La Corte Suprema di Cassazione, con ordinanza numero 39231 del 10 dicembre 2021, si è soffermata sull’esercizio dei poteri gestori nell’ipotesi in cui la società venga interessata dalla nomina di un amministratore giudiziario disposta a seguito del sequestro di compendio aziendale ai sensi della l. numero 575/1965.
I Giudici di legittimità, nell'escludere il c.d. doppio binario nell'amministrazione, hanno enunciato il seguente principio di diritto «nel caso in cui sia adottato un provvedimento di sequestro di beni costituenti compendio aziendale di una società e di nomina di amministratori giudiziari, ex articolo 2-quinquies e 2- sexies della legge 31 maggio 1965, numero 575, non è configurabile alcun “doppio binario”, che faccia coesistere poteri gestori del patrimonio sociale in capo agli amministratori della società, essendo gli stessi riservati in via esclusiva agli amministratori giudiziari». Il caso. La presente controversia trae origine da una opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto da una società a seguito del mancato pagamento di forniture di carburante. La società opponente – nei confronti della quale era stato disposto dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il sequestro del complesso aziendale con nomina dei commissari giudiziari – ha dedotto la carenza di prova del credito azionato in via monitoria e, comunque, la non riferibilità dello stesso all'attività di amministrazione svolta dai commissari. In particolare, costoro hanno negato di aver chiesto le forniture oggetto delle fatture allegate al decreto ingiuntivo precisando di aver informato al tempo tutti i fornitori che, per il futuro, qualsiasi ordinativo di carburante sarebbe stato inoltrato dal loro indirizzo di posta elettronica. Il Tribunale di Roma accoglieva parzialmente la proposta opposizione a decreto ingiuntivo ritenendo sfornito di qualunque assunto probatorio il richiamo dell'ingiungente ad una prassi commerciale relativa all'esistenza di ordinativi orali. Veniva pertanto interposto gravame dalla società convenuta opposta. La Corte di Appello di Roma accoglieva il gravame e rigettava l'opposizione al decreto ingiuntivo. Ciò muovendo dal presupposto che la presenza dell'organo di nomina giudiziaria non poteva vincolare l'appellante fino al punto da rifiutare gli ordini impartiti dall'amministratore della società mai revocato dall'autorità giudiziaria, così configurandosi nella specie un sistema di doppio binario gestorio. Da qui il ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. I motivi di ricorso. Per quanto di interesse, con i primi due motivi viene contestata la decisione della Corte di Appello di Roma per aver ritenuto sussistente un doppio binario di amministrazione. In breve, a detta del secondo giudice, alla funzione statica di controllo dei commissari si sarebbe affiancata la gestione dinamica dell'impresa da parte dell'amministratore in carica nell'ottica di garantire l'operatività sul mercato della società. Ciò tenuto dipoi conto che lo scopo dell'amministrazione straordinaria è quello di conservare la collocazione dell'impresa sequestrata sul mercato e di potenziarne la redditività, oltre a garantirne il livello occupazionale. In questa prospettiva la Corte territoriale ha reputato non immaginabile pensare che i commissari potessero essere all'oscuro degli ordinativi che la società continuava a fare mensilmente per fronteggiare il bisogno commerciale, non risultando, oltretutto, che costoro avessero chiesto al giudice delegato di estromettere l'amministratore in carica dalla gestione societaria. Impostazione questa ritenuta sbagliata dalla ricorrente non essendo stati individuati dalla Corte territoriale gli atti che avrebbero dovuto far capo a questa amministrazione “parallela” rispetto a quella degli amministratori giudiziari. Misure penali di prevenzione ed esclusione del doppio binario di amministrazione. Ad avviso della Corte di Cassazione è giuridicamente errato configurare un sistema di “doppio binario” nell'amministrazione della società — caratterizzato cioè dalla coesistenza di una gestione dinamica dell'amministratore in grado di sovrapporsi a quella statica assicurata dai commissari giudiziari — in un contesto di adozione di misure di prevenzione quali il sequestro del capitale sociale e dei beni aziendali. Ciò, puntualizza la Corte, già con riferimento al quadro normativo precedente l'avvento del c.d. codice antimafia. Ancor prima dell'entrata in vigore del d.lgs. numero 159/2011, l'applicazione di una misura di prevenzione con nomina dell'amministratore giudiziario veniva a configurare, per richiamare la dottrina, una sorta di rapporto gestorio necessario di fonte giudiziale che si innesta in un procedimento governato dal giudice penale orientato a tutelare particolari interessi pubblici, con sottrazione dei beni alla disponibilità del loro proprietario. Rammentano i Giudice di legittimità che, come in passato osservato dalla Corte costituzionale — con riferimento all'istituto allora denominato della sospensione temporanea di cui agli articolo 3-quater e 3-quinquies l. numero 575 del 1965 — a fondamento della scelta legislativa di prevedere simili forme di temporanea amministrazione affidata a terzi, vi è «la necessità di impedire che una determinata attività economica che presenti connotazioni agevolative del fenomeno mafioso [ ] realizzi o possa comunque contribuire a realizzare un utile strumento di appoggio per le attività di quei sodalizi, sia sul piano strettamente economico, sia su quello di un più agevole controllo del territorio e del mercato» Corte Cost. numero 487/1995 . Esigenza di tutela degli interessi pubblici e «sterilizzazione» dei poteri gestori dell'imprenditore. Soggiunge la Corte di Cassazione che la peculiarità di simili istituti consiste nel fatto, come avvertito dalla dottrina, che la loro adozione, sebbene strumentale ad una “gestione coattiva” dell'impresa orientata a tutelare fini pubblicistici, comunque involge la gestione privatistica di attività e rapporti. Al punto da potersi prospettare una sorta di alternativa di qualificazione dell'amministratore giudiziario quale ausiliario del giudice ovvero, all'opposto, caratterizzato da una ordinaria natura privatistica fondata sul rapporto institorio sequestro strumentale ad una impresa individuale o di mandato sequestro strumentale ad una impresa collettiva . A far propendere per la prima di tali soluzioni, è, ad avviso della Corte di Cassazione, la constatazione che, per richiamare le parole della dottrina, «il provvedimento di nomina non affida all'amministratore giudiziario la gestione di un patrimonio altrui per una qualche intervenuta incapacità personale del suo titolare e, quindi, essenzialmente a sua tutela , ma in ragione della tutela di interessi pubblici estranei all'imprenditore siano essi quelli dello Stato quale prospettato beneficiario della confisca ovvero quelli del mercato ovvero, più in concreto, delle altre parti interessate dalla continuazione dell'attività economica di impresa ». Ne consegue che i poteri gestori del commissario giudiziario sostanzialmente si affiancano a quelli che l'ordinamento riconduce allo status di imprenditore individuale o collettivo che sia , ma, viene precisato, prevalendo e «sterilizzandoli» per l'intera durata del suo incarico. Pertanto, l'imprenditore, pur senza vedere estinti i suoi poteri, è temporaneamente inibito ad esercitarli. L'approdo di legittimità incastonato nel diritto vivente. Conclude la terza sezione civile della Corte Suprema che la soluzione raggiunta trova riscontro nel “diritto vivente” vuoi di merito, vuoi di legittimità. Ricorda il Collegio che, sotto il primo versante, è stato «escluso che il sequestro delle partecipazioni sociali e dell'azienda abbia l'effetto di sostituire gli amministratori volontari con l'amministratore giudiziario» il quale, se «da un lato, non diviene legale rappresentante della società», dall'altro, però, «può gestire l'azienda oggetto di spossessamento ed esercitare diritti incorporati nella partecipazione sociale» App. Napoli, 25 gennaio 2016 . In sede di legittimità è stato affermato che, con l'adozione della misura di prevenzione, l'amministratore della società «resta nella titolarità di tutte le funzioni non riguardanti la gestione del patrimonio» Cass., numero 25736/2016 Cass., numero 23461/2014 , con ciò, seppur implicitamente, escludendo la coesistenza o meglio la sovrapposizione di una gestione dinamica dell'amministratore della società a quella statica assicurata dai commissari giudiziari. Qualche precedente sul tema. In argomento, a conferma dell'esclusiva gestione da parte dell'amministratore giudiziario, cfr. App. l'Aquila, 19 aprile 2021, numero 615, in De Jure, che si è così espressa «il commissario giudiziario che non abbia ricevuto da parte del Giudice Delegato l'autorizzazione a sostituirsi all'organo amministrativo della società, previa elezione da parte dell'assemblea societaria ex articolo 41, comma 6, d.lgs. numero 159/2011 non assume la carica di amministratore della società medesima, ma acquista solo il diritto/dovere di amministrare l'azienda sequestrata, lasciando dunque all'amministratore la titolarità formale e conseguentemente la legittimazione attiva e passiva in campo processuale». Per la giurisprudenza di legittimità, v. Cass., numero 29983/2020 secondo cui «in tema di misure di prevenzione patrimoniali, il curatore fallimentare non è legittimato ad intervenire nel procedimento per l'applicazione della confisca, non essendo titolare di un diritto reale, di garanzia o di godimento sui beni sottoposti a sequestro di prevenzione ed in quanto surrogato dall'amministratore giudiziario nella gestione di detti beni, una volta esaurita la fase di distacco dal fallimento» Cass., numero 26478/2018 nella quale, in ambito di rapporti di lavoro, è stato stabilito che «in caso di sequestro dell'azienda operato ai sensi del d.lgs. numero 159 del 2011 c.d. codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione , è legittima la risoluzione del rapporto di lavoro disposta dall'amministratore giudiziario su ordine del giudice delegato, trattandosi di disposizione di ordine pubblico applicabile a tutti i contratti relativi all'azienda sequestrata e, dunque, anche a quelli di lavoro » Cass., numero 27187/2018 ove segnalato che «è configurabile il concorso per omissione dell'amministratore giudiziario rispetto al reato di esercizio abusivo dell'attività finanziaria commesso dall'amministratore della società sottoposta a sequestro di prevenzione, atteso che il primo è tenuto non solo alla custodia, alla conservazione ed all'amministrazione della società, ma anche ad impedire condotte di gestione realizzate da altri in violazione della legge penale».
Presidente Taravaglino – Relatore Guizzi Fatti di causa 1. La società E.O. S.p.a. ricorre, sulla base di cinque motivi, per la cassazione della sentenza numero 2867/19, del 2 maggio 2019, della Corte di Appello di Roma, che - accogliendo il gravame esperito dalla società M.P. contro la sentenza numero 5673/16, del 19 marzo 2016, del Tribunale di Roma - ha rigettato l'opposizione a decreto ingiuntivo, proposta dall'odierna ricorrente avverso un provvedimento monitorio che le ingiungeva il pagamento, in favore della predetta M.P., di Euro 628.826.11, per forniture di carburante, oltre interessi legali dalla richiesta. 2. Riferisce, in punto di fatto, l'odierna ricorrente - non senza premettere che il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ebbe a sottoporre a misure di prevenzione poi revocata nel corso del primo grado del presente giudizio i proprietari di essa E.O., disponendo il sequestro dei beni e del complesso aziendale e nominando dei commissari giudiziari - di aver opposto il suddetto decreto ingiuntivo, deducendo la carenza di prova del credito azionato in via monitoria e comunque, la non riferibilità dello stesso ad attività di amministrazione svolta dai commissari. In particolare, veniva eccepito che costoro non avevano mai chiesto le forniture di cui alle fatture emesse da M.P. dal omissis , e dalla stessa allegate al proprio ricorso per ingiunzione. Difatti, gli amministratori giudiziari, con comunicazione a mezzo fax del 14 gennaio 2009, inviata a tutti i fornitori di E.O. compresa, dunque, M.P. , precisavano che, per il futuro, qualsiasi ordinativo di carburante sarebbe stato inoltrato a mezzo e-mail, dal loro indirizzo di posta elettronica, invitando, pertanto, i predetti fornitori a comunicare i rispettivi recapiti telematici cui trasmettere gli ordini. Orbene, non essendo state le - asserite forniture oggetto di causa erogate all'esito di ordinativi inviati secondo le descritte modalità specificamente ribadite, peraltro, dagli amministratori giudiziari di E.O. in un incontro avuto con l'amministratore di M.P. , dalle stesse non poteva derivare alcuna pretesa creditoria verso l'odierna ricorrente. Accolta parzialmente dal primo giudice la proposta opposizione, atteso che lo stesso condannava l'opponente al pagamento solo di Euro 101.960,64 e ciò in quanto il procuratore di E.O. ammetteva l'esistenza di forniture per tale importo , per il resto l'adito Tribunale riconosceva sfornito di qualunque assunto probatorio il richiamo di M.P. ad una prassi commerciale relativa all'esistenza di ordinativi orali , e ciò proprio in virtù della già segnalata comunicazione del 14 gennaio 2009. Esperito gravame dalla convenuta opposta, il giudice di appello lo accoglieva, rigettando, pertanto, la proposta opposizione. 3. Avverso la decisione della Corte capitolina ha proposto ricorso per cassazione E.O., sulla base - come detto - di cinque motivi. 3.1. Il primo motivo denuncia - ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4 - violazione dell'articolo 132 c.p.c., comma 2, numero 4 , censurando la sentenza impugnata per omessa o apparente motivazione , in particolare per avere la Corte territoriale sussunto erroneamente l'esistenza del doppio binario di amministrazione dell'azienda facente capo alla società ricorrente . Il motivo - che investe, diversamente dagli altri, la sentenza nel suo insieme, sul presupposto che essa rappresenti, sotto questo profilo, un unicum argomentativo - censura, in particolare, il passaggio motivazionale secondo cui la circostanza che i commissari avessero informato la M.P. s.p.a. che gli ordini dei prodotti sarebbero stati eseguiti via mail, in modo da avere la sicurezza della provenienza dall'organo di nomina giudiziaria, non poteva vincolare l'appellante fino al punto da rifiutare ordini inviati via fax o a mezzo telefono da chi continuava di fatto a gestire l'impresa assicurandone il ciclo produttivo , vale a dire l'amministratore della società G.S., mai revocato dall'autorità giudiziaria. Tanto corrisponderebbe, sempre secondo la sentenza impugnata, al sistema del doppio binario , il quale, a maggior ragione prima della riforma del 2017, attribuiva all'amministratore o al CDA previsto dallo statuto poteri di gestione cumulabili con quelli degli amministratori giudiziari . In altri termini, alla funzione statica di controllo dei commissari si sarebbe affiancata, sempre secondo la sentenza impugnata, la gestione dinamica dell'impresa da parte dell'amministratore in carica , e ciò proprio al fine di garantire l'operatività sul mercato dell'impresa visto, oltretutto, che lo scopo dell'amministrazione straordinaria è quello di conservare la collocazione dell'impresa sequestrata sul mercato e di potenziarne la redditività, oltre a garantirne il livello occupazionale , fermo restando che non sarebbe immaginabile pensare che i commissari potessero essere all'oscuro degli ordinativi che la società continuava a fare mensilmente per fare fronte al bisogno commerciale , non risultando, oltretutto, che avessero chiesto al giudice delegato di estromettere totalmente l'amministrazione in carica dalla gestione dell'azienda . Ciò premesso, secondo l'odierna ricorrente, la Corte territoriale, partendo dal presupposto che nessuna disposizione normativa esclude che, in caso di misure di prevenzione che hanno ad oggetto il sequestro del capitale sociale e dei beni aziendali, si possa configurare il sistema del doppio binario , in realtà non indica alcun elemento che possa confermare questa presupposizione che rimane solo teorica , o più esattamente non individua quali siano gli atti, decisioni o ordinativi che avrebbero dovuto far capo a questa amministrazione ordinaria parallela , rispetto a quella degli amministratori giudiziari. Non conferente, poi, sarebbe il richiamo - compiuto dalla sentenza in esame per corroborare la tesi del doppio binario ad una pronuncia di questa Corte si tratta di Cass. Sez. Penumero , sent. dep. 31 maggio 2018, numero 24663 che si è limitata a sancire l'inesistenza del diritto dei commissari giudiziari a fruire di una doppia remunerazione, per essersi autonominati componenti del consiglio di amministrazione essa, semmai, smentirebbe la tesi della Corte capitolina, giacché da tale pronuncia si trae il principio che è solo il giudice a poter porre limiti all'amministrazione giudiziaria e a decidere l'eventuale partecipazione degli organi previsti dallo statuto, secondo valutazioni di funzionalità rimesse ad esso soltanto. Di conseguenza, oltre che erronea, sotto questo specifico profilo, la motivazione risulterebbe apparente, perché non ancorata alle risultanze istruttorie , visto che non rende percepibile il fondamento della decisione . Priva di motivazione, infine, sarebbe la sentenza impugnata quanto alla circostanza che M.P. non potesse ignorare il rischio connesso alla scelta di ignorare le formalità di comunicazione degli ordini indicate dagli amministratori giudiziari, avendo essa ammesso che, nel periodo cui risalgono le forniture asseritamente effettuate, i rappresentanti e gestori di E.O. erano gli amministratori giudiziari. 3.2. Il secondo motivo denuncia - ex articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 - violazione della L. 31 maggio 1965, numero 575, articolo 2-sexies, commi 10, 11 e 12 e articolo 2-octies, censurando il medesimo passaggio motivazionale già illustrato, ovvero quello in cui la Corte romana ipotizza l'esistenza di un doppio binario nell'amministrazione della società, i cui beni aziendali vennero sottoposti a misura di prevenzione. Invero, quantunque la Corte territoriale abbia ritenuto applicabili le norme suddette alla fattispecie sottoposta al suo esame, risulterebbe, invece, averle violate, giacché dalla loro stessa lettera emerge che non vi è alcun riferimento al doppio binario , disciplinando le stesse esclusivamente l'attività dell'amministrazione giudiziaria, sotto il controllo e con i limiti posti dal Tribunale, che decide le modalità di gestione. Errato, inoltre, come già segnalato, sarebbe il riferimento alla già citata sentenza penale di questa Corte numero 24663 del 2018. 3.3. Il terzo motivo denuncia - ai sensi, nuovamente, dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 - violazione degli articolo 1559,1321 e 1322 c.c Sul presupposto che quello corrente tra le parti fosse un contratto di fornitura disciplinato dall'articolo 1559 c.c. il quale non richiede alcuna forma scritta, né ad substantiam , né ad probationem , la ricorrente evidenzia come tra di esse, per tale ragione, si fosse sviluppata - all'esito della già ricordata comunicazione del 14 gennaio 2009 dei commissari giudiziari una prassi concernente l'invio degli ordinativi, prassi in merito alla quale M.P. aveva due alternative o adeguarsi, o recedere dal contratto. Orbene, avendo optato per la prima possibilità, essa avrebbe accettato che non potesse esservi una fornitura legittima eseguita con modalità diverse, e ciò anche in ragione del fatto che la fornitura era franco partenza , cioè senza garantire la destinazione sicché, ipoteticamente, il fornitore avrebbe potuto anche inventarsi gli ordini o concordarli con soggetti estranei a E.O. . Orbene, affermare, come ha fatto la Corte territoriale, che la modalità convenuta non poteva vincolare l'appellante , significa contravvenire al principio secondo cui in un contratto di somministrazione, non legato a vincoli di forma, la manifestazione di volontà di una parte in ordine alle modalità di fornitura vincola l'altra parte . 3.4. Il quarto motivo denuncia - ai sensi, nuovamente, dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 - violazione dell'articolo 2729 c.c., per avere la Corte presupposto una presunzione invece inesistente . Si imputa alla sentenza impugnata di aver presunto, affermando la ricorrenza del cd. doppio binario , che all'amministrazione giudiziaria continuasse ad affiancarsi quella dell'amministratore unico, senza però indicare alcun elemento probatorio che potesse supportare la presunzione, o spiegare perché i commissari dovessero essere a conoscenza dell'amministrazione parallela . 3.5. Infine, il quinto motivo denuncia - sempre ex articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 - violazione dell'articolo 116 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto l'esistenza di una prassi relativa agli ordinativi delle forniture, a mezzo fax o telefono, in realtà inesistente, non sussistendo alcun elemento a riscontro della stessa. 4. La società M.P. ha resistito con controricorso, all'avversaria impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilità ovvero, in subordine, il rigetto, nonché svolgendo ricorso incidentale sulla base di un unico motivo. Quanto all'avversaria impugnazione, la controricorrente assume che la decisione impugnata sarebbe retta da una doppia ratio decidendi , la seconda delle quali l esistenza di prova delle forniture comunque eseguite verso E.O. non sarebbe stata adeguatamente confutata dal quinto motivo di ricorso, donde l'inammissibilità dei precedenti quattro, che investono la prima ratio , ovvero quella relativa all'esistenza del c.d. doppio binario di amministrazione della società. Quanto al ricorso incidentale, si censura la sentenza impugnata perché, pur respingendo l'opposizione al decreto ingiuntivo, non avrebbe riconosciuto gli interessi del D.Lgs. 9 ottobre 2002, numero 231, ex articolo 5, come indicato nel provvedimento monitorio. A sostegno del motivo si richiama la giurisprudenza di questa Corte secondo cui, con riferimento alla transazione commerciale quale si assume essere la relazione negoziale oggetto di lite , la decorrenza degli interessi de quibus prescinde persino da una specifica richiesta del creditore e' citata Cass. Sez. 3, sent. 31 maggio 2019, numero 14911 . 5. La società E.O. ha resistito, con controricorso, al ricorso incidentale di M.P 6. Entrambe le parti hanno depositato memoria, insistendo nelle rispettive argomentazioni. Ragioni della decisione 7. Il ricorso principale è fondato, in relazione al suo secondo motivo. 8. In limine , tuttavia, va disattesa l'eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso, formulata dalla controricorrente. 8.1. Tale eccezione, per vero, si basa sulla deduzione dell'esistenza di una doppia ratio decidendi espressa dalla Corte capitolina con la propria pronuncia. Orbene, se tale assunto fosse esatto, la non fondatezza del quinto motivo di ricorso, che investe la seconda di tali rationes ovvero, l'esistenza, comunque, della prova delle forniture eseguite da Maxcom verso E.O., a prescindere dal tema del c.d. doppio binario di amministrazione , dovrebbe comportare l'inammissibilità dei quattro precedenti, relativi, invece, alla prima ratio . Troverebbe, invero, applicazione il principio secondo cui, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l'intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa Cass. Sez. 5, ord. 11 maggio 2018, numero 11493, Rv. 648023-01 in senso analogo già Cass. Sez. Unumero , sent. 29 marzo 2013, numero 7931, Rv. 625631-01 Cass. Sez. 3, sent. 14 febbraio 2012, numero 2108, Rv. 621882-01 . Per accedere, ipoteticamente, a tale soluzione occorre, perciò, stabilire se l'affermazione contenuta nella sentenza impugnata circa la sussistenza della prova degli ordini e delle forniture di carburante prova che la Corte territoriale ha ritenuto di trarre da una pluralità di elementi, ovvero le note peso in uscita del prodotto , emesse dalla Maxcom, che riepilogano i quantitativi ritirati da E.O. , ed ancora, i documenti di accompagnamento, le bolle di consegna e i DAS , ovvero il documento di verifica degli oli minerali imposto dalla normativa comunitaria , nonché, soprattutto,. i registri di carico e scarico prodotti da E.O. su ordine del giudice ex articolo 2010 c.p.c. , nei quali risultano annotate tutte le forniture confluite nelle fatture azionate in monitorio costituisca una ratio effettivamente distinta ed autonoma rispetto a quella che nega rilievo alla decisione dei commissari giudiziari di imporre una particolare prassi nell'invio degli ordini, avendo la sentenza impugnata affermato che la stessa non potesse vincolare Maxcom sino al punto di rifiutare ordini inviati via fax o a mezzo telefono da chi continuava di fatto a gestire l'impresa assicurandone il ciclo produttivo ovvero, l'amministratore della società, G.S. . Tuttavia, tale ultima affermazione - nella misura in cui sottende che gli ordini inviati a Maxcom non avessero rispettato tale prassi - non può considerarsi distinta e autonoma rispetto a quella che reputa provata l'avvenuta fornitura di carburante, dando conto, piuttosto, del fatto che l'interlocuzione intrattenuta da E.O. con quest'ultima fu mantenuta da chi continuava di fatto a gestire l'impresa . Il tema centrale, dunque, resta sempre quello della dedotta esistenza di una gestione dinamica dell'amministratore della società, in grado di sovrapporsi a quella statica assicurata dai commissari giudiziari. In questo senso, dunque, coglie nel segno la ricorrente, quando afferma che la motivazione della sentenza impugnata costituisce un unicum inscindibile. 9. Ciò detto, il secondo motivo del ricorso principale - che ipotizza il vizio di violazione di norme di diritto, segnatamente della L. 31 maggio 1965, numero 575, articolo 2-sexies, commi 10, 11 e 12 e articolo 2-octies, applicabili ratione temporis al presente giudizio, risultando il sequestro dei beni e del complesso aziendale, nonché la nomina degli amministratori giudiziari, avvenuti anteriormente all'avvento del D.Lgs. 6 settembre 2011, numero 159, che ne ha disposto l'abrogazione - è fondato. 9.1. Difatti, la tesi affermata dalla Corte capitolina - secondo cui, con l'adozione di misure di prevenzione che abbiano ad oggetto il sequestro del capitale sociale e dei beni aziendali, si determinerebbe un sistema di doppio binario nell'amministrazione della società, caratterizzato dalla coesistenza di una gestione dinamica dell'amministratore della società in grado di sovrapporsi a quella statica assicurata dai commissari giudiziari - risulta giuridicamente errata, e ciò già con riferimento al quadro normativo che ha preceduto l'avvento del cd. codice antimafia . Invero, già prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. numero 159 del 2011, quello nascente dall'applicazione di una misura di prevenzione e dalla nomina dell'amministratore giudiziario si ricostruiva - come osservato in dottrina - alla stregua di un rapporto gestorio necessario di fonte giudiziale , il quale, a differenza di altri di analogo genere, già conosciuti dal nostro ordinamento quali, esemplificativamente, quello di cui alla L. Fall., articolo 104, oltre alle amministrazioni giudiziarie della comunione o del condominio ex articolo 1105 e 1129 c.c., dell'eredità giacente ex articolo 528 c.c. e, soprattutto, a quelle disposte nell'ambito di un procedimento ex articolo 2409 c.c. si inserisce in un particolare procedimento governato dal giudice penale tipicamente a tutela di particolari interessi pubblici, oltre che in funzione di altrettanto tipiche finalità di destinazione sociale dei beni sottratti - temporaneamente sequestro o confisca non definitiva o per sempre confisca definitiva - alla disponibilità del loro proprietario . Invero, come già in passato osservato dalla Corte costituzionale, con riferimento all'istituto allora denominato della sospensione temporanea di cui della L. numero 575 del 1965, articolo 3-quater e 3-quinquies , a fondamento della scelta legislativa di prevedere simili forme di temporanea amministrazione affidata a terzi, vi è la necessità di impedire che una determinata attività economica che presenti connotazioni agevolative del fenomeno mafioso . realizzi o possa comunque contribuire a realizzare un utile strumento di appoggio per le attività di quei sodalizi, sia sul piano strettamente economico, sia su quello di un più agevole controllo del territorio e del mercato Corte Cost., sent. 29 novembre 1995, numero 487 . Naturalmente, la peculiarità di simili istituti - come, nuovamente, rilevato in dottrina - consiste nel fatto che la loro adozione, sebbene strumentale ad una gestione coattiva dell'impresa dettata dal perseguimento di fini pubblicistici, comunque involge la gestione privatistica di attività e rapporti seppur nei limiti dei poteri conferiti dalle legge e dal provvedimento di nomina, sempre sotto il controllo del giudice , sì da prospettare una alternativa di qualificazione che e' ancor oggi essenzialmente bloccata tra un rapporto di tipo giudiziario che riconosca l'amministratore giudiziario come una sorta di ausiliario del giudice , ovvero, all'opposto, di ordinaria natura privatistica fondato sul perfezionamento di un rapporto institorio ex articolo 2203 c.c. e segg. sequestro strumentale ad una impresa individuale o di mandato ex articolo 1703 c.c. e segg. sequestro strumentale ad una impresa collettiva . 9.2. Sotto questo profilo, pertanto, a far propendere per la prima di tali soluzioni, è la constatazione - per riprendere, nuovamente, la già ricordata impostazione dottrinaria - che il provvedimento di nomina non affida all'amministratore giudiziario la gestione di un patrimonio altrui per una qualche intervenuta incapacità personale del suo titolare e, quindi, essenzialmente a sua tutela , ma in ragione della tutela di interessi pubblici estranei all'imprenditore siano essi quelli dello Stato quale prospettato beneficiario della confisca ovvero quelli del mercato ovvero, più in concreto, delle altre parti interessate dalla continuazione dell'attività economica di impresa . Da quanto osservato, pertanto, deriva - come nuovamente rilevato in dottrina ma con conclusione che trova sostanziale conferma in giurisprudenza, come si dirà - che i poteri gestori del commissario giudiziario sostanzialmente si affiancano, ma prevalendo e sterilizzandoli per l'intera durata del suo incarico, a quelli che l'ordinamento riconduce allo status di imprenditore individuale o collettivo che sia e che costui è temporaneamente inibito ad esercitare, senza però vederli estinti . Conclusione, questa, che trova riscontro nel diritto vivente delle Corti di merito, come di questo giudice di legittimità. Ed invero, le prime hanno escluso che il sequestro delle partecipazioni sociali e dell'azienda abbia l'effetto di sostituire gli amministratori volontari con l'amministratore giudiziario , il quale, se da un lato, non diviene legale rappresentante della società , dall'altro, però, può gestire l'azienda oggetto di spossessamento ed esercitare i diritti incorporati nella partecipazione sociale Corte App. Napoli, 25 gennaio 2016 . Per parte propria, invece, questa Corte ha già affermato che, con l'adozione della misura di prevenzione, l'amministratore della società resta nella titolarità di tutte le funzioni non riguardanti la gestione del patrimonio così, in motivazione, Cass. Sez. 1, sent. 14 febbraio 2016, numero 25736, Rv. 642757-01 in senso analogo Cass. Sez. 6-1, sent. 4 novembre 2014, numero 23461, Rv. 633221-01 , con ciò, implicitamente, escludendo la possibilità che una gestione dinamica dell'amministratore della società in grado di coesistere o meglio, addirittura di sovrapporsi a quella statica assicurata dai commissari giudiziari, come predicato, invece, dalla sentenza impugnata. 9.3. Il secondo motivo di ricorso va, dunque, accolto e la sentenza cassata in relazione, con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, perché decida nel merito, alla stregua del seguente principio di diritto nel caso in cui sia adottato un provvedimento di sequestro di beni costituenti compendio aziendale di una società e di nomina di amministratori giudiziari, della L. 31 maggio 1965, numero 575, ex articolo 2-quinqiues e 2-sexies, non è configurabile alcun doppio binario , che faccia coesistere poteri gestori del patrimonio sociale in capo agli amministratori della società, essendo gli stessi riservati in via esclusiva agli amministratori giudiziari . 10. I restanti quattro motivi del ricorso principale risultano, pertanto, assorbiti dall'accoglimento del secondo. 11. Resta assorbito anche l'unico motivo di ricorso incidentale, giacché il tema della eventuale debenza a Maxcom degli interessi del D.Lgs. 9 ottobre 2002, numero 231, ex articolo 5, dovrà essere affrontato dal giudice del rinvio se o nella misura in cui l'odierna ricorrente incidentale risulterà creditrice di E.O., dovendo, sul punto, darsi seguito al principio secondo cui, quando la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, disposta in accoglimento del ricorso principale, pone in dubbio l'esistenza di un diritto, si determina l'assorbimento dell'impugnazione incidentale relativa ad un accessorio di tale diritto, e le ragioni relative a tale ultima questione possono essere fatte valere nel giudizio di rinvio cfr. Cass. Sez. 5, sent. 12 febbraio 2021, numero 3593, Rv. 660673-01 . 12. Le spese del presente giudizio saranno definite all'esito del giudizio di rinvio. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso principale, dichiarando assorbiti gli altri e il ricorso incidentale, e cassa, in relazione, la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, perché decida nel merito, oltre che per la liquidazione delle spese anche del presente giudizio.