Violazione di norme su confezionamento ed etichettatura alimenti: la competenza è dello Stato

Appartiene allo Stato, e non alle Regioni o ai Comuni, il potere di emettere ordinanza-ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria per violazione delle norme concernenti il confezionamento, l'etichettatura e la pubblicità di prodotti alimentari destinati ai consumatori.

Con l'ordinanza in esame, la Suprema Corte è stata chiamata a intervenire in un giudizio sull'opposizione al pagamento di una sanzione amministrativa disposta da un Comune del lodigiano per violazione delle norme di cui al d.lgs. numero 109/1992, tra le quali gli articolo 2,8 e 18 concernenti il confezionamento, l'etichettatura e la pubblicità di prodotti alimentari destinati al consumatore finale secondo il Comune ricorrente, infatti, ai sensi dell'articolo 18 d.lgs. numero 109/1992 spetta all'Ispettorato centrale solo la contestazione della violazione, mentre la mera applicazione della sanzione spetta alla Regione che ha delegato il Comune. Il ricorso è infondato. La Corte di Cassazione, infatti, afferma che in materia di sanzioni amministrative, appartiene allo Stato, e non alle Regioni o ai Comuni, il potere di emettere ordinanza-ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria per violazione delle norme del d.lgs. numero 109/1992 nella specie gli articoli 8 e 18, concernenti il confezionamento, l'etichettatura e la pubblicità di prodotti alimentari destinati al consumatore finale , trattandosi di disciplina a tutela del consumatore rientrante nella materia del commercio, di competenza statale, che solo di riflesso coinvolge gli aspetti relativi all'igiene e alla sanità degli alimenti, di competenza delle amministrazioni locali Cass. civ., numero 24724/2007 . Pertanto, la competenza ad irrogare le sanzioni amministrative previste dagli articolo 2 e 18 d.lgs. numero 109/1992 spetta all'Ispettorato centrale repressione frodi, in quanto la principale finalità delle norme in materia di etichettatura dei prodotti alimentari è garantire la corretta informazione del consumatore sul bene commercializzato. Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso e condanna il Comune ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.

Presidente Orilia – Relatore Vannone Rilevato che 1. Il Comune […] ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza del Tribunale di Pescara che, in riforma della sentenza di primo grado locale Giudice di Pace numero 3441/2019 , ha accolto l'opposizione a ordinanza ingiunzione emessa dal Comune ricorrente per la violazione del D.Lgs. numero 109 del 1992, articolo 2. Il Tribunale, in accoglimento della relativa eccezione, ha ritenuto che lo Stato è competente ad emettere l'ordinanza ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria per violazione delle norme di cui al D.Lgs. 27 gennaio 1992, numero 109, tra le quali gli articolo 2, 8 e 18, concernenti il confezionamento, l'etichettatura e la pubblicità di prodotti alimentari destinati al consumatore finale, trattandosi di disciplina a tutela del consumatore rientrante nella materia del commercio, di competenza statale, che solo di riflesso coinvolge gli aspetti relativi all'igiene e alla sanità degli alimenti, di competenza delle amministrazioni locali. 2. d.G. si è costituito con controricorso sollevando eccezione preliminare di improcedibilità per tardivo deposito nella Cancelleria della Corte. 3. Su proposta del relatore, ai sensi dell'articolo 391-bis c.p.c., comma 4, e articolo 380-bis c.p.c., commi 1 e 2, che ha ravvisato la manifesta infondatezza del ricorso, il Presidente ha fissato con decreto l'adunanza della Corte per la trattazione della controversia in camera di consiglio nell'osservanza delle citate disposizioni. Considerato che 1. Il ricorso spedito per il deposito il 4.12.2020 alle ore 12.16 e quindi tempestivamente rispetto alla notifica avvenuta il 20.11.2020 si fonda su un motivo così rubricato Violazione falsa e non corretta applicazione del D.Lgs. numero 109 del 1992 articolo 18, commi 4 e 4 bis. Secondo l'ente territoriale ricorrente, ai sensi dell'articolo 18 citato, dell'articolo 4 bis, spetta all'ispettorato centrale solo la contestazione della violazione, mentre la mera applicazione della sanzione spetta alla Regione che ha delegato il Comune. 2. Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell'articolo 380-bis c.p.c. Il motivo appare manifestamente infondato in quanto la sentenza impugnata è conforme al seguente principio di diritto in materia di sanzioni amministrative, appartiene allo Stato, e non alle regioni o ai Comuni, il potere di emettere ordinanza-ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria per violazione delle norme del D.Lgs. 27 gennaio 1992, numero 109, nella specie gli articolo 8 e 18, concernenti il confezionamento, l'etichettatura e la pubblicità di prodotti alimentari destinati al consumatore finale, trattandosi di disciplina a tutela del consumatore rientrante nella materia del commercio, di competenza statale, che solo di riflesso coinvolge gli aspetti relativi all'igiene e alla sanità degli alimenti, di competenza delle amministrazioni locali Cass. civ. Sez. II Sent., 28/11/2007, numero 24724 rv. 600845 . Il Collegio condivide la proposta del relatore, precisando quanto segue. Per effetto del D.Lgs. 23 giugno 2003, numero 181, articolo 16, il D.Lgs. 27 gennaio 1992, numero 109, articolo 18, venne sostituito nel senso che il comma 4, prescrive La competenza in materia di applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie spetta alle regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano competenti per territorio . Il D.Lgs. 29 marzo 2004, numero 99, aggiunse poi all'articolo 18 un comma 4-bis, che dispone Nelle materia di propria competenza, spetta all'Ispettorato centrale repressioni frodi l'irrogazione delle sanzioni amministrative cfr. in proposito Sez. 2, Sentenza numero 17028 del 11/08/2016 Rv. 64084 . Va altresì aggiunto che il D.Lgs. numero 109 del 1992, è stato abrogato dal D.Lgs. numero 231 del 2017, articolo 30, ma l'accertamento e la contestazione dell'illecito risalgono al 6 novembre 2013, sicché ratione temporis esso trova ancora applicazione. Peraltro, il D.Lgs. numero 231 del 2017, articolo 26, ha confermato la competenza all'irrogazione delle sanzioni in materia in capo al Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Deve pertanto ribadirsi che la competenza ad irrogare le sanzioni amministrative previste dal D.Lgs. numero 109 del 1992, articolo 2 e 18, spetta all'Ispettorato centrale repressione frodi, in quanto la principale finalità delle norme in materia di etichettatura dei prodotti alimentari è garantire la corretta informazione del consumatore sul bene commercializzato e che appartiene allo Stato, e non alle regioni o ai Comuni, il potere di emettere ordinanza-ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria per violazione delle norme del D.Lgs. 27 gennaio 1992, numero 109, nella specie gli articolo 8 e 18, concernenti il confezionamento, l'etichettatura e la pubblicità di prodotti alimentari destinati al consumatore finale, trattandosi di disciplina a tutela del consumatore rientrante nella materia del commercio, di competenza statale, che solo di riflesso coinvolge gli aspetti relativi all'igiene e alla sanità degli alimenti, di competenza delle amministrazioni locali . La delega di cui alla L.R. Abruzzo numero 15 del 2004, articolo 134, citata dal Comune ricorrente ha ad oggetto esclusivamente le sanzioni pecuniarie di cui al D.Lgs. numero 109 del 1992, di competenza regionale D.Lgs. numero 109 del 1992, ex articolo 4, ma non quelle previste dalla medesima L. articolo 4 bis, attribuite, invece, all'Ispettorato centrale repressione frodi. Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il Comune ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del contro ricorrente che liquida in Euro 2.000 più 200 per esborsi. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.