«Nel caso di notifica di atto processuale all’interno del processo, non andata a buon fine per causa non imputabile al notificante e per la quale era previsto il compimento entro un termine perentorio, il notificante ha l’onere di chiedere al giudice ai sensi dell’articolo 153, comma 2 c.p.c. di essere rimesso in termini, dimostrando di essere incorso in decadenza per causa ad egli non imputabile, se fra il giorno della notificazione e quello dell’udienza di comparazione deve essere rispettato un termine in favore della parte cui l’atto deve essere notificato».
Una banca italiana aveva convenuto in giudizio A.T. e M.T. chiedendo la declaratoria di inefficacia ai sensi dell'articolo 2901 c.c. di atto istitutivo di trust. Veniva poi disposta l'integrazione del contraddittorio e chiesta la concessione di un nuovo termine di notifica nei confronti della trustee, essendo risultato il destinatario sconosciuto all'indirizzo indicato. Una volta concesso il termine perentorio, il processo era stato rinviato e la banca italiana aveva chiesto la concessione di un nuovo termine per l'ulteriore perfezionamento della notifica. La causa era stata poi cancellata dal ruolo e dichiarata l'estinzione. Il giudice di secondo grado aveva poi rigettato l'Appello. Aveva già osservato la Corte territoriale che «qualora la notificazione dell'atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l'onere, anche alla luce del principio di ragionevole durata del processo, di richiedere all'ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, senza necessità di una preventiva autorizzazione del giudice, sempre che la ripresa del medesimo sia intervenuta con immediatezza, appena appresa la notizia dell'esito negativo della notificazione, e con tempestività, entro un termine ragionevolmente contenuto, e che tale principio operava sia nel caso di risultato negativo della notifica, sia nel caso di mancata prova dell'esito» Cass. numero 19060/2015 . Era stato infine proposto ricorso per Cassazione dalla banca italiana, subito rigettato. Secondo il Collegio, la ricorrente avrebbe dovuto proporre istanza di rimessione in termini ai sensi dell'articolo 153, comma 2 c.p.c. Infatti, nell'esposizione del ricorso non si afferma che tale istanza sia stata proposta, per cui il mancato assolvimento dell'onere processuale rende il motivo di ricorso non accoglibile. A supporto delle considerazioni espresse, la Corte di Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto «nel caso di notifica di atto processuale all'interno del processo, non andata a buon fine per causa non imputabile al notificante e per la quale era previsto il compimento entro un termine perentorio, il notificante ha l'onere di chiedere al giudice ai sensi dell'articolo 153, comma 2 c.p.c.di essere rimesso in termini, dimostrando di essere incorso in decadenza per causa ad egli non imputabile, se fra il giorno della notificazione e quello dell'udienza di comparazione deve essere rispettato un termine in favore della parte cui l'atto deve essere notificato». Alla luce di queste considerazioni la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.
Presidente Antonio - Relatore Scoditti Rilevato che omissis convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Ravenna T.A. e Tu.Mo. chiedendo declaratoria di inefficacia ai sensi dell'articolo 2901 c.c., di atto istitutivo di trust. Con provvedimento del 5 febbraio 2016 venne disposta l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'articolo 102 c.p.c., nei confronti di omissis . in qualità di trustee. Con istanza del 2 agosto 2016 l'attrice chiedeva la concessione di nuovo termine per la notifica dei confronti di omissis . essendo risultato il destinatario sconosciuto all'indirizzo indicato. Concesso il termine perentorio del 30 novembre 2016 per la notifica con decreto di data 12 settembre 2016, all'udienza del 25 ottobre 2017, cui dall'udienza del 5 luglio 2017 il processo era stato rinviato per la verifica del perfezionamento della notifica, l'attrice chiese la concessione di nuovo termine per la notifica non essendo tornata la cartolina attestante l'esito della notifica della citazione. Con ordinanza comunicata in data 3 novembre 2017 il Tribunale dispose la cancellazione della causa dal ruolo e dichiarò l'estinzione. Avverso detta sentenza propose appello l'attrice. Con sentenza di data 14 aprile 2009 la Corte d'appello di Bologna rigettò l'appello. Osservò la corte territoriale che, alla stregua della giurisprudenza di legittimità, qualora la notificazione dell'atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l'onere, anche alla luce del principio di ragionevole durata del processo, di richiedere all'ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, senza necessità di una preventiva autorizzazione del giudice, sempre che la ripresa del medesimo sia intervenuta con immediatezza, appena appresa la notizia dell'esito negativo della notificazione, e con tempestività, entro un termine ragionevolmente contenuto, e che tale principio operava sia nel caso di risultato negativo della notifica, sia nel caso di mancata prova dell'esito Cass. numero 19060 del 2015 . Aggiunse ad abundantiam che, stante la natura perentoria e dunque improrogabile del termine di cui all'articolo 102 c.p.c., la mancata integrazione del contraddittorio comportava l'estinzione del processo anche in difetto di eccezione di parte Cass. numero 7460 del 2015 . Ha proposto ricorso per cassazione omissis sulla base di due motivi e resiste con controricorso T.A È stato fissato il ricorso in Camera di consiglio ai sensi dell'articolo 380 bis.1 c.p.c È stata presentata memoria da entrambe le parti. Considerato che con il primo motivo si denuncia falsa applicazione di norma di diritto, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, e omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5. Osserva la parte ricorrente, premessa la non equiparabilità dal punto di vista costituzionale della situazione del notificante rimasto inerte con quella del mancato perfezionamento della notifica per causa indipendente dalla volontà del notificante, che l'attrice non era rimasta inerte, avendo con lettera di reclamo del 20 febbraio 2017 denunciato, senza riscontro, a Poste omissis la mancata restituzione dell'avviso di ricevimento relativo alla raccomandata internazionale. Aggiunse che non pertinente è il riferimento al principio di ragionevole durata del processo per le seguenti ragioni l'integrazione del contraddittorio era stata disposta all'esito dell'integrale svolgimento del giudizio ove l'attrice avesse di propria iniziativa ripreso il procedimento notificatorio, la citazione sarebbe risultata nulla per mancato rispetto del termine minimo il principio di ragionevole durata deve essere contemperato con il diritto di difesa. Il motivo è infondato. Il dispositivo è conforme a diritto ma la decisione è erroneamente motivata in diritto, sicché deve essere corretta ai sensi dell'articolo 384 c.p.c., u.c Il motivo di appello è stato rigettato sul presupposto dell'omessa ripresa, immediata e tempestiva, del procedimento notificatorio. In realtà, tale onere processuale non poteva venire in rilievo stante la necessità di dover rispettare il termine di comparizione per la parte cui l'atto doveva essere notificato. Il Tribunale concesse il termine perentorio per la notifica evidentemente ai sensi dell'articolo 291 c.p.c., ed il mancato rispetto del termine per causa non imputabile avrebbe giustificato la proposizione di una istanza di rimessione in termini cfr. Cass. numero 1180 del 2006, numero 625 del 2008, numero 28233 del 2008, numero 6982 del 2016 . La disciplina della fattispecie era perciò riposta dell'articolo 153 c.p.c., comma 2, per cui l'onere della parte era, previa dimostrazione dell'essere incorsa in decadenza per causa ad essa non imputabile, chiedere al giudice di essere rimessa in termini. Come affermato da Cass. Sez. U. numero 17532 del 2009, la regola della ripresa, immediata e tempestiva, del procedimento notificatorio permane anche a fronte dell'introduzione di una norma sulla rimessione in termini di carattere generale articolo 153, comma 2 , non potendo ritenersi dipendente da causa non imputabile una decadenza che avrebbe potuto essere ovviata mediante il completamento della procedura di notificazione ad iniziativa della parte, salva la necessità di richiedere l'intervento del giudice nei casi in cui non sia possibile una semplice e ragionevolmente tempestiva ripresa del medesimo procedimento notificatorio ad iniziativa della parte, per particolari circostanze, eventualmente anche collegate all'iter procedimentale entro cui si inserisca la notificazione prevista a pena di decadenza, e fra questa per l'appunto la necessità di ottenere una nuova fissazione dell'udienza ai fini del rispetto dei termini di comparizione si veda anche la precedente Cass. Sez. U. numero 3818 del 2009 . La ricorrente avrebbe dovuto quindi proporre istanza di rimessione in termini ai sensi dell'articolo 153, comma 2. Nell'esposizione del ricorso non si afferma che tale istanza sia stata proposta, per cui il mancato assolvimento dell'onere processuale rende il motivo di ricorso non accoglibile. Va enunciato in conclusione il seguente principio di diritto nel caso di notifica di atto processuale all'interno del processo, non andata a buon fine per causa non imputabile al notificante e per la quale era previsto il compimento entro un termine perentorio, il notificante ha l'onere di chiedere al giudice ai sensi dell'articolo 153 c.p.c., comma 2, di essere rimesso in termini, dimostrando di essere incorso in decadenza per causa ad egli non imputabile, se fra il giorno della notificazione e quello dell'udienza di comparizione deve essere rispettato un termine in favore della parte cui l'atto deve essere notificato . Con il secondo motivo si denuncia falsa applicazione di norma di diritto, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, e omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5. Osserva la parte ricorrente, con riferimento alla parte di motivazione ulteriore resa ad abundantiam, che non vi era inerzia per avere l'attrice nel termine inizialmente fissato provveduto per la notificazione. Aggiunge che la statuizione dell'ordinanza del Tribunale con cui era stata disattesa l'eccezione di estinzione del giudizio già alla scadenza del primo termine non era stata oggetto di appello incidentale e costituiva pertanto cosa giudicata. Il motivo è inammissibile. La permanenza della ratio decidendi impugnata con il precedente motivo, sulla base della correzione della motivazione sopra operata, rende priva di decisività la censura relativa a ratio esplicitata espressamente ad abundantiam. La circostanza che il primo motivo di ricorso sia stato proposto sulla base di una motivazione che la Corte ha dovuto correggere costituisce motivo di compensazione delle spese del giudizio di cassazione, le quali, liquidate come in dispositivo per l'intero, seguono per il resto la soccombenza. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, numero 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali dell'obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Dispone la compensazione per metà delle spese del giudizio di legittimità, condannando il controricorrente al rimborso in favore del ricorrente dell'altra metà della spese, liquidate per l'intero nella misura di Euro 10.000,00 oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. numero 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.