«La responsabilità del conducente del velocipede è ravvisabile allorché il ciclista compia un movimento talmente inatteso e repentino da non consentire al conducente del veicolo, data la imprevedibilità ed anormalità di esso, di porre in atto la manovra che potrebbe impedirne l'investimento […]».
Un ciclista, nell'atto di svoltare a sinistra, veniva investito da un'auto cadendo prima sul cofano della macchina e poi a terra. L'uomo, lamentando di aver subito un grave danno biologico a causa dell'incidente, chiedeva il risarcimento del danno. La convenuta, invece, sosteneva che la collisione tra i due veicoli si fosse verificata non frontalmente, ma lateralmente e che la responsabilità fosse esclusivamente del ciclista, non avendo egli segnalato l'intenzione di svoltare. Le domande vengono entrambe parzialmente accolte. Da un lato, infatti, la conducente della macchina non è riuscita a provare di aver tenuto una velocità inferiore al limite massimo, circostanza che le avrebbe consentito di prevenire la collisione. Del resto, come spiegano i giudici, la fattispecie di responsabilità di cui all'articolo 2054, comma 1, c.c. «si connota in termini di oggettività, desumibile dalla particolare severità della prova liberatoria». Quindi, «per il conducente, l'unico modo per liberarsi dell'obbligo di risarcimento è quello di riuscire a provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno». Dall'altro, in base al resoconto della polizia stradale, si può desumere che la collisione sia stata laterale e non frontale e che quindi l'uomo abbia avviato la manovra mentre la macchina già si trovava all'altezza del suo fianco sinistro, violando così la regola di cui all'articolo 154 del C.d.s. Anche il conducente del velocipede, infatti, può incorrere in un'ipotesi di concorso di colpa nel caso in cui, nell'accadimento di un sinistro, «si appuri che abbia violato delle disposizioni generali del C.d.s. […]» Tribunale di Arezzo, 23.6.2014 . Il concorso di colpa del ciclista, inoltre, è stato recentemente riconosciuto anche dalla Cassazione, secondo cui «la responsabilità del conducente del velocipede è ravvisabile allorché il ciclista compia un movimento talmente inatteso e repentino da non consentire al conducente del veicolo, data la imprevedibilità ed anormalità di esso, di porre in atto la manovra che potrebbe impedirne l'investimento Cass. numero 1422/1976 ovvero la manovra di svolta a sinistra non presegnalata articolo 182 C.d.s. - articolo 377, comma 3, Reg. C.d.s. tagliare la strada ovvero manovra con carattere repentino ed improvviso» Cass. numero 9278/2017 . Pertanto, secondo il Tribunale, nel caso di specie deve ritenersi che la quota di responsabilità ascrivibile al ciclista sia pari al 60%, una cifra quindi superiore rispetto a quella ascrivibile alla conducente dell'automobile. Per questi motivi, il giudice accoglie parzialmente le domande e liquida le spese.
Giudice Farina Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione 1. Deduzioni delle parti. Il presente giudizio comprende due procedimenti riuniti. Il primo è stata instaurato da nei confronti di S.p.A. e Rg 7757-17 il secondo da nei riguardi di Rg 2856-19 . Qui di seguito si procede ad una sintetica disamina delle deduzioni e domande delle parti, nei due giudizi riuniti. domandava la condanna - in solido fra loro - di e S.p.A. al risarcimento dei danni conseguenti all'incidente stradale del 15.4.2016, quantificati in Euro 119.186,00, già detratto l'acconto percepito di Euro 24.500,00 ricevuto da S.p.a L'attore deduceva che in data 15.4.2016 in Caronno Pertusella Va , si trovava in sella alla propria bicicletta su Corso , e si fermava - all'altezza di via Pasteur - sulla parte destra della carreggiata larga metri 7,40 , segnalando con il braccio sinistro la propria intenzione di svoltare a sinistra. Lamentava che, nello svolgimento di tale manovra veniva investito da una macchina bianca, di proprietà di e condotta da , che giungendo a velocità sostenuta lo colpiva con la parte anteriore del proprio mezzo facendolo cadere prima sul cofano e poi a terra all'altezza del lato posteriore del veicolo, dopo averne sorvolato l'intera carrozzeria col proprio corpo. Precisava che, nel momento in cui veniva investito, si trovava al centro della linea di mezzeria. Lamentava altresì che , subito dopo l'incidente, non solo ometteva di prestare assistenza al danneggiato, ma spostava altresì il proprio veicolo prima che le forze dell'ordine potessero effettuare i rilievi. L'attore deduce di aver patito grave danno biologico a causa dell'incidente, dovuto alla esclusiva responsabilità di , concretizzatosi peraltro nella impossibilità di salire le scale senza un tutore, nella impossibilità a correre e a recarsi in montagna. L'attore quantificava il danno in complessivi Euro 143.686,00, inclusivi di personalizzazione e del danno da perdita della capacità lavorativa. Affermava tuttavia di aver già ricevuto a titolo di acconto da S.p.A. compagnia assicurativa relativa al veicolo di , l'importo di Euro 24.500,00. Con comparsa di risposta tempestivamente depositata, S.p.A. domandava il rigetto della domanda attorea. La convenuta contraddiceva la versione dei fatti offerta dall'attore, precisando che la collisione fra i due veicoli si è verificata non già frontalmente bensì lateralmente, e che essa sia dovuta alla esclusiva responsabilità di , il quale avrebbe repentinamente curvato a sinistra mentre la autovettura si trovava all'altezza del suo fianco sinistro, così cagionando l'incidente. Parte convenuta contestava dunque che si fosse arrestato e che avesse segnalato la propria intenzione di curvare a sinistra. Contestava inoltre che avesse omesso di prestare soccorso, e affermava di aver spostato il veicolo per permettere il transito delle macchine. Con atto di citazione nel giudizio Rg 2856-19 , dapprima dichiarata contumace nel giudizio Rg. 7757-17 si costituiva in giudizio e domandava accertarsi la esclusiva responsabilità di in ordine alla causazione dell'incidente. Precisava la convenuta di stare percorrendo - a bordo del proprio veicolo Toyota tg. - Corso , quando all'improvviso veniva affiancata al proprio lato destro dal velocipede guidato da . Deduceva che , repentinamente e senza alcuna segnalazione preventiva, invadeva la corsia percorsa dal veicolo Toyota, il quale a quel punto per evitarlo svolgeva una repentina sterzata a sinistra e invadeva la corsia opposta. Precisava che il velocipede urtava la fiancata destra del proprio veicolo. deduceva inoltre di aver riportato a causa dell'incidente dei danni al proprio veicolo, pari a Euro 984,13 domandava dunque la condanna di alla corresponsione decurtati Euro 220,00 già offerti dall'assicurazione del ciclista di complessivi Euro 764,13. domandava il rigetto della domanda svolta da nei suoi riguardi. 2. Decisione. Ad avviso di questo Giudice, la domanda svolta da nei confronti di S.p.A. e di merita parziale accoglimento, e la domanda svolta da nei confronti di merita di essere parzialmente accolta, sulla scorta delle considerazioni che seguono. 2.1 Domanda svolta da . In relazione al sinistro avvenuta in data 15.4.2016, ad avviso di questo Giudice, in parziale accoglimento dell'eccezione mossa da S.p.A. e , dev'essere riconosciuto il concorso di colpa del danneggiato alla causazione dell'incidente. Nella determinazione delle rispettive quote di responsabilità, si avrà riguardo al condivisibile modus procedenti dettato da ultimo da Cass. numero 2241/2019 il quale, seppur sancito con riguardo a un caso di investimento di pedone, si ritiene applicabile anche al caso di specie . Secondo la predetta pronuncia, l'accertamento deve anzitutto muovere dall'assunto che la colpa del conducente sia presunta e pari al 100% successivamente, si deve accertare in concreto la colpa del soggetto danneggiato da ultimo, si deve ridurre progressivamente la percentuale di colpa presunta a carico del conducente via via che emergono circostanze idonee a dimostrare la colpa in concreto del soggetto danneggiato. Prendendo le mosse dalla posizione di , deve anzitutto premettersi che la responsabilità invocata da si fonda sulla presunzione di cui al co. 1 dell'articolo 2054 c.comma Nel caso di specie, è incontestato che fosse, oltre che la proprietaria, anche la conducente dell'autovettura coinvolta nel sinistro. Come noto la fattispecie di responsabilità di cui all'articolo 2054 co. 1 c.comma si connota in termini di oggettività, desumibile dalla particolare severità della prova liberatoria. Infatti, per il conducente, l'unico modo per liberarsi dell'obbligo di risarcimento è quello di riuscire a provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, e cioè di aver tenuto un comportamento diligente, rispettando quindi tutte le regole di legge come quelle del codice della strada e quelle dettate dalla comune esperienza e di prudenza. Orbene, venendo al caso di specie, dalla documentazione dimessa in atti e dalle prove orali assunte, non risulta che abbia esaustivamente fornito tale prova liberatoria, e pertanto non può andare esente da responsabilità. Nella specie, ha contestato, da un lato, che la procedesse a velocità sostenuta e non si fosse avveduta dell'imminente attraversamento del pedone, così investendolo, e dall'altro che avesse omesso di fermarsi e di prestare i soccorsi e spostato il veicolo. In sede di interrogatorio formale, tanto , quanto hanno integralmente confermato la versione dei fatti riportata nei rispettivi atti introduttivi. I due resoconti, in larga parte contrastanti l'uno con l'altro, non forniscono significativi elementi per l'accertamento dei fatti. Possono tuttavia ritenersi incontestate due circostanze, riportate da entrambe le parti il dato che stesse percorrendo la stessa strada e la stessa corsia di marcia di , e il fatto che nel momento dell'incidente fosse in procinto di attraversarla per svoltare a sinistra. Maggiore ausilio giunge dalla relazione di Polizia stradale di cui al docomma 1 fascicolo di , la quale ha accertato la presenza di una strisciata lungo la fiancata destra dell'autovettura e di una abrasione sul manubrio sinistro della bicicletta, così concludendo che l'urto è stato laterale e non frontale. La conclusione cui giunge la relazione è che, presumibilmente, l'autovettura sia entrata in collisione lateralmente con la bicicletta mentre quest'ultima era intenta ad effettuare l'attraversamento. Gli esiti della relazione, pur fondati su un giudizio di verosimiglianza, risultano attendibili, in quanto giustificati dagli accertamenti fattuali svolti, ed in particolare dalla condizione della fiancata destra del veicolo e del manubrio sinistro del velocipede. Può dunque ritenersi accertato che l'incidente si avvenuto nel modo indicato dalla relazione. Con particolare riguardo alla , alla luce della documentazione dimessa in atti inclusa la relazione appena menzionata e delle prove orali assunte, non risulta che la stessa abbia offerto prova di aver rispettato diligentemente tutte le regole imposte dalla cautela e dal codice della strada. In particolare, non ha offerto prova di aver tento una velocità inferiore al limite massimo consentito per la strada in questione che a quanto è dato desumere dalla relazione di cui al docomma 1, è pari a 50 km/h . La relazione sul punto non è stata in grado di attestare la velocità dei veicoli coinvolti, e le dichiarazioni rese da in sede di interrogatorio formale, in quanto integralmente contrastanti con quelle fornite da , non possono essere ritenute in parte qua attendibili. Anche avuto riguardo alla presenza circostanza incontestata di velocipedi al margine della strada, la conducente dell'autoveicolo avrebbe dovuto a maggior ragione dimostrare di aver tenuto una velocità contenuta, tale da consentirle di prevenire la collisione, anche a fronte di una manovra imprevista del ciclista, tanto più a fronte della circostanza che la strada comunale in questione era a sole due corsie come desumibile dalla relazione di cui al docomma 1 . Non risulta dunque provato da parte di , il rispetto della norma di comportamento dettato oltre che dalle comuni regole di cautela cui all'articolo 141 co. 1 Codice delle Strada. Con riguardo alle restanti doglianze svolte da , deve invece ritenersi che esse siano infondate. Dalla relazione risulta infatti che fosse presente sul luogo al momento dell'intervento degli operanti, e che dunque non si sia allontanata dopo l'incidente. Dalle dichiarazioni di e , risulta altresì che dopo l'incidente la macchina si era spostata sulla sinistra, verso la carreggiata opposta tale rilievo giustifica di per sé lo spostamento del veicolo da parte di , che in ogni caso non ha impedito agli operanti di effettuare gli accertamenti del caso. Infine, la doglianza circa il mancato soccorso si presenta generica, non avendo chiarito in cosa avrebbe dovuto consistere il soccorso, considerato che gli operanti sono giunti sul posto 5 minuti dopo l'evento come risulta dalla relazione e che era già pervenuta in loco poco prima la autolettiga della SOS di . Dal contenuto della relazione si evince, altresì il concorso di colpa del conducente del velocipede. Sebbene non abbia esaurientemente offerto la prova liberatoria, risulta comunque che il sinistro sia stato determinato, in misura prevalente, dalla condotta imprudente del conducente del velocipede. In punto di diritto, si precisa che anche se il conducente del veicolo non abbia fornito la prova idonea a vincere la presunzione di colpa che l'articolo 2054, comma 1, c.c., pone nei suoi confronti, non è preclusa l'indagine in ordine al concorso di colpa del danneggiato, con la conseguenza che, allorquando siano accertate la pericolosità e l'imprudenza della condotta del danneggiato stesso, la colpa di questo concorre, ai sensi dell'articolo 1227, comma 1, c.c., con quella presunta del conducente. Ulteriormente, deve ribadirsi in questa sede la consolidata massima giurisprudenziale secondo la quale anche il ciclista può incorrere in un'ipotesi di concorso di colpa laddove, nell'accadimento di un sinistro, si appuri che abbia violato delle disposizioni generali del C.dS. che, proprio per le loro caratteristiche, risultano valevoli nei confronti di tutti gli utenti della strada, come la disposizione di cui all'articolo 140 che sancisce l'obbligo di comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione e comunque in maniera che sia salvaguardata la sicurezza stradale' Tribunale di Arezzo, 23.6.2014 . Orbene, avendo riguardo al contenuto della relazione di cui al docomma 1, deve desumersi necessariamente che abbia tentato l'attraversamento della carreggiata mentre la autovettura si trovava all'altezza del suo fianco sinistro, e che dunque abbia operato la svolta senza previamente accertarsi che la carreggiata fosse libera. Infatti, da un lato è incontestato che l'incidente sia avvenuto mentre il velocipede stava attraversando e svoltando verso sinistra, e dall'altro la relazione della P S. ha attendibilmente precisato che la collisione è stata laterale e non già frontale come invece riferito da . Pertanto, deve dedursi che abbia imprudentemente avviato la manovra di svolta mentre la vettura già si trovava alla altezza del suo fianco sinistro, violando la regola di comportamento di cui all'articolo 154 Codice della Strada. Orbene, è evidente che ove non avesse posto in essere tale manovra, oppure ove la avesse posta in essere nel rispetto delle regole di prudenza sancite dalla predetta disposizione, l'incidente avrebbe avuto significative possibilità in meno di verificarsi. Il concorso di colpa del ciclista investito per imprudente attraversamento è stato anche di recente riconosciuto dalla Suprema Corte, secondo la quale la responsabilità del conducente del velocipede è ravvisabile allorché il ciclista compia un movimento talmente inatteso e repentino da non consentire al conducente del veicolo, data la imprevedibilità ed anormalità di esso, di porre in atto la manovra che potrebbe impedirne l'investimento cfr. Sez. 3, Sentenza numero 1422 del 21/04/1976 ovvero la manovra di svolta a sinistra non presegnalata articolo 182 C.d.S. - articolo 377 comma 3 Reg. C.d.S. tagliare la strada ovvero manovra con carattere repentino ed improvviso Cass. 9278/2017 . Pertanto, ai sensi dell'articolo 1227 co. 1 c.c., deve ritenersi che la responsabilità di in merito alla causazione dell'incidente sia prevalente, nella misura del 60% di contro, la responsabilità di residua per il restante 40%. Venendo all'accertamento e quantificazione del danno, sin d'ora è il caso di evidenziare che le conclusioni cui è giunto il CTU sono sostanzialmente condivisibili ed idonee ad essere poste a fondamento della decisione, in quanto raggiunta sulla scorta della visita medico legale del danneggiato e dell'esame di documenti tutti ritualmente versati in causa, le operazioni peritali si sono svolte nel pieno rispetto del principio del contraddittorio e le valutazioni del CTU risultano supportate da regole scientifiche medico legali condivise dalla comunità scientifica sviluppate ed applicate secondo un percorso argomentativo immune da vizi logici. IL CTU pag. 5 della relazione è giunto alle seguenti conclusioni a seguito dell'incidente stradale del 15.4.2016 riportò la frattura sottocapitata del femore sinistro trattata chirurgicamente con artroprotesi d'anca. Da tale quadro lesivo sono derivati - inabilità temporanea biologica totale giorni 30 trenta - inabilità temporanea biologica parziale 75% giorni 30 trenta - inabilità temporanea biologica parziale 50% giorni 60 sessanta - inabilità temporanea biologica parziale 25% giorni 60 sessanta - postumi permanenti invalidanti con riferimento alla sola integrità psico-fisica del soggetto danno biologico 22% ventidue per cento spese mediche congrue e pertinenti con le necessità di cura e di assistenza Euro 354,66 trecentocinquantaquattro virgola sessantasei . Deve a questo punto procedersi con la liquidazione del danno. Con riferimento al danno biologico, trattandosi di danno di non lieve entità, conseguente a sinistro stradale, il danno accertato dal CTU va liquidato in via equitativa con applicazione dei parametri forniti dalle cd tabelle milanesi, come affermato dalla Corte di legittimità nella nota pronuncia Cass. civ., sez. 3, 30.06.2011, numero 14402, alle cui motivazioni si rinvia. Per esigenze di chiarezza espositiva, le singole voci di danno pretese dall'attore saranno appresso esaminate per categorie omogenee. La liquidazione deve avvenire avuto riguardo ai valori attuali alla data della pronuncia Cass. civ., sez. 3, 21.12.2015 numero 25615 e con riferimento all'età del danneggiato alla data di cessazione della IT accertata ex multis Cass. civ., sez. 3, 19.12.2014 numero 26897 e con la precisazione che l'adozione delle voci di danno non patrimoniale biologico, morale e personalizzazione/esistenziale risponde ad esigenze puramente descrittive, trattandosi di un unico danno da liquidare unitariamente. La liquidazione costituisce applicazione delle tabelle milanesi attualmente vigenti, da ultimo comunicate dall'Osservatorio della giurisprudenza del Tribunale di Milano nel 2021. Con riferimento ai valori indicati nella predette Tabelle - utilizzati dal giudicante come parametro di partenza per giungere ad una liquidazione equitativa del danno da perdita di chance - si osserva come, nel caso di specie si possa ancora fare applicazione delle tabelle elaborate da questo Tribunale comunemente adottate per la liquidazione equitativa ex articolo 1226 c.comma del danno non patrimoniale derivante da lesione dell'integrità psico/fisica - criterio di liquidazione condiviso dalla Suprema Corte Cass. 7/6/2011 numero 12408 e Cass. 22/12/2011 numero 28290 . Infatti, pur tenendo conto dell'insegnamento della Corte costituzionale sentenza 235/2014, punto 10.1 e ss. e dell'intervento del legislatore sugli articolo 138 e 139 C.d.A. come modificati dall'articolo 1, comma 17, della legge 4 agosto 2017, numero 124 - la cui nuova rubrica danno non patrimoniale , sostituiva della precedente, danno biologico , ed il cui contenuto consentono di distinguere, secondo un'interpretazione letterale che rende inutile il ricorso agli ulteriori criteri interpretativi, definitivamente il danno dinamico-relazionale causato dalle lesioni da quello morale - nel caso in esame, alla luce dell'entità delle lesioni, della peculiarità delle stesse come descritte nella relazione di CTU , delle allegazioni di parte attrice e delle dichiarazioni dei testi, è possibile valutare, con i criteri di cui alle richiamate tabelle, sia l'aspetto interiore del danno sofferto quanto quello dinamico-relazione. Nel caso di specie , nato il alla data di stabilizzazione dei postumi aveva 65 anni. Ora, le tabelle milanesi attualmente vigenti, relative alle liquidazioni in valuta attuale del danno biologico, inclusivo del danno cd morale per la sofferenza transeunte della persona, fissano la liquidazione per un danno del 22 % per una persona di 65 anni nella misura di Euro 52.119,00, in valuta attuale. Dunque l'importo del danno biologico cd. permanente viene liquidato in Euro 52.119,00, in valuta attuale. L'importo del danno biologico temporaneo, viene invece liquidato in complessivi Euro 9.652,50 in valuta attuale. Complessivamente, il danno biologico permanente e temporaneo dev'essere liquidato in Euro 61.771,50 in valuta attuale. Tale importo è inclusivo del danno da perdita della capacità lavorativa. Si precisa, a tal riguardo, che parte attrice non ha dedotto né nell'atto introduttivo né nelle memorie ex articolo 183 co. 6 c.p.comma la perdita della capacità lavorativa cd. specifica, lamentando in maniera indeterminata la perdita di una capacità lavorativa generica . Come condivisibilmente chiarito dalla Cassazione esemplificativamente, Cassazione civile, sez. VI, 04/03/2021, numero 5865 , tale danno risolvendosi in una menomazione dell'integrità psico-fisica dell'individuo, è risarcibile in seno alla complessiva liquidazione del danno biologico . L'importo suddetto non include invece il danno morale soggettivo, che ad avviso di questo Giudice non può essere riconosciuto, né con riferimento al periodo di inabilità temporanea, né con riguardo alla fase successiva alla stabilizzazione degli effetti. Invero, accogliendo un assunto oramai consolidato, la Cassazione ha precisato che con riguardo al danno morale soggettivo, la giurisprudenza di legittimità ha a più riprese chiarito che quest'ultimo - in quanto attinente alla sofferenza interiore determinata dal fatto illecito - è ontologicamente distinto dal danno biologico, e che pertanto può essere risarcito quale voce autonoma di danno ove venga autonomamente provato pertanto il giudice di merito non può limitarsi a liquidare la componente sofferenza soggettiva mediante applicazione automatica di una quota proporzionale del valore del danno biologico, né procedere alla riduzione, anche questa automatica, dell'importo corrispondente a quella del danno biologico commisurato alla durata della vita effettiva del danneggiato, ma deve preliminarmente verificare se e come tale specifica componente sia stata allegata e provata dal soggetto che ha azionato la pretesa risarcitoria Cass. Sez. 3-, Sentenza numero 24075 del 13/10/2017 . Per il riconoscimento del danno morale, come ribadito dalla citata pronuncia numero 25164/2020, il danneggiato ha l'onere di allegare tutti gli elementi concreti della sofferenza di cui chiede il risarcimento tale voce può ritenersi provata, e dunque liquidabile, in via presuntiva, sulla scorta di precipue allegazioni della difesa di parte danneggiata sulla sofferenza derivante dal periodo di malattia e di degenza, di dalla consapevolezza delle significative limitazioni funzionali, perduranti e non emendabili, conseguenti al sinistro. Parte attrice infatti non ha dedotto né provato specificamente neppure in via presuntiva la sofferenza soggettiva provata, limitandosi a menzionare il dolore fisico di per sé coperto dalla liquidazione del danno biologico conseguito agli interventi subiti. Pertanto il danno morale soggettivo non può essere riconosciuto. Inoltre, non si ritiene di dover applicare la maggiorazione aggiuntiva correlata alla c.d. personalizzazione. Come noto, la giurisprudenza di legittimità riconosce un potere discrezionale al giudice di merito per quanto attiene alla c.d. personalizzazione, chiarendo che quest'ultima, legata alle irripetibili peculiarità del caso concreto, può essere riconosciuta solo ove sia dimostrata la sussistenza di particolari conseguenze dannose che esulano dal novero dei danni statisticamente connessi al fatto illecito così Cass. numero 2788 del 2019 . Invero parte attrice non ha dedotto né dimostrato conseguenze dannose specifiche che esulino dall'ordinario novero delle ripercussioni negative riconducibili al suo grado di compromissione dell'integrità psico-fisica. Non possono infatti considerarsi quali conseguenze peculiari ed irripetibili la difficoltà nel salire le scale o nel proseguire la pratica di alcune attività sportive tali conseguenze dannose, benché indubbiamente apprezzabili, non risultano quali eccezionali ed uniche, e pertanto il loro risarcimento viene assorbito con la liquidazione del punto di danno non patrimoniale appena calcolato. Infine, sull'importo sopra indicato non si ritiene di applicare la maggiorazione correlata agli interessi compensativi. L'applicazione di tali interessi, come chiarito dalla più recente giurisprudenza di legittimità Cass. numero 1111 del 2020 è facoltativa per il Giudice, che può non riconoscerli laddove il danneggiato ometta di dedurre, rispetto al mancato godimento dell'importo risarcitorio, conseguenze dannose specifiche, non risarcibili mediante la mera rivalutazione. Nel caso di specie la domanda attorea non rispetta, neppure sul piano dell'allegazione, tale requisito. Devono invece essere riconosciuti all'attore gli interessi moratori al saggio legale dalla sentenza al saldo. Concludendo sui danni non patrimoniali, e S.p.A. devono rifondere in favore di una somma pari al 40 % di Euro 61.771,50, pari a Euro 24.708,60. A tale importo, già rivalutato ad oggi, devono esser aggiunti gli interessi moratori al saggio legale dalla sentenza al saldo. Con riguardo ai danni patrimoniali, essi devono ritenersi accertati nell'importo di Euro 354,66, come indicati dal CTU. Non possono essere risarciti gli ulteriori danni lamentati da come le spese per la rottura degli occhiali non essendo provata la correlazione causale fra l'incidente ed il danno. L'importo dei danni patrimoniali accertati dev'essere rivalutato dalla data dell'incidente ad oggi, così ottenendosi l'importo rivalutato ad oggi pari a Euro 372,75. Su tale importo sono dovuti a gli interessi moratori al saggio legale dalla sentenza al saldo. Anche con riferimento ai danni patrimoniali, per la medesima ragione suddetta, non si ritiene di riconoscere gli interessi compensativi. e S.p.A. devono rifondere a il 40% dell'importo riconosciuto a titolo di danni patrimoniali - ovvero il 40% di Euro 372,75 - quantificato in Euro 149,10, oltre interessi moratori legali dalla sentenza al saldo. Complessivamente, a titolo di rifusione dei danni patrimoniali e non patrimoniali, e S.p.A. devono rifondere in favore di l'importo di Euro 24.857,70, già rivalutato ad oggi, oltre interessi moratori. Deve a questo punto darsi atto che , per circostanza pacifica ed incontestata, ha già ricevuto un acconto da S.p.A. pari a Euro 24.500,00 per il sinistro in esame. Pertanto e S.p.A. devono essere condannati in solido a rifondere in favore di la somma di Euro 357,70, già rivalutata ad oggi, oltre interessi moratori al saggio legale dalla sentenza al saldo. Considerato che le eccezioni mosse da e S.p.A. si sono rivelate in parte fondate, e che all'esito del giudizio la pretesa risarcitoria di è stata largamente ridimensionata rispetto all'importo richiesto, non sussistono i presupposti per la condanna di e S.p.A. ai sensi dell'articolo 96 c.p.c 2.2. Domanda svolta da . Rispetto alla domanda di risarcimento dei danni cagionati al veicolo per Euro 764,13, svolta da nei riguardi di , quest'ultimo contesta esclusivamente l'an della responsabilità, che afferma essere esclusivamente di . Sul punto si è già osservato che la responsabilità in merito alla verificazione dell'incidente, ed ai danni conseguenti, deve essere assegnata a per l'importo del 60 %, e a per il 40 %. Ciò premesso, deve sottolinearsi che non contesta specificamente né la sussistenza del danno al veicolo lamentato dalla attrice, né il fatto che esso sia derivato dall'incidente, né il suo ammontare. Essa si limita a rilevare che parte convenuta abbia accettato l'indennizzo per Euro 220,00 tale circostanza tuttavia non implica evidentemente rinuncia a far valere l'integrale pretesa risarcitoria, né comprova in alcun modo la complessiva entità del danno. Pertanto è tenuto a versare in favore di l'importo pari al 60% di Euro 764,13, pari a Euro 458,47. L'importo dovuto da in favore di , rivalutato dalla data dell'incidente ad oggi, è pari a Euro 481,85. Su tale importo sono dovuti a gli interessi moratori al saggio legale dalla sentenza al saldo. Non si ritiene di riconoscere anche in tal caso gli interessi compensativi, per le medesime ragioni di cui sopra. 2.3 Spese di lite. Le spese sono decise a mente degli articolo 91 e ss. c.p.comma attualmente vigente, successiva alla novella del 2014 in forza di tali disposizioni, la parte che all'esito della decisione è soccombente deve rifondere le spese della parte vittoriosa, salva solo la soccombenza reciproca, la novità della questione trattata, il revirement della giurisprudenza su questioni decisive ovvero, come sancito dalla sentenza C. Cost. numero 77/2018, altre gravi ed eccezionali ragioni da esplicitarsi in motivazione. La disciplina delle spese si basa sul principio di causalità, in virtù del quale chi ha promosso un processo perso, o ha costretto altri a promuovere un processo per affermare il suo buon diritto, ne deve sopportare le conseguenze economiche, a prescindere dall'elemento soggettivo della colpa del soccombente o da profili sanzionatori il principio di causalità risponde ad una funzione indennitaria o ripristinatoria, nel senso che la parte vittoriosa deve essere tenuta indenne delle spese sostenute per l'accertamento del suo buon diritto o per l'accertamento dell'inesistenza del diritto altrui , pena la vanificazione del diritto di azione e di difesa in giudizio, di cui all'articolo 24 Cost. Cass. civ., sez. 3, 15.07.2008, numero 19456 conf. Cass. civ, sez. 3, 20.02.2014, numero 4074 . Nel caso di specie, deve ritenersi che all'esito del giudizio sia risultato integralmente soccombente rispetto a , posto che la domanda di quest'ultima è stata accolta in misura prevalente, mentre la domanda di è stata accolta solo in minima parte. Con riferimento al rapporto processuale fra e S.p.A. la circostanza che la domanda risarcitoria di pur parzialmente accolta sia stata grandemente ridotta rispetto al petitum, sino a raggiungere l'importo offerto in acconto dalla parte convenuta, giustifica la compensazione delle spese. Le spese di si liquidano con applicazione del dm numero 55/2014, tenendo conto del petitum della relativa domanda euro 764,00 . Segnatamente, si reputano congrui i parametri medi previsti per i giudizi avanti al Tribunale per lo scaglione di valore applicabile per le fasi introduttiva, di studio, istruttoria e decisionale, per complessivi Euro 1000,00 per compenso, comprensivi della fase di giudizio innanzi al Giudice di Pace. Spettano altresì a Euro 70,00 per rimborso spese vive ex actis c.u. e diritti di Cancelleria sostenute nel giudizio innanzi al Giudice di Pace, oltre 15% del compenso per rimborso forfetario spese generali, oltre CPA ed IVA, se e come dovuti per legge. Le spese di CTU vengono poste esclusivamente a carico di . P.Q.M. il Giudice, definitivamente pronunciando per quanto di ragione, ogni diversa domanda, istanza, eccezione e difesa disattesa e respinta, così decide - accoglie parzialmente la domanda risarcitoria svolta da contro S.p.A. e , e per l'effetto, accertata la concorrente responsabilità di e di nella causazione del sinistro stradale del 15.4.2016, condanna S.p.A. e , in solido fra loro, a pagare in favore di la somma di Euro 357,70, oltre interessi moratori al saggio legale dalla sentenza al saldo. - accoglie parzialmente la domanda svolta da nei confronti di , e per l'effetto condanna a pagare in favore di la somma di Euro 481,85 oltre interessi moratori al saggio legale dalla sentenza al saldo. - rigetta la domanda di condanna ai sensi dell'articolo 96 c.p.comma svolta da - condanna a rifondere le spese di lite in favore di , liquidate come segue Euro 1000,00 per compenso, Euro 70,00 per rimborso spese vive ex actis, oltre 15% del compenso per rimborso forfetario spese generali, oltre CPA ed IVA, se e come dovuti per legge. Spese da distrarsi in favore dell'avv. Ma.Gi., dichiaratosi antistatario. - dichiara integralmente compensate le spese di lite fra e S.p.A. - pone in via definitiva le spese di CTU in capo a .