifici adempimenti articolo 17, comma 5 idonei a consentire la regolare e compiuta ricostruzione delle operazioni effettuate, quali la duplice registrazione e l'integrazione della fattura ricevuta entro termini determinati entro il mese del ricevimento o anche successivamente ma entro 15 giorni dal ricevimento . L'autofattura e il documento ricevuto dal cedente, debitamente integrato, vanno, infatti, annotati dal cessionario o committente sul registro delle fatture emesse o in quello dei corrispettivi D.P.R. numero 633 del 1972, ex articolo 23 e 24 mentre l'annotazione sul registro degli acquisti ex articolo 25 rileva ai fini della successiva detrazione, sì da assicurare la neutralità dell'operazione. 5. Il secondo profilo - la distinzione tra le diverse tipologie di violazioni - è di rilievo decisivo nel presente giudizio, nel quale l'Amministrazione finanziaria, che aveva originariamente preteso anche l'imposta, ha, in via di autotutela, annullato, in parte qua, gli avvisi e mantenuto, invece, le sanzioni ad eccezione di quella di cui al D.Lgs. numero 471 del 1997, articolo 5 . 5.1. Va dato atto, sul punto, che la distinzione tra le diverse situazioni, già oggetto di reiterati interventi di questa Corte v. da ultimo Cass. numero 16450 del 10/06/2021 Cass. numero 28938 del 17/12/2020 , deve ritenersi ancorata alle seguenti caratteristiche - le violazioni sono sostanziali se incidono sulla base imponibile o sull'imposta o sul versamento - le violazioni sono formali se pregiudicano l'esercizio delle azioni di controllo pur non incidendo sulla base imponibile, sull'imposta o sul versamento - le violazioni sono meramente formali se non influiscono sulla determinazione della base imponibile, dell'imposta e sul versamento del tributo, né arrecano pregiudizio all'esercizio delle azioni di controllo. Si è poi precisato, ai fini della concreta distinzione tra diverse ipotesi, che tra violazioni formali e violazioni meramente formali la valutazione deve essere eseguita alla stregua dell'idoneità ex ante della condotta a recare il detto pregiudizio all'esercizio delle azioni di controllo, previo inquadramento della condotta stessa nel paradigma normativo di riferimento Cass. numero 28938/2020 cit. e, dunque, deve essere operato un giudizio in astratto che pone in relazione il bene giuridico tutelato e la fattispecie giuridica alla quale va ricondotta la specifica trasgressione. Viceversa, per distinguere tra violazioni formali e sostanziali e' necessario accertare in concreto se la condotta abbia cagionato un danno erariale, incidendo sulla determinazione della base imponibile, dell'imposta o del versamento del tributo Cass. numero 16450/2021 cit. . 5.2. E' opportuno precisare, infine, alla luce delle conclusioni rese dal Procuratore generale, che non sussiste una distonia o contrasto tra la L. numero 212 del 2000, articolo 10, comma 3, e il D.Lgs. numero 472 del 1997, articolo 6, comma 5 bis. Come già sottolineato da questa Corte, infatti, seppure la prima definizione di violazione formale risalga alla L. numero 212 del 2000, articolo 10, comma 3, che l'ha qualificata come mera violazione formale senza alcun debito d'imposta , proprio la portata eccessivamente ampia della norma, capace d'includere nel proprio ambito anche violazioni idonee ad ostacolare o addirittura ad impedire l'esercizio delle attività di controllo del fisco, ha indotto il legislatore a precisarne la portata, profittando dell'articolo 16 dello stesso statuto dei diritti del contribuente, che gli consentiva di emanare disposizioni correttive, operazione compiuta con il D.Lgs. numero 32 del 2001 che, nel secondo periodo della premessa, richiama esplicitamente l'articolo 16 cit. v. Cass. numero 14767 del 15/07/2015 in motivazione . Il D.Lgs. numero 32 cit., articolo 7, comma 1, lett. a , ha, quindi, precisato e circoscritto la portata della norma dello statuto del contribuente là dove, introducendo del D.Lgs. numero 472 del 1997, articolo 6, il comma 5-bis ha stabilito che l'esclusione della punibilità sia limitata alle violazioni che non arrecano pregiudizio all'esercizio dell'attività di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell'imposta e sul versamento del tributo. Ne deriva, dunque, l'unicità e l'univocità della disciplina per la individuazione delle violazioni meramente formali in quelle carenti di entrambi i requisiti lesione alle azioni di controllo non influenza sulla determinazione dell'imponibile . 6. Occorre tener conto, infine, della peculiarità della disciplina sanzionatoria in materia di autofatturazione e reverse charge, che si caratterizza per l'assenza, in linea di principio, di un omesso versamento dell'imposta e si interseca, nella sua evoluzione, con i principi affermati, a più riprese, dalla Corte di Giustizia. 6.1. La violazione degli obblighi di autofatturazione, infatti, era regolata, fino al 31.12.2007, dalla disposizione generale di cui al D.Lgs. numero 471 del 1997, articolo 6, comma 1, per la quale Chi viola gli obblighi inerenti alla documentazione e alla registrazione di operazioni imponibili ai fini dell'imposta sul valore aggiunto ovvero all'individuazione di prodotti determinati è punito con la sanzione amministrativa compresa fra il cento e il duecento per cento dell'imposta relativa all'imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell'esercizio. 6.2. La L. numero 244 del 2007, articolo 1, comma 155, peraltro, ha introdotto, con vigenza dal 1 gennaio 2008, del D.Lgs. numero 471 del 1997, articolo 6, il comma 9-bis che irroga la medesima sanzione al cessionario o committente, nonché al cedente o prestatore, che non assolve l'imposta relativa agli acquisti di beni o servizi mediante il meccanismo dell'inversione contabile , e introduce una sanzione meno gravosa pari al 3% ove l'imposta fosse stata assolta ancorché irregolarmente. 6.3. Giova sottolineare, sul punto, che la materia è stata poi oggetto di un articolato intervento da parte del legislatore con il D.Lgs. numero 158 del 2015 - qui, peraltro non invocato, né applicabile d'ufficio -, per cui la disciplina in questione risulta oggi strutturata su una ipotesi di carattere generale articolo 6, comma 9 bis, oggetto di riformulazione e con un trattamento sanzionatorio più mite e su alcuni regimi speciali in particolare, i commi 9 bis.1, 9 bis.2 e 9 bis.3, non rilevanti ai fini del presente giudizio , con una sempre più chiara traslazione sul piano sanzionatorio della reazione dell'ordinamento all'illiceità della condotta e con il contestuale riconoscimento della possibilità di detrazione dell'imposta. 6.4. Orbene, la ratio della normativa nel testo qui rilevante, poi ulteriormente rafforzata dal D.Lgs. numero 158 del 2015, è quella di prevenire la violazione della procedura di inversione contabile, sì da evitare un evidente pregiudizio all'esercizio delle attività di controllo anche quando l'inosservanza degli adempimenti non abbia in concreto inciso sui versamenti - e sulla regolarità e tempestività degli stessi - e sulla determinazione dell'imponibile E, del resto, come sopra evidenziato, la lesione del bene giuridico in questione va valutata non ex post, o in concreto, ma in astratto, ex ante, alla stregua della fattispecie normativa, irrilevante che, di fatto, l'Amministrazione possa aver ugualmente esperito i propri controlli. Tale conclusione, inoltre, trova riscontro anche nella previsione di una procedura di regolarizzazione in caso di fatturazione omessa od irregolare, prevista dal comma 8, richiamato dal comma 9 bis, la cui effettività è strettamente correlata alla possibilità per l'Amministrazione finanziaria di un immediato controllo delle operazioni. 6.5. Merita di essere evidenziato, infine, che l'assetto della disciplina, già come disegnato con la L. numero 244 del 2007, appare in linea con le pronunce della Corte di Giustizia che ha ritenuto il regime di autoliquidazione istituito già con l'articolo 21, par. 1, lett. d , dir. numero 77/388/CEE idoneo ad assicurare la neutralità dell'imposizione, senza perdita del diritto di detrazione, sempreché gli obblighi sostanziali siano soddisfatti, e ciò anche se taluni obblighi formali sono stati invece omessi dai soggetti passivi v. Corte di Giustizia, sentenza 11 dicembre 2014, in C-590/13, Idexx Laboratoires Italia, sentenza 17 luglio 2014, in C-272/13, Equoland da ultimo, sentenza 18 marzo 2021, in C-895/19, Dyrektor Krajowej Informacji Skarbowej , restando però salva la possibilità per il legislatore nazionale di corredare gli obblighi formali dei soggetti passivi di sanzioni tali da incoraggiare questi ultimi a rispettare detti obblighi al fine di assicurare il corretto funzionamento del sistema dell'IVA , ferma la necessaria osservanza di criteri di proporzionalità Corte di Giustizia, sentenza 26 aprile 2017, in C-564/15, Tibor Farkas, par. 59 e ss. sentenza 2 luglio 2020, in C-835/18, SC Terracult SRL . 7. Da ultimo, va valutata la compatibilità del reverse charge con il D.Lgs. numero 471 del 1997, articolo 13 con cui viene sanzionata la condotta di omesso o tardivo versamento dell'imposta dovuta. La prospettazione del controricorrente, fatta propria anche dal Procuratore generale, infatti, porta ad escludere la stessa configurabilità della sanzione atteso l'esito del regime di inversione contabile accanto all'Iva dovuta sorge, con l'iscrizione nel registro degli acquisti, un diritto di detrazione per un pari importo, sicché, compensandosi le poste, non si assiste ad alcun effettivo versamento e, comunque, l'omissione o il ritardo dell'autofattura nessuna incidenza viene ad avere ai fini delle liquidazioni periodiche. 7.1. La questione, peraltro, è stata affrontata anche dalla stessa giurisprudenza unionale, seppure in fattispecie in cui il meccanismo dell'inversione contabile era stato solo irregolarmente impiegato nella specie, in relazione alla mancata introduzione dei beni nel magazzino fiscale e all'assolvimento dell'Iva all'importazione con reverse charge in luogo del versamento dell'imposta Corte di Giustizia, sentenza 17 luglio 2014, in C-272/13, Equoland . In quel caso, la Corte, dopo aver rilevato che l'inosservanza di tale obbligo i.e. la mancata introduzione della merce non ha comportato il mancato pagamento dell'IVA all'importazione poiché questa è stata regolarizzata nell'ambito del meccanismo dell'inversione contabile applicato dal soggetto passivo , ha anche precisato che siccome la merce non è stata fisicamente introdotta nel deposito fiscale, l'IVA era dovuta al momento dell'importazione e, pertanto, il pagamento mediante il meccanismo dell'inversione contabile costituisce un pagamento tardivo di tale IVA . In tale evenienza, tuttavia, la determinazione del quantum della sanzione deve essere rispettoso del principio di proporzionalità la parte della sanzione consistente in una maggiorazione dell'imposta secondo una percentuale forfettaria, senza che sussista una possibilità di gradazione del medesimo - può eccedere quanto necessario per assicurare l'esatta riscossione dell'IVA ed evitare l'evasione in considerazione dell'entità della percentuale fissata per la maggiorazione prevista dalla normativa nazionale e dell'impossibilità di adeguarla alle circostanze specifiche di ogni caso di specie, non è escluso che tale modalità di determinazione dell'importo della sanzione, e dunque la parte corrispondente della medesima, possa rivelarsi sproporzionata par. 44-45 . In linea con questi principi, la Suprema Corte ha, in più occasioni, affermato la legittimità della sussunzione di una siffatta condotta nel D.Lgs. numero 471 del 1997, articolo 13 che ha disapplicato limitatamente alla quantificazione, rimettendone al giudice di merito la concreta valutazione in relazione alle circostanze del caso v. Cass. numero 17814 del 08/09/2015 Cass. numero 33118 del 16/12/2019 . 7.2. I principi sopra esposti sono pertinenti anche all'ipotesi qui in rilievo - in cui il meccanismo di inversione contabile non è stato, in sé, erroneamente applicato - ove si tenga conto che, anche per queste modalità di assolvimento dell'imposta, l'autofattura, come sopra evidenziato, deve essere emessa, D.P.R. numero 633 del 1972, ex articolo 21, comma 4, al momento di effettuazione dell'operazione . Ne deriva che ove l'autofattura sia stata emessa tardivamente o non sia stata emessa si realizza anche un tardivo versamento. La circostanza che, nonostante il ritardo, non si sia realizzate, proprio per le caratteristiche delle modalità di assolvimento dell'imposta, un omesso versamento non incide sulla configurabilità della condotta ma attiene - in coerenza con quanto affermato dalla Corte di Giustizia - alla determinazione del quantum della sanzione, la cui entità in misura percentuale deve restare ancorata al principio di proporzionalità. Non va escluso, invero, che l'arco della violazione possa anche investire un effettivo omesso versamento è il caso in cui il diritto a detrazione non corrisponda all'intero importo dell'imposta a debito ma in concreto, ad esempio, abbia ad oggetto operazioni per le quali opera il pro-rata. In questa evenienza, dunque, il ritardo si traduce anche in un versamento insufficiente. 7.3. Occorre precisare, infine, che il ritardo assume rilievo se e in quanto esso incida sulla pertinente liquidazione periodica dei tributi, integrando la condotta, al di sotto di questa soglia, valenza di violazione meramente formale non punibile in relazione all'articolo 13 cit., ferma la sua rilevanza ai fini di altre violazioni. Il ritardo, lieve, che non incida, neppure in relazione al complesso delle operazioni rilevanti, sulla liquidazione delle imposte, se, infatti, è suscettibile di rilievo D.Lgs. numero 471 del 1997, ex articolo 6, comma 9 bis, deve ritenersi invece improduttivo di ogni effetto quanto ai termini fissati per il versamento dell'imposta. Tale conclusione emerge in termini particolarmente lineari ove si consideri l'ipotesi, prima evidenziata, di asimmetria tra imposta da versare e diritto di detrazione l'autofatturazione che intervenga tardivamente ma prima della liquidazione mensile o periodica per valori regolarmente computati non determina alcuna variazione sui versamenti dovuti viceversa, il compimento delle operazioni oltre tale momento integra non solo un ritardo delle stesse ma anche un obbiettivo minor versamento alla scadenza di legge. 8. Alla luce dei principi esposti vanno, dunque, esaminate le questioni dedotte in giudizio. 9. La CTR, invero, ha ritenuto meramente formali le contestate violazioni poiché le irregolarità contestate, consistenti per lo più nelle modalità e nella tempistica seguite da Teleunit Spa nell'emettere t annotare le autofatture per le prestazioni di servizi rese da operatori esteri, non hanno pregiudicato le operazioni di controllo che sono state puntualmente eseguite, essendo comunque stata conservata ed annotata, anche se irregolarmente, tutta la documentazione le stesse irregolarità, inoltre, non hanno inciso né sulla base imponibile né sull'imposta dovuta, come accertato dalla CTU effettuata in primo grado e confermato dall'abbandono della pretesa di recupero della maggiore Iva da parte dell'Agenzia delle entrate. D'altro canto, la rinuncia, nel corso del giudizio, da parte dell'erario ad una pretesa fiscale comporta di per sé la rinuncia alle sanzioni amministrative astrattamente derivanti dalla condotta che l'amministrazione ha rinunciato a fare accertare . 9.1. In evidenza, dunque, plurimi sono gli errori in cui è incorso il giudice di merito poiché - ha erroneamente valutato l'oggettività giuridica delle norme applicabili, considerando irrilevanti le condotte contestate ed accertate - omissioni, ritardi, inadempimenti nelle registrazioni che, pur integranti elemento costitutivo delle violazioni stesse, ha apprezzato, con valutazione ex post anziché in astratto ed ex ante , come non idonee a pregiudicare le azioni di controllo dell'Amministrazione finanziaria - ha omesso di valutare se, in relazione alla contestata violazione del D.Lgs. numero 471 del 1997, articolo 13 il ritardo nelle autofatturazioni e dell'integrale svolgimento della procedura di inversione contabile sia temporalmente anteriore o posteriore alle liquidazioni periodiche riferibili alle medesime operazioni ove tempestivamente fatturate - ha erroneamente ritenuto che l'abbandono da parte dell'Ufficio della ripresa sull'imposta comportasse il venir meno delle sanzioni, ancorché i due profili - del diritto di detrazione non suscettibile di compressione e della sanzionabilità dei comportamenti omissivi ed irregolari - dovessero essere oggetto di separata ed indipendente considerazione. 9.2. La sentenza va, pertanto, cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente in diversa composizione per un nuovo esame alla luce dei principi sopra esposti. In tale ambito, inoltre, il giudice del rinvio - quanto alla contestata violazione del D.Lgs. numero 471 del 1997, articolo 13 - dovrà valutare se la determinazione dell'entità della sanzione edittale, alla luce dei principi affermati dalla Corte di Giustizia, sia proporzionata alla condotta effettivamente tenuta alla stregua delle concrete circostanze del caso, tra cui anche l'entità del ritardo se di un solo mese ovvero di svariati mesi , tenendo presente, a titolo esemplificativo, che la Corte di Giustizia, nel valutare la conformità al principio di proporzionalità di sanzioni irrogate in tema d'imposta sul valore aggiunto, ha reputato - con riferimento alla diversa fattispecie del ritardo negli adempimenti - idonea al raggiungimento dell'obiettivo di assicurare l'esatta riscossione dell'imposta una sanzione quantificata in maniera progressiva, ragguagliata al venticinque per cento dell'imposta sul valore aggiunto dovuta in caso di ritardo non eccedenti un mese ed al cento per cento qualora il ritardo sia di durata superiore Corte di Giustizia, 20 giugno 2013, Teritorialna direktsia na Natsionalnata agentsia za prihodite, in C259/12, punto 40 , mentre, con riferimento all'irregolare assolvimento dell'imposta con il regime ordinario anziché mediante inversione contabile in presenza di una situazione che non ha causato all'amministrazione tributaria alcuna perdita di gettito e, dall'altro, è caratterizzata dall'assenza di indizi di frode , ha ritenuto non proporzionata una sanzione pari al 50% dell'Iva applicabile Corte di Giustizia, 26 aprile 2017, Farkas, in C-564/15, punti 6566 . P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR dell'Umbria in diversa composizione per un nuovo esame.