Indennità temporanea: impossibile riconoscerla in epoca precedente alla data di denuncia della malattia

Da rivedere i benefici riconosciuti a un lavoratore colpito da una patologia psichica di natura professionale. Decisivo fare riferimento alla data in cui egli ha presentato ufficialmente denuncia della malattia.

Impossibile riconoscere al lavoratore l'indennità per l'inabilità temporanea in epoca precedente alla data della denuncia di malattia da lui presentata con tanto di certificato medico. Presa di posizione pro lavoratore nei giudizi di merito. Sia in primo che in secondo grado, difatti, viene accolta la domanda da lui proposta e mirata ad ottenere «l'accertamento della natura professionale della malattia psichica da lui contratta» con conseguente «condanna dell'istituto al pagamento delle prestazioni di legge relative ai postumi – pari al 6% – ed alla invalidità temporanea dal 21 marzo al 16 ottobre del 2001». In particolare, in Appello viene sottolineato che «il lavoratore è stato effettivamente esposto al rischio morbigeno della costrittività organizzativa» e per questo «ha contratto la sindrome da disadattamento cronico, con ansia ed umore depresso misti», essendo, peraltro, lui «un soggetto affetto da combinazione di disturbo ansioso-depressivo persistente di grado moderato». Evidente, quindi, non solo il danno subito dal lavoratore, alla luce delle tabelle stabile dall'INAIL, ma anche «l'inabilità temporanea assoluta» da lui subita per ben sei mesi. Nel contesto della Cassazione, però, il legale che rappresenta l'INAIL sottolinea, calendario alla mano, alcune anomalie nella decisione emessa dalla Corte d'Appello. In prima battuta egli evidenzia che «è stato riconosciuto» al lavoratore «il diritto all'indennità temporanea dal 21 marzo 2001 al 16 ottobre 2001, cioè in epoca precedente alla data della denuncia di malattia, dichiarata con certificato medico datato il 18 maggio 2004 e ricevuto dall'istituto il 28 giugno 2004». Allo stesso tempo, il legale contesta anche «il diritto del lavoratore a percepire le  prestazioni economiche di legge conseguenti al danno biologico del 6% per la malattia professionale denunciata», osservando che non è stata indicata «una specifica decorrenza» ma la si è fatta decorrere «dalla data della cessazione dell'inabilità temporanea assoluta – cioè il 16 ottobre 2001 – anziché dal giorno della domanda amministrativa – cioè il 18 maggio 2004 –», domanda ricevuta dall'istituto il 28 giugno 2004. Per il legale dell'INAIL è lapalissiano che «nessuna prestazione» in favore del lavoratore «poteva decorrere anticipatamente rispetto alla data in cui era stata presentata la domanda all'istituto». Tutte queste osservazioni convincono i Giudici della Cassazione, i quali ribadiscono «l'essenzialità della data in cui viene effettuata la denuncia di infortunio al fine di accertare la decorrenza del diritto alle prestazioni, cioè indennità per inabilità temporanea assoluta e per inabilità permanente». I magistrati ricordano, normativa alla mano, che «l'assicurato è tenuto a dare immediata notizia di qualsiasi infortunio gli accada, anche se di lieve entità, al proprio datore di lavoro. Quando l'assicurato abbia trascurato di ottemperare all'obbligo predetto ed il datore di lavoro, non essendo venuto altrimenti a conoscenza dell'infortunio, non abbia fatto la denuncia, non è corrisposta l'indennità per i giorni antecedenti a quello in cui il datore di lavoro ha avuto notizia dell'infortunio», e aggiungono che «la denuncia della malattia deve essere fatta dall'assicurato al datore di lavoro entro il termine di quindici giorni dalla manifestazione della malattia, sotto pena di decadenza del diritto all'indennizzo per il tempo antecedente la denuncia». Inoltre, si fa riferimento alla richiesta dell'assicurato all'istituto assicuratore quale «elemento sempre necessario». In sostanza, in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, «il lavoratore non acquista il diritto soggettivo alla prestazione indennitaria in difetto della propria iniziativa ossia della denuncia o della notizia dell'infortunio comunque pervenuta al datore di lavoro». Per ulteriore chiarezza, i Giudici, quanto alla rilevanza dell'ipotesi in cui la notizia dell'evento lesivo della salute sia stata fornita al datore di lavoro, ribadiscono che «il lavoratore può limitarsi a comunicarne l'esistenza al datore di lavoro, manifestando con chiarezza la volontà di fare valere il diritto alla prestazione previdenziale, senza che rilevi che non abbia inoltrato una specifica domanda amministrativa e non abbia inviato la documentazione medica riguardante le sue patologie, ove questa già sia in possesso del datore di lavoro, o che quest'ultimo non abbia trasmesso all'INAIL, pur essendovi obbligato, l'istanza del lavoratore medesimo». Infine, quanto alla decorrenza dell'indennizzo relativo alla inabilità permanente, va ribadito, spiegano i Giudici, che «la decorrenza della prestazione va fissata dal momento della cessazione del periodo di inabilità temporanea assoluta, essendo all'epoca già presenti le condizioni sanitarie rilevanti nella misura riconosciuta. Quand'anche una domanda amministrativa ulteriore sia presentata dall'assistito al fine della commisurazione del danno a percentuale più elevata rispetto a quella riconosciuta dall'amministrazione, la decorrenza della prestazione nella maggior misura riconosciuta va ancorata in ogni caso alla data della cessazione del periodo di inabilità assoluta, e non a quello della ulteriore domanda amministrativa, in quanto sin da quel momento vi erano le condizioni sanitarie rilevanti per la prestazione». Evidente, quindi, l'errore compiuto in appello, concludono dalla Cassazione, poiché si è fatto decorrere «l'indennità temporanea dal 21 marzo 2001 invece che dalla denuncia della malattia da parte del lavoratore».

Presidente Berrino – Relatore Calafiore Fatti di causa Con sentenza numero 3 del 2016, la Corte d'appello di Bologna ha rigettato l'impugnazione proposta dall'INAIL avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda di M.D. tesa ad ottenere l'accertamento della natura professionale della malattia psichica contratta dai medesimo con condanna dell'Istituto al pagamento delle prestazioni di legge relative a postumi pari al 6% ed alla invalidità temporanea dal 21 marzo al 16 ottobre 2001. Ad avviso della Corte territoriale, disattesa l'eccezione di tardività dell'impugnazione, notificata il 9 marzo 2012, per decorso del termine breve di trenta giorni decorrenti dalla data di notifica della sentenza di primo grado avvenuta il 13 dicembre 2011, in quanto era stato notificato il solo dispositivo, la consulenza tecnica d'ufficio, rinnovata in secondo grado, aveva accertato che il ricorrente era stato effettivamente esposto al rischio morbigeno della “ costrittività organizzata” e che il medesimo aveva contratto la sindrome da disadattamento cronico del sottotipo F4322, con ansia ed umore depresso misti, in soggetto affetto da combinazione di disturbo ansioso depressivo persistente di grado moderato, dal quale derivava un danno pari al 6% in applicazione delle tabelle Inail, confermandosi che l'inabilità temporanea assoluta era stata pari a 180 giorni a decorrere dal 21 marzo 2001. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione l'INAIL sulla base di tre motivi. M.D. ha resistito con controricorso. Ragioni della decisione Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione del T.U. numero 1124 del 1965, articolo 52, in relazione allo stesso testo, articolo 66, dal momento che era stato riconosciuto il diritto all'indennità temporanea dal 21 marzo 2001 al 16 ottobre 2001 e cioè in epoca precedente alla data della denuncia di malattia, dichiarata con certificato medico datato il 18 maggio 2004 e ricevuto il 28 giugno 2004, come risultava dal certificato medico allegato agli atti. Tale circostanza era stata accertata e non contestata nel corso del giudizio ed era stata ribadita dall'INAIL nelle note difensive autorizzate depositate il 20 aprile 2011, successivamente al deposito della relazione della c.t.u., proprio per segnalare che l'inabilità temporanea assoluta non avrebbe potuto essere riconosciuta prima di tale data. La medesima circostanza, disattesa dal primo giudice, era poi stata dedotta nel ricorso in appello, nel secondo motivo, come emergeva dallo stralcio riprodotto in ricorso tratto dal ricorso allegato al ricorso per cassazione. Con il secondo motivo, si denuncia la violazione dell'articolo 135 t.u. numero 1124 del 1965 in relazione alla circostanza che la Corte d'appello aveva dichiarato il diritto del M. a percepire le prestazioni economiche di legge conseguenti al danno biologico del 6% per la malattia professionale denunciata, senza una specifica decorrenza, con ciò sostanzialmente facendola decorrere dalla data della cessazione dell'inabilità temporanea assoluta 16.10.2001 anziché dal giorno della domanda amministrativa 18 maggio 2004 . Anche in questo caso, come afferma il ricorrente riportando il contenuto degli atti del processo di merito ove era stata ribadita la data della comunicazione della denuncia di malattia del 28 giugno 2004. Il terzo motivo denuncia l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5 per aver omesso di considerare la circostanza decisiva secondo cui lo stesso M. aveva dichiarato, come riportato nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e nelle note difensive autorizzate atti allegati al ricorso per cassazione che la domanda era stata presentata il 18 maggio 2004 e nessuna prestazione poteva decorrere anticipatamente rispetto a tale data. Preliminarmente, va rilevata la infondatezza dell'eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal controricorrente, per violazione del termine cd. breve di sessanta giorni di cui all'articolo 325 c.p.c., in ragione della affermata tardività della notifica del ricorso per cassazione, avvenuta in via telematica il 14 luglio 2016, a fronte della notifica della sentenza impugnata che sarebbe avvenuta il 22 marzo 2016 e non il 6 giugno 2016, come dichiarato dal ricorrente. Invero, parte controricorrente ha sostenuto l'eccezione mediante la produzione della stampa attestante che il 22 marzo 2016, alle ore 17 36, da omissis è stato inviato a mezzo pec messaggio diretto omissis relativo alla notifica della sentenza M. /Inail, ai sensi della L. numero 53 del 1994, nonché con la stampa che attesta che il detto messaggio è stato accettato dal sistema ed inoltrato alle ore 17 40 37 dello stesso 22 marzo 2016. Ciò, tuttavia, non prova l'avvenuta notifica telematica della sentenza impugnata idonea a determinare il decorso del termine breve per l'impugnazione, giacché difetta la prova dell'avvenuta consegna del messaggio nella casella di posta del destinatario avendo questa Corte di legittimità affermato che qualora la notificazione della sentenza impugnata sia stata eseguita con modalità telematiche, a mezzo PEC dal difensore, la stessa si perfeziona unicamente al momento della generazione della ricevuta di avvenuta consegna RAC , vedi ex plurimis Sez. U, Sentenza numero 10266 del 27/04/2018, nello stesso senso, Cass. numero 17450 del 14/07/2017 Cass. numero 30765 del 22/12/2017 Cass. numero 35047 del 17/11/2021 . I motivi, tutti connessi dalla essenzialità della considerazione della data in cui venne effettuata la denuncia di infortunio al fine di accertare la decorrenza del diritto alle prestazioni indennità per inabilità temporanea assoluta e per inabilità permanente rivendicate, possono essere trattati congiuntamente e sono fondati. La giurisprudenza di questa Corte vedi Cassazione civile, sez. lav., 09/01/2004, numero 165 ha avuto modo di ricordare che, a norma del D.P.R. numero 1124 del 1965, articolo 52, l'assicurato è tenuto a dare immediata notizia di qualsiasi infortunio gli accada, anche se di lieve entità, al proprio datore di lavoro. Quando l'assicurato abbia trascurato di ottemperare all'obbligo predetto ed il datore di lavoro, non essendo venuto altrimenti a conoscenza dell'infortunio, non abbia fatto la denuncia ai termini dell'articolo successivo, non è corrisposta l'indennità per i giorni antecedenti a quello in cui il datore di lavoro ha avuto notizia dell'infortunio comma 1 . La denuncia della malattia deve essere fatta dall'assicurato al datore di lavoro entro il termine di giorni quindici dalla manifestazione di essa sotto pena di decadenza del diritto all'indennizzo per il tempo antecedente la denuncia comma 2 . Inoltre, la L. 7 agosto 1973, numero 533 disciplina delle controversie individuali di lavoro e delle controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie fa riferimento alla richiesta dell'assicurato all'Istituto assicuratore quale elemento sempre necessario salva diversa disposizione di legge. Questa Corte nella decisione citata ha affermato che si tratta di norma generale, ulteriormente specificata nei diversi ordinamenti previdenziali e, per quanto concerne l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, nel riportato articolo 52. Dunque, il lavoratore non acquista il diritto soggettivo alla prestazione indennitaria in difetto della propria iniziativa ossia della denuncia di cui all'art, 52 cit. o della notizia dell'infortunio comunque pervenuta al datore di lavoro , che per tale parte specifica la generale previsione dell'articolo 7 cit Pertanto, è onere dell'attore in giudizio di fornire la prova degli elementi costitutivi del diritto soggettivo affermato articolo 2697 c.c. ed il giudice deve prendere atto degli elementi risultanti ex actis cfr. Cass. 17 aprile 2003 numero 6194 . Più recentemente, Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 06/12/2017, numero 29250, quanto alla rilevanza dell'ipotesi in cui la notizia dell'evento lesivo della salute sia stata fornita al datore di lavoro, ha affermato che il lavoratore può limitarsi a comunicarne l'esistenza al datore di lavoro, manifestando con chiarezza la volontà di fare valere il diritto alla prestazione previdenziale, senza che rilevi, ai fini della proponibilità della domanda in sede giurisdizionale, che non abbia inoltrato una specifica domanda amministrativa e non abbia inviato la documentazione medica riguardante le sue patologie, ove questa già sia in possesso del datore di lavoro, o che quest'ultimo non abbia trasmesso all'Inail, pur essendovi obbligato, l'istanza del lavoratore medesimo. Quanto, poi, alla decorrenza dell'indennizzo relativo alla inabilità permanente, regolata dal D.P.R. numero 1124 del 1965, articolo 74 non modificato dal D.Lgs. numero 38 del 2000, che ha inciso sulle percentuali rilevanti ma non anche sul dies a quo delle prestazioni questa Corte ha ribadito che la decorrenza della prestazione va fissata dal momento della cessazione del periodo di inabilità temporanea assoluta, essendo all'epoca già presenti le condizioni sanitarie rilevanti nella misura riconosciuta. Quand'anche una domanda amministrativa ulteriore sia presentata dall'assistito al fine della commisurazione del danno a percentuale più elevata rispetto a quella riconosciuta dall'amministrazione, la decorrenza della prestazione nella maggior misura riconosciuta va ancorata in ogni caso alla data della cessazione del periodo di inabilità assoluta, e non a quello della ulteriore domanda amministrativa, in quanto sin da quel momento vi erano le condizioni sanitarie rilevanti per la prestazione Cass. 03/08/2020, numero 16606 . La sentenza qui impugnata, la quale ha fatto decorrere l'indennità temporanea dal 21 marzo 2001 invece che dalla denuncia della malattia da parte del lavoratore, secondo le modalità sopra indicate, va quindi cassata con rinvio perché si effettui l'accertamento sopra indicato, a ciò dovendo provvedere la Corte d'appello di Bologna in diversa composizione, giudice di rinvio, che deciderà anche in ordine alle spese. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Bologna in diversa composizione.