La violazione delle norme che disciplinano la ripartizione della potestas iudicandi tra giudice civile e penale non può costituire oggetto di un’istanza di regolamento di competenza ai sensi degli articolo 42 e 43 codice di rito.
Qualora il giudice civile, ricevuto gli atti dal giudice penale del medesimo ufficio, non si ritenga competente a propria volta deve rimettere la questione al Presidente del Tribunale medesimo. La fattispecie. Nel caso in esame la parte interessata aveva richiesto, attraverso un ricorso ai sensi dell'articolo 702- bis codice di rito, la condanna di Equitalia al pagamento degli interessi su un libretto postale sottoposto erroneamente a sequestro penale. D'altronde, a seguito del dissequestro, Ente aveva restituito le somme presenti sul libretto ma non gli interessi capitalizzati in quanto, a suo dire, le somme erano state convogliate nel Fondo Unico di Giustizia e, pertanto, l'oggetto del sequestro erano le somme presenti sul libretto senza gli interessi. All'uopo il giudice penale, investito della richiesta di restituzione degli interessi, ha precisato che il calcolo degli interessi dovuti è una questione di natura prettamente civilistica e, pertanto, deve essere sottoposta al giudice civile in una esperenda causa ad hoc . La posizione del Tribunale civile. Il giudice civile, esaminati gli atti del processo penale, ha affermato che la contestazione nel merito delle ordinanze di dissequestro, pronunciate dal Tribunale Penale collegiale nel corso del dibattimento, resta soggetta esclusivamente al rimedio impugnatorio previsto dall' articolo 586 c.p.p. e, pertanto, essendo i mezzi di impugnazione tassativamente previsti dalla Legge il giudice adito era da considerarsi privo della competenza funzionale a decidere. Provvedimento che è stato impugnato con regolamento di competenza avanti alla Corte di Cassazione. La remissione alle Sezioni Unite. La Sesta sezione civile, con ordinanza interlocutoria, ha rimesso la causa al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite in ordine alla questione relativa all'ammissibilità del regolamento di competenza quale strumento di risoluzione dei conflitti tra giudice civile e giudice penale del medesimo Ufficio. I precedenti delle Sezioni Civili della Corte di Cassazione. L'orientamento consolidato delle sezioni semplici del Giudice di legittimità afferma che la violazione delle norme che disciplinano la ripartizione della potestas iudicandi tra giudice civile e penale non può costituire oggetto di un'istanza di regolamento di competenza ai sensi degli articolo 42 e 43 codice di rito. Tale rimedio presuppone un conflitto fra giudici civili e non può essere utilizzato fuori da tale ipotesi. I precedenti delle Sezioni Penali della Corte di Cassazione. Il diverso enunciato dell' articolo 28 c.p.p. è alla base del differente orientamento delle Sezioni Penali che considerano ammissibile il conflitto di competenza fra giudice penale e civile sia del medesimo ufficio sia di uffici diversi. Più di una volta la Corte ha ribadito che il giudice penale che ha declinato la competenza a quello civile, e si vede restituiti gli atti, deve trasmetterli alla Corte di Cassazione per la decisione sul conflitto. La posizione delle Sezioni Unite. Le Sezioni Unite hanno ribadito che gli articolo 42 e 43 del codice di procedura civile non possono essere esteri ai conflitti di competenza fra il giudice civile e quello penale stante la precisa formulazione degli stessi che ne delimita il campo di applicazione. Ciò a maggior ragione se si tratta di Giudici dello stesso ufficio in quanto non può ritenersi superabile il principio in diritto che considera la distinzione delle sezioni interne, sia civili sia penali, del medesimo Tribunale come una mera organizzazione interna. La soluzione proposta dalla Corte. Orbene al fine di porre rimedio alla stasi processuale che si può verificare nel caso un giudice della sezione civile ritenga competente un Magistrato della sezione penale consiste nel rimettere la causa al Presidente il quale avrà il compito di individuare il giudice avanti al quale il giudizio deve continuare. L'ordinanza in esame. Nel caso in esame, tuttavia, il giudice civile non ha formulato una decisione sulla mera competenza ma, erroneamente, ha dichiarato il ricorso inammissibile spogliandosi del potere decisorio invece che rimettere la causa al Presidente del Tribunale. Ne consegue che la parte avrebbe dovuto impugnare il provvedimento con il rimedio ordinario invece che proporre regolamento di competenza che deve essere considerato inammissibile.
Presidente Raimondi – Relatore Nazzicone Fatti di causa 1. - Viene proposto regolamento di competenza avverso l'ordinanza del Tribunale di Sondrio del 5 novembre 2019, che, all'esito del procedimento introdotto ai sensi dell' articolo 702 bis c.p.c. e ss., ha dichiarato inammissibile la domanda proposta da P.M. contro Equitalia Giustizia s.p.a., quale gestore del Fondo Unico Giustizia, volta alla condanna al pagamento della somma di Euro 11.842,32, oltre accessori, a titolo di interessi capitalizzati e non corrisposti, maturati sulla sorte capitale del libretto di deposito bancario, intestato anche alla ricorrente, oggetto di dissequestro in sede penale, nell'ambito di un procedimento al quale essa era estranea. 2. - Come deduce la ricorrente, le somme depositate sul libretto furono, dapprima, rese oggetto di sequestro preventivo, convalidato dal G.i.p. presso il Tribunale di Sondrio in data 22 giugno 2010 e, quindi, di tre ordinanze di dissequestro, pronunciate dal medesimo Tribunale, in sede penale, il 24 novembre 2014, il 4 maggio 2015 e il 17 dicembre 2015, con le quali il giudice ordinò ad Equitalia Giustizia s.p.a. di restituire le somme appartenenti alla ricorrente quale persona estranea al reato con interessi maturati sino ad oggi . Equitalia Giustizia s.p.a., quale soggetto gestore del Fondo Unico Giustizia FUG su cui confluiscono le somme sequestrate D.L. 16 settembre 2008, numero 143, ex articolo 2, convertito dalla L. 13 novembre 2008, numero 181 , e D.L. 25 giugno 2008, numero 112, articolo 61, comma 23, convertito dalla L. 6 agosto 2008 numero 133 , e come tale tenuta all'esecuzione del provvedimento di dissequestro ed alla restituzione all'avente diritto, una volta resa destinataria da parte della cancelleria del Tribunale della comunicazione dei provvedimenti di dissequestro a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 150, t.u. spese di giustizia , vi ha dato esecuzione con l'ordine ad un istituto bancario del pagamento delle somme capitali indicate nei tre provvedimenti del Tribunale e di ulteriori somme a titolo di interessi, calcolate dalla data del sequestro 2010 fino al momento della restituzione 2015 . Quindi, deduce la ricorrente, Equitalia Giustizia s.p.a. ha provveduto a restituirle soltanto gli interessi sulle somme sequestrate a decorrere dalla data del sequestro sino al giorno della restituzione, ma non gli interessi sui capitali depositati nel libretto di volta in volta capitalizzati così il ricorso ex articolo 702 bis c.p.c. , dai rispettivi versamenti, eseguiti tra il 1999 ed il 30 giugno 2010. Aggiunge che il predetto gestore aveva, in risposta alla propria pretesa, precisato come oggetto del sequestro fosse stata l'intera somma portata dal libretto, tanto che nessuna differenza al suo interno poteva porsi tra capitale ed interessi appunto, già capitalizzati , onde era stato restituito tutto quanto dovuto, oltretutto con gli interessi dalla data del provvedimento di sequestro. Precisa la ricorrente che il Tribunale di Sondrio, da essa adito in persona di magistrato addetto a sezione penale, con ordinanza del 16 giugno 2017 ha, tuttavia, respinto l'istanza di specificazione delle precedenti ordinanze, nel senso da essa proposto, concernente anche degli interessi sulle somme capitalizzate nel libretto il Tribunale ha ritenuto che, trattandosi di controversia sul mero calcolo degli interessi dovuti, la questione, di natura prettamente civilistica, dovesse essere sottoposta al giudice civile in eventuale esperenda causa ad hoc . 3. - La ricorrente deduce, quindi, che il Tribunale di Sondrio, da essa a quel punto adito in sede civile mediante le forme del procedimento sommario di cognizione, ha convocato le parti innanzi a sé all'udienza del 4 settembre 2019 e, dopo averle sentite, ha pronunciato ordinanza con cui ha riserva to nel merito la decisione . Ha, poi, acquisito d'ufficio, con due distinte ordinanze fuori udienza, il provvedimento di sequestro e le sentenze penali di primo e di secondo grado. Definendo il procedimento innanzi a sé, con l'ordinanza del 5 novembre 2019 - ora impugnata - ha, in punto di fatto, rilevato trattarsi di libretto di deposito bancario, intestato congiuntamente all'imputato P.S. ed a P.M., e che una parte delle somme sono state considerate estranee al reato dal Tribunale penale in composizione collegiale, il quale ne ha disposto il dissequestro per l'importo di Euro 138.722,47 oltre interessi maturati sono ad oggi . Ha ritenuto, quindi, che la contestazione nel merito dei provvedimento di dissequestro, nel caso di specie di tre ordinanze pronunciate dal Tribunale penale collegiale nel corso del dibattimento, resta soggetta esclusivamente al rimedio impugnatorio previsto dal codice di procedura penale all'articolo 586 c.p.p., cioè l'impugnazione del capo della sentenza relativo alla confisca delle cose sequestrate, nel caso di specie disposta in primo grado e confermata in appello e che, essendo le impugnazioni previste tassativamente dalla legge articolo 568 c.p.p. , comma 1 , le stesse non ammettono altri mezzi quali il ricorso in esame, sul quale il Tribunale civile è pertanto sprovvisto della competenza a provvedere . In motivazione ha affermato che il ricorso va dichiarato inammissibile in quanto proposto avanti a Giudice sprovvisto della competenza funzionale nel dispositivo, ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso, condannando la ricorrente al pagamento delle spese di lite per Euro 1.618, oltre accessori. 4. - L'intimata Equitalia Giustizia s.p.a. non ha svolto attività difensiva, in sede di legittimità. Il Procuratore generale ha depositato una requisitoria scritta innanzi alla Sezione VI-3, chiedendo accogliersi il regolamento, con la declaratoria della competenza del Tribunale civile di Sondrio. 5. - La Sesta sezione civile, innanzi a cui la causa è stata chiamata, ha rimesso la causa al Primo Presidente con l'ordinanza interlocutoria del 24 maggio 2021, numero 14174, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni unite, ai sensi dell' articolo 374 c.p.c. , comma 2, in ordine alla questione di particolare importanza e, comunque, di sistema , relativa all'ammissibilità del regolamento di competenza, quale strumento di risoluzione dei conflitti tra giudice civile e giudice penale del medesimo Ufficio giudiziario. L'ordinanza interlocutoria pone il quesito circa la possibilità di estendere l'area di applicabilità del regolamento di competenza, disciplinato dal codice di rito civile, secondo un'interpretazione che renda la relativa disciplina simmetrica rispetto a quella posta, in materia penale, dall' articolo 28 c.p.p. come al giudice penale è stato dato, in base a detta norma, di fare applicazione dello strumento del conflitto di competenza d'ufficio o su denunzia della parte pubblica o di una parte privata ex articolo 30 c.p.p. , nei casi in cui la divergenza di determinazioni tra un giudice civile e un giudice penale avrebbero condotto ad una situazione di stallo come tale lesiva dei canoni del giusto processo, così, reciprocamente, al giudice civile dovrebbe essere dato di ammettere il ricorso al regolamento di competenza per dirimere l'incertezza sull'attribuzione all'uno o all'altro giudice o sezione del medesimo ufficio di Tribunale, sempre quando la contrastante determinazione assunta dall'uno e dall'altro rasenti il rischio di una stasi processuale. Il Procuratore generale presso le Sezioni unite ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso. Ragioni della decisione 1. - Il ricorso. I motivi del ricorso per regolamento possono essere come segue riassunti 1 violazione e falsa applicazione della legge processuale civile, individuata nell' articolo 38 c.p.c. , comma 3, e articolo 702 ter c.p.c. , con riguardo alla tardività della dichiarazione d'ufficio dell'incompetenza per materia, che doveva avvenire entro la prima ed unica udienza di comparizione e trattazione, nel procedimento espletato ex articolo 702 bis c.p.c. e ss. invero, all'udienza del 4 settembre 2019 la causa fu discussa nel merito, senza che la questione dell'incompetenza fosse eccepita o rilevata d'ufficio trattandosi di competenza funzionale, essa era ormai radicata innanzi al tribunale in sede civile, onde, nel riservare la decisione sul merito della causa, il giudice avrebbe dovuto provvedere sul merito della domanda, senza più potersi dichiarare incompetente il dispositivo dell'ordinanza assunta è improprio ed illegittimo rispetto al decisum, posto che l'eventuale inammissibilità della domanda, a quel punto, avrebbe dovuto reputarsi assorbita dalla declaratoria di incompetenza funzionale, nella sostanza assunta 2 violazione e falsa applicazione della legge processuale civile, dalla ricorrente individuata, nel corpo del motivo, nell' articolo 45 c.p.c. , perché il giudice adito, essendo già stata dichiarata l'incompetenza da parte del giudice penale, aveva il dovere di sollevare d'ufficio il regolamento necessario di competenza, senza poter dichiarare tout court inammissibile la domanda, né condannare la ricorrente alle spese processuali e, in ogni caso, ciò che la ricorrente avrebbe potuto esperire è l'incidente di esecuzione in sede penale e non un'ordinaria impugnazione 3 violazione e falsa applicazione della legge processuale penale, nel corpo del motivo individuata nell' articolo 568 c.p.c. , comma 1, e articolo 586 c.p.p. , avendo il Tribunale erroneamente ravvisato la legittimazione e l'onere della ricorrente ad impugnare le ordinanze dibattimentali di dissequestro insieme alla sentenza penale, nel capo sulla confisca dei beni sequestrati tuttavia, la ricorrente è estranea al processo penale ed in tale qualità ottenne da quel giudice le tre ordinanze di dissequestro parziale, prima della definizione del primo grado di giudizio adito con la medesima domanda il giudice penale, questi ha affermato la competenza del giudice civile, reputando la natura civilistica della questione ed è errato, come afferma invece il Tribunale, che la ricorrente abbia contestato la portata delle ordinanze di dissequestro e che l'azione civile abbia ad oggetto la contestazione nel merito dei provvedimento di dissequestro , in quanto la stessa aveva contestato solo l'inadempimento delle ordinanze da parte della società convenuta né il terzo estraneo al processo penale, cui siano stati sequestrati dei beni, ha titolo per impugnare le ordinanze insieme alla sentenza, poiché di quel processo non è parte e sussisterebbe una carenza d'interesse ad impugnare i provvedimenti penali a sé favorevoli 4 violazione e falsa applicazione delle norme in materia di spese legali, individuate negli articolo 91 e 92 c.p.c. , nel corpo del motivo, perché l'assoluta novità della questione avrebbe dovuto comportare la compensazione integrale delle spese di lite. 2. - La questione. La questione rimessa alle Sezioni unite è se l'ordinanza, con la quale il giudice civile monocratico di tribunale abbia dichiarato la domanda proposta innanzi a sé inammissibile, in quanto l'abbia ritenuta appartenere alla cognizione del giudice penale dello stesso tribunale, sia configurabile come una decisione sulla competenza, ai fini dell'ammissibilità del regolamento necessario di cui all' articolo 42 c.p.c. . Il ricorso propone, in tal modo, più sotto-questioni o passaggi logici della decisione a la natura delle singole sezioni, civili e penali, del tribunale ordinario b l'ammissibilità del regolamento di competenza per risolvere i problemi relativi alla devoluzione dei procedimenti alle sezioni civili o penali, nei rapporti fra le sezioni dello stesso tribunale c l'incidenza della declaratoria del giudice a quo, adito in sede civile, il quale abbia dichiarato non la sua incompetenza a provvedere, con i provvedimenti consequenziali, ma l'inammissibilità della domanda d il corretto mezzo processuale per risolvere la stasi verificatasi allorché sia la sezione penale, sia la sezione civile, in successione adìte dalla parte, abbiano declinato la decisione. 3. - I precedenti della Suprema Corte sull'ammissibilità del regolamento di competenza. Prima di valutare l'ammissibilità del regolamento di competenza allo scopo di risolvere i conflitti tra le sezioni civili e penali, è opportuno ricordare i precedenti in argomento, sia nei rapporti fra i giudici di uno stesso ufficio, sia nei rapporti tra uffici diversi, nonché i diversi principi al riguardo enunciati dalla Cassazione civile e penale, sulla base del rispettivo diritto positivo processuale. 3.1. - I precedenti della Cassazione civile. Il consolidato principio di diritto, affermato da tempo dalle Sezioni civili della S.C., risalente e mai smentito, afferma che la violazione delle norme che disciplinano la ripartizione della potestas iudicandi tra il giudice civile ed il giudice penale non possa costituire oggetto di un'istanza di regolamento di competenza, ai sensi degli articolo 42 e 43 c.p.c. . Il principio è stato enunciato sia con riferimento al caso in cui i due giudici appartengano ad uffici giudiziari diversi, sia quando facciano parte dello stesso ufficio onde, in sostanza, si afferma che il regolamento di competenza, previsto dagli articoli menzionati, presuppone un conflitto tra giudici civili e ad esso non si può ricorrere al di fuori di tale evenienza. 3.1.1. - Giudice civile e penale di uffici giudiziari diversi. Per il caso di giudici civile e penale, appartenenti ad uffici giudiziari diversi, la regola risalente è che attengono alla competenza, e possono quindi formare oggetto dell'istanza di regolamento ai sensi degli articolo 42 e 43 c.p.c. , le sole questioni concernenti l'identificazione, tra i vari organi investiti di giurisdizione in materia civile, di quello cui spetti la cognizione della controversia, onde non è configurabile giuridicamente una questione di competenza allorché l'alternativa si ponga tra il giudice civile ed il giudice penale Cass. 6 febbraio 1971, numero 316 . Più di recente, il collegio dei regolamenti di competenza, la Sezione VI civile, con riguardo al conflitto tra giudice civile e giudice dell'esecuzione penale, ha ancora ribadito come sia pur vero che la scelta tra uffici giudiziari diversi coinvolge il rispetto dei canoni legali che delimitano i rispettivi ambiti di operatività , concludendo, nondimeno, che considerato che il giudice civile e quello penale, essendo entrambi magistrati ordinari, esercitano un identico potere giurisdizionale, e che l'alternativa tra l'uno e l'altro dipende dal riferimento della controversia ad un medesimo fatto materiale, suscettibile di valutazione sotto profili giuridici diversi, l'individuazione delle rispettive sfere di attribuzione non solo non può dar luogo ad una questione di giurisdizione, ma non pone neppure una questione di ripartizione della potestas iudicandi tra organi cui è demandato l'apprezzamento del medesimo profilo Cass., ord. 26 luglio 2012, numero 13329 . In sostanza, per questa visuale, il regolamento di competenza è istituto interno al solo processo civile. 3.1.2. - Giudice civile e penale dello stesso ufficio giudiziario. Eguale regola è stata individuata, pur quando si tratti dello stesso ufficio giudiziario. Le Sezioni unite hanno, infatti, precisato che allorché il giudice civile adito ritenga che competente in ordine alla domanda formulata dall'attore sia un collegio penale del medesimo ufficio, non si pone una questione di competenza suscettibile di essere risolta con il regolamento di competenza, ma di ripartizione delle cause tra magistrati appartenenti allo stesso ufficio giudiziario , reputando inammissibile il ricorso per regolamento di competenza Cass., sez. unumero , ord. 31 ottobre 2008, numero 26296 , dove il conflitto era tra giudice civile e giudice dell'esecuzione penale . Si legge, quindi, la medesima affermazione nell'ambito dell'annosa questione sul procedimento di opposizione al decreto di liquidazione dei compensi agli ausiliari del giudice D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, ex articolo 170, - in molte altre decisioni, ove si precisa trattarsi di mera violazione delle regole di distribuzione degli affari all'interno degli uffici l'individuazione del giudice che all'interno dello stesso ufficio giudiziario deve trattare la controversia rientra nell'ambito di quella relativa alla composizione dei collegi e all'assegnazione degli affari e cioè a questioni tipicamente rientranti nell'attività di amministrazione della giurisdizione Cass., sez. unumero , 3 settembre 2009, numero 19161 . Ed ivi si puntualizza che la violazione dei criteri di composizione dei collegi o di assegnazione degli affari ai magistrati all'interno dell'ufficio, sia che si tratti di criteri espressamente dettati con provvedimento di natura tabellare sia che si tratti di criteri desumibili dal sistema, come quello secondo cui gli affari di natura civile debbono essere trattati dai magistrati assegnati al servizio civile non configura una questione di competenza e non dà luogo a nullità , come è ora espressamente previsto dall' articolo 7 bis, comma 1, ult. parte, ord. giud. , aggiunto con la L. 30 luglio 2007, numero 111, articolo 4, comma 19, lett. b . Ancora, la sentenza chiarisce che l'esclusione del rilievo esterno delle violazioni delle regole e dei principi di natura tabellare neppure può far sorgere dubbi di legittimità costituzionale, in quanto la limitazione del rilievo delle predette violazione corrisponde a un adeguato bilanciamento tra tale garanzia del giudice naturale e quella della continuità e prontezza dell'esercizio della funzione giudiziaria. Enunciando lo stesso principio, la S.C. ha poi ribadito che non si dà il regolamento di competenza avverso i provvedimenti del giudice che anche solo disponendo la prosecuzione della trattazione del giudizio, affermino o presuppongano la ritualità dell'assegnazione dell'affare al medesimo in base alle tabelle di ripartizione degli affari previste dal R.D. numero 12 del 1941, articolo 7 bis, sia perché per i criteri di ripartizione della competenza va fatto riferimento nel suo complesso all'ufficio al quale il giudice appartiene o che esso riveste, sia perché comunque non involge giammai una questione di competenza l'assegnazione di un affare ad uno piuttosto che ad altro magistrato in imprecisa applicazione dei relativi criteri tabellari Cass., ord. 26 aprile 2019, numero 11332 v. pure Cass., ord. 21 febbraio 2018, numero 4261 , non massimata . Ed ha escluso, altresì, la configurabilità di un conflitto negativo ex articolo 45 c.p.c. , in quanto la norma dettata dall' articolo 45 c.p.c. , è norma interna alla giurisdizione civile e, quindi, al processo civile Cass., ord. 28 maggio 2019, numero 14573 . 3.1.3. - Ulteriori partizioni nello stesso ufficio. Accanto al caso in esame, concernente i rapporti tra giudice civile e giudice penale del medesimo ufficio giudiziario, numerosi i precedenti che hanno, del pari, attribuito mera rilevanza interna - in ragione della divisione in sezioni degli uffici giudiziari - alla ripartizione delle cause tra magistrati appartenenti allo stesso ufficio giudiziario, diversi dall'ipotesi del conflitto civile-penale, riguardando la competenza funzionale solo l'ufficio giudiziario unitariamente inteso. Il principio si è formato con riferimento - alla sezione lavoro tra le tante, Cass. 5 maggio 2015, numero 8905 23 settembre 2009, numero 20494 9 agosto 2004, numero 15391 23 gennaio 1999, numero 649, in relazione a sezioni dello stesso ufficio giudiziario nel rito del lavoro 27 agosto 1997, numero 8080, con riguardo alla relazione tra giudice del lavoro e giudice dell'esecuzione - alla sezione fallimentare Cass. 1 marzo 2019, numero 6179 10 aprile 2017, numero 9198 23 gennaio 1997, numero 702 , ove si afferma il mero accertamento dell'inammissibilità della domanda, proposta nell'una invece che nell'altra forma, la quale costituisce questione di rito, pregiudiziale anche a quella sulla competenza Cass. 29 marzo 2011, numero 7129 1 marzo 2005, numero 4281 , anche quanto alla delimitazione della cognizione del giudice del lavoro e del giudice fallimentare Cass., ord. 30 marzo 2018, numero 7990 18 ottobre 2005, numero 20131 - alle sezioni stralcio, nonché alla ripartizione tra la sede centrale e le sezioni distaccate del tribunale e tra pretura circondariale e sue sezioni distaccate Cass. 1 ottobre 1997, numero 9582 sez. unumero , 10 febbraio 1994, numero 1374 . Diversamente, è stato ritenuto solo per la sezione specializzata agraria Cass., ord. 21 maggio 2015, numero 10508 26 luglio 2010, numero 17502 18 gennaio 2005, numero 898 7 ottobre 2004, numero 19984 , il tribunale regionale delle acque pubbliche Cass. 14 novembre 2018, numero 29356 11 aprile 2017, numero 9279 23 febbraio 2017, numero 4699 ed il tribunale dei minorenni Cass. 23 gennaio 2019, numero 1866 22 novembre 2016, numero 23768 19 maggio 2016, numero 10365 ciò, attesa l'espressa indicazione normativa del riferimento alla competenza propria della sezione e della composizione peculiare per la presenza di magistrati onorari, i c.d. esperti. Di recente, queste Sezioni unite hanno poi chiarito, proprio applicando i principi esposti, che il rapporto tra sezione ordinaria e sezione specializzata in materia di impresa, nel caso in cui entrambe le sezioni siano istituite presso il medesimo ufficio giudiziario, non attiene alla competenza, ma alla mera ripartizione interna degli affari giurisdizionali Cass., sez. unumero , 23 luglio 2019, numero 19882 . 3.2. - I precedenti della Cassazione penale. Il diverso enunciato dell' articolo 28 c.p.p. , rispetto alle disposizioni del rito civile, è alla base del differente orientamento della Cassazione in sede penale. L'articolo 28 enuncia i casi di conflitto , includendovi espressamente, al comma 1, lett. b , l'ipotesi in cui due o più giudici ordinari contemporaneamente prendono o ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona , affermando, altresì, il comma 2, l'applicabilità delle norme sui conflitto anche nei casi analoghi . 3.2.1. - Giudice penale e giudice civile di uffici diversi. Ciò ha indotto questa Corte, nelle sue sezioni penali, a reputare ammissibile il conflitto di competenza tra giudice penale e giudice civile di uffici diversi Cass. penumero , sez. I, 22 novembre 2019, numero 52138 14 febbraio 2017, numero 33335, De Zottis, non massimata 28 aprile 2015, numero 20911, Cuomo, non mass. 17 gennaio 2008, numero 5603, Visco . 3.2.2. - Giudice penale e giudice civile dello stesso ufficio. Del pari, la Corte, nelle sue sezioni penali, ritiene ammissibile il conflitto tra giudice penale e giudice civile del medesimo ufficio. Da tempo, si è affermato che è inquadrabile nell'ambito dei casi analoghi di conflitto, previsti dall' articolo 28 c.p.p. , comma 2, la situazione di contrasto che si venga a creare fra il tribunale fallimentare ed il tribunale della prevenzione cfr. Cass. penumero , sez. I, 23 marzo 1998, numero 1947 , Commisso , seguìta da altra analoga decisione, dove peraltro l'affermazione costituisce un obiter dictum Cass. penumero , sez. I, 14 febbraio 2000, numero 1032 , confl. in proc. Frascati . L'ammissibilità del conflitto tra giudice penale - in quel caso, in funzione di giudice dell'esecuzione - e giudice civile del medesimo ufficio, sul quale fondare il regolamento di competenza presso le Sezioni penali della S.C., è stata sostenuta per la ragione che esso determinerebbe altrimenti una situazione di stasi processuale, superabile soltanto mediante il regolamento, in applicazione della disposizione contenuta nell' articolo 28 c.p.p. , comma 2, riguardante i casi analoghi ai conflitti contemplati nel comma 1, Cass. penumero , sez. V, 2 aprile 2004, numero 19547 , Lunardon, vicenda in cui il contrasto ineriva il recupero delle spese processuali anticipate dallo Stato , con tesi ancora in seguito ribadita Cass. penumero , sez. I, 2 dicembre 2008, numero 45773 un cenno anche in Cass. penumero , sez. unumero , 29 settembre 2011, numero 491 , Pislor . Più di recente, la Cassazione penale Cass. penumero , sez. I, 15 marzo 2019, numero 31843 ha precisato che il giudice penale il quale, dopo avere declinato di provvedere a favore del giudice civile, si veda restituiti gli atti da questi, deve trasmetterli alla Corte di cassazione per la decisione del conflitto, vertendosi in una delle ipotesi di cui all' articolo 28 c.p.p. , comma 2, quale caso analogo , al fine di evitare la situazione di stasi processuale eliminabile solo con l'intervento della Corte regolatrice ed ha definito altresì abnorme una simile ordinanza del giudice dell'esecuzione penale, la quale aveva dichiarato non luogo a provvedere sulla richiesta della parte di sollevare conflitto rilevando, peraltro, come difforme sia l'angolo visuale dell'ordinamento processuale civile. 3.2.3. - Giudici penali del medesimo ufficio. Tuttavia, la S.C. ha negato, di contro, l'ammissibilità del conflitto di competenza, quando si tratti di distinte sezioni penali dello stesso ufficio giudiziario in tal caso, infatti, non è messa in discussione la competenza per materia e per territorio di un determinato giudice, ma solo la ripartizione degli affari penali tra le varie sezioni dello stesso giudice Cass. penumero , sez. V, 23 giugno 1998, numero 4143 , Sbordoni . 4. - La qualificazione delle sezioni, civili e penali, del tribunale. 4.1. - Rilevanza a vari effetti. La questione relativa all'ammissibilità del regolamento e del conflitto di competenza presuppone la corretta qualificazione delle sezioni ordinarie all'interno dello stesso tribunale, nell'ambito del riparto degli affari tra le stesse sia fra le varie sezioni civili o penali, sia tra le sezioni dell'uno o dell'altro settore. Giova premettere che la diversa qualificazione del riparto tra le sezioni influenza, invero, la soluzione di plurime questioni, in quanto essa determina non soltanto l'esperibilità del regolamento necessario di competenza, ai sensi dell' articolo 42 c.p.c. , che è ora in discussione, ma anche, fra l'altro - la possibilità di individuare una nullità dell'atto di citazione, per il caso d'omissione o incertezza assoluta dell'indicazione, nell'intestazione dell'atto stesso, del tribunale davanti al quale la domanda è proposta, ai sensi degli articolo 163 e 164 c.p.c. - il regime delle eccezioni di cui all' articolo 38 c.p.c. , il quale attiene alla incompetenza per materia, per valore e per territorio, onde il convenuto avrebbe l'onere di eccepire l'erronea individuazione del giudice nella comparsa di risposta tempestivamente depositata ed il giudice rilevare d'ufficio l'incompetenza entro la prima udienza di trattazione - la natura giuridica del provvedimento assunto dal giudice che avesse ordinato la trasmissione della causa al presidente del tribunale, e quello di nuova assegnazione operata del presidente, se cioè essi siano o no atti di mera natura ordinatoria e revocabili - l'applicabilità dell' articolo 50 c.p.c. , sulla c.d. translatio iudicii, con necessità, oppur no, di riassunzione o di rinnovazione degli atti espletati - la doverosità per il secondo giudice, innanzi al quale la causa sia pervenuta per rimessione da altro giudice del tribunale e che intenda spogliarsi della causa, di sollevare d'ufficio il conflitto negativo di competenza ex articolo 45 c.p.c. - l'applicabilità della disciplina sulla riunione di cause identiche o connesse, ai sensi degli articolo 273 e 274 c.p.c. , dettata per le cause pendenti innanzi al medesimo magistrato o al medesimo ufficio, ma non ad uffici diversi - l'istituto della sospensione del processo ex articolo 295 c.p.c. , il quale non si ammette all'interno delle sezioni civili del medesimo ufficio e così via. 4.2. - La nozione di competenza . L'ammissibilità del regolamento, o del conflitto, di competenza è sempre stata subordinata all'esigenza che si ponga una questione di competenza in senso tecnico in sede civile. Essa attiene al riparto dei compiti tra i diversi uffici giudiziari. Con tale concetto, il Capo primo, Titolo primo, Libro primo del codice di procedura civile designa invero la regola di individuazione dell'ufficio giudiziario da adire con l'atto introduttivo, il quale sia appunto competente , fra le diverse autorità giudiziarie, a decidere la controversia. La disciplina sulla attribuzione del potere di conoscere la causa assolve, sul piano funzionale, al compito di delimitare i poteri di cognizione del giudice adito. 4.3. - Le sezioni di tribunale. Queste, previste dall' ordinamento giudiziario , di cui al R.D. 30 gennaio 1941, numero 12, assolvono ad essenziali funzioni organizzative, per i casi in cui l'ufficio sia di dimensioni tali da richiedere una complessa distribuzione degli affari. L'articolo 1 o.g. prevede che fila giustizia nelle materie civile e penale è amministrata c dal tribunale ordinario denominazione così sostituita a quella di tribunale dal D.P.R. 22 settembre 1988, numero 449 , articolo 102 . L'articolo 7 bis o.g. contempla le tabelle degli uffici giudicanti , le quali contengono la ripartizione degli uffici giudiziari in sezioni , con la destinazione ad esse dei singoli magistrati e l'ultimo periodo del comma 1 precisa che la violazione dei criteri per l'assegnazione degli affari non determina in nessun caso la nullità dei provvedimenti adottati. L'articolo 46 o.g. stabilisce Il tribunale ordinario può essere costituito in più sezioni , cui sono devoluti promiscuamente o separatamente gli affari civili, gli affari penali e i giudizi in grado di appello. Dal suo canto, le attribuzioni del presidente del tribunale, regolate dall'articolo 47 o.g., sono di provvedere alla direzione dell'ufficio nel suo complesso, ed egli specificamente, nei tribunali costituiti in sezioni, distribuisce il lavoro tra le sezioni . Non e', infine, inutile ricordare quella disposizione, dettata all'articolo 97 o.g., la quale prevede le supplenze fra magistrati ove si stabilisce che, negli organi giudiziari collegiali costituiti in sezioni, i magistrati che compongono ciascuna sezione siano sostituiti, in caso di mancanza o di impedimento, con magistrati di altre sezioni, secondo decreto da emanarsi da parte del presidente del tribunale ordinario. Per quanto riguarda il codice di procedura penale, l'articolo 33 c.p.p., comma 2, stabilisce che non attiene alla capacità del giudice il rispetto delle disposizioni sulla destinazione del giudice agli uffici giudiziari e alle sezioni , nonché sulla assegnazione dei processi a sezioni, collegi e giudici , al pari di quelle sull'attribuzione degli affari penali al tribunale collegiale o monocratico . Fra le norme organizzative si pone anche l' articolo 132 att. c.p.p. , per il quale il decreto che dispone il giudizio davanti alla corte di assise o al tribunale divisi in sezioni contiene anche l'indicazione della sezione davanti alla quale le parti devono comparire il presidente del tribunale comunica il giorno e l'ora della comparizione e, quando occorre, anche la sezione da indicare nel decreto che dispone il giudizio. 4.4. - Loro natura giuridica. Orbene, alla luce del sistema, come emerge dalle disposizioni ricordate, le diverse sezioni del tribunale costituiscono mere articolazioni interne, facenti parte di un unico ufficio giudiziario. Ciò è pacifico ed è palesato dallo stesso utilizzo del termine di sezione , la quale rimanda appunto all'idea di una semplice partizione interna. Quanto, in particolare, alla partizione tra sezioni civili e penali, il menzionato articolo 46 o.g., nel prevedere che gli affari civili e penali possano essere attribuiti alle sezioni promiscuamente o separatamente , già indica che se una stessa sezione può trattare entrambi i settori, certamente si tratta di norme sulla mera partizione degli affari. 5. - Inammissibilità del regolamento di competenza per risolvere le questioni di deferimento dei procedimenti alle sezioni civili o penali del medesimo tribunale. 5.1. - Principio di diritto. Ciò posto, occorre ribadire che la nozione di competenza in sede civile non si attaglia alle attribuzioni della singola sezione ordinaria di tribunale e, non attenendo alla competenza, non è impugnabile ai sensi dell' articolo 42 c.p.c. l'ordinanza che pure avesse reputato competente un giudice penale del medesimo ufficio. Reputa, invero, il Collegio che non possa superarsi il dato positivo e di diritto vivente, che qualifica la distinzione tra le varie sezioni, siano anche civili e penali, del medesimo tribunale come mere articolazioni interne di un unico ufficio, con la conseguente esclusione della possibilità di qualificare le rispettive attribuzioni come questione di competenza , nel processo civile. Le sezioni sono articolazioni interne dell'ufficio, che non possono avere riparti o conflitti di competenza con altre sezioni del medesimo ufficio giudiziario. Non trattandosi di autonomi uffici giudiziari, si può utilizzare - al più - la nozione di competenza in senso lato o di competenza interna , al fine di indicare la concreta assegnazione della causa ad una determinata sezione, nell'ipotesi di uffici giudiziari complessi suddivisi in varie sezioni tra cui si distribuiscono gli affari. La conclusione è assunta sulla base della considerazione complessiva delle disposizioni richiamate, alla cui stregua non risulta compatibile l'idea che l'individuazione della sezione, civile o penale, all'interno del medesimo ufficio giudiziario - esso sì competente ad essere investito della cognizione della controversia - sia riconducibile alla nozione tecnica di competenza, come adoperata dal codice di procedura civile nel Capo I del Titolo 1 del Libro I. Al contrario, la suddivisione degli affari è tema di rilievo esclusivamente tabellare la controversia resta devoluta, in ogni caso, alla cognizione del medesimo ufficio giudiziario e la designazione di una specifica sezione dello stesso ufficio non connota tale sezione quale ufficio giudiziario diverso rispetto alle altre sezioni. 5.2. - Fondamento del principio. Ciò secondo ragioni di coerenza dell'ordinamento e del sistema, nonché di certezza del diritto e di rispetto dei criteri d'interpretazione della legge. Giova, a questo punto, svolgere alcune considerazioni in ordine ai criteri ermeneutici legali, nonché alla nozione ed al regime della competenza in materia penale le quali condurranno ad escludere l'applicazione - sia in via diretta, sia in via analogica - delle soluzioni normative sancite dall' articolo 28 c.p.p. . 5.2.1. - L'articolo 12 preleggi. Essi, invero, sono dettati dall'articolo 12 preleggi, mentre pur quando una norma, o un sistema di norme, si prestino a diverse interpretazioni, tutte plausibili, dovere primario dell'interprete, e specie del giudice, è di perseguire l'interpretazione più corretta e non una qualsiasi di quelle che il testo consente certo essendo, altresì, che il giudice non crea il diritto, ma opera secondo i criteri ermeneutici noti ed entro i limiti del diritto positivo Cass. 2 ottobre 2018, numero 23950 , atteso che le scelte di politica del diritto sono riservate al legislatore ed al giudice compete solo di interpretare la norma nei limiti delle opzioni ermeneutiche più corrette dell'enunciato Cass., sez. unumero , 18 settembre 2020, numero 19597 . E' in tal senso, pertanto, che la funzione assolta dalla giurisprudenza è di natura dichiarativa , giacché riferita ad una preesistente disposizione di legge, della quale è volta a riconoscere l'esistenza e l'effettiva portata, con esclusione formale di un'efficacia direttamente creativa così Cass., sez. unumero , 28 gennaio 2021, numero 2061 . Sicché, l'attività interpretativa giudiziale è segnata, anzitutto, dal limite di tolleranza ed elasticità dell'enunciato, ossia del significante testuale della disposizione che ha posto, previamente, il legislatore e dai cui plurimi significati possibili e non oltre muove necessariamente la dinamica dell'inveramento della norma nella concretezza dell'ordinamento ad opera della giurisprudenza stessa Cass., sez. unumero , 11 luglio 2011, numero 15144 22 giugno 2018, numero 16957 31 ottobre 2018, numero 27755 28 gennaio 2021, numero 2061 . 5.2.2. - Inestensibilità diretta della norma penale. Come ha argomentato, in modo ampio e condivisibile, anche l'Ufficio del Procuratore generale nelle sue conclusioni scritte, la nozione processuale di competenza - che, si è sopra rilevato, in materia civile rappresenta la misura della potestas del giudice a conoscere una determinata controversia, secondo le regole di selezione concernenti l'oggetto, il territorio ed il valore - in materia penale soggiace a diverse regole di selezione, rapportate a criteri di correlazione tra una vicenda e il giudice abilitato a conoscerla ed a giudicarla, affatto non congruenti con quelli tipici della materia civile entità della pena edittale, locus commissi delicti . Di conseguenza, l' articolo 28 c.p.p. , offre all'interprete, e quindi al giudice penale, uno spazio di applicazione che non è dato al giudice civile. Solo nel processo penale è dettata dal legislatore una clausola generale, contenuta nel comma 2, di detta disposizione, concernente i casi analoghi a quelli delineati dall' articolo 28 c.p.p. , comma 1, lett. b , il quale si esprime nel senso che vi è conflitto di competenza quando due o più giudici ordinari contemporaneamente prendono o ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona . Come si vede, ivi non si pone la specificazione delimitativa ratione materiae dei due o più giudici ordinari . E', dunque, grazie a quella clausola, costituente eccezione al principio di stretta interpretazione in materia processuale, che la Corte regolatrice ha potuto pianamente includere nell'ambito di operatività dello strumento di soluzione del conflitto anche ipotesi ulteriori e, appunto, analoghe, comprensive di casi di conflitto negativo tra giudice civile e giudice penale, sussistendone la medesima ragione giustificatrice che sorregge l'istituto processuale, ossia quella, per il caso della ricusa contemporanea, del rischio di paralizzare il corso di un procedimento e di rispondere a una domanda con un non liquet. Ma l' articolo 28 c.p.p. , comma 2, non regola direttamente un caso analogo a quello che può darsi nel campo civile, bensì, ed è cosa diversa, regola, affidandone l'esercizio al giudice del singolo procedimento, l'applicazione della norma sui conflitti, rendendone possibile un perimetro operativo più ampio rispetto ai conflitti tra organi di giurisdizione penale. L' articolo 28 c.p.p. , comma 1, lett. b , invero, assume a premessa la cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona , con l'emersione di un conflitto, positivo o negativo, tra due giudici in qualsiasi stato e grado del processo penale. Tuttavia, in nessun caso la giurisdizione in àmbito civile può assumere, a proprio oggetto di cognizione, l'attribuzione di un fatto alla stessa persona ai fini della statuizione penale, ossia l'imputazione di una condotta suscettibile di sanzione - ciò che costituisce presupposto e limite di applicazione dell' articolo 28 c.p.p. , - per farne conseguire un'estensione dello strumento del regolamento di competenza di cui all' articolo 42 c.p.c. che, d'altra parte, non permette l'immissione dei criteri di soluzione riferibili alle previsioni degli articolo da 5 a 16 c.p.p. . Dunque - quanto alla possibile estensione diretta della norma processuale penale - la non coincidenza tra le nozioni, cui fanno capo i concetti di competenza nei due ambiti materiali, rappresenta, al tempo stesso, ragione e conseguenza dell'inapplicabilità di uno strumento - il regolamento dinanzi alla Cassazione civile - nel quale possono essere utilizzati criteri propri del solo àmbito civile appunto perché resa legittima da una previsione specifica di legge che ne consente l'estensione in relazione alla verifica di una somiglianza di casi, la medesima operazione non appare consentita là dove, nel campo del processo civile, quella norma facoltizzante manchi così il P.G. nelle sue conclusioni . 5.2.3. - Impraticabilità dell'analogia. Non sarebbe, tuttavia, corretta neppure un'estensione analogica della disposizione dell' articolo 28 c.p.p. , al caso di specie. Secondo l'articolo 12, comma 2, delle citate disposizioni preliminari, quando una controversia non può essere decisa con una specifica disposizione - da interpretarsi, ai sensi dell'articolo 12, comma 1, secondo i canoni dell'interpretazione letterale, sistematica, teleologica e storica - il giudice ricorre all'analogia legis, ovvero estende al caso non previsto la norma positiva dettata per casi simili o materie analoghe. E se, ciò nonostante, permane il dubbio interpretativo, troverà applicazione l'analogia iuris, ossia l'applicazione dei principi generali dell'ordinamento giuridico. In tal modo, il ricorso all'analogia si risolve in un meccanismo integrativo dell'ordinamento che permette al giudice di decidere comunque, anche in presenza di una lacuna normativa. L'interpretazione, o applicazione, analogica o per analogia è costituita dunque dal procedimento mediante il quale chi interpreta ed applica il diritto può sopperire alle eventuali deficienze di previsione legislativa c.d. lacuna dell'ordinamento giuridico facendo ricorso alla disciplina normativa prevista per un caso simile , ovvero per materie analoghe ciò, in forza dei principi fondamentali del nostro ordinamento, secondo cui il giudice deve decidere ogni caso che venga sottoposto al suo esame obbligo di non denegare giustizia e deve assumere la relativa decisione applicando una norma dell'ordinamento positivo obbligo di fedeltà del giudice alla legge ex articolo 101 Cost. , comma 2 Cass. 8 agosto 2005, numero 16634 . Segnatamente, quindi, per poter ricorrere al procedimento per analogia, è necessario che i manchi una norma di legge atta a regolare direttamente un caso su cui il giudice sia chiamato a decidere li sia possibile ritrovare una o più norme positive c.d. analogia legis o uno o più principi giuridici c.d. analogia iuris , il cui valore qualificatorio sia tale che le rispettive conseguenze normative possano essere applicate alla situazione originariamente carente di una specifica regolamentazione, sulla base dell'accertamento di un rapporto di somiglianza tra alcuni elementi giuridici o di fatto della vicenda regolata ed alcuni elementi di quella non regolata costituendo il fondamento dell'analogia la ricerca del quid comune mediante il quale l'ordinamento procede alla propria autointegrazione così ancora la menzionata decisione . Onde l'analogia postula, anzitutto, che sia correttamente individuata una lacuna , tanto che al giudice sia impossibile decidere, secondo l'incipit del precetto se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione l'articolo 12, comma 2, preleggi si spiega storicamente soltanto nel senso di evitare, in ragione del principio di completezza dell'ordinamento giuridico, che il giudice possa pronunciare un non liquet, a causa la mancanza di norme che disciplinino la fattispecie. La regola, secondo cui l'applicazione analogica presuppone la carenza di una norma nella indispensabile disciplina di una materia o di un caso cfr. articolo 14 preleggi , discende dal rilievo per cui, altrimenti, la scelta di riempire un preteso vuoto normativo sarebbe rimessa all'esclusivo arbitrio giurisdizionale, con conseguente compromissione delle prerogative riservate al potere legislativo e del principio di divisione dei poteri dello Stato. Onde non semplicemente perché una disposizione normativa non preveda una certa disciplina, in altre invece contemplata, costituisce ex se una lacuna normativa, da colmare facendo ricorso all'analogia ai sensi dell'articolo 12 preleggi. Ciò tanto più quando si tratti di estendere l'applicazione di una disposizione specifica oltre l'ambito di applicazione delineato dal legislatore, ovvero di applicarla analogicamente a vicenda concreta da questi non contemplata ed in presenza di diversi presupposti integrativi della fattispecie. Nella questione di diritto all'esame, non ricorrono - accanto al profilo sopra rilevato, che impedisce un'applicazione diretta dell' articolo 28 c.p.p. - neppure i presupposti del ricorso all'analogia in primis, una lacuna non esiste. Non e', invero, indefettibile la risoluzione della stasi processuale mediante il regolamento di competenza. 5.3. - Ulteriori ragioni. Si noti, inoltre, che l'opposta tesi potrebbe comportare la conseguenza che, se la parte avesse adito con l'istanza per cui è causa il giudice al quale, in un dato ufficio giudiziario, fossero affidati affari di natura promiscua, allora sarebbe potuto accadere - qualificandosi come di competenza la questione - che egli si trovasse a dichiarare la propria incompetenza, ove designato come giudice penale, dovendo egli in seguito affermarla, qualificandosi come giudice civile o viceversa . Non può, poi, tralasciarsi che proprio la configurazione del conflitto come di vera e propria competenza rischia di pregiudicare il diritto-interesse della parte ad una rapida definizione del conflitto di competenza . Ne' può sottacersi il possibile uso strumentale del regolamento di competenza, con l'allungamento dei tempi del processo, ove si qualifichi sempre in termini di competenza il rapporto tra il giudice civile e quello penale, nonché il sostanziale contrasto con l'intenzione del legislatore di ridurre le questioni di competenza. 6. - Il mezzo per la soluzione della stasi processuale la rimessione al presidente del tribunale. La soluzione alla non desiderabile stasi processuale, ai fini della tutela effettiva dei diritti, nell'ipotesi di ritenuta non competenza ad opera di una sezione civile del tribunale in favore di altra sezione, anche penale, del medesimo ufficio, consiste nel riferirne al presidente, il quale potrà delegare una diversa sezione o un diverso giudice, designando, in tal modo, quello davanti al quale il procedimento deve proseguire. 6.1. - Si tratta di una soluzione interna all'ordinamento, che già espressamente la prevede. L' articolo 168 bis c.p.c. , sulla designazione del giudice per la trattazione della causa, dispone che il presidente del tribunale designa il giudice davanti al quale le parti debbono comparire e, nei tribunali divisi in più sezioni , assegna la causa ad una di esse, onde il presidente di questa provvederà alla designazione del giudice per la controversia. E l' articolo 83 ter disp. att. c.p.c. , in tema di ripartizione delle cause tra sede principale e sezioni distaccate o tra diverse sezioni distaccate del tribunale, dispone che il giudice, se ravvisa l'inosservanza anche nel mero fumus delle regole di attribuzione, dispone la trasmissione del fascicolo d'ufficio al presidente del tribunale, che provvede con decreto non impugnabile. Non dissimile la soluzione offerta negli articolo 273 e 274 c.p.c. , rispettivamente in tema di litispendenza e di pendenza di cause connesse. Il comma 2 di entrambe le disposizioni stabilisce, infatti, che in tali casi il giudice istruttore ne riferisce al presidente, il quale, sentite le parti, ordina con decreto la riunione, determinando la sezione o designando il giudice davanti al quale il procedimento deve proseguire , o, nel secondo caso, ordina con decreto che le cause siano chiamate alla medesima udienza davanti allo stesso giudice o alla stessa sezione per i provvedimenti opportuni . 6.2. - Tali disposizioni segnalano il corretto strumento di risoluzione della situazione di stasi. Invero, nel riparto delle liti tra le sezioni ordinarie del tribunale, la soluzione di chi debba trattare la causa va risolta in via interna, mediante gli strumenti previsti nel caso di errata assegnazione tabellare dei fascicoli il giudice assegnatario rimetterà il fascicolo al presidente del tribunale, il quale lo ritrasmetterà al giudice stesso, laddove ritenga errato il rilievo tabellare dal medesimo operato, o provvederà all'assegnazione alla sezione corretta e, se il giudice ad quem neghi la propria esatta designazione, il conflitto sarà comunque deciso dal presidente del tribunale. Lo strumento del provvedimento organizzativo ed ordinatorio e', dunque, quello predisposto dall'ordinamento, nonché giuridicamente coerente. 6.3. - La predetta soluzione non comporta nessuna compromissione degli interessi delle parti, le quali comunque ottengono una decisione su chi sia il giudice chiamato ad occuparsi della controversia. 7. - L'avvenuta definizione in rito del giudizio innanzi al giudice civile. Un problema di difetto di tutela può tuttavia porsi qualora come nella specie - il giudice adito, anziché rimettere la controversia al presidente del tribunale ritenendo non individuata la sezione corretta, abbia pronunciato in rito, con una declaratoria di inammissibilità o di improcedibilità della domanda, liquidando anche le spese processuali. Si tratta di una decisione che non verte sulla competenza in senso tecnico, per le ragioni esposte, ma con la quale, pur tuttavia, il giudice si è spogliato del potere decisorio come ufficio giudiziario, invece che rimettere la nuova designazione al presidente di questo. L'individuazione del rimedio impugnatorio ordinario, o il regolamento di competenza richiede, a questo punto, due accertamenti, dovendosi, in primo luogo, qualificare il provvedimento, derivando da ciò il mezzo di impugnazione correttamente applicabile ed, in secondo luogo, valutare se l' apparenza abbia deposto in altro senso. 7.1. - Esperibilità del rimedio impugnatorio ordinario. Non trattandosi di pronuncia sulla competenza ed avendo, comunque, il tribunale concluso il giudizio innanzi a sé e all'ufficio, mediante una declaratoria di inammissibilità della domanda, il rimedio è quello impugnatorio ordinario. Pertanto, l'ordinanza emessa ai sensi dell' articolo 702 ter c.p.c. , va impugnata con l'appello, ai sensi dell' articolo 702 quater c.p.c. , facoltà dalla quale la parte che non l'abbia tempestivamente proposto decadrebbe. Ciò perché - in prima battuta - il corretto criterio è quello che pon mente al tipo di provvedimento inammissibilità della domanda assunto dal giudicante. Giova precisare peraltro che, ove il giudice a quo, invece che declinare la propria competenza, abbia dichiarato la domanda improponibile o inammissibile innanzi a sé, ciò non osterebbe di per sé alla qualificazione della pronuncia come resa sulla competenza, se essa davvero fosse tale. Invero, non la mancata declaratoria di incompetenza e l'omessa devoluzione della causa innanzi al giudice ritenuto competente con la traslatio iudicii possono impedire di qualificare la decisione come resa sulla mera competenza, ove l'interpretazione del provvedimento conducesse a ciò e si trattasse di una questione di competenza in senso tecnico. Onde non questo e', di per sé, l'ostacolo processuale alla proposizione di un regolamento di competenza ex articolo 42 c.p.c. . 7.2. - Il principio dell'apparenza e dell'affidamento processuale. Se il mezzo dell'appello non sia stato esperito in favore del regolamento di competenza, occorrerà allora valutare se sussista, in ipotesi, una lesione dell'affidamento della parte, indotta a qualificare il provvedimento reso come sulla competenza in tal caso, dovrà farsi applicazione del diverso principio dell'apparenza. Il principio dell'apparenza , in tema di impugnazioni, richiede di individuare il mezzo esperibile sulla base della oggettiva qualificazione emergente dal provvedimento del giudice. Rileva, cioè, la qualificazione dell'azione, pur erronea, come compiuta dal giudice nel suo provvedimento allorché, dal contesto della motivazione, emerga il riferimento alla sussistenza della competenza di un diverso giudice. Il principio trova fondamento nella esigenza di scongiurare che, a fronte di una erronea qualificazione da parte del giudice, la parte possa conoscere solo ex post, ad impugnazione avvenuta, quale era il mezzo di impugnazione esperibile Cass., ord. interi., 27 ottobre 2020, numero 23602 . In tal senso, è stato di recente affermato che occorra avere riferimento alla qualificazione data dal giudice con il provvedimento impugnato all'azione proposta, alla controversia e alla decisione, a prescindere dalla sua esattezza pertanto, ove sia impugnata con regolamento di competenza una pronuncia che abbia deciso una questione attinente al rito, occorre accertare se la questione di rito sia stata erroneamente qualificata dal giudice, espressamente o comunque in modo inequivoco, come questione di competenza, creando le condizioni per una tutela dell'affidamento della parte in ordine al regime di impugnazione, dipendendo dall'esito positivo di tale accertamento l'ammissibilità del proposto regolamento Cass., ord. 24 giugno 2021, numero 18182 e già Cass., ord. 1 marzo 2019, numero 6179 Cass., ord. 29 marzo 2018, numero 7882 , non mass. Cass., ord. 23 ottobre 2017, numero 25059 Cass., ord. 6 marzo 2014, numero 5313 Cass., sez. unumero , 11 gennaio 2011, numero 390 . Tale conclusione risulta conforme ai principi fondamentali della certezza dei rimedi impugnatori ed economia dell'attività processuale, evitando l'irragionevolezza di imporre di fatto all'interessato di tutelarsi proponendo impugnazioni a mero titolo cautelativo, nel dubbio circa l'esattezza della qualificazione operata dal giudice a quo. Ove, quindi, il giudice abbia definito il processo innanzi a sé, provvedendo sulle domande, sia pure con una pronuncia di inammissibilità delle stesse, questa è impugnabile con il regolamento di competenza allorquando avesse creato una apparenza in tal senso, sebbene la regola da applicare in concreto fosse, invece, quella di mera ripartizione delle attribuzioni riferibili ad uno stesso ufficio. E', dunque, applicabile il c.d. principio dell'apparenza processuale all'ipotesi in cui un provvedimento giudiziario abbia trattato come questione di competenza una questione attinente al rito o alla ripartizione degli affari interna all'ufficio, rendendo tale principio eccezionalmente ammissibile il mezzo di impugnazione con quella coerente. In tal modo, si noti, non sovviene un'estensione, in via interpretativa, degli articolo 42 e 45 c.p.c. , da leggere sostanzialmente integrandoli col disposto dell' articolo 28 c.p.p. , né, tantomeno, un'estensione analogica di questa disposizione al rito civile, la quale comporterebbe non più l'interpretazione, ma la creazione di una norma, operazione costituzionalmente rimessa però al legislatore. Lo strumento processuale di tutela infatti sussiste, in tal modo rendendosi tanto meno ammissibile una integrazione normativa per via giurisprudenziale, neppure esistendo un vuoto di tutela effettiva, per inesistenza di un rimedio ordinario o perché questo leda in concreto il diritto di difesa. 8. - Il caso di specie inammissibilità del regolamento. Sulla base dei principi esposti, il regolamento proposto si palesa inammissibile. Ferma l'inammissibilità del regolamento di competenza in vicenda estranea a tale nozione, neppure si dà, invero, nella specie, l'applicazione del principio dell'apparenza processuale, in quanto l'ordinanza non era affatto univocamente suscettibile, secondo l'interpretazione oggettiva di buona fede, di essere interpretata come una pronuncia declinatoria della competenza, avverso cui proporre il regolamento necessario. In tal senso, militano - la riserva assunta al giudice di decisione sul merito della causa - la mancanza del previo invito alle parti a discutere e concludere sulla questione di competenza - la considerazione che si trattasse della impugnazione di un capo di decisione del giudice penale - l'esplicita affermazione della rilevabilità senza limiti, né necessità di aprire il contraddittorio, il che confligge con la disciplina della rilevazione di incompetenza anche funzionale articolo 38 c.p.c. ed e', appunto, invece proprio della decisione di improponibilità per il contenuto della domanda - la mancanza della fissazione di un termine per la riassunzione della causa dinanzi al giudice ritenuto competente, ai fini della translatio iudicii ex articolo 50 c.p.c. - il decisum secondo cui il giudice dichiara inammissibile il ricorso - la condanna alle spese di lite - la definizione del giudizio innanzi al Tribunale di Sondrio. A fronte di ciò, si palesano elementi recessivi i meri passaggi motivazionali, in cui il Tribunale ha parlato di competenza a provvedere e di competenza funzionale , nonché la forma dell'ordinanza, adottata dal giudice per il suo provvedimento, che resta elemento neutro, atteso che l' articolo 702 ter c.p.c. , comma 1, prevede per la declaratoria di incompetenza un'ordinanza, al pari di quanto stabilito dal comma 5, per il caso di accoglimento o di rigetto della domanda elementi che, dunque, non avrebbero potuto far velo alla corretta interpretazione del provvedimento condotta secondo le regole che le pertengono. In definitiva, la statuizione di inammissibilità del ricorso contenuta nell'ordinanza ex articolo 702 ter c.p.c. adottata dal Tribunale di Sondrio, nella sua sezione civile, non poteva essere interpretata sia pure erroneamente come sostanzialmente coincidente con una pronuncia declinatoria della competenza. La ricorrente avrebbe dovuto, quindi, esperire l'impugnazione in appello della ordinanza del tribunale, per ottenere una riforma della medesima. Ne deriva che non ricorrono le condizioni per una tutela dell'affidamento della parte in ordine al regime di impugnazione ed il ricorso va dichiarato inammissibile. 9. - Nulla sulle spese, non svolgendo difese la parte intimata. P.Q.M. La Corte, a Sezioni unite, dichiara inammissibile il ricorso. Dichiara che, ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13 , comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento di un importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso.