Il contenuto della relazione di stima per i conferimenti in natura nelle società per azioni è predeterminato dalla legge

Anche nel caso in cui il provvedimento giudiziale di designazione, ex articolo 2343 c.c., contenga precisazioni o distinguo non richiesti, l'oggetto e lo scopo dell'accertamento peritale è determinato dalla legge.

Il caso. Il Comune di Roma cedeva in concessione il servizio di fognatura dell'intero territorio comunale ad una s.p.a. A titolo di aumento del capitale sociale di quest'ultima, il Commissario straordinario chiedeva al Presidente del Tribunale, ai sensi degli articolo 2343 e 2440 c.c., per la stima la nomina di un esperto. Effettuata la relazione di stima a seguito della nomina e rifiutata l'offerta di compenso del Comune, l’esperto otteneva l'emissione di un decreto ingiuntivo per il pagamento dei propri compensi. I Giudici di primo e secondo grado accoglievano rispettivamente l'opposizione avanzata dal Comune avverso il decreto e rigettavano l'impugnazione del professionista nello specifico, il punto controverso atteneva al contenuto dell'incarico conferito dal Commissario, che riguardava «il servizio di fognatura dell'intero territorio comunale e non la proprietà dei beni strumentali all'esecuzione del servizio, rispetto ai quali vi sarebbe stato il conferimento in concessione degli impianti di fognatura». L’esperto ricorre in Cassazione, lamentandosi della violazione dell’articolo 2343 c.c., in quanto il Presidente del Tribunale aveva precisato, con il provvedimento di nomina, che il perito «redigerà una relazione contenente la descrizione dei beni, il valore a ciascuno di essi attribuito e i criteri di valutazione seguiti», con la conseguenza che la sentenza era incorsa in errore nel far riferimento solo all'istanza di nomina e non anche alle indicazioni di cui al provvedimento presidenziale di nomina, che l'esperto non avrebbe potuto disattendere. La decisione della Corte. Il ricorso è infondato. La Corte di Cassazione, infatti, afferma che chi conferisce nella società per azioni beni in natura o crediti è tenuto a presentare la relazione giurata di un esperto, designato dal presidente del tribunale nel cui circondario ha sede la società, «contenente la descrizione dei beni o dei crediti conferiti, l'attestazione che il loro valore è almeno pari quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale o dell'eventuale sopraprezzo e i criteri di valutazione seguiti», e la medesima disciplina si applica al caso in cui si verta in materia di aumento del capitale sociale. Tale disposizione si pone a garanzia dei creditori sociali e dei soci, i quali devono poter fare affidamento sulla corrispondenza alla realtà del capitale sociale, anche per quella parte di esso non conferito in danaro. Pertanto, «anche nel caso in cui il provvedimento giudiziale di designazione, ex articolo 2343 c.c., contenga precisazioni o distinguo non richiesti, l'oggetto e lo scopo dell'accertamento peritale è determinato dalla legge occorre verificare che all'apporto in natura venga assegnato un controvalore monetario non inferiore a quanto l'esperto accerti». Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Presidente Gorjan – Relatore Grasso Fatto e diritto ritenuto che la vicenda qui al vaglio può riassumersi in breve nei termini seguenti - il Comune di Roma, dovendo cedere in concessione il servizio di fognatura dell'intero territorio comunale alla s.p.a. ACEA, a titolo di aumento del capitale sociale di quest'ultima società il Commissario straordinario chiese al Presidente del Tribunale di Roma, ai sensi degli articolo 2343 e 2440 c.c., per la stima la nomina di un esperto - venne nominato l'ing. G.P. e successivamente, su sollecitazione di quest'ultimo, l'aziendalista prof. D.C.A. - effettuata la relazione di stima, rifiutata l'offerta di compenso, determinata dal Comune di Roma in Euro 88.000,00 per ciascuno dei due esperti, entrambi richiesero e ottennero l'emissione di separati decreti ingiuntivi - poiché in questa sede non viene più in rilievo la posizione del D.C., basta solo ricordare che, il Tribunale, accolta in parte l'opposizione avanzata da Roma Capitale avverso il decreto con il quale le era stato ingiunto di pagare al G. la complessiva somma di Euro 1.043.335,00, condannò l'opponente a corrispondere la somma di Euro 46.722,15 - la Corte d'appello di Roma, sempre per qual che residua d'utilità, rigettò l'impugnazione dell'ing. G. - il punto controverso, risolto in senso conforme dal primo e dal secondo giudice, attiene al contenuto dell'incarico conferito dal Commissario straordinario con provvedimento del 3/3/2001 incarico che secondo la sentenza riguardava il servizio di fognatura dell'intero territorio comunale e non la proprietà dei beni strumentali all'esecuzione del servizio, rispetto ai quali vi sarebbe stato il conferimento in concessione degli impianti di fognatura ritenuto che G.P. ricorre avverso la sentenza d'appello sulla base di due motivi, ulteriormente illustrati da memoria, e che Roma Capitale e ACEA s.p.a., anche quale mandataria di ACEA ATO2 s.p.a., resistono con separati controricorsi osserva 1. Con i due motivi, fra loro correlati, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 1362 c.c., omesso esame di un fatto controverso e decisivo nonché violazione e falsa applicazione dell'articolo 2343 c.c. Secondo l'assunto impugnatorio, poiché alla interpretazione degli atti unilaterali e di quelli amministrativi si sarebbero dovute applicare le medesime regole ermeneutiche previste dal codice civile per i contratti, nella specie tali regole non erano state correttamente utilizzate dalla Corte locale intento dell'Amministrazione era quello di ottenere una stima dei beni costitutivi del servizio, che venivano, infatti, individuati in un allegato all'istanza di nomina non corrispondeva al vero l'affermazione della Corte d'appello, secondo la quale ACEA non sarebbe stata tenuta alla manutenzione straordinaria da ciò il giudice aveva fatto discendere l'inutilità della stima dei beni strumentali , poiché un tale asserto trovava smentita nello schema di concessione, nel quale si faceva carico all'ACEA di preservare i beni assegnati in concessione, con obbligo di far luogo alla manutenzione ordinaria e straordinaria e l'omesso esame dello schema in parola era censurabile a mente dell'articolo 360 c.p.c., numero 5. Sotto altro profilo era rimasto violato o falsamente applicato l'articolo 2343 c.c., il Presidente del Tribunale aveva precisato, con il provvedimento di nomina, che il perito redigerà una relazione contenente la descrizione dei beni, il valore a ciascuno di essi attribuito e i criteri di valutazione seguiti . Di conseguenza la sentenza era incorsa in errore nel far riferimento solo all'istanza di nomina e non anche alle indicazioni di cui al provvedimento presidenziale di nomina, che l'esperto non avrebbe potuto disattendere. 1.1. Il complesso censuratorio è in parte infondato e per altra parte inammissibile. 1.1.2. La critica non supera il vaglio d'ammissibilità laddove lamenta che la Corte d'appello non ha tenuto conto, violando o malamente applicando le norme sull'ermeneutica negoziale, della circostanza che il mandato assegnato al professionista riguardava la stima di tutte le strutture fognarie di Roma e non già il valore aziendale del servizio ceduto in concessione. Dal resoconto della sentenza d'appello consta, senza che il ricorrente abbia allegato di aver avanzato altre e diverse censure d'appello, che l'impugnazione trovava fondamento in quattro motivi la stima del valore dei beni strumentali costituiva presupposto logico necessario perla successiva determinazione del valore economico del conferimento effettuato dal Comune di Roma era stato erroneamente interpretato l'articolo 2343 c.c., comma 1, che non poneva preclusioni al mandato assegnato all'esperto il compenso era stato erroneamente quantificato, non essendosi tenuto conto delle valutazioni e degli accertamenti necessariamente propedeutici per l'assolvimento dell'incarico la motivazione, con la quale il Tribunale aveva condiviso l'elaborato del ctu, non permetteva di ripercorrerne il percorso logico . In particolare, per quel che qui assume specifico rilievo, l'appellante non aveva lamentato che il Tribunale fosse incorso in errore nell'interpretare il mandato, che avrebbe dovuto essere inteso diretto alla stima di tutti i beni costituente la rete fognaria dell'intero territorio comunale, ma, ben diversamente, che essa stima sarebbe stata necessaria al fine di rispondere al più ristretto mandato, con il quale si chiedeva al perito di stimare il valore del servizio vale a dire del ramo aziendale ceduto in concessione e all'ACEA. Di conseguenza si è in presenza di doglianza inammissibile poiché nuova, in quanto non sottoposta al giudice d'appello, al quale era stato chiesto di affermare che la stima immobiliare era necessaria per valutare il servizio ceduto e, quindi, alla sola verifica di tale asserita strumentalità era stata chiamata quella Corte. Questione ben diversa, non sottoposta al vaglio di merito, è quella qui oggi agitata col ricorso cioè, accertare che il mandato riguardava, oltre alla stima del valore del servizio, anche la stima immobiliare e mobiliare dell'intera struttura fognaria. 1.1.3. La denuncia d'omesso esame di un fatto controverso e decisivo è, del pari, inammissibile. Il documento evidenziato con il ricorso allegato all'istanza di nomina dell'esperto è privo di decisività. Come riporta lo stesso ricorrente il Commissario straordinaria aveva chiesto al Presidente del Tribunale la nomina di un esperto per stimare il servizio di fognatura dell'intero territorio comunale meglio individuato in allegato sub A alla persene istanza . Risulta, pertanto, evidente che l'allegato aveva mero scopo descrittivo della rete fognaria, privo di valore attributivo di specifico mandato, il quale si sarebbe dovuto risolvere solo nella stima del servizio di fognatura. 1.1.4. Non è condivisibile, e pertanto va rigettata, la ricaduta interpretativa che il ricorrente crede di trarre dall'articolo 2343 c.c Chi conferisce nella società per azioni beni in natura o crediti è tenuto a presentare la relazione giurata d'un esperto, designato dal presidente del tribunale nel cui circondario ha sede la società, contenente la descrizione dei beni o dei crediti conferiti, l'attestazione che il loro valore è almeno pari quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale o dell'eventuale sopraprezzo e i criteri di valutazione seguiti . La medesima disciplina si applica al caso in cui si verta in materia di aumento del capitale sociale articolo 2440 c.c., il quale richiama l'articolo 2343 . La disposizione descrive con compiutezza il contenuto della relazione dell'esperto e, quindi, il perimetro del mandato, da intendersi, pertanto, ex lege. La previsione si pone a evidente garanzia della garanzia dei creditori sociali e dei soci tutti, i quali debbono poter fare affidamento sulla corrispondenza alla realtà del capitale sociale, anche per quella parte di esso non conferito in danaro. Da qui il seguente principio di diritto anche nel caso in cui il provvedimento giudiziale di designazione, ex articolo 2343 c.c., contenga precisazioni o distinguo non richiesti, l'oggetto e lo scopo dell'accertamento peritale è determinato dalla legge occorre verificare che all'apporto in natura venga assegnato un controvalore monetario non inferiore a quanto l'esperto accerti . Nel caso di specie non è dubbio, nè controverso, che l'aumento di capitale sociale dell'ACEA non era, e non poteva essere, costituito dal valore, certamente ingente, ma non pertinente, dei beni mobili e immobili costituenti la rete fognaria del territorio comunale di Roma, bensì il valore della cessione in concessione trentennale del servizio fognario. In altri termini, dell'implemento patrimoniale derivante all'ACEA dal conferimento del bene immateriale costituito da un tale servizio. Di conseguenza, non v'è dubbio che l'indagine dell'esperto solo all'accertamento di un tal valore di congruità si doveva estendere e a un tale accertamento non era in alcun modo funzionale la stima del valore di infrastrutture, beni mobili e immobili, che restavano nella piena proprietà del Comune di Roma. Proprio per questo non assume rilievo la circostanza, enfatizzata in ricorso, in ordine alla prevedibile clausola contrattuale che avrebbe imposto alla società cessionaria del servizio l'obbligo della manutenzione ordinaria e straordinaria. Tratterebbesi, invero, di un patto negoziale, che, tale da influire sul valore del servizio ceduto in concessione, trattandosi di un costo per il cessionario, privo di correlazione con il valore dei beni aziendali, non facenti parte del conferimento. 2. Il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle svolte attività, siccome in dispositivo. 3. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater inserito dalla L. numero 228 del 2012, articolo 1, comma 17 applicabile ratione temporis essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013 , si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore di ciascuna delle parti controricorrenti, che liquida, per ognuna d'esse, in Euro 7.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater inserito dalla L. numero 228 del 2012, articolo 1, comma 17 , si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.