«Ferma restando la pronuncia dichiarativa della cessazione degli effetti civili del matrimonio, ormai passata in giudicato, rimane da definire, nella sostanza, una questione di rilevanza esclusivamente patrimoniale, ma ancora siscettibile di produrre effetti sulla sfera giuridica delle parti e anche dei loro eredi».
La Suprema Corte, con ordinanza interlocutoria numero 1814/2022 ha deciso sul ricorso presentato dal ricorrente C.U., ex marito della controriccorente T.M.P., su una vicenda legata all'assegno divorzile di mantenimento, a seguito del decesso di uno dei due coniugi. Nel 2013, il Tribunale di primo grado, rigettava il ricorso di U.C. avverso il decreto con il quale chiedeva la riduzione dell'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge, avendo quest'ultima raggiunto una idonea sufficienza economica dopo la sentenza di divorzio. Successivamente, nel 2019, la Corte di Appello di Messina, riduceva parzialmente l'assegno divorzile, osservando che l'ex moglie avesse ottenuto una cospicua cifra, a seguito della vendita dell'abitazione comune. Il ricorrente sottoponeva poi la vicenda alla Corte di Cassazione, adducendo molteplici motivazioni. Tuttavia, il sopraggiungere della morte del ricorrente, ha posto la questione sotto una luce diversa. Il Collegio, infatti, ha dovuto prendere atto dell'evento per comprendere se la morte del coniuge obbligato al pagamento dell'assegno divorzile determinasse, o meno, la cessazione della materia del contendere. Questa Corte, con la suddetta ordinanza interlocutoria, ha tenuto conto degli orientamenti giurisprudenziali della stessa, affermando che «ferma restando la pronuncia dichiarativa della cessazione degli effetti civili del matrimonio, ormai passata in giudicato, rimane da definire, nella sostanza, una questione di rilevanza esclusivamente patrimoniale, ma ancora siscettibile di produrre effetti sulla sfera giuridica delle parti e anche dei loro eredi». Ne consegue la rimessione della causa al Primo Presidente, per l'eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite.
Presidente Ferro – Relatore Caiazzo Rilevato che il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto rigettò il ricorso proposto da C.U. avverso il decreto emesso il 12.3.19 tendente ad ottenere la revoca dell'assegno divorzile di Euro 2240,00 mensili a favore di T.M.P. sul presupposto che quest'ultima aveva raggiunto la sufficienza economica dopo la sentenza di divorzio del 13.6.13 il Tribunale ritenne che non era stata provata la stabile convivenza della T.con un compagno e che era irrilevante il godimento della quota di TFS percepito dall'ex marito in quanto non idonea ad alterare l'equilibrio dei rapporti economici tra le parti con decreto del 29.11.19, la Corte d'appello di Messina ha accolto parzialmente il reclamo del C. riducendo l'assegno divorzile mensile alla somma di Euro 500,00, osservando che a ricorrevano fatti nuovi ex articolo 710 c.p.c., consistenti nell'aver l'ex-moglie percepito la somma di Euro 400.000,00 per la vendita della casa comune -avendone incassato la quota del 50%- unitamente alla stessa quota del TFS del reclamante, fatto che permetteva alla beneficiaria di migliorare la propria situazione patrimoniale b era da escludere che i rilevati fatti sopravvenuti legittimassero tuttavia la revoca dell'assegno ricorre in cassazione con tre motivi, illustrati con memoria T.M.P. resiste con controricorso. Ritenuto che Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione della L. numero 898 del 1970, articolo 5 e 9, per aver la Corte d'appello ritenuto sussistere i presupposti dell'assegno divorzile, pur avendone ridotto l'importo, travisando le finalità di tale assegno, la cui funzione assistenziale, compensativa e perequativa richiedeva l'inadeguatezza dei mezzi o comunque l'impossibilità dell'ex-coniuge di procurarseli per ragioni oggettive al riguardo, il ricorrente si duole che la Corte territoriale non abbia ritenuto che la disponibilità, da parte dell'ex-moglie, di vari cespiti patrimoniali e delle somme derivanti dalla vendita della casa comune e dalla quota di TFS del ricorrente, non legittimassero la revoca dell'assegno divorzile il secondo motivo deduce la nullità del decreto impugnato, ex articolo 132 c.p.c., numero 4, avendo la Corte d'appello omesso una specifica motivazione in ordine alla quantificazione della riduzione dell'assegno divorzile, pur disposta il terzo motivo denunzia violazione e falsa applicazione della L. numero 898 del 1970, articolo 9, per aver la Corte d'appello disposto la decorrenza della riduzione dell'assegno divorzile dall'emanazione del decreto e non dal deposito del ricorso introduttivo il Collegio prende atto che, nelle more dell'odierno ricorso per cassazione, è deceduto il ricorrente, come idoneamente documentato tale evento sopravvenuto pone la questione, già dibattuta nella giurisprudenza di questa Corte, se la morte del coniuge obbligato al pagamento dell'assegno divorzile determini o meno la cessazione della materia del contendere si tratta di questione, da configurare come logicamente preliminare, che va esaminata d'ufficio rispetto alla disamina dei vari motivi del ricorso al riguardo, è necessario un breve excursus degli orientamenti giurisprudenziali formatisi sulla questione secondo un primo orientamento, per il quale il diritto al mantenimento ha natura patrimoniale speciale poiché, come previsto dall'articolo 447 c.c., esso è indisponibile e incedibile e ha carattere strettamente personale, la morte del soggetto obbligato, avvenuta durante il corso del giudizio, non determina la cessazione della materia del contendere, permanendo l'interesse della parte richiedente l'assegno al credito avente ad oggetto le rate scadute anteriormente alla data del decesso dell'avente diritto per tale tesi, se è vero che la morte di uno dei coniugi determina la cessazione della materia del contendere nel giudizio di separazione e di divorzio in conseguenza del venir meno, per ragioni naturali, dello status, in quanto tale intrasmissibile agli eredi, deve osservarsi che la pronuncia sulla cessazione degli effetti civili del matrimonio religioso integra un capo autonomo della sentenza che, in difetto di impugnazione, passa in giudicato anche in pendenza di gravame contro le statuizioni sull'attribuzione e sulla quantificazione dell'assegno cfr. Cass. numero 4092/18 numero 26498/17 il procedimento per la definizione delle questioni di rilevanza patrimoniale, pertanto, non si estingue per cessazione della materia del contendere, ma prosegue, nonostante il decesso di uno dei coniugi, avendo riflessi sulla sfera giuridica delle parti e dei loro eredi Cass., numero 8874/13 a supporto di tale indirizzo, la sentenza numero 16951 del 2014 ha ribadito che a la pronuncia sulla cessazione degli effetti civili del matrimonio integra un capo autonomo della sentenza che, in difetto d'impugnazione, passa in giudicato anche in pendenza di gravame contro le statuizioni sull'attribuzione e sulla quantificazione dell'assegno b il procedimento per la definizione delle questioni di rilevanza patrimoniale non si estingue per cessazione della materia del contendere, ma prosegue, nonostante il decesso di uno dei coniugi c la morte di uno dei coniugi determina la cessazione della materia del contendere nel giudizio di separazione e di divorzio in conseguenza del venir meno, per ragioni naturali, dello status, in quanto tale intrasmissibile agli eredi, ma altra è la situazione nel caso in cui la sentenza dichiarativa della cessazione degli effetti civili del matrimonio sia già stata pronunciata e il giudizio di legittimità prosegue, anche unicamente per la determinazione dell'assegno osserva il Collegio che, nella vicenda di specie decisa il giudizio di legittimità non interessato dal citato evento interruttivo Cass. 23 gennaio 2006, numero 1257 , così come il precedente grado di appello, proseguiva unicamente per la determinazione dell'assegno, così comportando la necessità di definire una questione di rilevanza esclusivamente patrimoniale, non priva di riflessi sulla sfera giuridica delle parti e dei loro eredi si è affermato, quindi, il principio secondo cui, ferma restando la pronuncia dichiarativa della cessazione degli effetti civili del matrimonio, ormai passata in giudicato, rimane da definire, nella sostanza, una questione di rilevanza esclusivamente patrimoniale ma ancora suscettibile di produrre effetti sulla sfera giuridica delle parti e anche dei loro eredi a fronte di tale orientamento, si è affermato un diverso indirizzo secondo cui la morte di uno dei coniugi, sopravvenuta in pendenza del giudizio di separazione personale o di divorzio, anche nella fase di legittimità, comporta invece la declaratoria di cessazione della materia del contendere, con riferimento al rapporto di coniugio e a tutti i profili economici connessi l'evento-morte ha così l'effetto di travolgere ogni pronuncia in precedenza emessa e non ancora passata in giudicato Cass., 29 gennaio 1980, numero 661 Cass., 18 marzo 1982, numero 1757 Cass., 3 febbraio 1990, numero 740 Cass., 4 aprile 1997, numero 2944 Cass., 27 aprile 2006, numero 9689 Cass., 20 novembre 2008, numero 27556 Cass., 26 luglio 2013, numero 18130 Cass., 8 novembre 2017, numero 26489 Cass., 2 dicembre 2019, numero 31358 la tesi alla base di tale seconda opzione ricostruttiva è che, intervenuto il passaggio in giudicato della sentenza non definitiva di divorzio, la morte del coniuge, anche nel corso del giudizio di legittimità, fa cessare la materia del contendere in relazione altresì alle domande accessorie, compreso il giudizio sulla richiesta di assegno divorzile, posto che solo ragioni di complessità istruttoria giustificano la pronuncia differita sulle domande accessorie ma le stesse ragioni non possono integrare una deroga al principio per cui l'obbligo di contribuire al mantenimento dell'ex coniuge è personalissimo e non trasmissibile agli eredi, potendo essere accertato solo in relazione all'esistenza della persona cui lo status personale si riferisce Cass., numero 33346/17 in particolare, con la sentenza 12 dicembre 2017, numero 29669, la Corte - confermando il principio - ha tuttavia precisato che la morte di uno dei coniugi, in pendenza di giudizio di separazione personale, comporta la declaratoria di cessazione della materia del contendere e travolge tutte le precedenti pronunce emesse non ancora passate in giudicato, anche con riferimento alle istanze accessorie circa la regolamentazione dei rapporti patrimoniali attinenti alla cessazione della convivenza, mentre restano salve le domande autonome che, proposte nello stesso giudizio, riguardano diritti e rapporti patrimoniali indipendenti dalla modificazione soggettiva dello status, già acquisiti al patrimonio dei coniugi, e nei quali subentrano gli eredi da tale secondo indirizzo scaturisce una duplice conseguenza per un verso, deve ritenersi improseguibile, nei confronti degli eredi del coniuge, l'azione intrapresa per il riconoscimento del diritto all'assegno divorzile per altro verso, gli eredi non possono subentrare nella posizione processuale del coniuge obbligato al fine di fare accertare l'insussistenza del suo obbligo di contribuire al mantenimento e di ottenere la restituzione delle somme versate sulla base di provvedimenti interinali o non definitivi ciò premesso, la questione sottoposta dal caso in esame è, dunque, se il coniuge divorziato abbia o meno diritto all'assegno divorzile che non sia stato riconosciuto giudizialmente sia nella sua esistenza, sia nel suo ammontare per la sopravvenuta morte del coniuge obbligato, pur essendo passata in giudicato la statuizione sullo status di divorziato assunta con sentenza non definitiva al riguardo, giova rilevare che è stata già rimessa alle Sezioni Unite, con ordinanza del 20.10.2021, numero 30750/21, una questione connessa a quella in trattazione odierna e se pur non sovrapponibile, afferente al riconoscimento a favore del coniuge divorziato della pensione di reversibilità o di una sua quota , nel caso in cui il diritto all'assegno divorzile non sia stato ancora accertato per la sopravvenuta morte del soggetto obbligato, pur essendo passata in giudicato la statuizione sul divorzio la questione qui in esame, a sua volta, appare di particolare importanza ai fini nomofilattici, come emerge dalla riferita non univoca giurisprudenza di legittimità e da dubbio già sollevato, anche in vista dei suoi risvolti pratici, poiché si articola in due possibili soluzioni, a fronte di un'autonomia della fattispecie anche rispetto a quella già devoluta alle Sezioni Unite a il decesso dell'ex-coniuge obbligato al versamento dell'assegno divorzile comporta ineluttabilmente la cessazione della materia del contendere, intesa come indissolubilmente connessa all'estinzione dello status di ex coniuge, quale centro d'imputazione di un'obbligazione patrimoniale nei confronti dell'altro ex-coniuge b tale decesso, pur implicando l'estinzione del suddetto status, comporta una limitata ultrattività di tale obbligo, connesso anche alla definitività della sentenza dichiarativa della cessazione degli effetti civili del matrimonio da cui lo stesso obbligo trae origine, seconda opzione incentrata su prevalenti valori solidaristici nei confronti dell'ex-coniuge avente diritto all'assegno, nell'ambito dell'articolo 2 Cost., che non sarebbero così vanificati dal decesso dell'obbligato per quanto esposto, gli atti vanno trasmessi al Primo Presidente della Corte perché valuti se rimettere la causa alle Sezioni Unite anche quale questione di massima di particolare importanza. P.Q.M. La Corte rimette gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite e dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella ordinanza stessa.