Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi: la cessione dei contratti d’azienda

«La regola della cessione ex lege dei contratti d'azienda che non abbiano carattere personale, di cui all'articolo 2558 c.c., vige solo se non è pattuito diversamente, come prevede l'esordio di tale disposizione e tale diverso accordo è ravvisabile in ipotesi di cessione di azienda da parte dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, ai sensi degli articolo 62 e 63 d.lgs. 8 luglio 1999, numero 270, allorché – secondo l'insindacabile accertamento del giudice del merito, nel rispetto degli articolo 1362 ss. c.c. – risulti che la volontà delle parti sia stata limitata alla cessione del compendio aziendale, nella consistenza risultante nel corso del procedimento previsto dalle norme menzionate, senza rilievo dei contratti successivamente conclusi».

Con l'ordinanza numero 192 del 5 gennaio 2022, la Prima Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione si occupa del tema della sorte dei contratti dell'azienda in amministrazione straordinaria. La vicenda dedotta in lite. La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 2017, ha respinto il gravame avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno avanzata da una società avente sede nelle Isole Vergini contro altra società a responsabilità limitata danno derivante dall'inadempimento ad un contratto di licenza concluso nell'agosto 2010 tra la dante causa di quest'ultima e una importante realtà imprenditoriale specializzata in alta moda ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. Detta sentenza viene impugnata per cassazione per avere il secondo giudice erroneamente ritenuto il mancato subentro, da parte del cessionario dell'azienda, anche nel contratto di licenza. Da qui la ritenuta violazione e falsa applicazione degli articolo 62 e 63 d.lgs. numero 270/1999 poiché, a detta della società ricorrente, detti articoli non sarebbero volti a limitare l'oggetto della cessione del ramo d'azienda delle grandi imprese, in deroga all'articolo 2558 c.c., ma solo a fissare regole di tipo procedimentale. Più in dettaglio, la Corte territoriale ha ritenuto - sulla base degli atti prodromici di natura pubblicistica i.e., il programma di cessione predisposto dai commissari straordinari, l'autorizzazione del Ministero dello sviluppo economico, il disciplinare della procedura di cessione, l'offerta vincolante presentata per l'acquisto, il parere del comitato di sorveglianza e l'autorizzazione finale del Ministero che precedettero il contratto di cessione di azienda, stipulato in data 11 marzo 2011, così come previsto dagli articolo 62 ss. d.lgs. numero 270/1999 - di individuare l'oggetto del contratto di cessione di azienda intercorso tra le parti in quello «rappresentato dal complesso aziendale, nei termini e alle condizioni previste dal disciplinare autorizzato dal ministero». Soltanto in relazione ad esso seguirono d'altronde l'offerta vincolante e la manifestazione della volontà delle parti che vollero ricomprendere nella cessione l'oggetto in tal modo individuato. In questa prospettiva, a detta della Corte di Appello, non faceva parte della cessione del compendio il contratto di licenza, concluso nell'agosto 2010 e dunque dopo gli atti prodromici e il citato disciplinare. Il secondo Giudice ha pertanto reputato integrato il patto contrario ex articolo 2558 c.c. I riferimenti normativi. Per una migliore comprensione della decisione, conviene ricordare il contenuto delle norme di interesse del d.lgs. numero 270/1999 richiamate dalla Corte Suprema. articolo 62 alienazione dei beni «1. L'alienazione dei beni dell'impresa insolvente, in conformità delle previsioni del programma autorizzato, è effettuata con forme adeguate alla natura dei beni e finalizzate al migliore realizzo, in conformità dei criteri generali stabiliti dal Ministro dell'industria. 2. La vendita di beni immobili, aziende e rami d'azienda di valore superiore a euro 51.645 lire cento milioni è effettuata previo espletamento di idonee forme di pubblicità. 3. Il valore dei beni è preventivamente determinato da uno o più esperti nominati dal commissario straordinario». articolo 63 vendita di aziende in esercizio «1. Per le aziende e i rami di azienda in esercizio la valutazione effettuata a norma dell'articolo 62, comma 3, tiene conto della redditività, anche se negativa, all'epoca della stima e nel biennio successivo. 2.  Ai fini della vendita di aziende o di rami di azienda in esercizio, l'acquirente deve obbligarsi a proseguire per almeno un biennio le attività imprenditoriali e a mantenere per il medesimo periodo i livelli occupazionali stabiliti all'atto della vendita. 3.  La scelta dell'acquirente è effettuata tenendo conto, oltre che dell'ammontare del prezzo offerto, dell'affidabilità dell'offerente e del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali da questi presentato, anche con riguardo alla garanzia di mantenimento dei livelli occupazionali. 4. Nell'ambito delle consultazioni relative al trasferimento d'azienda previste dall'articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, numero 428, il commissario straordinario, l'acquirente e i rappresentanti dei lavoratori possono convenire il trasferimento solo parziale dei lavoratori alle dipendenze dell'acquirente e ulteriori modifiche delle condizioni di lavoro consentite dalle norme vigenti in materia. 5. Salva diversa convenzione, è esclusa la responsabilità dell'acquirente per i debiti relativi all'esercizio delle aziende cedute, anteriori al trasferimento». La deroga alla cessione ex lege dei contratti non aventi carattere personale. I Giudici di legittimità rigettano il ricorso ritenendo che, nella specie, non vi sia stata violazione degli articolo 62 e 63 d.lgs. numero 270/1999, né dell'articolo 2558 c.c. visto che secondo la ricostruzione effettuata nella sentenza impugnata, la volontà delle parti era quella di derogare all'automatico passaggio dei contratti. Viene al riguardo puntualizzato che la regola contemplata dall'articolo 2558 c.c. della cessione ex lege dei contratti di azienda che non abbiano carattere personale vige soltanto «se non è pattuito diversamente», come prevede, appunto, detta disposizione. Tale diverso accordo è ravvisabile, secondo la Corte di Cassazione, in ipotesi di cessione di azienda da parte dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, ai sensi degli articolo 62 e 63 d.lgs. numero 270/1999, allorché - secondo l'insindacabile accertamento del giudice del merito, nel rispetto degli articolo 1362 ss. c.c. - risulti che la volontà delle parti sia stata limitata alla cessione del compendio aziendale nella consistenza risultante nel corso del procedimento previsto dalle norme menzionate, senza rilievo dei contratti successivamente conclusi. L'oggetto della cessione d'azienda secondo la volontà dei contraenti incensurabile l'interpretazione del giudice di merito. Il secondo giudice, a detta della Cassazione, ha esaminato i documenti traendo la conclusione, dall'interpretazione complessiva del contratto e dalla volontà delle parti, che la licenza in esame era stata esclusa dalla cessione del compendio aziendale. Nella sentenza di appello, viene precisato, non è stato affermato che un atto amministrativo prevale sulla legge è stato utilizzato dal giudice del merito quanto risulta dal contenuto dell'atto medesimo al fine di interpretare il contratto concluso ponendo in relazione le singole clausole così da valutare l'efficacia da attribuire al contratto stesso. I rilevi della ricorrente, a detta della Prima Sezione, impongono allora nell'interpretazione del contratto che non può, però, essere oggetto di sindacato in sede di legittimità. Viene sul punto evidenziato che l'interpretazione del contratto costituisce giudizio di fatto, riservato al giudice del merito ed incensurabile in cassazione, se non per vizi attinenti ai criteri legali di ermeneutica ovvero ad una motivazione carente o radicalmente contraddittoria cfr. Cass. civ., numero 8810/2020 Cass. civ., numero 1547/2019 Cass. civ., numero 6924/2016 Cass. civ., numero 9070/2013 Cass. civ., numero   2465/2015 Cass. civ., numero 2074/2002 . Né, conclude la Corte di Cassazione il proprio percorso motivazionale, la parte, che con il ricorso intenda denunciare la violazione delle regole di cui agli articolo 1362 ss. c.c. può limitarsi alla mera contrapposizione tra la propria interpretazione e quella accolta nella sentenza impugnata cfr. Cass. civ., numero 4460/2020 Cass. civ., numero 21888/2016 Cass. civ., numero 25728/2013 Cass. civ., numero 24539/2009 . Non sono cioè utilmente deducibili in sede di legittimità gli errores in iudicando consistenti nella mera denuncia della violazione degli articolo 1362 ss. c.c., occorrendo, all'opposto, che tale denuncia specifichi in qual modo il giudice, nel ricostruire la portata degli accordi delle parti, abbia deviato dal canone interpretativo ritenuto violato. Qualche precedente in materia. In argomento, cfr. Cass., civ., 22 luglio 2004, numero 13651 secondo cui «per effetto dell'articolo 2558 c.c. - a norma del quale, salvo patto contrario, la cessione di azienda determina il trasferimento dei contratti stipulati per l'esercizio della medesima che non abbiano carattere personale - l'acquirente di essa subentra non soltanto nei contratti aventi ad oggetto il godimento dei beni aziendali non di proprietà dell'imprenditore e da lui acquisiti per lo svolgimento della sua attività, ma anche nei contratti di impresa, aventi ad oggetto rapporti concernenti l'organizzazione di questa, tra i quali rientrano i contratti con i fornitori, di assicurazione, di appalto, di concessione in uso di spazi pubblicitari. Pertanto, è necessario che la deroga a detta regola generale emerga dal tenore letterale complessivo del contratto di cessione, da interpretare secondo le regole ermeneutiche della volontà delle parti stabilite dagli articolo 1362 c.c. e segg., tra cui il loro comportamento successivo alla conclusione del contratto, che però non può indurre il giudice di merito a desumere una volontà modificativa o innovativa di quella risultante dal contesto dell'atto negoziale». Sulla natura privatistica dei contratti stipulati dai commissari, cfr. Tar Lazio Roma, 28 settembre 2021, numero 993, ove chiarito che «in tema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, i contratti che conducono alla liquidazione dei beni che appartengono all'impresa privata sono, a tutti gli effetti, negozi di diritto privato stipulati dai commissari per conto dell'impresa, ancorché a seguito di una fase procedimentalizzata in cui la P.A. interviene a dare il suo consenso all'atto liquidatorio, sicché non sono assimilabili ai contratti ad evidenza pubblica, ma sono assoggettati alla disciplina privatistica. Pertanto, poiché dall'attività di natura contrattuale posta in essere dal commissario derivano unicamente pretese fondate su diritti soggettivi, la controversia conseguente all'impugnazione, da parte del privato, del provvedimento con il quale Ministero dello sviluppo economico autorizza l'organo della procedura a sospendere il procedimento di liquidazione di un ramo di azienda al fine di sollecitare offerte migliorative appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario». Ciò in aderenza a quanto stabilito dalle Sezioni Unite con pronuncia numero 13451 del 29 maggio 2017.

Presidente Genovese - Relatore Nazzicone Fatti di causa La Corte d'appello di Milano con sentenza del 23 agosto 2017 ha respinto l'impugnazione avverso la decisione del Tribunale della stessa città, che aveva rigettato le domande proposte da Lure Ltd., società con sede legale nelle omissis , contro la ITC s.r.l., volte al risarcimento del danno per l'inadempimento al contratto di licenza concluso il 4 agosto 2010 tra la dante causa di quest'ultima e la G.F. s.p.a. in amministrazione straordinaria. Avverso questa sentenza propone ricorso la Lure Ltd., affidato a sette motivi ed illustrato da memoria. Si difende con controricorso la ITC s.r.l., con deposito anche della memoria. Ragioni della decisione 1. - I motivi del ricorso vanno così riassunti 1 violazione e falsa applicazione del D.Lgs. numero 270 del 1999, articolo 62 e 63, in relazione all'articolo 12 preleggi, in quanto la sentenza impugnata ha ritenuto il mancato subentro della cessionaria dell'azienda anche nel contratto di licenza per cui è causa, mentre tali articoli non sono volti a limitare l'oggetto della cessione del ramo d'azienda delle grandi imprese, in deroga all'articolo 2558 c.c., ma solo a fissare regole di tipo procedimentale 2 violazione e falsa applicazione dell'articolo 115 c.p.c., in quanto la sentenza ha motivato riferendosi alle condizioni previste nel disciplinare autorizzato dal Ministero dello sviluppo economico, documento tuttavia dal giudice non conosciuto, in quanto non depositato in atti 3 violazione e falsa applicazione degli articolo 1326 e 1372 c.c., perché il contratto si forma con l'incontro dei consensi e ha forza di legge tra le parti, mentre la corte d'appello ha ritenuto formatasi la volontà delle stesse secondo quanto individuato nella procedura pubblicistica che aveva preceduto la conclusione del contratto, e nell'accordo, sottoscritto il giorno 11 marzo 2011 fra le parti, il contratto di licenza di Lure Ltd. era stato espressamente menzionato 4 violazione e falsa applicazione dell'articolo 2558 c.c., il quale prevede, come effetto naturale, il subentro in tutti i contratti aziendali, senza che, nella specie, sussista nessuna clausola di esclusione della licenza de qua, al contrario espressamente menzionata in allegato 5 violazione e falsa applicazione dell'articolo 1 preleggi, in quanto in tal modo la corte d'appello ha violato la regola in tema di gerarchia delle fonti, attribuendo al D.M. 26 aprile 2010, di approvazione del disciplinare, il potere di derogare all'articolo 2558 c.c. 6 violazione e falsa applicazione degli articolo 1362,1363 e 1367 c.c., in quanto in tal modo la corte del merito ha omesso di valorizzare la lettera degli accordi, la portata complessiva delle clausole ed il principio di conservazione degli effetti dell'atto 7 omesso esame di fatto decisivo, consistente nel contenuto del regolamento di accesso al data room del complesso aziendale F. , nel quale si afferma che le informazioni ivi contenute erano fornite al solo scopo di consentire la valutazione circa la formulazione di una proposta di acquisto del complesso aziendale e per condurre le trattative, nonché che alcune informazioni avrebbero potute essere aggiunte o rimosse dal sito quindi, si trattava di accesso al sito protetto, istituito presso il Ministero, con finalità meramente informative per il potenziale acquirente, senza che la corte territoriale abbia esaminato tale fatto decisivo. 2. - La corte territoriale ha ritenuto che, sulla base degli atti prodromici, di natura pubblicistica - il programma di cessione predisposto dai commissari straordinari, l'autorizzazione del Ministero dello sviluppo economico, il c.d. disciplinare della procedura di cessione di cui al D.M. 26 aprile 2010, l'offerta vincolante presentata per l'acquisto, il parere del comitato di sorveglianza e la autorizzazione finale del Ministero, secondo i termini e le condizioni indicate - che precedettero il contratto di cessione di azienda, stipulato in data 11 marzo 2011, così come previsto dal D.Lgs. numero 270 del 1999, articolo 62 e segg., si debba individuare l'oggetto del contratto di cessione di azienda, intercorso tra le parti, come rappresentato dal complesso aziendale F. , nei termini e alle condizioni previste dal disciplinare autorizzato dal ministero , e che solo in relazione ad esso vi fu l'offerta vincolante e la manifestazione della volontà delle parti, che vollero ricomprendere nella cessione solo l'oggetto in tal modo individuato. Dell'oggetto dell'accordo, pertanto, non faceva parte il contratto di licenza, concluso solo il 4 agosto 2010, successivamente ai detti atti prodromici ed al disciplinare. In tal senso ha ritenuto integrata la fattispecie di cui al patto contrario ex articolo 2558 c.c. Inoltre, ha ritenuto che il contratto di cessione d'azienda stipulato in data 11 marzo 2011 conferma, nel suo contenuto, tale conclusione sia perché l'allegato 3.3.5 menziona solo in modo generico la Lure Limited , senza indicare il tipo di contratto, la data di stipulazione ed il suo contenuto sia perché nella clausola 3.3.6, intitolata attivi esclusi del ramo , si afferma che il corrispettivo rinveniente nella licenza cinese Lure Limited sarebbe rimasto nella disponibilità della cedente, lasciando ciò intendere che la licenza si riferisse appunto ad un contratto ormai scaduto. 3. - Deve prendersi in esame l'eccezione di inammissibilità del ricorso per nullità della procura, sollevata dalla controricorrente. La ITC s.r.l. ha eccepito la nullità della procura alle liti della società ricorrente, sul rilievo che mancherebbe la traduzione asseverata dell'autentica di tale procura e della apostille, compiute dal notaio di OMISSIS e che il notaio non ha assunto responsabilità in merito ai contenuti dei documenti autenticati. L'eccezione è infondata sotto ogni profilo. 3.1. - Va osservato che, in base al disposto della L. 31 maggio 1995, numero 218, articolo 12, a tenore del quale il processo civile che si svolge in Italia è regolato dalla legge italiana, la procura alle liti utilizzata in un giudizio celebrato nel nostro Stato, anche se rilasciata all'estero, è disciplinata dalla legge processuale italiana, la quale, tuttavia, nella parte in cui consente l'utilizzazione di un atto pubblico o di una scrittura privata autenticata, rinvia al diritto sostanziale. Sicché, in tali evenienze, la validità del mandato deve essere riscontrata, quanto alla forma, alla stregua della lex loci. A tal fine occorre però che il diritto straniero conosca, quantomeno, gli istituti e li disciplini in maniera non contrastante con le linee fondamentali che lo caratterizzano nell'ordinamento italiano e che consistono, quanto alla scrittura privata autenticata, nella dichiarazione del pubblico ufficiale che il documento è stato firmato in sua presenza e nel preventivo accertamento dell'identità del sottoscrittore Cass. sez. unumero , ord. 13 febbraio 2008, numero 3410 Cass. 14 novembre 2008, numero 27282 Cass. 19 luglio 2018, numero 19321, non massimata . Orbene, la Convenzione dell'Aja riguardante l'abolizione della legalizzazione di atti pubblici stranieri è stata conclusa il 5 ottobre 1961 ed è stata ratificata dall'Italia con L. 20 dicembre 1966, numero 1253. Essa si applica agli atti pubblici - così come definiti dall'articolo 1, che sono stati redatti sul territorio di uno Stato contraente e che devono essere prodotti sul territorio di un altro Stato contraente. Ai sensi dell'articolo 2, Ciascuno Stato contraente dispensa dalla legalizzazione gli atti cui si applica la presente Convenzione e che devono essere prodotti sul suo territorio . Per l'articolo 3, L'unica formalità che possa essere richiesta per attestare l'autenticità della firma, la qualifica della persona che ha sottoscritto l'atto e, ove occorra, l'autenticità del sigillo o del bollo apposto a questo atto, è l'apposizione dell'apostille di cui all'articolo 4, rilasciata dall'autorità competente dello Stato dal quale emana il documento . Secondo l'articolo 5, L'apostille è apposta su richiesta del firmatario o del portatore dell'atto. Debitamente compilata, essa attesta l'autenticità della firma, la qualifica della persona che ha sottoscritto l'atto e, ove occorra, l'autenticità del sigillo o del bollo apposto a questo atto. La firma, il sigillo o il bollo che figurano sull'apostille sono dispensati da qualsiasi attestazione . Dal rapporto esplicativo della suddetta Convenzione risulta che l'apostille non attesta la veridicità del contenuto dell'atto sottostante. Tale limitazione degli effetti giuridici derivanti dalla Convenzione dell'Aja ha lo scopo di preservare il diritto degli Stati firmatari di applicare le proprie regole in materia di conflitti di leggi quando devono decidere sul peso da attribuire al contenuto del documento postillato cfr. Corte Europea diritti dell'uomo, sentenza 24 gennaio 2017, numero 25358-12 . 3.2. - Nella specie, sin dall'inizio è stata prodotta la procura speciale, in lingua cinese e con traduzione in lingua italiana, mentre in allegato al ricorso la parte ricorrente ha depositato la procura speciale autenticata dal notaio mediante certificazione in lingua inglese, con l'ulteriore forma legale di autenticità del documento costituita dalla apostille, quale certificazione di convalida sul piano internazionale di autenticità dell'atto. La traduzione in lingua italiana della certificazione notarile e della apostille è stata prodotta in giudizio, ai sensi dell'articolo 372 c.p.c Va rilevato che la procura in questione è stata rilasciata in omissis ed apostillata, in conformità alla Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961, mediante cioè il rilascio, da parte dell'organo designato dallo Stato di formazione dell'atto, di un attestato idoneo a che l'atto venga riconosciuto ed accettato come autentico. Del pari, è stata allegata la certificazione notarile, concernente l'attività svolta dal notaio, contenente l'attestazione che la firma era stata apposta in sua presenza, da persona di cui egli aveva accertato l'identità. Ed è stata prodotta la traduzione in lingua italiana. Deve dunque darsi atto della regolarità della procura. Non si tratta, si noti, di una sanatoria dell'atto mediante la sua rinnovazione per l'esclusione di quest'ultima in cassazione, essendo prescritta ex articolo 365 c.p.c., l'esistenza di una valida procura speciale quale requisito di ammissibilità del ricorso, cfr. Cass. 11 giugno 2018, numero 15073, in motiv. , ma del deposito di documento rilevante ai fini dell'ammissibilità. È stato chiarito cfr. es. Cass. 4 aprile 2018, numero 8174 Cass. 29 maggio 2015, numero 11165 che la procura speciale alle liti rilasciata all'estero è nulla, agli effetti della L. 31 maggio 1995, numero 218, articolo 12, relativo alla legge regolatrice del processo, ove non sia allegata la traduzione dell'attività certificativa svolta dal notaio, e cioè l'attestazione che la firma sia stata apposta in sua presenza da persona di cui egli abbia accertato l'identità. Ma, nella specie, l'atto notarile di conferimento della procura consta di un certificato, apostillato e con relativa traduzione in lingua italiana, nonché contenente l'attestazione della firma apposta in presenza del notaio e della sua attività identificativa del soggetto che l'ha apposta. 4. - I motivi di ricorso sono nella sostanza tutti volti a contestare l'interpretazione che la corte territoriale ha reso con riguardo al contratto concluso inter partes nel marzo 2011. Le censure non possono trovare accoglimento. 4.1. - Ed invero, non vi è stata violazione del D.Lgs. numero 270 del 1999, articolo 62 e 63, nè dell'articolo 2558 c.c. primo e quarto motivo di ricorso la sentenza impugnata non ha affermato che tali norme abbiano ex lege limitato il disposto dell'articolo 2558 c.c., creandovi un'eccezione, ma ha solo ammesso che la volontà delle parti possa derogare, come l'incipit dell'articolo 2558 c.c., consente, all'automatico passaggio. Dunque, la regola della cessione ex lege dei contratti di azienda che non abbiano carattere personale, di cui all'articolo 2558 c.c., vige solo se non è pattuito diversamente , come prevede l'esordio di tale disposizione e tale diverso accordo è ravvisabile in ipotesi di cessione di azienda da parte dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, ai sensi del D.Lgs. 8 luglio 1999, numero 270, articolo 62 e 63, allorché - secondo l'insindacabile accertamento del giudice del merito, nel rispetto degli articolo 1362 c.c. e segg. - risulti che la volontà delle parti sia stata limitata alla cessione del compendio aziendale nella consistenza risultante nel corso del procedimento previsto dalle norme menzionate, senza rilievo dei contratti successivamente conclusi. 4.2. - Non vi è stata violazione e falsa applicazione dell'articolo 115 c.p.c. secondo motivo , perché la sentenza impugnata ha deciso sulla base dei documenti in atti ed i riferimenti al disciplinare autorizzato dal Ministero dello sviluppo economico sono quelli contenuti nel contratto di cessione come tali, appunto, dalla corte territoriale riportati nella sua motivazione. 4.3. - Per il resto, i motivi non colgono nel segno invero, nella sopra sinteticamente riportata motivazione della corte territoriale, i documenti in atti sono stati esaminati al fine di trarne l'interpretazione complessiva del contratto e della volontà delle parti così manifestata, per concludere che la licenza de qua ne sia stata esclusa. In tal modo, nè è stato violato il disposto degli articolo 1326 e 1372 c.c., perché non è in discussione la formazione del contratto e la sua efficacia tra le parti nè l'articolo 1 preleggi, in quanto la sentenza non ha certo affermato che un atto amministrativo prevalga sulla legge, ma ha utilizzato quanto risulta del contenuto dell'atto medesimo al fine di interpretare il contratto concluso nè ha violato i canoni di ermeneutica contrattuale, posto che, al contrario, ha attentamente esaminato proprio la lettera del negozio, ponendo in relazione una con l'altra clausola e valutando la corretta efficacia da attribuire al contratto stesso nè, infine, può dirsi ignorato un fatto decisivo, dato che i passaggi di detto regolamento di accesso al data room non sono tali, trattandosi di espressioni ovvie e generiche, che nulla tolgono all'articolato e completo ragionamento della sentenza impugnata. Ogni altro rilievo della ricorrente finisce per impingere nella interpretazione del contratto, non ripetibile in questa sede. Ed invero, come questa Corte ha condivisibilmente affermato, l'interpretazione del contratto costituisce giudizio di fatto, riservato al giudice del merito ed incensurabile in cassazione, se non per vizi attinenti ai criteri legali di ermeneutica o ad una motivazione carente o radicalmente contraddittoria tra le tante, Cass. 12 maggio 2020, numero 8810 Cass. 22 gennaio 2019, numero 1547 Cass. 8 aprile 2016, numero 6924 Cass. 15 aprile 2013, numero 9070 Cass. 10 febbraio 2015, numero 2465 Cass. 13 febbraio 2002, numero 2074 . Nè la parte, che con il ricorso per cassazione intenda denunciare la violazione delle regole di cui agli articolo 1362 c.c. e segg., può limitarsi alla mera contrapposizione tra la propria interpretazione e quella accolta nella sentenza impugnata Cass. 20 febbraio 2020, numero 4460 Cass., 28 ottobre 2016, numero 21888 Cass. 15 novembre 2013, numero 25728 Cass. 20 novembre 2009, numero 24539 . Ne deriva che non sono utilmente deducibili in sede di legittimità errores in iudicando, che si risolvano nella mera denuncia della violazione degli articolo 1362 c.c. e segg., occorrendo invece che tale denuncia specifichi in qual modo detto giudice, nel ricostruire la portata degli accordi delle parti, abbia deviato dal canone interpretativo che si assume violato. 5. - Il principio di diritto che giova affermare è, dunque, il seguente La regola della cessione ex lege dei contratti di azienda che non abbiano carattere personale, di cui all'articolo 2558 c.c., vige solo se non è pattuito diversamente, come prevede l'esordio di tale disposizione e tale diverso accordo è ravvisabile in ipotesi di cessione di azienda da parte dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, ai sensi del D.Lgs. 8 luglio 1999, numero 270, articolo 62 e 63, allorché - secondo l'insindacabile accertamento del giudice del merito, nel rispetto degli articolo 1362 c.c. e segg. - risulti che la volontà delle parti sia stata limitata alla cessione del compendio aziendale, nella consistenza risultante nel corso del procedimento previsto dalle norme menzionate, senza rilievo dei contratti successivamente conclusi . 6. - Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente, liquidate in Euro 15.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15% sui compensi ed agli accessori di legge. Sussistono i presupposti per il pagamento del contributo unificato di cui al D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, se dovuto.