«In generale, la destinazione a parco pubblico, attrezzature ricreative, sportive ed a verde pubblico, data dallo strumento urbanistico ad aree di proprietà privata, non implica l'imposizione sulle stesse di un vincolo espropriativo, ma solo di un vincolo conformativo, che è funzionale all'interesse pubblico generale conseguente alla zonizzazione effettuata dallo strumento urbanistico».
È quanto statuito dal Consiglio di Stato, con la pronuncia del 16 febbraio 2022, numero 1142. L'articolata vicenda. Un'impresa di costruzioni è proprietaria di un fondo, sito presso il Comune di Viterbo. Il PRG del 1974 imprime all'area, su cui insiste il fondo, un azzonamento F, sottozona F6 parco pubblico , con applicazione dell'articolo 17 delle Norme Tecniche di Attuazione NTA , secondo il quale tale sottozona «comprende aree destinate nella creazione di parchi pubblici di interesse locale, cittadino e territoriale. In tale zona potranno essere previste attrezzature quali campi da gioco per bambini potranno essere altresì previste costruzioni per particolari attività che abbiano carattere di pubblica iniziativa e di pubblico interesse biblioteca, musei, etc. […]». L'impresa, ritenendo che la destinazione a “parco pubblico attrezzato” desse luogo ad un vincolo sostanzialmente espropriativo, decaduto per decorso del termine quinquennale ai sensi, prima dell' articolo 2 l. numero 1187/1968 , ed ora dell'articolo 9, d.P.R. numero 327/2001 , richiede al Comune di adottare una variante al PRG, intesa ad imprimere al fondo un diverso azzonamento. Precisamente, azzonamento B, sottozona B3, al fine di consentirne l'edificabilità. A fronte dell'inerzia del Comune, viene presentato ricorso al TAR Lazio. Nelle more del giudizio, il Comune adotta un provvedimento di diniego alla presentata richiesta, sostenendo che il PRG abbia posto un vincolo conformativo, ma non espropriativo, per cui non è intervenuta alcuna decadenza. Il provvedimento di diniego viene impugnato con motivi aggiunti. Il TAR Lazio, con la sentenza numero 11.690/2020, respinge il ricorso, affermando che « la destinazione a verde pubblico o a parco pubblico di un'area privata non determina quella completa e irrimediabile perdita di una qualunque utilitas , nella quale, solo, può individuarsi l'imposizione di un vincolo di carattere sostanzialmente espropriativo». Avverso tale pronuncia, la società propone appello in Consiglio di Stato, prospettando, essenzialmente, l'erroneità della sentenza di primo grado, in quanto, secondo la prospettazione del ricorrente, ha confuso un vincolo espropriativo con un vincolo conformativo. I diversi vincoli . Al riguardo, occorre precisare che sussiste una chiara differenza “teorica” fra i due vincoli. Come ben indicato dalla giurisprudenza Consiglio di giustizia amministrativa per la Sicilia, sentenza numero 129/2021 , «i vincoli preordinati all'espropriazione riguardano beni precisamente individuati, valgono solo per le relative aree e sono funzionali alla realizzazione di un'opera pubblica, la cui attuazione non può coesistere con la proprietà privata. Essi consistono in una sorta di prenotazione di espropriazione effettuata dal Prg che, limitando la proprietà di terzi, ne azzerano il contenuto economico impedendone lo sfruttamento da parte dei proprietari. I vincoli conformativi , invece, riguardano non beni specifici e ben individuati, ma una serie indeterminata appartenente all'intera comunità locale, non azzerano la proprietà privata, ma ne conformano l'utilizzo alle destinazioni fissate dal PRG». È necessario ricordare, poi, che il vincolo espropriativo decaduto per decorrenza del termine quinquennale può essere reiterato, previa motivazione ed indennità articolo 39, comma 1, d.P.R. numero 327/2001 . In merito a tale distinzione, occorre tener conto dell'importante pronuncia della Corte Costituzionale sentenza numero 179/1999 , in base alla quale vanno configurati come conformativi i vincoli, che incidono su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione dell'intera zona, in cui i beni medesimi ricadono in dipendenza delle sue caratteristiche intrinseche, ovvero del rapporto per lo più spaziale, con un'opera pubblica. Viceversa, si configurano quali vincoli preordinati all'espropriazione, ovvero aventi carattere sostanzialmente espropriativo, quelli segnatamente incidenti su beni determinati ed imposti in funzione non già di una generale destinazione di zona, ma ai fini della localizzazione di un'opera pubblica, ovvero tali da implicare uno svuotamento incisivo della proprietà. Quindi, la differenziazione teorica appare abbastanza chiara - se si è in presenza di una destinazione, che individua un dato bene e lo collega alla realizzazione di un'opera pubblica, allora si tratta di un vincolo preordinato all'espropriazione - se si è in presenza di una destinazione, che riguarda una serie di beni e ne conformano l'utilizzo ad un fine pubblico, allora si tratta di un vincolo conformativo. Tuttavia, siffatta distinzione è alquanto plausibile se si permane nel campo delle definizioni generali. Allorquando si perviene all'esame di fattispecie concrete, la differenziazione perde la sua nettezza, dando luogo a contrastanti orientamenti. Questo è proprio il caso della destinazione a “verde pubblico o parco pubblico attrezzato”. E, infatti, secondo un primo orientamento, la destinazione di un'area privata a verde pubblico costituisce un atto prodromico all'espropriazione per pubblica utilità. Ciò, in quanto «la destinazione a verde pubblico incide pesantemente sulle facoltà di godimento del bene spettante al proprietario, rendendolo pressoché inutilizzabile, diminuendone fortemente il valore di scambio, e destinandolo alla esclusiva fruizione soggettivamente pubblica» TAR Sicilia, numero 737/2020 . In buona sostanza, la destinazione a verde pubblico, in quanto permette «la realizzazione di opere destinate esclusivamente alla fruizione soggettivamente pubblica, nel senso di riferirla esclusivamente all'ente esponenziale della collettività territoriale, dà luogo ad un'espropriazione. In tali casi, evidentemente, l'utilizzatore finale dell'opera non può che essere l'ente pubblico di riferimento ed essa, in nessun caso, può essere posta sul mercato per soddisfare una domanda differenziata che, semplicemente, non esiste» Consiglio di Giustizia Amministrativa Sicilia, numero 329/2019 in tal senso, pure TAR Toscana, numero 1.280/2019 . Ad avviso di diverso indirizzo, cui ha aderito il giudice di primo grado ed anche risalente nel tempo Consiglio di Stato, numero 6.094/2012 , la destinazione a verde pubblico o parco pubblico non si presenta così intensa da dar luogo ad una espropriazione sostanziale. Infatti, viene affermato che «la destinazione ad attrezzature ricreative, sportive e a verde pubblico, data dal P.R.G. ad aree di proprietà privata, non comporta l'imposizione sulle stesse di un vincolo espropriativo, ma solo di un vincolo conformativo, che è funzionale all'interesse pubblico generale conseguente alla zonizzazione effettuata dallo strumento urbanistico» Consiglio di Stato, numero 5582/2015 numero 4022/2016 numero 783/2020 numero 6.455/2020 . La corretta impostazione del Consiglio di Stato. Il Consiglio di Stato, nella pronuncia in esame, conferma la sentenza di primo grado ed aderisce al secondo orientamento. Il giudice amministrativo di appello principia la sua analisi, prendendo giustamente atto che il reale tema della controversia è costituito proprio dalla natura giuridica del vincolo di destinazione impresso all'area privata dal PGT. In merito, il Consiglio di Stato sconfessa le censure avanzate in sede di appello ed afferma che il giudice di primo grado non ha posto in essere alcuna confusione od errata prospettazione. Il TAR ha ben inquadrato il problema, affermando che, in linea generale, « la destinazione a parco pubblico, attrezzature ricreative, sportive e a verde pubblico, data dallo strumento urbanistico ad aree di proprietà privata, non implica l'imposizione sulle stesse di un vincolo espropriativo, ma solo di un vincolo conformativo, che è funzionale all'interesse pubblico generale conseguente alla zonizzazione effettuata dallo strumento urbanistico» . Ciò in quanto i vincoli di destinazione per attrezzature e servizi, fra i quali rientra, senza alcun dubbio, il verde pubblico attrezzato, hanno sì un carattere particolare, ma sfuggono allo schema espropriativo ed alla conseguente disciplina. Questo, come orientamento generale. Venendo alla concreta fattispecie, il Consiglio si concentra su quello che può essere sicuramente considerato l'elemento più insidioso ai fini di una corretta differenziazione. Infatti, come prima illustrato, il primo orientamento fonda la sua tesi del vincolo espropriativo, in quanto sostiene che il verde pubblico attrezzato, inserito in un parco pubblico, ha un “utilizzatore finale”, che non può essere altro che l'Ente pubblico di riferimento, cioè il Comune. In altri termini, secondo il primo indirizzo un parco pubblico non può che essere gestito dal Comune, il quale, poi, lo porrà in utilizzo generale in favore di tutti i cittadini. Questa ricostruzione viene recisamente confutata, proprio in riferimento al caso concreto. Il Consiglio di Stato, infatti, afferma che la destinazione a parco pubblico realizza le connesse finalità di pubblico interesse « anche mediante attività d'iniziativa privata o promiscua, in regime di economia di mercato, non essendo richiesta la previa ablazione del bene, con conseguente possibilità per il proprietario di sfruttamento del proprio diritto dominicale» .In altri termini, un'area a verde pubblico attrezzato può essere gestita anche da un soggetto privato non solo dal Comune , il quale, ovviamente, dovrà rispettare puntuali prescrizioni a tutela della pubblica fruizione del Parco. Ciò che rileva ed importa è la pubblica fruizione del parco, dell'area verde, non chi gestisce la medesima. In tal senso, il Consiglio di Stato ha buon gioco nell'evidenziare che le NTA articolo 17 prevedono espressamente la possibilità di realizzare nell'area privata le predette attrezzature di pubblico interesse anche attraverso iniziative imprenditoriali del proprietario, «dovendosi solo rispettare la obiettiva vocazione del luogo, contraddistinta dalla presenza di una vicina riserva naturale». Il punto è importante e merita di essere ribadito un'area privata, da destinare a parco pubblico attrezzato, può essere ovviamente espropriata e gestita direttamente dal Comune. In tal caso, appare evidente che la destinazione urbanistica a monte non può che avere valenza di vincolo preordinato all'espropriazione. Viceversa, l'attrezzatura può essere realizzata dal privato ed anche gestita dal medesimo, sempre nel rispetto delle puntuali prescrizioni, finalizzate a garantire la pubblica fruizione. Ciò, come ben evidenzia la giurisprudenza, in quanto « il perseguimento dell'obiettivo di interesse generale cui è preordinato il vincolo medesimo è realizzabile anche in base ad iniziativa privata o promiscua, in regime di economia di mercato, e non richiede l'esclusivo intervento pubblico, né la previa ablazione del bene» Consiglio di Stato, numero 3.136/2018 . In tal caso, come nella concreta fattispecie, si è in presenza di un vincolo conformativo.
Presidente Giovagnoli – Relatore D'Angelo Fatto e diritto 1. La società omissis , proprietaria di un fondo nel comune di Viterbo per il quale il PRG, adottato nel 1974, prevedeva un azzonamento F, sottozona F6 parco pubblico , ha impugnato dinanzi al Tar per il Lazio il diniego dell'Amministrazione comunale alla richiesta di accertare che vincolo di destinazione della suddetta area, ritenuto di natura espropriativa, fosse decaduto per decorso del termine quinquennale e di conseguenza di adottare una variante al PRG, intesa ad imprimere al fondo l'azzonamento B, sottozona B3, al fine di consentirne l'edificabilità, in base all' articolo 50 della legge regionale del Lazio numero 38 del 1999 . 2. Il Tar, con la sentenza indicata in epigrafe, dopo aver esaminato alcune eccezioni preliminari, ha respinto il ricorso ritenendo il vincolo di destinazione dell'area di natura conformativa e non espropriativa. 3. Contro la suddetta sentenza ha proposto appello la società omissis prospettando, essenzialmente, l'erroneità della sentenza impugnata laddove, ai fini della ricostruzione del vincolo come conformativo, ha affermato che in relazione alla destinazione dell'area sottozona F6 la capacità edificatoria sarebbe stata conservata dalla possibilità di interventi anche privati finalizzati alla realizzazione di infrastrutture sportive. 3.1. L'articolo 17 delle NTA norma di riferimento nel caso di specie avrebbe infatti previsto una disciplina di duplice livello con una prima destinazione generale dell'area a parco pubblico ed una seconda relativa a specifiche possibilità di interventi al suo interno, privi comunque del carattere di autonomia rispetto al vincolo generale. 4. Il Comune di Viterbo si è costituito in giudizio il 16 marzo 2021, chiedendo il rigetto dell'appello, ed ha depositato un'ulteriore memoria il 16 ottobre 2021. 5. La causa è stata trattenuta in decisone nell'udienza pubblica del 18 novembre 2021. 6. L'appello non è fondato. 7. La controversia in esame origina dal diniego del comune di Viterbo nota prot. numero 89879 dell'8 ottobre 2019 in ordine alla richiesta della società appellante di riclassificazione urbanistica dell'area di sua proprietà, con attribuzione della destinazione B, sottozona B3 ai fini edificatori, in ragione dell'asserita scadenza del vincolo di destinazione introdotto con il PRG del 1974. 7.1. Più nel dettaglio, il Comune ha sostenuto l'insussistenza di un obbligo a provvedere in ragione della natura e della tipologia della classificazione impressa alla stessa area che sarebbe stata svincolata da termini di validità temporale. Quest'ultima ricade infatti in gran parte in zona omogenea F, sottozona F6 destinata a parco pubblico, per come disciplinata dall'articolo 17 delle NTA al regolamento urbanistico, e per la restante parte in area di rispetto stradale e viabilità articolo 17 NTA “ Zona F6 – Parco Pubblico comprende aree destinate nella creazione di parchi pubblici di interesse locale, cittadino e territoriale. In tale zona potranno essere previste attrezzature quali campi da gioco per bambini potranno essere altresì previste costruzioni per particolari attività che abbiano carattere di pubblica iniziativa e di pubblico interesse biblioteca, musei, ecc. . Tali costruzioni non dovranno arrecare nessun pregiudizio alla continuità ed al godimento e agibilità del parco da parte dei cittadini, né danneggiare le alberature esistenti ed avere comunque altezze limitate ad un solo piano e volumetria ridotta ed in ogni caso non eccedente i mcomma 0,40 su ogni mq. di area pertinente. Nella sottozona F6 sono anche comprese le aree destinate alla costituzione del futuro parco della Palanzana ” . 8. Ciò premesso, il tema della controversia si concentra dunque sulla natura della destinazione dell'area, se quindi caratterizzata da un vincolo di natura espropriativa, ormai decaduto per il decorso del quinquennio, ovvero soggetta ad un vincolo conformativo non soggetto a scadenza. 9. Parte appellante sostiene l'erroneità della sentenza impugnata la quale non avrebbe considerato come le previsioni urbanistiche applicabili articolo 17 cit. fossero relative alla destinazione a parco pubblico e solo in via di precisazione ad altre singole iniziative specialistiche che ne caratterizzavano in parte il contenuto. 10. La tesi prospettata non può essere condivisa. Nel caso in esame emerge con chiarezza, come peraltro evidenziato dal giudice di primo grado, la sussistenza di un vincolo di destinazione dell'area di tipo conformativo. 10.1. In generale, la destinazione ad attrezzature ricreative, sportive e a verde pubblico, data dallo strumento urbanistico ad aree di proprietà privata, non implica l'imposizione sulle stesse di un vincolo espropriativo, ma solo di un vincolo conformativo, che è funzionale all'interesse pubblico generale conseguente alla zonizzazione effettuata dallo strumento urbanistico e i vincoli di destinazione per attrezzature e servizi, fra i quali rientra ad esempio il verde pubblico attrezzato, realizzabili anche ad iniziativa privata o promiscua in regime di economia di mercato, hanno carattere particolare, ma sfuggono allo schema ablatorio e alle connesse garanzie costituzionali in termini di alternatività tra indennizzo e durata predefinita, non costituendo vincoli espropriativi, bensì soltanto conformativi, funzionali all'interesse pubblico generale cfr. ex multis , Consiglio di Stato sez. II, 24 ottobre 2020, numero 6455 . 10.2. Nel caso di specie, la destinazione a Parco pubblico – F6 non può considerarsi di natura espropriativa costituendo al contrario un vincolo conformativo della proprietà privata nell'ambito del quale le finalità di interesse pubblico indicate possono essere realizzate anche mediante attività d'iniziativa privata o promiscua, in regime di economia di mercato, non essendo richiesta la previa ablazione del bene, con conseguente possibilità per il proprietario di sfruttamento del proprio diritto dominicale. 10.3. L'articolo 17 delle NTA nell'indicare la possibilità di realizzare nell'area attrezzature di pubblico interesse come biblioteche, musei, parchi giochi non preclude infatti che le stese possano essere riconducibili ad iniziative imprenditoriali del proprietario, dovendosi solo rispettare la obiettiva vocazione del luogo, contraddistinta dalla presenza di una vicina riserva naturare. 10.4. Inoltre, a prescindere dalla circostanza evidenziata dal Comune appellato che le aree in questione ricadrebbero anche “ all'interno del perimetro del vincolo paesistico ” ai sensi della legge numero 1497/39 , individuato dal piano territoriale paesistico regionale PTPR , la destinazione a parco pubblico costituisce espressione della potestà conformativa del pianificatore, caratterizzata non solo dalla permanenza della destinazione nel tempo, ma anche da un'ampia discrezionalità nel caso in esame comunque collegata alle caratteristiche intrinseche del bene, peraltro indicate nello stesso articolo 17 delle NTA . 10.5. Né tantomeno può rilevare in senso contrario l'affermazione di parte appellante secondo cui l'attribuzione di un indice edificatorio non precluderebbe la natura espropriativa “esclusiva” della destinazione dell'area. L'indicazione di tale indice costituisce invece l'evidenza della possibilità dell'esercizio di una potestà dominicale idonea a consentire di trarre dall'area uno sfruttamento ed una connessa redditività in relazione alle finalità di destinazione impresse. 11. Per le ragioni sopra esposte, l'appello va respinto e, per l'effetto, va confermata la sentenza impugnata. 12. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato nel dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta , definitivamente pronunciando sull 'appello numero 2395/202 1 , come in epigrafe proposto, lo respinge. Condannala società appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore del Comune appellato nella misura complessiva di euro 3.000,00 tremila/00 , oltre agli altri oneri di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.