L’interpretazione dell’articolo 67, comma 3, lett. a , l.fall., è nel senso che non sono revocabili quei pagamenti i quali, pur avvenuti oltre i tempi contrattualmente previsti, siano stati, anche per comportamenti di fatto, eseguiti ed accettati in termini diversi, nell’ambito di plurimi adempimenti con le nuove caratteristiche, evidenziatesi già in epoca anteriore a quelli in discorso, i quali, pertanto, non possono più ritenersi pagamenti eseguiti in ritardo, ossia inesatti adempimenti, ma divengono esatti adempimenti l’onere della prova di tale situazione è, ai sensi dell’articolo 2967 c.c., in capo all’accipiens.
Con l'ordinanza numero 608 dell'11 gennaio 2022 il S.C. chiarisce, nel solco della pregressa giurisprudenza in materia, il significato dell'espressione “termini d'uso”, quale condizione per esentare un pagamento così effettuato nell'ambito dell'attività di impresa, dalla revocatoria fallimentare. Il caso. La vicenda definita con il provvedimento in esame – con una decisione di rinvio alla Corte territoriale alla stregua della massima in epigrafe – concerne l'azione revocatoria promossa dal fallimento verso alcuni pagamenti effettuati dalla società in bonis ad una società con la quale intratteneva rapporti commerciali. Quest'ultima, in particolare, nei giudizi di merito, sosteneva la riconducibilità dei pagamenti revocati ad attività ordinaria di impresa, con adempimenti definiti tra le parti secondo una prassi costante e ripetuta nel tempo, anche in difformità dagli accordi contrattuali. Il S.C., al riguardo, cassando la decisione di impugnata, rimette la causa alla Corte di Appello in diversa composizione, sostenendo che la Corte territoriale avrebbe dovuto non solo verificare la disciplina negoziale originaria, ma anche accertare se, in base a tutti i mezzi di prova offerta, tra le parti si fosse instaurata una prassi di fatto, modificativa degli accordi a suo tempo conclusi l'affermarsi di tale prassi, peraltro, avrebbe così consentito l'adempimento delle prestazioni pecuniari in tempi diversi e più lunghi, senza che fosse avanzata contestazione alcuna su tali modalità. Revocatoria e pagamenti secondo i termini di uso i casi di esenzione. Con l'espressione termini d'uso , secondo la prevalente giurisprudenza e come confermato dalla ordinanza in commento, si fa riferimento alle condizioni di tempo e di modo dei pagamenti, normalmente in uso tra contraenti e in concreto pattuiti tra le parti, sempre che siano mezzi fisiologici e usuali di pagamento. Le parti possono, ad esempio, convenire che le scadenze siano a 120 giorni piuttosto che a 60 giorni non possono, invece, divenire termini d'uso prassi patologiche e forme anomale di pagamento, non concordate dalle parti all'inizio del rapporto negoziale. I pagamenti effettuati in ritardo rispetto alle scadenze convenute sono, invece, soggetti ad azioni revocatorie. Termini d'uso e concreta operatività dell'attività tra le parti. Si ha quindi esenzione dalla revocatoria con riferimento ai pagamenti eseguiti ed accettati anche difformemente dalle previsioni contrattuali, purché siano stati effettuati secondo tempi e modalità corrispondenti a quelli che hanno caratterizzato il rapporto tra le parti nel suo concreto svolgimento e siano riferibili alla normale attività dell'impresa. Pagamento nei termini d'uso solo se effettuato con modalità non anormali. Per essere considerato nei termini d'uso, il pagamento deve rientrare nelle normali relazioni commerciali intrattenute tra le parti e non presentare, quale ulteriore elemento in aggiunto al profilo temporale, profili di anormalità e atipicità in ordine alle modalità. In altri termini, il pagamento secondo termini d'uso deve avvenire con modalità tipiche dell'attività d'impresa, senza possibilità – quindi – di ritenere esentati i pagamenti effettuati con mezzi anormali, rispetto allo svolgimento dell'impresa stessa. Per pagamenti nei termini d'uso, quindi, si intendono quelli eseguiti, oltre che nei tempi utilizzati nella concreta pregressa attività commerciale, anche con un mezzo fisiologico ed ordinario. Pagamenti secondo termini d'uso solo se relativi ad attività ordinaria e non ad operazioni straordinarie. Analogamente, sono esenti dall'azione revocatoria, secondo quanto poc'anzi riferito, i pagamenti relativi a forniture di beni e servizi attinenti alla vita ordinaria e corrente dell'impresa ne restano, quindi, esclusi quelli afferenti ad operazioni straordinarie e/o estranee all'oggetto tipico dell'attività d'impresa ed all'ordinario esercizio dell'azienda. La ratio dell'esenzione ex articolo 67, comma 3, lett. a dalle posizioni della giurisprudenza come sopra esposte, si evince che la disposizione in questione ha l'obiettivo di salvaguardare lo svolgimento dell'attività ed impedire un'eccessiva limitazione dell'attività stessa, nel timore che i pagamenti così effettuati possano essere oggetto di revocatoria. Si vuole così garantire l'operatività dell'impresa con riferimento, ad esempio, ai fornitori di beni e servizi indispensabili nel ciclo produttivo dell'impresa in difficoltà, per limitare l'espansione a catena ai loro danni dell'insolvenza della loro clientela. La previsione in esame ha, quindi, come obiettivo, l'esigenza di evitare che il manifestarsi della crisi dell'impresa spinga i normali fornitori a sospendere o interrompere i rapporti commerciali in corso, così aggravandone il dissesto. Pagamenti secondo termini d'uso la rilevanza della prassi. Alla stregua di quanto testè riferito, ciò che appare indispensabile a far rilevare i pagamenti effettuati secondo “termini d'uso” è il verificarsi di comportamenti di fatto che divergono da quelli pattiziamente convenuti tra le parti nell'ambito di plurimi adempimenti, tali da fare ritenere instaurata una prassi, anteriore ai pagamenti oggetto di revocatoria, adeguatamente consolidata e stabile. Termini d'uso necessario verificare in concreto il rapporto tra le parti Per la valutazione corretta della sussistenza di un'ipotesi di esenzione della revocatoria, il rinvio dell'articolo 67, co. 3, lett. a , l.fall. ai “termini d'uso”, attiene alle modalità di pagamento proprie del rapporto tra le parti e non già alla prassi del settore economico di riferimento, dovendo il giudice di merito verificare anche l'eventuale sistematica tolleranza del creditore di ritardi nei pagamenti rispetto alle scadenze pattiziamente convenute. Al tempo stesso, vanno considerati revocabili quei pagamenti effettuati con un ritardo ben maggiore rispetto a quanto avvenuto e tollerato durante i rapporti commerciali intercorsi Pagamenti secondo termini d'uso ed onere della prova. Come anche ricordato dalla ordinanza in esame, la parte che abbia eccepito la non revocabilità dei pagamenti impugnati perché effettuati nell'esercizio dell'attività d'impresa nei termini d'uso ha l'onere di provare quali fossero le modalità di pagamento concretamente invalse con il debitore, dovendo il giudice di merito verificare anche l'eventuale sistematica tolleranza del creditore di ritardi nei pagamenti rispetto alle scadenze pattiziamente convenute.
Presidente Bisogni – Relatore Campese Fatti di causa 1. Con sentenza del 23 maggio 2015, numero 4387, il Tribunale di Salerno, accogliendo la corrispondente domanda del fallimento omissis s.p.a. in liquidazione, dichiarò inefficaci, L. Fall., ex articolo 67, comma 2, i pagamenti effettuati dalla menzionata società in bonis alla Divispack s.r.l. nel semestre anteriore al fallimento della prima pronunciato il omissis . Condannò, per l'effetto, la medesima Divispack s.r.l. alla restituzione, in favore del fallimento, della somma di Euro 66.261,40, oltre interessi. 1.1. Il gravame promosso dalla società da ultimo indicata contro questa decisione è stato respinto dalla Corte di appello di Salerno, con sentenza del 19/30 giugno 2020, numero 849, la quale, per quanto qui di residuo interesse i ha confermato la conoscibilità, in capo alla Divispack s.r.l., dello stato di insolvenza della omissis s.p.a. in liquidazione al momento dei predetti pagamenti ii ha escluso che, nella specie, potesse trovare applicazione l'ipotesi di esenzione dalla revocatoria prevista dalla L. Fall., articolo 67, comma 3, lett. a . 2. Avverso questa sentenza, la Divispack ricorre per cassazione, affidandosi a due motivi. Resiste, con controricorso, il fallimento, che deposita anche memoria ex articolo 380-bis c.p.c Ragioni della decisione 1. Le formulate doglianze prospettano, rispettivamente I Sulla conoscibilità dello stato di insolvenza, della L. Fall., articolo 67, comma 2. Motivazione insufficiente e contraddittoria. Violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Mancato esame delle prove testimoniali con erronea valutazione delle risultanze istruttorie . Si ascrive alla corte distrettuale di non aver fatto corretta applicazione delle norme relative alla prova della scientia decoctionis in capo all'accipiens. Si assume, in particolare, che la Divispack s.r.l. non avrebbe potuto conoscere gli elementi fattuali e presuntivi addotti dal fallimento a fondamento della scientia decoctionis, né la corte suddetta aveva esaminato le prove testimoniali e le difese esposte dall'appellante al fine di dimostrare l'insussistenza di un siffatto requisito II Sull'applicabilità delle cause di esenzione della revocatoria ai sensi della L. Fall., articolo 67, comma 3, lett. a . Pagamenti di beni e servizi fatti nell'esercizio di imprese nei termini d'uso . Motivazione insufficiente e contraddittoria. Violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Mancato esame delle prove testimoniali, con erronea valutazione delle risultanze istruttorie. Mancata valutazione della documentazione prodotta agli atti . Si insiste nell'affermare che, nella specie, doveva trovare applicazione l'ipotesi di esenzione dalla revocatoria prevista dalla L. Fall., articolo 67, comma 3, lett. a , posto che, come provato dai documenti depositati agli atti, dagli assegni e fatture di riferimento, dati partitati depositati dalla resistente e diversamente da quanto ritenuto dalla corte distrettuale, i pagamenti tra la Divispack s.r.l. e la OMISSIS s.p.a. in bonis avvenivano seguendo modalità ben definite e ripetute negli anni in base ad un accordo ben definito tra le parti e non lasciato alla discrezionalità del debitore. I pagamenti avvenivano a mezzo assegni postdatati ove già veniva indicato il termine di scadenza. Inoltre, la circostanza dell'accordo preventivo tra le parti, della tempistica di pagamento è stata provata anche a mezzo testi, circostanza non esaminata né dal giudice di primo grado e neppure da quello di appello. I termini di pagamento, così come provati e confermati anche a mezzo testi, erano oggetto di accordo tra le parti che normalmente li concordavano a 120 giorni fine mese data fattura. Laddove i termini di scadenza venivano derogati, erano sempre oggetto di convenzione tra le parti. Peraltro, i testi confermavano, oltre detta circostanza, che le modalità di pagamento su riferite duravano da oltre dieci anni . cfr. pag. 18 dell'odierno ricorso . 2. Il secondo motivo, il cui scrutinio si rivela logicamente prioritario rispetto a quello del primo, è fondato esclusivamente nei limiti di cui appresso. 2.1. Giova premettere che la corte distrettuale i ha dato atto che l'appellante ammette che i pagamenti avvenivano in deroga agli accordi commerciali, in un arco temporale che variava dai 150 ai 210 giorni dalla emissione della fattura e che, sempre secondo la Divispack s.r.l., tale situazione era tollerata dal 2008 ii ha ritenuto infondato il gravame sul punto anche perché non corrisponde, in effetti, alla concreta ragione della decisione, riposta in prime cure sul contrasto dell'evoluzione del rapporto con la ratio della norma invocata, perché espressione di una sostanziale rimessione del debitore dei tempi del pagamento, e non già dell'esigenza di favorire il rientro del debitore da un periodo pur consentito di difficoltà economica, purché contrassegnato da tempi contenuti, predefiniti e coordinati anche con le necessità particolari del creditore ii ha richiamato i principi resi da Cass. numero 25162 del 2016 iv ha affermato, infine, che . ciò non toglie che l'andamento impresso in concreto all'esecuzione del rapporto commerciale, per rientrare nelle cause di esclusione della revocatoria ai sensi della L. Fall., articolo 67, comma 3, deve rispondere a criteri di modifica predefiniti e rendere evidente la certezza dei tempi di esecuzione, ripetuta costantemente nella stessa tempistica, di tal ché sfuggono al concetto di prassi pagamenti effettuati in un arco temporale indefinito. Ancora in questa sede l'appellante omette di specificare i tempi del ritardo dei pagamenti e si limita a richiamare i partitati della OMISSIS prodotti dalla curatela, che, però, come osservato dall'appellata, non forniscono indicazioni di sistematicità nei ritardi e, quindi, di tolleranza rilevante ai sensi della L. Fall., articolo 67, comma 3 . 2.2. Fermo quanto precede, rileva il Collegio che, giusta la L. Fall., articolo 67, comma 3, non sono soggetti all'azione revocatoria . a i pagamenti di beni e servizi effettuati nell'esercizio dell'attività d'impresa nei termini d'uso . 2.2.1. Questa Corte, interpretando l'appena riportata disposizione, ha già opinato che occorre avere riguardo al rapporto diretto tra le parti, dando rilievo al mutamento dei termini, da intendersi non solo come tempi, ma anche come le complessive modalità di pagamento e non già alla prassi del settore economico in questione cfr., in motivazione, Cass. numero 25162 del 2016 . Il principio è stato in seguito confermato precisandosi che i occorre individuare fra le parti la consuetudine di estinguere i debiti attraverso date modalità Cass. numero 5587 del 2018, non massimata ii se il ritardo rispetto alla scadenza pattiziamente convenuta sia divenuto una consuetudine, senza determinare una specifica reazione della controparte, a parte l'intimazione di solleciti, tale prassi deve ritenersi prevalente rispetto al regolamento negoziale così, sebbene in obiter, la motivazione di Cass. numero 7580 del 2019 iii la norma richiede la dimostrazione non tanto dell'assenza di precedenti inadempimenti, ma della consistenza della quotidianità sotto il profilo delle modalità di adempimento invalse fra le parti, al fine di consentire al giudice di apprezzare se le parti, nel caso di specie, si fossero scostate dai termini consueti fino ad allora seguiti cfr. Cass. numero 9851 del 2019, non massimata . 2.3. Questo orientamento è stato recentemente confermato da Cass. numero 27939 del 2020 resa in fattispecie sostanzialmente analoga a quella odierna , con le seguenti ulteriori precisazioni Le modalità di deroga alle pattuizioni convenute tra le parti possono atteggiarsi in modo vario. Il ventaglio delle possibilità si ritrova proficuamente nella giurisprudenza che si è occupata di un altro tema, ovvero le modalità di regolare estinzione dei debiti pecuniari, per i quali, com'e' noto, l'articolo 1277 c.c., dispone che le obbligazioni aventi ad oggetto il pagamento di una somma di denaro si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato. Nel risolvere il quesito sulle conseguenze del pagamento effettuato mediante consegna di un assegno circolare, invece di denaro contante, la Corte ha osservato che l'effetto estintivo non si verifica ma ha precisato come il principio, secondo il quale il creditore di una somma di denaro non è tenuto ad accettare in pagamento titoli di credito ., si fonda su una norma l'articolo 1277 c.c. , di carattere dispositivo che cessa di operare quando esista una manifestazione di volontà, espressa o presunta, del creditore in tal senso, ovvero a quando esiste un accordo espresso tra debitore assegnante e creditore assegnatario b quando preesiste una pratica costante tra le parti nel senso di attribuire efficacia solutoria alla consegna, in pagamento, di assegni circolari c quando la datio pro solvendo dell'assegno in luogo del contante sia consentita da usi negoziali Cass. 10 giugno 2005, numero 12324 e, già in precedenza, Cass. 24 giugno 1997, numero 5638 nello stesso senso, Cass. 14 febbraio 2007, numero 3254 . In tal modo, vengono enunciate le tipologie di possibile modifica ad una regola - ivi avente fonte nella legge, mentre nel caso che ci occupa nel negozio ex articolo 1372 c.c., - vale a dire l'accordo una tantum la prassi preesistente gli usi negoziali nel settore. L'accordo una tantum consiste nella specifica convenzione, operata dalle parti volta a volta al momento del singolo pagamento, il quale venga disposto ed accettato con modalità diverse da quelle in origine convenute. La prassi invalsa tra i contraenti deve preesistere al pagamento de quo e riguardare una data modalità dell'adempimento, che sia diversa da quella a suo tempo pattuita si richiede, pertanto, che sussista un comportamento reiterato dei contraenti, il quale risulti dalla verifica di una prassi già consolidata, senza che debba accertarsi un consenso manifestato di volta in volta. Infine, gli usi negoziali si distinguono, com'e' noto, dagli usi normativi ex articolo 1,4 e 8 disp. att. c.c., - tradizionalmente fondati su due requisiti, l'uno di natura oggettiva consistente nella uniforme e costante ripetizione di un dato comportamento, l'altro di natura soggettiva o psicologica consistente nella consapevolezza di prestare osservanza, operando in un certo modo, ad una norma giuridica, di modo che venga a configurarsi una norma, sia pure di rango terziario, in quanto subordinata alla legge ed ai regolamenti, avente i caratteri della generalità e della astrattezza Cass. 11 novembre 1999, numero 12507, sulle norme Abi - e consistono in una prassi o pratica generalizzata, attuata di fatto in un dato settore del mercato e suscettibile di inserirsi, in difetto di contraria volontà delle parti, nel contenuto del contratto, ai sensi dell'articolo 1340 c.c., ogni volta che risulti la reiterazione ipontanea di un determinato comportamento Cass. 13 dicembre 2012, numero 22927, non massimata Cass. 14 ottobre 2009, numero 21833 Cass. 6 marzo 2007, numero 5135 Cass. 19 dicembre 2006, numero 27158 con riguardo agli usi aziendali del datore di lavoro, v. Cass., sez. lav., 13 dicembre 2012, numero 22927 3 giugno 2004, numero 10591 30 marzo 2001, numero 4773 12 agosto 2000, numero 10783 26 settembre 1998, numero 9663 7 agosto 1998, numero 7774 6 luglio 1996, numero 6176, non massimata 2 febbraio 1996, numero 900 25 febbraio 1995, numero 2217 e già Cass., sez. unumero , 30 marzo 1994, numero 3134 in tal modo, gli usi negoziali, quali pratiche seguite da una determinata cerchia di contraenti individuati su base territoriale o per l'appartenenza ad una specifica categoria di operatori economici, obbligano le parti anche se da esse ignorati, in quanto l'applicazione degli stessi è esclusa soltanto ove risulti con certezza che i contraenti non abbiano voluto riferirsi ad essi, e prevalgono sulle stesse norme di legge aventi carattere dispositivo così Cass. 6 marzo 2007, numero 5135 . L'interpretazione della L. Fall., articolo 67, comma 3, lett. a , deve muovere dalla considerazione secondo cui la fattispecie ha riguardo ad una modalità di esecuzione del rapporto tra le parti, che - pur divergendo dalle clausole negoziali - sia ricompresa nei termini d'uso . A fronte delle interpretazioni in astratto possibili della disposizione - dalla massima genericità, che ancora l'uso al mercato nel suo insieme alla progressiva limitazione, con riguardo al settore commerciale di riferimento alla considerazione, infine, del singolo rapporto tra le parti, a sua volta visto come si sia atteggiato in concreto per un certo tempo, oppure solo come risultante in forza dei patti originariamente conclusi - occorre ricercare, secondo la funzione assegnata dall'ordinamento alla Corte di cassazione, non una qualsiasi delle plurime interpretazioni solo possibili , ma quella più esatta articolo 65 ord. giud. , sulla base del diritto positivo. Pertanto, anzitutto deve escludersi che la locuzione afferisca alle clausole negoziali come previste in contratto, interpretazione che la priverebbe di qualsiasi portata innovativa. Tra le su ricordate modalità derogatorie degli originari patti - accordo una tantum, prassi preesistente al pagamento ed uso negoziale del settore - la seconda è quella confacente alla disposizione in esame. Non, invero, il primo, perché non basterebbe un solo occasionale accordo ad integrare la nozione di uso non il terzo, che imporrebbe di ricostruire la prassi in un ambito troppo esteso. Deve dunque disattendersi, da un lato, l'interpretazione generalizzante, sia se ancorata all'intero mercato in cui sarebbe, del resto, arduo individuare una prassi comune a tutti gli operatori sul medesimo , sia se riferita agli operatori di una sottocategoria imprenditoriale nello specifico settore commerciale nonché, dall'altro lato, l'interpretazione più strettamente individualistica, che riconduca la previsione alla clausola negoziale prevista a regolamentazione iniziale del rapporto. Se, infatti, la ratio dell'azione revocatoria, come regola, è quella di preservare la par condicio creditorum, onde le operazioni poste in essere nel cd. periodo sospetto dalla società sottoposta a procedura concorsuale debbano incorrere nella sanzione dell'inefficacia, dal suo canto la ratio dell'eccezionale esenzione sta nell'intento di circoscrivere, in modo ragionevole, l'estensione del rimedio, in relazione a situazioni assai diverse tra loro basti leggere le lettere di cui si compone la L. Fall., articolo 67, comma 3 , ma, nondimeno, accomunate dalla presenza di un interesse ritenuto dal legislatore superiore. Per quanto qui rileva, la norma ha inteso tener conto del fatto che tra imprenditori può ben essere, di fatto, attuata una modalità di pagamento - non solo quanto al momento della scadenza, ma anche a varie altre modalità della prestazione di dare il corrispettivo dovuto non potendo la parola termini reputarsi qui strettamente riferita solo al tempo dell'adempimento ex articolo 1186 c.c., - diversa da quella inizialmente negoziata. In particolare, la previsione del comma 3, lett. a , si pone in diretta correlazione con quella L. Fall., articolo 67, del comma 1, numero 2 . Se la regola è che sono revocati con presunzione, oltretutto, della scientia decoctionis gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con mezzi normali di pagamento compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, ciò è proprio in quanto l'accettazione di un mezzo inusuale di pagamento lascia presumere iuris et de iure la violazione della par condicio. Pertanto, l'eccezione al riguardo posta è necessariamente nel senso che, pur quando le modalità di pagamento siano estranee alla previsione della relativa clausola contrattuale, il pagamento resta fermo ed efficace, tutte le volte che fra le parti si sia instaurata una prassi anteriore - adeguatamente consolidata e stabile, così da potersi definire tale - volta a derogare a quella clausola contrattuale ed introdurre, come nuova regola inter partes, il pagamento nei termini diversi e più lunghi. Non basterebbe, pertanto, che alcuni pagamenti fossero compiuti ed accettati in un lasso temporale maggiore oggetto di prova è la circostanza di un uso diverso tra le parti, quale condotta reiterata sul piano oggettivo, stabilizzatasi già prima dei pagamenti sospetti. Per l'individuazione di una dilazione dei pagamenti secondo i termini d'uso , dunque, non vale la mera esistenza di alcuni pagamenti in ritardo, rispetto ai termini pattuiti ove essa derivi da singoli momenti patologici della vita dell'impresa, caratterizzati da specifici accadimenti di fatto e da un'isolata tolleranza da parte del creditore. L'effetto della disposizione di esonero e', in definitiva, che non sono revocabili quei pagamenti i quali, pur avvenuti oltre i tempi contrattualmente prescritti, siano stati di fatto eseguiti ed accettati in termini diversi, nell'ambito di plurimi adempimenti con le nuove caratteristiche, evidenziatesi già in epoca anteriore a quelli de quibus tanto che non possano più, a quel punto, ritenersi pagamenti eseguiti in ritardo , ossia inesatti adempimenti, ma siano divenuti per prassi, proprio al contrario, esatti adempimenti, con tutte le conseguenze relative all'inesistenza di un inadempimento dell'altro contraente in ordine alla mora, all'articolo 1460 c.c., all'azione di risoluzione, al risarcimento del danno, ecc. . L'onere della prova di tale situazione e', ai sensi dell'articolo 2697 c.c., in capo all'accipiens. Si noti che, in tal modo, la disposizione in esame abilita il rilievo di modifiche tacite a contratti pur se redatti per iscritto, posto che non avrebbe senso ammettere l'applicabilità dell'esenzione ai soli contratti conclusi verbalmente onde si avrà ampia applicazione, quanto alla prova testimoniale eventualmente richiesta, dell'articolo 2721 c.c., comma 2, e articolo 2723 c.c. la soluzione è coerente, altresì, con l'articolo 2722 c.c., il quale vieta la prova per testimoni solo dei patti contrari conclusi prima o contemporaneamente al contratto. Naturalmente, è ben possibile che, nella specifica evenienza, esistano veri e propri usi negoziali di settore, che allora l'accipiens avrà comunque la facoltà di provare . 2.3.1. L'arresto finora riportato ha concluso, infine, affermando il seguente principio di diritto L'interpretazione della L. Fall., articolo 67, comma 3, lett. a , è nel senso che non sono revocabili quei pagamenti i quali, pur avvenuti oltre i tempi contrattualmente previsti, siano stati, anche per comportamenti di fatto, eseguiti ed accettati in termini diversi, nell'ambito di plurimi adempimenti con le nuove caratteristiche, evidenziatesi già in epoca anteriore a quelli in discorso, i quali, pertanto, non possono più ritenersi pagamenti eseguiti in ritardo , ossia inesatti adempimenti, ma divengono esatti adempimenti l'onere della prova di tale situazione e', ai sensi dell'articolo 2697 c.c., in capo all'accipiens . 2.4. Alla stregua delle considerazioni tutte rinvenibili nella riprodotta Cass. numero 27939 del 2020, qui integralmente condivise, nonché del principio ivi affermato, deve ritenersi, dunque, che, nella specie, la corte d'appello, lungi dal riferirsi unicamente alla disciplina negoziale originaria, avrebbe dovuto accertare se, in base a tutti i mezzi di prova offerti, tra la OMISSIS s.p.a in bonis e la società Divispack s.r.l. destinataria dei suoi pagamenti si fosse instaurata una prassi in via di fatto, modificativa degli accordi a suo tempo conclusi, tale da permettere l'adempimento delle prestazioni pecuniarie in tempi diversi e più lunghi, come quelli che hanno caratterizzato i pagamenti oggetto dell'azione revocatoria. 3. Il primo motivo può considerarsi assorbito. 4. In definitiva, quindi, va accolto il secondo motivo di ricorso, dichiarandosene assorbito il primo e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte d'appello di Salerno, in diversa composizione, perché riesamini il materiale istruttorio alla luce del principio su esposto, provvedendo ad accertare se risulti, dalla documentazione in atti, la circostanza che la omissis s.p.a. in bonis abbia in concreto pagato con ritardi similari tutte le prestazioni fatturate dalla Divispack s.r.l. e quest'ultima sempre accettato, senza riserve, i pagamenti de quibus. Alla stessa corte è demandata anche la liquidazione delle spese di questo giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, dichiarandone assorbito il primo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.