Con sentenza numero 2496/2022, la Corte di Cassazione ha deciso sul ricorso proposto dall’amministratore di un porto turistico, condannato per il delitto di incendio colposo.
Nel 2020, la Corte d'Appello di Cagliari, confermava la sentenza del Tribunale di Oristano, con la quale l'imputato M.G. amministratore di una piccola società portuale era stato accusato e condannato per il reato di incendio colposo. Il delitto è stato ascritto all'amministratore, in quanto avrebbe omesso di stipulare con una multinazionale italiana dell'energia, un contratto di somministrazione con un adeguato wattaggio, che consentisse il funzionamento delle pompe a servizio dell'impianto antincendio dell'area portuale. Infatti, a seguito delle fiamme dolosamente appiccate, M.G. era stato accusato del reato che aveva provocato anche danni materiali ad alcune imbarcazioni. Viene pertanto depositato ricorso per Cassazione dall'imputato per molteplici motivi. Principalmente, M.G. lamenta il vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo del reato contestato. Questa doglianza viene proposta in quanto secondo l'amministratore, il porto era stato dotato di un sistema di spegnimento di incendi adeguato secondo le raccomandazioni di settore per il cui funzionamento aveva effettivamente fatto richiesta all'ente energetico. Inoltre, M.G. denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine al nesso di causalità tra la condotta contestata e l'evento, non avendo, secondo l'imputato, i giudici di secondo grado, valutato se un tempestivo utilizzo dell'impianto antincendio avrebbe consentito o meno di contrastare la propagazione delle fiamme. Il ricorso di M.G. è ammissibile. Sul tema del reato di incendio colposo, questa Corte si è voluta soffermare per comprendere la doglienza dell'imputato. Infatti, in linea generale «risponde del reato di incendio colposo anche chi, pur non avendo dato materialmente origine al fuoco, abbia dato causa colposamente all'incendio per aver posto le condizioni necessarie non già a far sviluppare il fuoco, ma a cagionare l'incendio» Cass. numero 36612/2003 e numero 18997/2009 . Tuttavia, nel caso in esame, la rapidità del propagarsi delle fiamme, avrebbe reso necessario che la Corte di merito si ponesse la questione se un tempestivo azionamento di un impianto antincendio adeguatamente funzionante, avrebbe avuto valenza salvifica e impeditiva dell'incendio in concreto sviluppatosi. Questa Corte, esaminati gli elementi, giunge alla conclusione che la condotta dell'amministratore sarebbe stata inesigibile, in rapporto al rischio di eventi non collegati all'ordinario funzionamento della strumentazione, ma riconducibile a condotte dolose di soggetti, che si sarebbero introdotti illegalmente nell'area portuale. Pertanto, il ricorso dell'imputato viene accolto e dichiarata la non responsabilità dell'amministratore per l'accaduto.
Presidente Ferranti – Relatore Pavich Ritenuto in fatto 1. La Corte d'appello di Cagliari, in data 1 ottobre 2020, ha confermato la sentenza del Tribunale di Oristano con la quale M.G. era stato condannato alla pena ritenuta di giustizia e alle connesse statuizioni civili in relazione al delitto di incendio colposo articolo 423 e 449 c.p. , contestato come commesso in omissis . Al M. si addebita il delitto de quo, nella sua qualità di amministratore della società omissis , per non avere stipulato con l'Enel un contratto di somministrazione di energia con wattaggio adeguato, che consentisse il funzionamento delle pompe a servizio dell'impianto antincendio dell'area della omissis ubicata nella sponda destra dell'alveo del fiume XXXX e gestita dalla società di cui il M. era amministratore nonostante ciò, egli consentiva l'accesso alle persone in area portuale e l'uso del porto ai natanti. Accadeva che, allorquando venivano appiccate dolosamente le fiamme al natante XXXX, il personale di intervento non poteva procedere allo spegnimento e le fiamme si propagavano all'imbarcazione di proprietà di D.P.R. costituitosi parte civile che colava a picco, così come il natante XXXX, e danneggiavano anche un'altra imbarcazione. 2. La Corte di merito ha ritenuto confermate le accuse, in quanto diversamente da quanto sostenuto dall'imputato appellante - lo spegnimento delle fiamme non sarebbe stato opera di B.F. dipendente della società facente capo al M. , ma dei Vigili del Fuoco intervenuti sul posto, utilizzando gli strumenti di cui essi disponevano e non l'impianto antincendio presente nel porticciolo nè sarebbe stato sufficiente, come pure l'appellante aveva sostenuto, il mero posizionamento di estintori all'interno dell'area, atteso che in senso contrario militano le Raccomandazioni tecniche per la progettazione dei porti turistici, elaborate dal gruppo di lavoro italiano dell'Associazione Internazionale di Navigazione, in base alle quali lo standard di sicurezza portuale richiede la dotazione di un impianto antincendio ad idranti. Ancora, la Corte distrettuale ha ritenuto privo di fondamento l'assunto, sostenuto dall'appellante, secondo cui risponde di incendio colui il quale lo cagiona e non chi ritarda a spegnerlo assunto ritenuto privo di pregio, in relazione alla natura omissiva dell'addebito riconducibile al precetto di cui all'articolo 40 c.p., comma 2, che assimila chi pone in essere la condotta che cagiona l'evento e chi, in violazione di un obbligo giuridico, ometta di attivarsi per impedirlo. Infine, è stata respinta la censura dell'appellante riguardante la qualificazione del fatto come concorso colposo nel delitto doloso. 3. Avverso la prefata sentenza ricorrono sia l'imputato, sia il Procuratore generale presso la Corte d'appello di Cagliari. 4. Iniziando da quest'ultimo ricorso, esso consta di quattro motivi. 4.1. Con il primo motivo, dedotto per violazione di legge, il P.G., ricorrente censura l'attribuzione causale al M. dell'incendio, che si era in realtà già sprigionato ed aveva carattere di diffusività e di difficoltà di spegnimento già mezz'ora dopo che le fiamme erano state appiccate da ignoti. Per cui non è corretto il richiamo all'articolo 40 c.p., comma 2, atteso che in base a tale disposizione la causalità omissiva postula che l'evento sia conseguenza dell'omissione del soggetto garante. 4.2. Con il secondo motivo il P.G. ricorrente, lamentando ancora violazione di legge, contesta la configurabilità dell'elemento materiale dell'incendio colposo, all'interno del quale riveste importanza decisiva il nesso causale tra la condotta e la trasformazione del fuoco in incendio trasformazione che, in realtà, era già avvenuta nel momento in cui poteva procedersi all'attività di spegnimento dell'incendio. Erra pertanto la Corte di merito nell'equiparare il mancato spegnimento dell'incendio alla causazione dello stesso, così creando una norma penale differente da quella vigente nè può parlarsi di mera riqualificazione del fatto ad esempio ex articolo 451 c.p. , atteso che ciò che viene contestato al M. non è la mancata predisposizione di cautele fattispecie costituente, peraltro, reato omissivo proprio, rispetto al quale è indifferente che segua un evento , ma solo la mancata stipula con l'Enel di un contratto di somministrazione di energia elettrica con wattaggio adeguato. 4.3. Con il terzo motivo il P.G. denuncia nuovamente violazione di legge, stavolta con riguardo all'elemento psicologico del reato il M. aveva predisposto un piano antincendio con le caratteristiche imposte dalla normativa sulla progettazione dei porti turistici ed inoltre, proprio per adeguare e potenziare il wattaggio della somministrazione di energia elettrica, l'imputato aveva in precedenza attivato la pratica apposita presso l'Enel, ancora inevasa al momento del fatto, ma senza che la sentenza affronti il tema delle ragioni per le quali il ritardo nella definizione di tale pratica dovrebbe essere addebitato al M 4.4. Con il quarto motivo il P.G. ricorrente, sempre sotto la specie della violazione di legge, censura la mancata correlazione fra il fatto contestato avere cagionato un incendio per colpa e il fatto ritenuto in sentenza laddove si esclude testualmente che al M. sia contestato di avere colposamente dato inizio all'incendio, ma solo di non avere approntato, come le norme cautelari gli avrebbero imposto, i presidi necessari per spegnere l'incendio già in essere . 5. Il ricorso presentato dall'imputato, tramite il suo difensore di fiducia, consta di tre motivi. 5.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo del reato contestato il M., in linea con le Raccomandazioni tecniche per la progettazione dei porti turistici, aveva dotato il porto turistico di un sistema di spegnimento incendi ad idranti, per il cui funzionamento aveva avanzato richiesta all'Enel di poter disporre di una maggiore potenza elettrica richiesta a fronte della quale la Corte di merito non esplicita le ragioni per le quali la mancata stipula del nuovo contratto di somministrazione di adeguato wattaggio dovrebbe essere posta a carico del M 5.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge, in ordine alla valutazione - giudicata erronea - della sussistenza dell'elemento soggettivo la Corte di merito non ha affrontato il tema della concreta esigibilità del comportamento doveroso, a fronte della predisposizione dell'impianto a idranti e della richiesta di potenziamento dell'erogazione di energia elettrica rimasta inevasa da parte dell'Enel richiesta avanzata più volte e mai finalizzata, per le ragioni diffusamente illustrate dal ricorrente al fine di spiegare perché il contratto di erogazione di un wattaggio adeguato di energia elettrica non era stato ancora stipulato al momento del fatto. 5.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al nesso di causalità tra la condotta contestata e l'evento premettendo che l'incendio doloso si presentava fin dall'inizio come caratterizzato da particolare e repentina diffusività come riferito dal teste T., il primo ad accorgersi delle fiamme subito dopo l'innesco , il deducente lamenta che i giudici dell'appello non hanno valutato se un tempestivo utilizzo dell'impianto antincendio avrebbe consentito o meno di contrastare la propagazione delle fiamme. 6. Va dato atto che il difensore della parte civile D.P.R. ha fatto pervenire conclusioni scritte e nota spese. Considerato in diritto 1. I ricorsi sono ambedue fondati e meritevoli di accoglimento, per le ragioni appresso indicate. 1.1. Sotto il profilo dell'elemento oggettivo, risulta effettivamente inevasa la questione riguardante la rilevanza causale della condotta omissiva attribuita al M. ai fini del propagarsi dell'incendio. È, infatti, ben vero che risponde del reato di incendio colposo anche chi, pur non avendo dato materialmente origine al fuoco, abbia dato causa colposamente all'incendio per aver posto le condizioni necessarie non già a far sviluppare il fuoco, ma a cagionare l'incendio Sez. 4, Sentenza numero 36612 del 04/07/2003, Sergi, Rv. 226030 Sez. 4, Sentenza numero 18997 del 09/03/2009, Durantini, Rv. 243994 . Tuttavia, nel caso di che trattasi, la rapidità e l'intensità del propagarsi delle fiamme, che si ricava anche dalla lettura della sentenza impugnata, avrebbe reso quanto meno necessario che la Corte di merito si ponesse, sotto il profilo del ragionamento controfattuale, la questione se un tempestivo azionamento di un impianto antincendio adeguatamente funzionante avrebbe avuto valenza salvifica e impeditiva dell'incendio in concreto sviluppatosi è noto al riguardo che il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull'analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto Sez. U., Sentenza numero 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv. 261103 . Su tale aspetto la sentenza appare lacunosa sul piano argomentativo, perché la nozione di cagionare un incendio a quella di ritardarne lo spegnimento costituisce bensì un'operazione giuridicamente possibile, nei termini di cui all'articolo 40 c.p., comma 2, a patto però di chiarire se - e da che momento in poi - la tempestiva attivazione di un impianto antincendio di potenza adeguata avrebbe impedito l'ulteriore propagarsi delle fiamme nelle specifiche condizioni date. A tanto la Corte di merito, al pari del giudice di primo grado, non ha provveduto, laddove dalla narrativa emerge che nell'occorso, già prima dell'intervento del personale della società e poi dei Vigili del Fuoco, pur intervenuto in tempi relativamente brevi, vi fu un rapido e massiccio divampare delle fiamme, scatenate - occorre sottolinearlo - non già da cause endogene e fisiologicamente legate alla presenza di materiali e liquidi infiammabili all'interno della struttura, ma dalla condotta dolosa di terzi, che si erano introdotti di notte all'interno del porticciolo pur chiuso e vigilato ed avevano scagliato una bottiglia incendiaria su una nave ormeggiata all'interno del porticciolo. Tra l'altro si osserva che, a conti fatti, il solo cenno della sentenza impugnata alla ricostruzione del comportamento alternativo lecito riguarda la mancata ottemperanza alle Raccomandazioni tecniche per la progettazione dei porti turistici, riguardo alla quale però la Corte deduce che il M. si sarebbe limitato a posizionare alcuni estintori, laddove ciò è invece smentito dalla stessa ricostruzione dei fatti a pagina 3 della sentenza impugnata, ove risulta che tale C.S., guardia giurata addetta alla sorveglianza, avvertito dal custode di un porticciolo vicino tale T.G.M. , tentò di spegnere il fuoco dapprima con un piccolo estintore, ma successivamente azionando una manichetta antincendio, da cui, tuttavia, non era fuoriuscita l'acqua , il cui funzionamento era però legato all'attivazione della cabina elettrica, come emerge dal successivo intervento del B., che vi provvide, causando però un blackout come già avvenuto in passato per l'evidente inidoneità dell'impianto elettrico, di cui il M. si era doluto da tempo con l'Ente erogatore, chiedendone invano l'adeguamento fin dal 2007. 1.2. A tal proposito, deve constatarsi che sul piano dell'attribuzione al M. - sia sul piano oggettivo, sia su quello soggettivo - del comportamento antidoveroso la decisione impugnata presenta gravi manchevolezze, debitamente evidenziate in ambedue i ricorsi, con particolare riguardo alla totale assenza di considerazione per la circostanza, affatto pacifica, che il M. aveva presentato da diversi anni all'Enel richiesta di potenziamento dell'impianto elettrico, proprio per conferire maggiore potenza all'impianto antincendio richiesta rimasta inevasa, per ragioni e per un arco temporale di cui la Corte di merito non fornisce alcuna illustrazione di contro, deve osservarsi che la documentazione allegata al ricorso dell'imputato rende evidente che egli si era tempestivamente attivato in tal senso, e che non vi sono elementi di alcun tipo per ritenere che la mancata definizione della pratica da parte dell'Enel fosse, in tutto o in parte, imputabile al M Anche sotto tale profilo, essendo pacifico che oggetto di addebito è il ritardo nello spegnimento dell'incendio, vi sono rilevanti carenze argomentative nella sentenza impugnata, che non affronta, neppure di passata, la questione delle ragioni per le quali l'Enel non aveva ancora proceduto, al momento del fatto, alla stipula di un contratto che consentisse all'interno del porticciolo l'erogazione di un più adeguato wattaggio di energia elettrica e, con essa, un più adeguato funzionamento dell'impianto antincendio a idranti già presente. Risultano a tal proposito apodittiche le valutazioni della Corte di merito in ordine all'esigenza che il M. dotasse il porticciolo di un impianto antincendio adeguato non solo in rapporto ai rischi ordinariamente presenti all'interno di un porticciolo, ma anche, come nella specie, con riguardo a un incendio doloso appiccato nottetempo all'interno di una struttura inaccessibile a terzi e sorvegliata a fronte della documentata attivazione, da parte dell'odierno ricorrente, per ottenere dall'Enel il potenziamento dell'impianto elettrico posto a servizio dell'impianto antincendio, le stesse aporie rinvenibili nella sentenza impugnata rendono evidente che ogni ulteriore condotta da parte dello stesso M. ivi compresa quella di impedire l'accesso di persone e di natanti all'interno della struttura nelle more dell'adeguamento dell'impianto elettrico sarebbe stata inesigibile in rapporto al rischio di eventi non collegati all'ordinario funzionamento della struttura, ma a condotte dolose estemporanee di soggetti introdottisi clandestinamente nottetempo all'interno di un porticciolo sottoposto a vigilanza, come tali non ordinariamente prevedibili. 2. Alla luce di quanto emerso circa la condotta effettivamente tenuta dal M. per ottenere l'adeguamento della potenza del suo impianto elettrico condotta, si ripete, ampiamente documentata dal medesimo in allegato al ricorso dallo stesso presentato , non può addebitarsi allo stesso la responsabilità dell'accaduto, legata a reato a lui non ascrivibile l'incendio doloso cagionato da ignoti e a una condotta omissiva asseritamente colposa in relazione alla quale difetta, quanto all'elemento oggettivo del reato, il nesso causale di tal che la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.