Sconnesso il ciglio del marciapiede: niente risarcimento per il passante che non lo evita e finisce a terra

Escluso ogni addebito a carico del Comune. Per i Giudici è evidente che la persona danneggiata ha tenuto una condotta assolutamente non prudente.

Se il ciglio del marciapiede comunale si presenta in condizioni precarie , e potenzialmente pericolose per i passanti, allora è doveroso tenersene a distanza. Anche perché mettere piede proprio in quel punto significa assumersi la piena responsabilità in caso di caduta , liberando così da ogni possibile addebito l’ente locale.   Scenario della vicenda è un piccolo paese in Puglia. Protagonista suo malgrado è un uomo, che finisce rovinosamente a terra durante una passeggiata fatale l’aver messo i piedi su un marciapiede sconnesso della strada comunale. Consequenziale è la richiesta di risarcimento nei confronti del Comune, richiesta che però viene respinta sia in primo che in secondo grado. Per i giudici di merito, non è addebitabile, in sostanza, alcuna responsabilità all’ente locale, a fronte della condotta imprudente tenuta dalla persona danneggiata.   Sulla stessa lunghezza d’onda si colloca anche la Cassazione, che respinge in modo definitivo l’ipotesi di un ristoro economico per i danni riportati dall’uomo a seguito della brutta caduta. Decisivo il riferimento alla documentazione fotografica del luogo in cui si è verificato l’incidente. In sostanza, le immagini hanno consentito di appurare che il capitombolo si è verificato «esclusivamente a causa della condotta incauta dell’uomo, il quale, pur essendo evidente che il ciglio del marciapiede della strada comunale che stava percorrendo era caratterizzato da sconnessioni, rimarchevoli imperfezioni e disomogeneità, anziché transitare sulla restante parte del marciapiede, Io aveva ugualmente impegnato, senza però al contempo osservare la particolare prudenza in tal caso necessaria, secondo la comune diligenza, al fine di evitare di inciampare nelle anomalie presenti».

Presidente Amendola – Relatore Tatangelo Fatti di causa S.G. ha agito in giudizio nei confronti del Comune di Ruvo di Puglia per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito di un infortunio riportato per essere inciampato e caduto sul marciapiede sconnesso di una strada comunale. La domanda è stata rigettata dal Giudice di Pace di Trani. Il Tribunale di Trani ha confermato la decisione di primo grado. Ricorre lo S. , sulla base di due motivi. Non ha svolto attività difensiva in questa sede l'ente intimato. È stata disposta la trattazione in Camera di Consiglio, in applicazione degli articolo 375, 376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato inammissibile/manifestamente infondato. È stata quindi fissata con decreto l'adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l'indicazione della proposta. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia Violazione della disciplina di cui all' articolo 2051 c.c. e dell'articolo 2043 c.c., con riferimento all' articolo 360 c.p.c. , numero 3 . Il motivo è in parte manifestamente infondato ed in parte inammissibile. La decisione impugnata, in diritto, risulta conforme ai principi in tema di responsabilità da cose in custodia costantemente affermati da questa Corte e che lo stesso ricorrente mostra anzi, almeno in parte, di condividere , secondo i quali a il criterio di imputazione della responsabilità fondato sul rapporto di custodia di cui all' articolo 2051 c.c. opera in termini rigorosamente oggettivi b il danneggiato ha il solo onere di provare il nesso di causa tra la cosa in custodia a prescindere dalla sua pericolosità o dalle sue caratteristiche intrinseche ed il danno, mentre al custode spetta l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, ed è comprensivo del fatto del terzo e della condotta incauta della vittima c in particolare, il caso fortuito è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale o della causalità adeguata , senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode d le modifiche improvvise della struttura della cosa tra cui ad es. buche, macchie d'olio ecc. divengono, col trascorrere del tempo dall'accadimento che le ha causate, nuove intrinseche condizioni della cosa, di cui il custode deve rispondere e la deduzione di omissioni, violazione di obblighi di legge, di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell' articolo 2043 c.c. , salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, e a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l'evento dannoso si vedano, in proposito Cass., Sez. 3, Ordinanza numero 25856 del 2017 Sez. 3, Ordinanza numero 2478 del 01/02/2018 Sez. 3, Ordinanza numero 2480 del 01/02/2018, Sez. 3, Ordinanza numero 2482 del 01/02/2018 Sez. 3, Sentenza numero 8229 del 07/04/2010, Rv. 612442 - 01 Sez. 6 - 3, Ordinanza numero 12027 del 16/05/2017, Rv. 644285 - 01 Sez. 3, Ordinanza numero 25856 del 2017 . Tali principi di diritto - diversamente da quanto sostenuto nel ricorso - risultano correttamente applicati nella fattispecie. I giudici di merito, infatti, con doppia decisione conforme, sulla base degli elementi istruttori acquisiti e, in particolare, della documentazione fotografica del luogo del sinistro , hanno accertato, in fatto, che l'incidente era avvenuto esclusivamente a causa della condotta incauta della vittima, la quale, pur essendo evidente che il ciglio del marciapiede della strada comunale che stava percorrendo era caratterizzato da sconnessioni, rimarchevoli imperfezioni e disomogeneità, anziché transitare sulla restante parte dello stesso, lo aveva ugualmente impegnato, senza però al contempo osservare la particolare prudenza in tal caso necessaria, secondo la comune diligenza, al fine di evitare di inciampare nelle relative anomalie. Si tratta di un apprezzamento di fatto sostenuto da adeguata motivazione, non apparente nè insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non censurabile nella presente sede. D'altro canto, le censure avanzate avverso la decisione di merito, in parte riguardano questioni che, sulla base dei principi di diritto più sopra esposti, non possono ritenersi rilevanti ai fini della decisione ciò è a dirsi, in particolare, con riguardo alla allegazione della violazione di obblighi di legge e/o comunque dei criteri di comune prudenza e diligenza da parte del custode nella manutenzione della strada, circostanze rilevanti ai fini della sola fattispecie di cui all' articolo 2043 c.c. , che nella specie non viene neanche in discussione , mentre, per altra parte, finiscono in realtà per risolversi in contestazioni relative all'indicato accertamento di fatto, nonché in una richiesta di nuova e diversa valutazione delle prove, il che non è consentito nella presente sede. 2. Con il secondo motivo si denunzia Omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio con riferimento all' articolo 360 c.p.c. , punto 5, in merito alla consulenza tecnica di ufficio . Il motivo riguarda l'accertamento del danno biologico riportato dall'attore, quindi il quantum dell'eventuale risarcimento, e resta assorbito in conseguenza del mancato accoglimento del primo, relativo all'an debeatur. 3. Il ricorso è rigettato. Nulla è a dirsi con riguardo alle spese del giudizio non avendo la parte intimata svolto attività difensiva nella presente sede. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, numero 228, articolo 1, comma 17. P.Q.M. La Corte - rigetta il ricorso - nulla per le spese. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13 , comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, numero 228, articolo 1 , comma 17, per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto , a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.