Sotto processo per tre cardellini tenuti in gabbia: possibile però il riconoscimento della non punibilità

Inequivocabile, secondo i Giudici, il comportamento illecito tenuto dall’uomo sotto processo. Insufficiente, come giustificazione, il richiamo alle rassicurazioni fornitegli dal venditore. Da valutare però in un nuovo processo il possibile riconoscimento della non punibilità.

Sotto processo perché beccato in possesso di tre cardellini, acquistati ad una fiera e tenuti in gabbia, privi dell'anello identificativo e della relativa documentazione. Possibile però il riconoscimento della non punibilità. A finire sotto processo è un uomo, beccato a detenere tre esemplari di cardellino, custoditi all'interno di una gabbia, privi di anello identificativo e della relativa documentazione. Per il GUP del Tribunale il quadro probatorio è chiaro e sufficiente per una condanna. In sostanza, nessun dubbio sul fatto l'uomo, «al fine di procurarsi un ingiusto profitto», «ha acquistato o comunque ricevuto tre esemplari vivi di uccello della specie particolarmente protetta “carduelis carduelis”, abitualmente denominata cardellino, da lui custoditi all'interno di una gabbia, privi di anello identificativo e della relativa documentazione». Consequenziale la sanzione, ossia «700 euro di ammenda», accompagnata dal «confisca e distruzione della gabbia ove i due volatili erano custoditi». La lettura fornita dal GUP è condivisa dai Giudici della Cassazione, i quali respingono la tesi difensiva secondo cui l'uomo non era consapevole dell'illecito compiuto, avendo «acquistato gli esemplari di volatili in una consentita per la vendita degli animali, consentita e sottoposta a controlli». Su questo fronte i magistrati annotano che l'uomo «ha sostenuto, in maniera piuttosto vaga, di essere stato rassicurato – anche attraverso la sussistenza di tutti i certificati – dal venditore che si trattava di animali commerciabili in quanto nati in cattività», ma osservano poi che l'uomo ha ammesso «le bestie in questione appartengono a una specie ornitologica oggetto di protezione» e ha, in sostanza, «omesso di chiarire sulla base di quale elemento di giudizio egli ha fondato la affermazione della originaria cattività dei volatili». Questo passaggio è fondamentale, poiché «il detentore di un esemplare di fauna selvatica può dimostrarne la provenienza non illegittima, con conseguente esclusione di sua responsabilità penale» ma tocca a lui mettere sul tavolo prove concreto a propria discolpa. Invece, in questa vicenda, l'uomo si è limitato a sostenere di avere «ricevuto dal venditore degli animali delle rassicurazioni in ordine alla legittimità del loro commercio, e, pertanto, dell'acquisto da lui compiuto», senza pero fornire alcun dato in ordine all'effettivo contenuto di tali rassicurazioni ed in ordine al loro grado di affidabilità, dato, invece, fondamentale per «escludere un giudizio anche solo di avventatezza o comunque imprudenza nell'avvenuto acquisto dei tre cardellini». Tutti gli elementi probatori a disposizione non bastano però, almeno per ora, a sancire la definitiva condanna dell'uomo sotto processo. Ancora in piedi, difatti, l'ipotesi di ritenere non punibile il fatto addebitatogli, proprio richiesto dalla difesa, e su questo punto – oltre che sul possibile riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena, in caso di condanna – dovranno pronunciarsi i giudici del Tribunale.

Presidente Liberati – Relatore Gentili Ritenuto in fatto Il Giudice della udienza preliminare del Tribunale di Agrigento, con sentenza del 1 dicembre 2020, emessa in esito a decreto penale opposto con richiesta di celebrazione del giudizio nelle forme del rito abbreviato, ha dichiarato la penale responsabilità di F.A. in ordine al reato di cui alla L. numero 157 del 1992, articolo 30, comma 1, lett. b , così riqualificata la originaria imputazione di violazione dell'articolo 648 c.p., in quanto lo stesso, secondo la rubrica a lui contestata, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, acquistava o comunque riceveva tre esemplari vivi di uccello della specie particolarmente protetta carduelis carduelis, abitualmente denominata cardellino, da lui custoditi all'interno di una gabbia privi di anello identificativo e della relativa documentazione, e lo ha pertanto condannato alla pena di Euro 700,00 di ammenda, ordinando altresì la confisca e la distruzione della gabbia ove i due predetti esemplari erano custoditi. Ha proposto ricorso per cassazione il prevenuto, affidando le sue lagnanze a 4 motivi di ricorso. Il primo motivo attiene alla nullità della sentenza in quanto in essa non è stata considerata la carenza dell'elemento soggettivo del reato contestato, posto che gli esemplari di volatili erano stati acquistati dal F. in una fiera per la vendita degli animali consentita e sottoposta a controlli. Il secondo motivo di ricorso riguarda la nullità della sentenza impugnata per non essere stata dichiarata la non punibilità del fatto stante la sua particolare tenuità, questione sulla quale il Tribunale non ha speso una parola. Il terzo motivo attiene alla entità della pena ed in particolare alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione, delle quali il prevenuto sarebbe stato meritevole, avendo egli un solo precedente penale, essendo di giovane età e nutrendo passione per gli animali. Il quarto motivo attiene alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena, che è stata negata dal Tribunale in quanto a carico del F. vi è un precedente penale ha rilevato il ricorrente che tale precedente, non superando il coecervo delle pene a lui inflitte il limite dei due anni di reclusione, non era ostativo alla concessione del beneficio pertanto, la sentenza che lo ha negato è errata. Considerato in diritto Il ricorso proposto dal F. è in parte fondato e, pertanto, deve essere accolto, con il conseguente annullamento della sentenza impugnata sia pure solo per quanto di ragione. Chiaramente inammissibile, infatti, è il primo motivo di censura, formulato da parte del ricorrente avverso la sentenza emessa a suo carico infatti, il motivo di ricorso ha ad oggetto la pretesa nullità della sentenza impugnata in quanto il Tribunale girgentano non avrebbe adeguatamente valutato il fatto che, per avere il F. acquistato gli esemplari di cardellino, nel cui possesso lo stesso è stato sorpreso, nel corso di una fiera per la vendita di animali, lo stesso aveva fatto ragionevolmente affidamento sulla legittimità del commercio in questione. Egli, infatti, ha, in maniera invero piuttosto vaga, sostenuto in sede di ricorso di essere stato rassicurato, anche attraverso la dichiarata sussistenza di tutti i certificati , dal venditore dal quale avrebbe acquistato le bestiole che si trattava di animali commerciabili in quanto nati in cattività. L'argomento, al di là della sua concludenza, è tuttavia privo della necessaria specificità, avendo il ricorrente - il quale non ha contestato il fatto che le bestie in questione appartenessero a specie ornitologiche oggetto di protezione - del tutto omesso di chiarire sulla base di quale elemento di giudizio egli aveva fondato la affermazione della originaria cattività degli animali in questione. Al riguardo ribadisce questa Corte il principio giurisprudenziale in forza del quale, sebbene sia possibile, per il detentore di un esemplare di fauna selvatica, dimostrarne la provenienza non illegittima, con conseguente esclusione di sua responsabilità penale, tuttavia il relativo l'onus probandi incombe, però, su di lui e non sull'accusa, posto che la regola generale stabilita dalla L. numero 157 del 1992, articolo 21, comma 1, lett. e , è quella del divieto di detenzione di esemplari di fauna selvatica. Nel caso di specie la difesa del F. si è limitata a postulare la circostanza che questi avesse ricevuto dal venditore degli animali della rassicurazioni in ordine alla legittimità del commercio di essi, e, pertanto, dell'acquisto da lui compiuto e della successiva sua detenzione degli esemplari ornitologici in discorso, senza però fornire alcun dato in ordine all'effettivo contenuto di tali rassicurazioni ed in ordine al loro grado di affidabilità elemento quest'ultimo di fondamentale importanza, in quanto esso sarebbe stato rilevante solo ove fosse stato idoneo a far escludere a carico dell'imputato un giudizio anche solo di avventatezza o comunque imprudenza nell'avvenuto acquisto, posto che, trattandosi di reato contravvenzionale, lo stesso sarebbe stato ravvisabile anche sulla sola base di un atteggiamento soggettivo dell'agente improntato alla colposità della condotta posta in essere. La totale genericità dell'argomentazione spesa al riguardo dal ricorrente rende inammissibile la censura. Infondato è anche il motivo di ricorso avente ad oggetto la, astratta, quantificazione della pena cui il F. è stato condannato, senza che siano state riconosciute in suo favore le circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione. Ed invero - premesso che la pena concretamente inflitta all'imputato è stata determinata esclusivamente in termini pecuniari il che, in relazione ad un reato che, invece, prevede, alternativamente, anche la pena detentiva, è fattore che di per sé giustifica una particolare sintesi motivazionale si veda, infatti, sul punto Corte di cassazione, Sezione III penale, 18 settembre 2015, numero 37867 sulla base di una pena di Euro 2.000,00 di ammenda.- rileva la Corte che la riduzione per la applicazione della attenuanti generiche è stata contenuta in misura appena inferiore al terzo in considerazione della discrezionalità che in tale materia è riconosciuta all'organo giudicante di merito, tale da poter essere sindacata di fronte al giudice della legittimità solo se esercitata in termini illegali ovvero manifestamente irrazionali, cosa che nel presente caso la modestia dello scostamento dal massimo della riduzione effettuabile porta indubbiamente ad escludere. Come emerge dalla lettura della sentenza impugnata è poi stata correttamente applicata la ulteriore diminuente, per la scelta del rito, nella misura della metà della pena, trattandosi, appunto, di reato contravvenzionale. Per le esposte ragioni, salvi ed impregiudicati i riflessi che su di esso potranno avere le statuizioni che ora seguiranno, la censura riguardante direttamente il trattamento sanzionatorio è, pertanto, inammissibile. Va, infatti, segnalato che sono, invece, fondate le doglianze aventi ad oggetto la omessa motivazione in relazione alla possibilità di ritenere non punibile il fatto addebitato al F. ai sensi dell'articolo 131 bis c.p., ed in relazione alla mancata concessione in favore dell'imputato della sospensione condizionale della pena. Quanto al primo aspetto si rileva che effettivamente in sede di discussione finale la difesa del ricorrente, alla udienza del 1 dicembre 2020, ebbe a concludere la propria arringa difensiva chiedendo la assoluzione per la peculiare tenuità del fatto dovendo tale richiesta essere interpretata, al di là della imprecisione terminologica, la cui causale è, verosimilmente, attribuibile anche alla frettolosa verbalizzazione, siccome volta a sollecitare la affermazione della non punibilità del fatto ai sensi dell'articolo 131 bis c.p., osserva la Corte che al riguardo la sentenza impugnata è del tutto muta, sicché la stessa, stante la evidenziata omissività, deve essere annullata con rinvio al medesimo Tribunale di Agrigento, affinché esso si pronunzia sul tema sino ad ora pretermesso. Parimenti annullata, con rinvio, la sentenza deve essere in punto di riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena. Infatti, il Tribunale di Agrigento ha ritenuto non estensibile al F. la sospensione condizionale della pena sulla dichiarata base di un precedente penale a carico tale motivazione è, quanto meno, incompleta posto che l'esistenza di un solo precedente, per come riferito nella sentenza impugnata, non è fattore che si pone come oggettivamente ed autonomamente ostativo al riconoscimento del beneficio, operando il vincolo negativo solamente nel caso il cui l'entità della pena a suo tempo sospesa, sommata a quella successivamente irrogata, superi i limiti massimi per la concedibilità della sospensione condizionale del trattamento sanzionatorio. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio in ordine ai due argomenti sopra descritti, il secondo dei quali il giudice del merito dovrà evidentemente, esaminare solo nel caso in cui, in sede di rinvio dovesse ritenere non riconducibile il fatto commesso dal F. al paradigma normativo di cui all'articolo 131 bis c.p Visto l'articolo 624 c.p.p., l'affermazione della responsabilità dell'imputato in ordine al medesimo fatto è, oramai, definitiva, essendo rimastie sub iudice solo questioni attinenti al trattamento sanzionatorio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'articolo 131 bis c.p. e del beneficio della sospensione condizionale della pena, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Agrigento. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto e definitiva l'affermazione di responsabilità.