Per i Giudici, «non è abnorme l'ordinanza con cui il giudice del dibattimento rigetti la deduzione di nullità del decreto che dispone il giudizio, emesso dal giudice dell'udienza preliminare ricusato da uno degli imputati, in quanto non emessa in difetto di potere, né comportante una stasi del procedimento».
Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sull'abnormità dell'ordinanza con cui il giudice del dibattimento aveva rigettato l'eccezione di nullità del decreto che disponeva il giudizio, per essere stato emesso dal giudice dell'udienza preliminare successivamente ricusato da uno degli imputati. In particolare, nel caso in esame il tema dell'abnormità è stato prospettato nei termini di potenziale regressione del procedimento in conseguenza dell'omesso rilievo della nullità assoluta delle attività poste in essere, sin dalla formulazione della dichiarazione di ricusazione, dal giudice successivamente ritenuto versare in una condizione di incompatibilità funzionale nell'ambito di un unico procedimento, derivando dalla predetta invalidità l'effetto caducatorio di tutte le statuizioni assunte, anche nei confronti degli imputati non ricusanti. A riguardo, la Suprema Corte ha chiarito che è affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la singolarità ed eccentricità del contenuto, risulti avulso dall'intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur costituendo in astratto manifestazione di un legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite. Nella delineata prospettiva, «la verifica in concreto dell'abnormità dell'atto processuale postula il rilievo di anomalie genetiche o funzionali, radicali al punto da fuoriuscire dallo schema normativo processuale, palesando una irriducibile estraneità», mentre non costituisce atto strutturalmente eccentrico rispetto a quelli positivamente disciplinati, né l'atto normativamente previsto e disciplinato, ma utilizzato al di fuori dell'area che ne individua la funzione e la stessa ragion d'essere nell'iter procedimentale, né l'atto illegittimo. Ciò premesso, la Corte di Cassazione afferma che «non è abnorme l'ordinanza con cui il giudice del dibattimento rigetti la deduzione di nullità del decreto che dispone il giudizio, emesso dal giudice dell'udienza preliminare ricusato da uno degli imputati, in quanto non emessa in difetto di potere, né comportante una stasi del procedimento conseguentemente, è inammissibile l'immediato ricorso per cassazione proposto avverso la stessa, eventualmente impugnabile in via differita insieme alla sentenza ai sensi dell'articolo 586 c.p.p.».
Presidente Sabeone – Relatore Tudino Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 18 maggio 2021, il Tribunale di Vibo Valentia ha rigettato l'eccezione di nullità del decreto che dispone il giudizio emesso nel procedimento RGNR 2234/14 e 1359/14 GIP, formulata dalle difese degli imputati M.L. , R.A. , R.G. , R.G. , S.V. , T.F. , T.A.G. , V.S. , B.M. , C.D. , C.G. , L.R. , numero G. , numero V. , A.I. , A.O. , B.F. , B.G. , B.O. , C.F. , D.C.P. , D.L.G. , F.F. , F.R. , F.F.S. , F.G. , F.G. , M.S.F. , P.R. e S.D. , per essere stato il provvedimento emesso dal giudice dell'udienza preliminare ricusato - per aver assunto statuizioni pregiudicanti in funzione di GIP in un procedimento a suo carico riunito - da altro coimputato, I.A. , in riferimento al capo A9 rectius B9 , concernente l'omicidio di C.A. e F.G. , al medesimo ascritto in concorso con B.D. e la cui ricusazione è stata accolta con ordinanza emessa - in sede di rinvio a seguito di annullamento di precedente provvedimento reiettivo, statuito dalla Prima sezione di questa Corte con sentenza numero 7558/2021 - dalla Corte d'appello di Catanzaro il 17 maggio 2021. Il Tribunale ha preso atto che il decreto della Corte d'appello indicato dispiegasse effetti caducatori del decreto che dispone il giudizio limitatamente alla posizione del ricusante, come esplicitamente statuito dal giudice della ricusazione ai sensi dell'articolo 42 c.p.p., comma 2, nell'esercizio di prerogative proprie, non sindacabili dal giudice del dibattimento e suscettibili di essere impugnate con il ricorso di legittimità. 2. Avverso l'indicata ordinanza del Tribunale di Vibo Valentia hanno proposto ricorso, con distinti atti, gli imputati M.L. , per mezzo del difensore, Avv. omissis R.A. , con duplice impugnazione, rispettivamente a firma degli Avv. omissis , e omissis R.G. , R.G. , S.V. , T.F. , T.A.G. , V.S. , B.M. , C.D. , C.G. , L.R. e numero G. con unico atto sottoscritto dall'Avv. Guido Contestabile numero V. per mezzo dell'Avv. Diego Brancia A.I. , A.O. , B.F. , B.G. , B.O. , C.F. , D.C.P. , D.L.G. , F.F. , F.R. , F.F.S. , F.G. , F.G. , M.S.F. , P.R. e S.D. con atto a firma degli Avv. omissis e omissis . 2.1. Mediante censure sostanzialmente sovrapponibili, alle quali si antepone la ricostruzione della vicenda processuale, i ricorrenti deducono l'abnormità dell'ordinanza impugnata, in quanto ritenuta espressiva dell'esercizio di un potere eccentrico rispetto alla funzione tipica dell'atto giurisdizionale, operando una ricostruzione sistematica dei principi espressi da Sez. Unumero 37207 del 16/07/2020, Gerbino, Rv. 280116. Quanto all'iter procedimentale, si rappresenta che all'udienza preliminare del 14 settembre 2020, il difensore del coimputato I.A. formulava istanza di ricusazione del Giudice dell'udienza preliminare per aver svolto, nell'ambito dello stesso procedimento, funzioni di G.I.P. la Corte d'appello di Catanzaro dichiarava inammissibile l'istanza con ordinanza del 16 settembre 2020, annullata con rinvio dalla Corte di cassazione con sentenza del 28 gennaio 2021 decidendo in sede di rinvio, la Corte d'appello di Catanzaro accoglieva l'istanza di ricusazione con ordinanza del 18 maggio 2021, dichiarando l'inefficacia del decreto che dispone il giudizio davanti alla Corte d'assise di Catanzaro - emesso, medio tempore, dal G.U.P. ricusato limitatamente alla posizione di I.A. per il reato di cui al capo B9 , concernente il duplice omicidio di C.A. e F.G. , al medesimo I. ascritto in concorso con B.D. all'udienza preliminare del 3 dicembre 2020, il G.U.P. aveva emesso due decreti dispositivi del giudizio il primo relativo alla posizione di I.A. , con rinvio a giudizio davanti alla Corte d'assise di Catanzaro il secondo relativo alla posizione degli imputati, oggi ricorrenti, rinviati a giudizio davanti al Tribunale di Vibo Valentia in relazione a contestazioni diverse da quella ascritta al capo B9 a I. il Tribunale di Vibo Valentia, preso atto della declaratoria resa dalla Corte d'appello di Catanzaro limitatamente alla posizione dello I. , emetteva l'ordinanza impugnata. Dalla progressione processuale, così come ricostruita, e dalla incompatibilità funzionale rilevata dalla Corte d'appello, in sede di rinvio, riguardo il G.U.P. persona fisica che, nel procedimento a carico dello I. per il delitto di omicidio, aveva emesso - in funzione di G,I.P. - il decreto di riapertura delle indagini ex articolo 414 c.p.p., i ricorrenti enucleano l'incompatibilità del medesimo G.U.P. anche in riferimento alle ulteriori posizioni, oggetto del distinto decreto dispositivo del giudizio davanti al Tribunale di Vibo Valentia. Sul punto, i ricorsi richiamano i principi espressi da Sez. unumero 37207/2020, che ha qualificato la violazione dell'articolo 34, comma 2 -bis e delle contigue disposizioni di cui all'articolo 37 c.p.p., comma 2, e articolo 42 c.p.p., comma 1, in termini di nullità assoluta, ricondotta ad un difetto della capacità del giudice, determinante l'inefficacia di ogni altra attività processuale Sez. unumero 23122 del 27 gennaio 2022, Tanzi, Rv. 249734 , con conseguente caducazione anche delle statuizioni assunte in riferimento ai coimputati. In particolare, si evidenzia come Sez. unumero Gerbino abbia espressamente affermato la natura oggettiva dell'incompatibilità funzionale e l'estensibilità degli effetti a tutti i coimputati, in quanto le relative norme attuano i principi costituzionali di imparzialità e terzietà del giudice a garanzia del giusto processo Sez. unumero numero 13626 del 16 dicembre 2010, dep. 2011, Digiacomantonio, Rv. 249300 e Sez. unumero 20 luglio 2007, De Lorenzo . Entro tale cornice di riferimento, si argomenta come l'ordinanza impugnata - che, nel limitare gli effetti dell'accolta ricusazione al solo ricusante I. e nell'affermare l'esclusiva competenza del giudice della ricusazione alla individuazione dell'atto inefficace, ha rigettato l'eccezione di nullità proposta dai coimputati - si iscriva nell'alveo dell'abnormità come delineata dal diritto vivente Sez. unumero numero 17 del 10 dicembre 2007, Di Battista, Rv. 209603 numero 26 del 24 novembre 1999, Magnani, Rv. 215094, numero 25957 del 26 marzo 2009, Toni , in quanto integrante un provvedimento che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si è esplicato al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite, avendo il Tribunale omesso di prendere atto di una nullità assoluta e di rilievo officioso. Si evidenzia, altresì, come l'ordinanza abbia impedito l'ordinaria regressione del processo all'udienza preliminare, in tal modo determinando un iter processuale destinato a successiva caducazione. Si sottolinea, inoltre, come la declaratoria di incompatibilità funzionale dispieghi i suoi effetti sull'intero giudizio in quanto l'articolo 34 c.p.p., comma 2-bis esprime un principio generale di incompatibilità obiettiva, sicché si era richiesto al Tribunale di rilevare la nullità assoluta di tutti gli atti assunti dal giudice ricusato, senza alcuna distinzione tra atti a contenuto probatorio ed altre statuizioni, con conseguente erroneo riferimento, nell'ordinanza impugnata, all'articolo 587 c.p.p., di cui è stata esclusa l'applicazione. Si segnala l'errore di delibazione dei limiti dell' in efficacia definiti dalla Corte d'appello di Catanzaro e la sovrapposizione dei diversi piani dell'efficacia e della nullità, in quanto il giudice della ricusazione può solo indicare quale tra gli atti, inefficaci ex tunc per il solo effetto dell'accertata incompatibilità funzionale, conservi validità. 3. Con requisitoria scritta in data 7 gennaio 2022, il Procuratore generale ha richiesto emettersi declaratoria di inammissibilità dei ricorsi. Considerato in diritto I ricorsi sono inammissibili. 1. Alla disamina dei plurimi ricorsi va premesso come, in tema di impugnazioni, il principio generale di tassatività dei casi e dei mezzi declinato dall'articolo 568 c.p.p., comma 1, è derogato per le sole ipotesi di abnormità, ovvero per le ipotesi di provvedimenti strutturalmente o funzionalmente estranei all'ordinamento che, in quanto tali, sfuggono ad una previa definizione e rispetto ai quali il riconoscimento della ricorribilità per cassazione tende al superamento di una situazione di stallo, altrimenti non rimediabile. 1.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte Sez. U, numero 26 del 24.11.1999 - dep. 2000, Magnani, Rv. 215094 Sez. U. numero 5307 del 20/12/2007 - dep. 2008, Battistella, Rv. 238240 Sez. 6 numero 2325 dell'08/01/2014, F., Rv. 258252 Sez. 2, numero 7320 del 10.12.2013, dep. 2014, Rv. 259159 , è affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la singolarità ed eccentricità del contenuto risulti avulso dall'intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur costituendo in astratto manifestazione di un legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite. Nei termini indicati, l'abnormità dell'atto processuale può riguardare due profili che si saldano all'interno di un fenomeno unitario Sez. U, numero 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590 quello strutturale allorché l'atto, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale e quello funzionale quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l'impossibilità di proseguirlo, ovvero una indebita regressione del procedimento stesso, ponendosi, in tal caso, anche in contrasto con il principio costituzionale di ragionevole durata del processo di cui all'articolo 111 Cost., comma 2 . 1.2. Nella delineata prospettiva, la verifica in concreto dell'abnormità dell'atto processuale postula il rilievo di anomalie genetiche o funzionali, radicali al punto da fuoriuscire dallo schema normativo processuale, palesando una irriducibile estraneità, mentre non costituisce atto strutturalmente eccentrico rispetto a quelli positivamente disciplinati, nè l'atto normativamente previsto e disciplinato, ma utilizzato al di fuori dell'area che ne individua la funzione e la stessa ragion d'essere nell'iter procedimentale, nè l'atto illegittimo. 2. Il tema dell'abnormità è stato, nel caso in esame, prospettato nei termini di potenziale regressione del procedimento in conseguenza dell'omesso rilievo della nullità assoluta delle attività poste in essere, sin dalla formulazione della dichiarazione di ricusazione dello I. , dal giudice successivamente ritenuto versare, ora per allora, in una condizione di incompatibilità funzionale nell'ambito di un unico procedimento, derivando dalla predetta invalidità l'effetto caducatorio di tutte le statuizioni assunte, anche nei confronti degli imputati non ricusanti. 2.1. La Corte d'appello di Catanzaro, decidendo in sede di rinvio a seguito di annullamento di precedente provvedimento dichiarativo dell'inammissibilità della ricusazione, ha, difatti, reputato che il giudice dell'udienza preliminare versasse in condizione di incompatibilità per avere nel separato procedimento a carico di I. per il reato di omicidio, poi riunito e successivamente oggetto di autonomo decreto che dispone il giudizio davanti la Corte d'assise di Catanzaro - svolto una delibazione pregiudicante nell'ordinanza, emessa ex articolo 414 c.p.p., dichiarando la nullità e la conseguente inefficacia del relativo decreto dispositivo del giudizio. Richiamando le coordinate interpretative dettate dal diritto vivente in merito alla natura ed agli effetti della dichiarazione di ricusazione, accolta dal giudice, sugli atti processuali medio tempore adottati, le comuni censure difensive enucleano la nozione di nullità e ne collocano la genesi, retroattivamente, al momento di formulazione della dichiarazione di ricusazione, proposta all'udienza preliminare, inferendone la portata demolitoria di tutte le attività poste in essere dal iudex suspectus delineano, pertanto, l'abnormità dell'ordinanza impugnata che - pur al cospetto di una nullità assoluta, dispiegante effetti erga omes non già in virtù di un preteso effetto estensivo della ricusazione, quanto, invece, per gli effetti demolitori propri della predetta invalidità - ha illegittimamente respinto la comune eccezione, determinando una progressione processuale inesorabilmente destinata ad un successivo annullamento, in tal modo configurandosi una pregiudizievole alterazione della ordinaria sequenza procedimentale. 2.2. Siffatta deduzione s'appalesa, all'evidenza, e sin dalla sua stessa formulazione, inammissibilmente proposta. Dalla medesima trama argomentativa rassegnata, con analogo costrutto, nelle plurime impugnazioni all'odierno vaglio, si evince come i ricorrenti richiedano a questa Corte un sindacato preventivo sulla correttezza giuridica di un provvedimento invece inoppugnabile, qual è l'ordinanza che ha respinto la proposta eccezione di nullità. Sottoponendo al vaglio del giudice di legittimità la questione della latitudine soggettiva dell'invalidità, in termini di nullità del decreto che dispone il giudizio emesso nei confronti degli odierni ricorrenti dal Giudice dell'udienza preliminare ricusato da altro imputato, nei cui confronti è stato emesso autonomo decreto che dispone il giudizio davanti a diverso giudice del dibattimento, i ricorrenti costruiscono un profilo di abnormità, sotto forma di potenziale regressione del procedimento, che si risolve in una inammissibile richiesta anticipata di soluzione della questione controversa e che non introduce, neppure teoricamente, quel profilo di irriducibile estraneità all'esercizio dei poteri del giudice che la categoria invocata involge. Ed invero, l'impegno argomentativo profuso nei ricorsi, tutto orientato alla rivendicazione dell'invalidità erga omnes di tutti gli atti assunti dal giudice ricusato, finisce per costruire l'abnormità in termini di virtuale pericolo di regressione , in tal modo delineando una situazione processuale meramente prospettica, futura ed incerta - oltre che controvertibile, anche solo considerando l'esclusiva contestazione al ricusante dell'imputazione sub B9 e l'autonomia del decreto dispositivo del giudizio emesso dal giudice ricusato per tale capo - e, come tale, insuscettibile di configurare il radicale vizio denunciato, sia nella componente strutturale, che in quella funzionale sotto il primo profilo, perché - nella stessa prospettiva dei ricorrenti - si sarebbe determinata non già una indebita regressione, bensì una illegittima progressione sotto il secondo, perché anche l'omesso rilievo di una nullità assoluta - ovviamente, se esistente - si traduce in una censura, deducibile solo con l'impugnazione della sentenza ai sensi dell'articolo 586 c.p.p. Sez. 5, numero 27971 del 25/05/2018, De Iulio, Rv. 273546 . L'ordinanza di cui i ricorrenti si dolgono è, difatti, ordinariamente impugnabile, secondo il meccanismo delineato dall'articolo 586 c.p.p., unitamente alla sentenza, e già questo profilo di disciplina preclude la prospettazione di abnormità, dato che tale condizione giova a superare i limiti posti dal principio di tassatività oggettiva delle impugnazioni ed attiene, quindi, ai provvedimenti che, proprio in ragione della loro eccentricità, risultano inoppugnabili. Deve essere, pertanto, qui affermato che non è abnorme l'ordinanza con cui il giudice del dibattimento, rigetti la deduzione di nullità del decreto che dispone il giudizio, emesso dal Giudice dell'udienza preliminare ricusato da uno degli imputati, in quanto non emessa in difetto di potere, nè comportante una stasi del procedimento conseguentemente, è inammissibile l'immediato ricorso per cassazione proposto avverso la stessa, eventualmente impugnabile in via differita insieme alla sentenza ai sensi dell'articolo 586 c.p.p 3. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi segue, ex articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo determinare in Euro tremila ciascuno. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000 in Cassa delle ammende.