Affinché possa dichiararsi la responsabilità civile per danno derivante da reato, relativamente alla componente di danno mediato e indiretto, è necessario che lo stesso sia effetto normale dell’illecito secondo il criterio di regolarità causale.
Il caso. Nel caso di specie, con particolare riferimento alla questione massimata, la Corte ha dovuto affrontare la vicenda nata in seno ad un processo per maltrattamenti su minori in ambito scolastico, che vedeva imputate una maestra, autrice delle condotte delittuose, e la direttrice, per aver omesso di impedire la verificazione delle stesse. Tra i vari motivi di ricorso, veniva sollevata una questione relativa alla mancanza di motivazione in ordine alle statuizioni civili in favore di una delle parti civili nei confronti della quale, secondo l'imputata, veniva illegittimamente riconosciuto il risarcimento nonostante la totale assenza di prova circa il danno subito, in proprio come operatore scolastico della scuola e quale genitore dell'alunno. Sul sindacato di legittimità . Nell'esame dei motivi di ricorso piuttosto corposi e numerosi , la Corte si è premurata di affrontare anche altre e diverse questioni di natura processuale. In primo luogo, ha rammentato che i giudici di legittimità non hanno il potere di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito, in quanto ciò che devono valutare è che la motivazione sia effettiva , ossia che rappresenti effettivamente il percorso argomentativo della decisione adottata non manifestamente illogica , ossia sorretta da argomentazioni non viziate da errori nell'applicazione delle regole di logica non internamente contraddittoria , ossia priva di incoerenze tra le sue parti o, comunque, tra le varie affermazioni in essa contenute ed infine, non logicamente incompatibile con altri atti del processo. In altri termini, la sentenza censurabile ai sensi dell'articolo 606, lett. e , c.p.p. è solo quella che presenti una illogicità manifesta, che sia cioè percepibile immediatamente senza la necessità di procedere ad un «controllo di rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali». Di contro, pertanto, non sarà possibile procedere ad un annullamento della sentenza di merito laddove le incoerenze argomentative o l'omissione di elementi di valutazione sia minima, nel senso di non risultare munite di un evidente carattere di decisività. Travisamento della prova . Ebbene, proprio con riguardo al c.d. travisamento della prova, è davvero illuminante quanto affermato dalla Corte. Infatti, riprendendo un orientamento ormai consolidato, si ricorda che quando si deduce un'incompatibilità tra gli atti processuali e la motivazione della sentenza, non è sufficiente la mera indicazione dell'esistenza di atti che non sono stati presi in considerazione dal giudice. È necessaria, infatti, la precisazione dell'elemento fattuale o del dato probatorio, ricavabile da un dato atto processuale, che risulti incompatibile con la ricostruzione operata dal giudice. Deve darsi, altresì, prova della verità degli elementi o dati cui ci si riferisce e dell'effettiva esistenza dell'atto richiamato, specificando le ragioni che lo rendono tale da inficiare la motivazione della sentenza gravata. Perché si possa parlare di travisamento della prova, dunque, deve essere evidente «una palese ed incontrovertibile difformità tra il senso intrinseco» dell'elemento di prova e quello tratto dal giudice. In relazione alle circostanze attenuanti generiche . La Corte ribadisce che la mancanza di collaborazione in giudizio dell'imputato certamente può giustificare il diniego delle circostanze attenuanti generiche, e che, seppure questi possa mentire o non rispondere in sede di istruttoria dibattimentale, tali scelte non sono irrilevanti per la valutazione del suo comportamento, agli effetti dell' articolo 133 c.p. Invero, ai fini della concessione delle attenuanti generiche non è sufficiente l'assenza di elementi di segno negativo, essendo invece necessaria la presenza di elementi di segno positivo, meritevoli di apprezzamento da parte del giudicante. Difetto di motivazione sulle statuizioni civili causalità . In merito al motivo inerente le statuizioni civili, la Corte ha affrontato la questione relativa alla risarcibilità oltre che dei danni diretti, anche di quelli mediati ed indiretti derivanti da reato. In particolare, il principio cui attenersi è quello secondo cui tale tipo di danni deve costituire una conseguenza naturale della condotta illecita. Il danno, cioè, deve essere «eziologicamente riferibile all'azione od omissione del soggetto attivo», o comunque essersi verificato in quanto il fatto illecito, sebbene non abbia determinato direttamente il danno, abbia prodotto uno stato di cose tale che in assenza non si sarebbe prodotto alcun danno. In altre parole, il danno deve derivare o dal fatto in sé, anche in forma mediata, oppure da una circostanza esterna che non sia mera occasione, ma concausa del fatto illecito.
Presidente Mogini – Relatore Rosati Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Roma ha confermato la condanna di M.F. e di C.M.R. per il delitto di maltrattamenti l'una, maestra nella scuola dell'infanzia, per aver tenuto tali condotte verso gli alunni della sua classe l'altra, per avere omesso, nella sua qualità di direttrice dell'istituto scolastico, le doverose iniziative necessarie ad impedire la verificazione delle prime. Sono state altresì confermate le consequenziali statuizioni risarcitorie ed in tema di spese processuali in favore delle numerose parti civili. Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione entrambe le imputate, per il tramite dei rispettivi difensori. 2. La M. articola otto motivi, nei quali, con riferimento ai capi e punti di seguito indicati, denuncia violazioni di legge e vizi della motivazione della sentenza, principalmente sotto il profilo dell'omessa motivazione specifica sulle questioni devolute con l'atto d'appello. 2.1. Indeterminatezza temporale della condotta contestata. Il capo d'imputazione parla di fatto accertato il 28 febbraio 2013, condotta in corso di esecuzione . La sentenza ha ritenuto che tale contestazione si riferisse anche ai fatti anteriori a quella data e che non ne fosse derivato alcun vulnus per il diritto di difesa dell'imputata, tuttavia non cogliendo l'effettiva doglianza difensiva, invece consistente - come il ricorso precisa - nella impossibilità di accertare il requisito dell'abitualità delle condotte, considerando l'esiguo numero di quelle emerse dall'istruttoria dibattimentale. 2.2. Travisamento ed omessa od erronea valutazione delle risultanze probatorie. Il ricorso le ripercorre in dettaglio, riportando testualmente le censure già rassegnate con i motivi di appello ed evidenziando le omissioni, le inesattezze e le approssimazioni dei relativi passaggi argomentativi della sentenza, ritenuti tali da determinare la complessiva illogicità della decisione. Evidenzia, inoltre, in conclusione, l'assenza di motivazione sull'evento tipico del reato, ovvero la verificazione di una condizione di sofferenza fisica e/o psicologica dei bambini, con un conseguente stato di soggezione o di timore degli stessi verso la maestra, continuo ed incompatibile con normali condizioni di vita. 2.3. Erronea valutazione dei risultati delle videoriprese effettuate dagli inquirenti all'interno della classe. La Corte d'appello non ha visionato tali filmati, avendo, anzi, respinto la richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale a tal fine avanzatale dalla difesa, ex articolo 603 c.p.p. . Conseguentemente, per quel che riguarda i relativi contenuti, la decisione impugnata si sarebbe acriticamente ripiegata su quanto indicato in quella di primo grado, benché con il gravame fossero state sollevate plurime e specifiche doglianze sul punto, in quanto, dai verbali del dibattimento dinanzi al Tribunale, non sarebbero emerse le condotte ivi effettivamente documentate, bensì soltanto l'interpretazione che ne aveva offerto l'operatore di polizia giudiziaria nella relativa testimonianza illustrativa. 2.4. Inutilizzabilità della registrazione di un colloquio con essa ricorrente, effettuata dalla sua interlocutrice, la collaboratrice scolastica N.B La Corte d'appello si è limitata a richiamare la giurisprudenza in tema di inapplicabilità della disciplina di rito sulle intercettazioni, senza cogliere l'effettiva questione devolutale, ovvero quella dell'assenza di certezza della genuinità del documento fonico riversato nel processo, e quindi della data e dei relativi contenuti, poiché, a seguito della disposta perizia, non se n'e' trovata traccia nel telefono cellulare con cui la N. ha asserito di aver eseguito la registrazione. 2.5. Travisamento, comunque, dei contenuti di tale dialogo, molto frammentario ed alimentato dalle incalzanti domande della prevenuta ed interessata N 2.6. Travisamento del dato probatorio nel suo complesso, con riferimento alla sussistenza di un metodo relazionale fondato sulla prevaricazione e la violenza verso i bambini, ritenuta ed affermata in sentenza senza l'indicazione, tuttavia, dei dati probatori di riferimento e che avrebbe erroneamente condotto la Corte d'appello ad escludere la configurabilità del diverso delitto di cui all' articolo 571 c.p. . 2.7. Irragionevolezza del trattamento sanzionatorio, con una pena-base molto distante dal minimo edittale tre anni e quattro mesi di reclusione, rispetto a due anni . La sentenza giustifica tale decisione in ragione della durata della condotta delittuosa e del numero dei soggetti offesi ma l'una non è nemmeno indicata nel capo d'imputazione e, per gli altri, non è specificato in cosa sarebbe consistita la lesione subita. 2.8. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. La Corte distrettuale ha valorizzato, sotto questo profilo, il comportamento processuale di essa ricorrente, la durata delle condotte e l'intensità del dolo. Ma - obietta la difesa - il primo non può rilevare, trattandosi di un legittimo esercizio di facoltà processuali per la durata delle condotte, valga quanto già evidenziato circa l'indeterminatezza della stessa e, infine, l'intensità del dolo costituisce argomento puramente assertivo. Per contro, la decisione ha irragionevolmente trascurato la lunga e generalmente apprezzata attività didattica pregressa nonché l'incensuratezza della ricorrente. 3. Il ricorso proposto nell'interesse dell'imputata C. consta di due motivi. 3.1. Con il primo, si lamenta la mera apparenza della motivazione, non avendo il giudice d'appello argomentato su tutte le questioni devolutegli a tal proposito, il ricorso ne evidenzia ben quarantatre', che sarebbero rimaste senza risposta. Tanto sarebbe avvenuto, inoltre, per il capo relativo alle statuizioni civili in favore della parte civile N.B., non avendo quest'ultima subito alcun danno, né in proprio né quale genitore, poiché suo figlio non era alunno della M 3.2. La seconda doglianza consiste nel travisamento dei contenuti delle prove valorizzate ai fini della decisione. Ripercorrendo le stesse, il ricorso contesta anzitutto l'affermazione della Corte distrettuale per cui la C., già prima del febbraio 2013, fosse informata delle condotte della M. a quel tempo, infatti, ella aveva ricevuto da alcune maestre G., G., S., R. e genitori P. soltanto rare segnalazioni di divergenze sulle modalità educative adottate dalla M. e su dissapori personali tra costei e le colleghe nessun collegamento, inoltre, vi sarebbe stato tra l'ordine di servizio da essa ricorrente emesso nei confronti della collaboratrice scolastica N. con cui si vietava a quest'ultima di prestare servizio nel piano ov'erano situate le aule della sezione della M. ed i dissapori tra costei e la maestra. In sintesi, dunque, deduce il ricorso che, avendo l'imputata avuto notizia solo in parte di quanto accadeva e cioè di tre episodi nell'arco di due anni e considerando il clima omertoso e di aspre e diffuse conflittualità personali esistente in quell'istituto scolastico, non le si può addebitare nessuna omissione di comportamenti dovuti e rientranti nei suoi poteri, avendo ella agito con la prudenza necessaria per stemperare quella situazione, avviando controlli interni, tutti conclusisi senza l'emersione di criticità, chiedendo alle insegnanti di formalizzare per iscritto le loro doglianze al fine di responsabilizzarle e, quando questo è avvenuto come nel caso della maestra G. , trasmettendo ai suoi superiori la missiva inviatale. Considerato in diritto 1. Il ricorso dell'imputata M. non può essere ammesso. 2. Il primo motivo, in punto di determinatezza del tempus commissi delicti, è aspecifico. La sentenza, infatti, per un verso, correttamente rileva come il tenore testuale della contestazione, con il riferimento esplicito esclusivamente al tempo dell'accertamento del reato, comunque non è incompatibile, tanto sul piano logico, quanto su quello lessicale, con la verificazione delle relative condotte in un momento anteriore. Quanto, poi, al lamentato vulnus per le ragioni difensive, evidenzia come l'imputata abbia avuto modo di difendersi compiutamente sul punto, nel corso di un'istruttoria che ha investito anche gli episodi antecedenti all'indicata data di accertamento. Ad entrambi gli argomenti il ricorso non ribatte, lamentando, piuttosto, che l'indeterminatezza della contestazione relativamente alla data avrebbe reso impossibile accertare l'abitualità delle condotte, in quanto - parrebbe di comprendere - in tal modo diluite in un tempo indefinito. V'e', però, che tale specifico profilo non aveva formato oggetto di espressa ed inequivoca doglianza con l'atto d'appello, come si può evincere dalla lettura del relativo passaggio, trascritto in ricorso ragione per cui la difesa non può dolersi dell'assenza di una dettagliata risposta in sentenza. In ogni caso, la doglianza sul difetto di abitualità delle condotte, nei termini in cui è esposta in ricorso, è del tutto generica, eludendo completamente il confronto con le risultanze probatorie valorizzate in sentenza. 3. Il secondo, il terzo ed il quinto motivo presentano un tratto comune, che ne determina l'inconciliabilità con il giudizio di legittimità e che probabilmente rende opportuna una precisazione sui limiti del sindacato consentito in questa sede in tema di motivazione. 3.1. Il compito della Corte di cassazione non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito, attraverso una diversa lettura, benché anch'essa logica, dei dati processuali od una diversa ricostruzione storica dei fatti o, ancora, un diverso giudizio di rilevanza o di attendibilità delle fonti di prova, bensì quello di stabilire se quei giudici abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se ne abbiano fornito una corretta interpretazione, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre per tutte Sez. U, numero 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944 Sez. U, numero 930 del 13/12/1995, Clarke, Rv. 203428 . Peraltro, l'illogicità della motivazione, censurabile a norma dell' articolo 606 c.p.p. , comma 1, lett. e , è soltanto quella manifesta, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, senza possibilità, per la Corte di cassazione, di verificare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali Sez. U, numero 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074 . Da tanto consegue che non sono censurabili nel giudizio di legittimità, se non entro i limiti appena esposti, la valutazione del giudice di merito circa eventuali contrasti testimoniali o la sua scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti. Minime incongruenze argomentative o l'omessa esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione, ma che non siano inequivocabilmente munite di un chiaro carattere di decisività, non possono, dunque, dar luogo all'annullamento della sentenza, non costituendo vizio della motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati dal contesto è solo l'esame del complesso probatorio, infatti, entro il quale ogni elemento sia contestualizzato, che consente di verificare la consistenza e la decisività degli elementi medesimi oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell'impianto argomentativo della motivazione si vedano, a puro titolo d'esempio tra molte altre in termini, Sez. 5, numero 51604 del 19/09/2017, D'Ippedico, Rv. 271623 Sez. 1, numero 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 271227 Sez. 2, numero 9242 del 08/02/2013, Reggio, Rv. 254988 . In conclusiva sintesi, allora, al giudice di legittimità spetta verificare che la relativa motivazione sia a effettiva, ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata b non manifestamente illogica, e cioè sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell'applicazione delle regole della logica c non internamente contraddittoria, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute d non logicamente incompatibile con atti del processo, dotati di una autonoma forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli l'intero ragionamento svolto dal giudicante e determini al suo interno fondamentali incoerenze, così da vanificare o radicalmente inficiare sotto il profilo logico la motivazione. Dal suo canto, il ricorrente che deduca tale incompatibilità non può limitarsi a rappresentare l'esistenza di atti del processo non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione o non correttamente interpretati dal giudicante, ma deve identificare, con l'atto processuale cui intende far riferimento, l'elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione adottata dal provvedimento impugnato, nonché dare la prova della verità degli elementi o dei dati invocati e dell'esistenza effettiva dell'atto processuale in questione, indicando le ragioni per cui quest'ultimo inficia o compromette in modo decisivo la tenuta logica e l'interna coerenza della motivazione Sez. 6, numero 10795 del 16/02/2021, F., Rv. 281085 Sez. 6, numero 10951 del 15/03/2006, Casula, Rv. 233708 . Non costituisce, cioè, travisamento della prova - vizio, questo sì, rilevabile in Cassazione - l'eventuale errore del giudice di merito nella valutazione del significato dimostrativo di un elemento di prova occorre, invece, una palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco di tale elemento e quello tratto dal giudice, di modo che tale fraintendimento si presenti idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, in quanto rende illogica la motivazione per l'essenziale forza dimostrativa dell'elemento male inteso o ignorato tra le tantissime Sez. 5, numero 48050 del 02/07/2019, S., Rv. 277758 Sez. 5, numero 8188 del 04/12/2017, Grancini, Rv. 272406 Sez. 4, numero 1219 del 14/09/2017, Colomberotto, Rv. 271702 . 3.2. Se queste sono le coordinate che devono guidare l'esame di questa Corte, si coglie all'evidenza come i pur ponderosi e dettagliati motivi di ricorso in rassegna non possano essere ammessi. Essi consistono, per lo più, nella riproposizione testuale di quelli avanzati con l'atto d'appello nonché dei verbali delle prove dichiarative nella censura d'insufficienza o d'inadeguatezza della valutazione compiutane dalla sentenza d'appello e, per alcuni aspetti, nell'offerta di un'interpretazione alternativa, sovente, peraltro, tortuosa e del tutto personale. Non viene messa in luce, invece, alcuna contraddizione intrinseca od evidente frattura logica del complessivo percorso argomentativo seguito dalla Corte d'appello. 3.3. Con il terzo motivo, in particolare, la difesa denuncia un travisamento addirittura dei filmati ripresi all'interno della classe. Ma, per essere effettivamente tale, considerando l'anzidetta natura di tale vizio e la percezione di tipo visivo, e non de auditu od attraverso lo scritto, del dato probatorio da parte del giudice, nonché la tipologia ed il dettaglio dei comportamenti descritti in sentenza pag. 12 s. , dovrebbe ipotizzarsi quanto meno un serio deficit cognitivo da parte dei giudicanti, se non addirittura la loro malafede. Peraltro, la Corte d'appello ha correttamente letto tale materiale probatorio al lume dell'intero compendio istruttorio, rilevandone la congruenza con altre evidenze disponibili e perciò respingendo la richiesta di rinnovazione istruttoria avanzatale dalla difesa la quale, dal suo canto, si limita a dolersene, senza tuttavia indicare in ricorso le parti non visionate di quei filmati - sicuramente a sua disposizione che sarebbero in grado di scardinare il giudizio di responsabilità e per quale ragione. 3.4. Il quinto motivo presenta i medesimi limiti, denunciando il travisamento, questa volta, di un dialogo oggetto d'intercettazione tra la M. e la N., peraltro senza nemmeno porne in discussione i contenuti essenziali ed il significato di fondo, ma lamentandosi esclusivamente dell'attribuzione all'una od all'altra interlocutrice di singole esclamazioni, e perciò chiedendo alla Corte di cassazione una valutazione di puro fatto. 4. Il quarto motivo di ricorso, con il quale si dubita delle genuinità della traccia audio del colloquio con la M. registrato dalla N., si espone alle medesime censure, nella misura in cui chiede alla Corte di cassazione di pesare la capacità dimostrativa di tale elemento di prova, tanto più perché la doglianza non si misura con un dato accertato da apposita indagine tecnica e rilevato in sentenza ovvero che quel documento fonico non ha subito manipolazioni. Inoltre, anche in questo caso occorre ricordare che tale elemento di prova costituisce solamente uno dei tanti valorizzati in sentenza ai fini del giudizio di colpevolezza, non potendo perciò la parte ricorrente limitarsi a denunciarne l'invalidità, ma gravando su di essa anche l'onere di esplicitarne la decisività ai fini della tenuta logica del provvedimento impugnato per tutte Sez. U, numero 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243416 nonché, tra le più recenti, Sez. 6, numero 1219 del 12/11/2019, dep. 2020, Cocciadiferro, Rv. 278123 impegno dimostrativo che il ricorso non assolve. 5. Il sesto motivo è anch'esso inammissibile. Là dove contesta la veridicità delle condotte addebitate alla M. e la mancata indicazione dei dati probatori di riferimento, è generico, poiché si limita alla relativa affermazione, senza misurarsi con i vari elementi dimostrativi rappresentati in sentenza. Nella parte in cui, invece, assume che all'imputata si sarebbe potuto ascrivere, semmai, il meno grave delitto di abuso dei mezzi di correzione e di disciplina, di cui all' articolo 571, c.p. , è manifestamente infondato, in fatto più che in diritto. Più che sul presupposto, giuridicamente errato, che gli atti di violenza verso gli alunni possano ricondursi a tale più blanda fattispecie delittuosa sul punto, Sez. 6, numero 11777 del 21/01/2020, P., Rv. 278744 , il ricorso si fonda, infatti, sull'assunto per cui atti di tal specie non siano mai stati compiuti dall'imputata, in tal modo, tuttavia, riportando il confronto sul terreno della valutazione delle prove, precluso alla Corte di cassazione. 6. Non consentiti in questa sede, e comunque, quand'anche tali, manifestamente infondati, sono gli ultimi due motivi di ricorso, in tema di trattamento sanzionatorio. 6.1. La determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli articolo 132 e 133 c.p. . Ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione il cui onere può ritenersi adeguatamente assolto con espressioni del tipo pena congrua , pena equa o congruo aumento , come pure con il richiamo alla gravità del reato od alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale a puro titolo esemplificativo Sez. 3, numero 29968 del 22/02/2019, Del Papa, Rv. 276288 Sez. 2, numero 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243 Sez. 5, numero 5582 del 30/09/2013, Ferrario, Rv. 259142 . 6.2. In tema, poi, di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché non sia contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell' articolo 133 c.p. , considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione tra moltissime altre Sez. 5, numero 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269 Sez. 3, numero 6877 del 26/10/2016, S., Rv. 269196 Sez. 2, numero 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826 Sez. 6, numero 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244 . In particolare, la condotta processuale dell'imputato che mantenga un atteggiamento non collaborativo può giustificare il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Infatti, se l'esercizio del diritto di difesa dà facoltà all'imputato di mentire o di restare in silenzio, ciò non equivale affatto a rendere tali scelte irrilevanti per la valutazione giudiziale del comportamento tenuto durante lo svolgimento del processo, agli effetti e nei limiti di cui all' articolo 133 c.p. Sez. 2, numero 28388 del 21/04/2017, Leo, Rv. 270339 , considerando che, ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche, non è sufficiente l'assenza di elementi di segno negativo, occorrendo piuttosto la presenza di specifiche circostanze meritevoli di apprezzamento Sez. 3, numero 24128 del 18/03/2021, De Crescenzo, Rv. 281590 . 6.3. Tanto premesso, nessun rilievo può essere mosso alla decisione impugnata. La pena-base è stata fissata in misura inferiore al medio edittale, pari a quattro anni. Sulla durata della condotta, la difesa ricorrente ripropone la personale lettura del capo d'imputazione e la conseguente censura d'indeterminatezza di cui al primo motivo, tuttavia infondate retro, p. 2 . La quantità dei soggetti passivi e la natura delle offese loro procurate emergono dalla complessiva ricostruzione dei fatti, talché non v'era necessità per la Corte d'appello di ritornarvi espressamente al momento della determinazione della pena. L'intensità del dolo è stata desunta, in modo del tutto ragionevole, dall'ampio arco temporale interessato dalle condotte, nonché dalla pluralità delle medesime e dei destinatari di esse. 7. L'inammissibilità del suo ricorso comporta obbligatoriamente - ai sensi dell' articolo 616 c.p.p. - la condanna dell'imputata M. al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa d'inammissibilità vds. Corte Cost., sent. numero 186 del 13 giugno 2000 . Detta somma, considerando l'assenza di pregio degli argomenti addotti, va fissata in tremila Euro. 8. Quanto al ricorso dell'imputata C., il primo motivo di ricorso, nella parte in cui si limita all'elenco delle circostanze di fatto che la Corte d'appello non avrebbe valutato od avrebbe male interpretato, è insuperabilmente generico e, pertanto, inammissibile. Valga, in proposito, quanto già s'e' detto più ampiamente dianzi non basta denunciare un qualsiasi difetto di motivazione od un'inesatta valutazione probatoria, dovendo la parte interessata altresì spiegare per quale ragione tale ipotetico errore infici l'intera motivazione, disgregandone la coerenza logica. E, tutto questo, il ricorso non lo fa. 9. Il secondo motivo presenta il medesimo limite di quelli - secondo, terzo e quinto - che rappresentano l'ossatura del ricorso della coimputata M. e, al pari di questi, non è ammissibile in un giudizio di legittimità. Anche tale doglianza, infatti, si risolve nella proposizione di una ricostruzione alternativa e tutta personale degli accadimenti, che si fonda su spigolature tra le diverse testimonianze e sull'allegazione di stralci di prove dichiarative apparentemente favorevoli. Essa, però, non evidenzia alcun salto logico evidente nella motivazione, limitandosi a denunciare come travisamenti di prove le interpretazioni offertene in sentenza, tuttavia nient'affatto connotate da palese e non controvertibile difformità rispetto al significato più lineare di quei dati, ma anzi con esso logicamente congruenti. Valgano, dunque, in relazione a tale motivo di ricorso, le considerazioni già rassegnate dianzi p.p. 3.1. e 3.2. . 10. E' fondato, invece, il primo motivo di ricorso, nella parte in cui lamenta il difetto di motivazione in ordine alle statuizioni risarcitorie in favore della parte civile N 10.1. La sentenza di primo grado ha ritenuto che quest'ultima abbia subito danni in proprio, ricollegabili alle condotte delittuose cui aveva assistito, nonché cagionati dai comportamenti direttamente tenuti dalla C. nei suoi confronti ovvero denigrazione in pubblico e divieto d'accesso al piano della sezione della M., con conseguente impossibilità di andare ad accompagnare e riprendere il proprio figlio. Inoltre, il Tribunale ha ritenuto che ella abbia patito un danno anche nella qualità di genitrice, avendo il proprio figlio assistito alle condotte maltrattanti della M. verso altri bambini pag. 98 . Con l'atto d'appello, la difesa dell'imputata ha specificamente contestato tale punto della decisione, lamentando l'assenza di collegamento causale tra la specifica condotta oggetto d'imputazione ed i danni ipotizzati a carico della N., ed altresì deducendo che il figlio di costei non avesse mai nemmeno assistito a tali condotte delittuose verso altri. E, effettivamente, nella sentenza impugnata non si rinviene la necessaria risposta, neppure implicita, a tali doglianze. 10.2. S'impone, pertanto, un supplemento di motivazione da parte del giudice di merito sia sulla circostanza se il figlio della N. abbia o meno effettivamente assistito alle condotte maltrattanti tenute dalla M. e consapevolmente non impedite dalla dirigente scolastica C., nonché sulle conseguenze pregiudizievoli eventualmente derivatene per la sua condizione psicologica sia sulla riconducibilità alle specifiche condotte oggetto di contestazione dei danni, anche soltanto morali, che avrebbe patito in proprio la parte civile. Sotto questo secondo profilo, il giudice di merito dovrà attenersi al principio per cui la responsabilità civile per il danno derivante da reato comprende anche i danni mediati ed indiretti, che tuttavia costituiscano effetti normali dell'illecito secondo il criterio della cosiddetta regolarità causale Sez. 5, numero 4701 del 21/12/2016, dep. 2017, Pota, Rv. 269271 Sez. 2, numero 23046 del 14/05/2010, Cesarini, Rv. 247294 con la precisazione che s'intende per tale ogni danno eziologicamente riferibile all'azione od omissione del soggetto attivo del reato, sussistendo tale rapporto di causalità anche quando il fatto reato, pur non avendo determinato direttamente il danno, abbia tuttavia prodotto uno stato tale di cose che senza di esse il danno non si sarebbe verificato Sez. 6, numero 11295 del 02/12/2014, dep. 2015, Vignati, Rv. 263170 . In particolare, il giudice di rinvio avrà cura di verificare se gli effetti dannosi nei confronti della N. siano ricollegabili, ancorché in forma mediata, alla condotta omissiva addebitata alla C., oppure se debbano ascriversi soltanto a comportamenti ulteriori e distinti, inquadrabili nella complessiva vicenda sottostante soltanto quale dato di contesto tali potrebbero essere, per esempio, iniziative ritorsive, conseguenti al mero inasprimento dei rapporti interpersonali in tal ultimo caso, infatti, l'anzidetto collegamento eziologico con la condotta costituente reato non potrebbe ravvisarsi, dovendo considerarsi, quest'ultima, semplice occasione, e non concausa, del fatto direttamente produttivo di danno. 10.3. Sul punto in esame, in conclusione, la sentenza dev'essere annullata, con rinvio degli atti al competente giudice civile, a norma dell' articolo 622 c.p.p. . 11. Mette conto precisare che l'annullamento agli effetti civili disposto in favore della C. non può giovare anche alla coimputata M., che non ha specificamente impugnato sul punto. In proposito, a prescindere dalla diversità delle condotte tenute dalle due imputate e ritenute produttive di danno per la N., va ribadita la regola per cui l'accoglimento dell'impugnazione proposta da uno dei coimputati con riguardo alla sola condanna al risarcimento dei danni non giova ai coobbligati in solido, atteso che l'effetto estensivo dell'impugnazione concerne i soli casi in cui questa investa, sia pure con eventuali ricadute civilistiche, il profilo della responsabilità penale e non anche quelli in cui attenga ad aspetti esclusivamente risarcitori Sez. 5, numero 34116 del 06/05/2019, Ferri, Rv. 277300 Sez. 6, numero 13844 del 02/12/2016, dep. 2017, Aracu, Rv. 270369 . 12. Segue come da dispositivo la condanna solidale di entrambe le ricorrenti, nonché del responsabile civile omissis in persona del sindaco pro tempore, alla rifusione delle spese di costituzione e difesa sostenute nel grado dalle residue parti civili costituite. Le stesse si liquidano nella misura di 2.000 Euro, come da sua richiesta, in favore della parte civile omissis , nonché nella misura base di 3.510 Euro, con l'aumento del 30% per ciascuna delle parti rispettivamente difese, per ciascuno dei difensori delle altre parti. Per la parte civile Laura S., in quanto ammessa al patrocinio a spese dello Stato, la liquidazione sarà effettuata dal giudice di merito in favore dell'Erario, a norma del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 83, comma 2, e articolo 110, comma 3. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di C.M.R., limitatamente alle statuizioni civili in favore di N.B., in proprio e nella qualità di genitore di C.D., e rinvia per nuovo giudizio sul punto al giudice civile competente per valore in grado di appello. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso di C.M.R Dichiara inammissibile il ricorso di M.F., che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna le ricorrenti e il responsabile civile omissis , in solido tra loro, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel grado dalle parti civili A.L. e D.R.S.M., A.N. G.S.A. Lazio onlus, G.A. e S.S., M.G. e S.C., A. omissis , D.G. e P.G., spese che liquida per A. e D.R., in proprio, in complessivi Euro 4.563,00, oltre accessori di legge, e nella loro qualità di genitori di A.A. in Euro 3.510,00, oltre accessori di legge per le altre parti civili, rappresentate dallo stesso difensore, in complessivi Euro 7.722,00, oltre accessori di legge. Condanna inoltre le ricorrenti alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel grado dalle parti civili omissis , che liquida in Euro 2.000,00 F.C. e M.S., P.C. e E.S., R.A. e C.T., T.M., M.R. e B.S., C.G. e L.R.S., G.S. e M.A., tutti rappresentati dallo stesso difensore, spese che liquida in complessivi Euro 9.828,00 S.L. e S.P., nella qualità di genitori di S.D., in complessivi Euro 4.563,00, oltre accessori di legge. Condanna, inoltre, le ricorrenti alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile S.L., ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Roma con separato decreto di pagamento, ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 8 2 e 8 3 disponendo il pagamento in favore dello Stato.