Cancellata la sanzione decisa dalla Prefettura nei confronti del conducente e del proprietario del veicolo. Decisiva la constatazione che la scritta contestata non era luminosa e quindi non potenzialmente pericolosa per i conducenti degli altri veicoli.
Legittima la scritta pubblicitaria sul veicolo del privato cittadino. Priva di fondamento, perciò, la multa decisa dalla Prefettura. A finire nel mirino sono conducente e proprietario – una società di pubblicità – di un veicolo caratterizzato, tra l'altro, da una scritta promozionale – non luminosa – relativa a un megastore. Dalla Prefettura ritengono sacrosanta la sanzione amministrativa. Ciò alla luce della evidente violazione dell' articolo 23 del Codice della strada , ossia per la pubblicità realizzata – per il megastore – con la scritta sul veicolo. Questa valutazione, condivisa dal Giudice di Pace, è respinta invece dai giudici del Tribunale, i quali precisano che il Codice della strada disciplina «l'apposizione di scritte o insegne rifrangenti, consentite nei soli limiti previsti» mentre «è sempre consentita l'apposizione sui veicoli di scritte o di insegne non luminose ». Dal Tribunale, quindi, arriva una censura nei confronti della Prefettura. A sancire la vittoria del conducente e del proprietario del veicolo provvedono infine i Giudici della Cassazione, i quali respingono definitivamente le obiezioni proposte dalla Prefettura. In premessa viene richiamato il ragionamento compiuto in Tribunale, laddove si è osservato che, Codice della strada alla mano, «è vietata l'apposizione di iscritte o insegne pubblicitarie luminose sui veicoli» mentre «è consentita quella di scritte o insegne pubblicitarie rifrangenti», entro determinati limiti e a determinate condizioni, «purché sia escluso ogni rischio di abbagliamento o di distrazione dell'attenzione nella guida per i conducenti degli altri veicoli». In sostanza, la previsione normativa contiene due precetti, ossia «il divieto di apposizione di scritte o insegne pubblicitarie luminose e la legittimità di quelle rifrangenti, nei limiti previsti dal regolamento». Di conseguenza, si può ritenere acclarato che il Codice della strada stabilisce a priori «la legittimità dell'apposizione di scritte e insegne non luminose» sui veicoli. Evidente, quindi, l'abbaglio preso dalla Prefettura, poiché «è mancata la contestazione della rifrangenza della scritta apposta sul veicolo». In sostanza, è stata introdotta, spiegano i Giudici, «una ipotesi di illecito non prevista dalla norma primaria» che invece ha solo «stabilito dei limiti alla consentita apposizione di scritte o messaggi pubblicitari non luminosi». Cadono completamente, quindi, i presupposti per la sanzione emessa dalla Prefettura, sanzione ora cancellata in modo definitivo.
Presidente Di Virgilio – Relatore Falaschi Svolgimento del processo G.G. e omissis s.r.l. proponevano opposizione avverso verbale di contestazione intimato dalla Prefettura di Brescia ad entrambi, rispettivamente, quale conducente/trasgressore, il primo, e quale proprietaria del veicolo, la seconda, per violazione dell' articolo 23 C.d.S. , per avere, alla guida di veicolo ad uso speciale effettuato pubblicità non luminosa per conto della omissis s.p.a., che veniva respinta dal Giudice di pace di Brescia. In virtù di rituale impugnazione interposta dagli originari opponenti, il Tribunale di Brescia, accoglieva il gravame ritenendo che l' articolo 23 C.d.S. , disciplinasse l'apposizione di scritte o insegne rifrangenti, consentite nei soli limiti previsti dal regolamento, mentre si era al di fuori della norma invocata dall'Amministrazione nei casi di apposizione su veicoli di scritte o di insegne non luminose, che doveva ritenersi sempre consentita. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre l'Amministrazione sulla base di un unico motivo. Non hanno svolto difese gli intimati. Ritenuto che il ricorso potesse essere accolto, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all'articolo 380 bis c.p.c., in relazione all' articolo 375 c.p.c. , comma 1, numero 5 , su proposta del relatore, regolarmente comunicata al difensore della ricorrente, il presidente ha fissato l'adunanza della Camera di consiglio. Fissata adunanza camerale in data 17 aprile 2019, con ordinanza interlocutoria numero 27324/2019, la causa veniva rinviata a nuovo ruolo per essere rimessa alla trattazione in pubblica udienza per la rilevanza di definire in via nomofilattica il principio di legalità in tema di illecito amministrativo, da coniugarsi con le previsioni di norme secondarie integrative del precetto contenuto nella norma primaria. In prossimità dell'udienza - fissata ai sensi del D.L. numero 137 del 2020, articolo 23, conv. con modificaz. in L. numero 176 del 2020 , senza che parte ricorrente nè il P.G. depositassero istanza per la trattazione della causa in pubblica udienza sicché la stessa è stata riservata alla trattazione in adunanza camerale non partecipata - sono state acquisite le conclusioni della Procura Generale, motivate nel senso del rigetto del ricorso, ritualmente comunicate alla parte ricorrente. Considerato in diritto Con l'unico motivo la Prefettura deduce la violazione e la falsa applicazione dell' articolo 23 C.d.S. , comma 2 e articolo 57 del relativo regolamento lamentando che il giudice del gravame abbia ritenuto illegittimo l'articolo 57 del Regolamento di attuazione del C.d.S. in riferimento all' articolo 23 C.d.S. , così disapplicandolo, per prevedere che la pubblicità sulle autovetture private sarebbe consentita unicamente per l'apposizione del marchio e della ragione sociale della ditta cui appartiene il veicolo, pur ammettendo che i precetti della legge sufficientemente individuati possano essere etero-integrati da norme regolamentari. Il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi e con esso lo stesso ricorso. Ebbene pur vero che sulla scorta di una consolidata giurisprudenza la riserva di legge sancita dalla L. numero 689 del 1981, articolo 1, se non consente che una fonte subprimaria possa autonomamente stabilire una sanzione amministrativa cfr. Cass. 26 aprile 2006 numero 9584 , consente però che la legge statale o regionale preveda l'integrazione del precetto da parte di fonti non legislative di recente confermato da Cass. 2 marzo 2016 numero 4114 , purché siano dalla legge sufficientemente individuati e siano eterointegrati da norme regolamentari, in virtù della particolare tecnicità della dimensione in cui le fonti secondarie sono destinate ad operare v. per varie applicazioni, condivisibilmente, Cass. 1 giugno 2010 numero 13344 Cass. 4 marzo 2011 numero 5243 . Tuttavia nella specie la sentenza gravata nel riferire che ai sensi dell' articolo 23 C.d.S. , comma 2. È vietata l'apposizione di iscritte o insegne pubblicitarie luminose sui veicoli. È consentita quella di scritte o insegne pubblicitarie rifrangenti nei limiti e alle condizioni stabiliti dal regolamento, purché sia escluso ogni rischio di abbagliamento o di distrazione dell'attenzione nella guida per i conducenti degli altri veicoli , dà conto che la previsione normativa contiene due precetti, il divieto di apposizione di scritte o insegne pubblicitarie luminose e la legittimità di quelle rifrangenti nei limiti previsti dal regolamento. La decisione poi chiarisce che la norma regolamentare successiva, l' articolo 57 C.d.S. , comma 1, completa la fattispecie stabilendo la legittimità senza alcun tipo di accertamento per cui sono consentite sempre dell'apposizione di scritte e insegne non luminose. Così inquadrata la fattispecie a livello normativo, il giudice del gravame statuisce la mancata contestazione della rifrangenza della scritta e/o insegna apposta sul veicolo per conto della omissis s.p.a., come si desume là dove ritiene che nel caso in esame sia stata in realtà introdotta una ipotesi di illecito non prevista dalla norma primaria per avere stabilito dei limiti alla apposizione di scritte e/o messaggi pubblicitari non luminosi che la norma primaria ritiene consentita, senza stabilire alcun limite e senza prevedere alcun rinvio alla norma secondaria per la regolamentazione dei casi di ammissibilità v. pag. 3 della sentenza impugnata . E del resto che la contestazione sia in tal senso lo riconosce la medesima ricorrente la quale afferma che con verbale di accertamento del 15.02.2014 la Polizia Stradale di … ha contestato agli intimati l'avere effettuato alla guida di veicolo ad uso speciale - adibito ad uso proprio - pubblicità non luminosa per conto terzi a titolo oneroso v. pag. 1 del ricorso . Ne consegue che essendo le difese della Prefettura nell'unica censura tutte indirizzate a dolersi della individuazione della fattispecie contestata nel senso della rifrangenza delle insegne pubblicitarie apposte sul veicolo adito ad uso speciale, essa appare fuori quadro rispetto all'ordito motivazionale che fa riferimento a pubblicità non luminosa e non già a quella rifrangente. Ed anche a volere interpretare il motivo nel senso della contestazione della pubblicità non luminosa effettuata su mezzo ad uso speciale per conto terzi a titolo oneroso risulta trattarsi di questione che nella sua estrema genericità prospetta anche profili di novità, neanche chiarendo quando e dove la problematica della onerosità sarebbe stata introdotta dalla ricorrente nel corso del giudizio di merito. Conseguentemente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Non occorre provvedere al regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione posto che G.G. e … s.r.l., intimati, in questa fase, non ha svolto attività giudiziale. Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte dell'Amministrazione pubblica ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, in quanto trattandosi di tributo come precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza numero 9840 del 5 maggio 2011 sulla scia di quanto già stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza numero 73 del 2005 , al pari del primo, non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e delle tasse che gravano sul processo cfr. Cass. numero 1778 del 2016 . P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso.