È vietato aprire un accesso tra il proprio appartamento e una rampa di scale differente da quella che già serve l’unità immobiliare

«È illegittima l’apertura di un varco praticata da un condomino nel muro dell’edificio condominiale al fine di mettere in comunicazione l’appartamento di sua proprietà esclusiva con l’andito di una scala destinata a servire un’altra parte del fabbricato […]».

Il caso. In un Condominio dotato di più scale, un condomino appartenente ad una di queste aveva realizzato lavori edili utili ad aprire un secondo accesso al proprio appartamento, realizzando una apertura su una seconda scala. Il Condominio agiva quindi in giudizio al fine di ottenere la condanna del proprietario alla chiusura dell'accesso secondario realizzato. Secondo il Condominio, infatti, il Condominio era diviso in due scale, le quali erano destinate a servire due gruppi distinti di condomini. La condotta del proprietario sarebbe quindi stata illecita in quanto egli, appartenente ad una scala, non aveva alcun diritto di realizzare un accesso dal proprio appartamento alla seconda scala. Il Tribunale, all'esito del processo, definiva la domanda come un'azione negatoria della servitù un'azione con la quale il soggetto che si vede qualificato come fondo servente, nega la sussistenza del diritto di servitù della controparte, che agiva di fatto da fondo dominante e rigettava la domanda dello stabile, decretando la legittimità dell'opera del proprietario. La decisione veniva impugnata in appello. La Corte, esaminati gli atti, riformava la precedente decisione e condannava il condomino alla rimozione dell'ingresso realizzato. Il ragionamento del giudice era che il condomino, appartenente ad una scala, non aveva alcun diritto sull'altra e quindi non poteva validamente realizzare un accesso. La situazione dello stabile, e delle due scale in particolare, era definita come un Condominio parziale, ossia una condizione nella quale sussistono manufatti non di comune utilizzo, ma asserviti solo ad una parte dei condomini e sulla quale gli altri non possono avere diritti e doveri. In virtù di tale assunto, il giudice del riesame decretava l'estraneità del condomino rispetto alla seconda scala e definiva quindi la creazione dell'ingresso come abusiva. Per la Cassazione l'ingresso è abusivo in quanto viola le disposizioni in materia di condominio parziale. Alla luce della soccombenza in grado di appello, il condomino decideva di impugnare la decisione con ricorso in Cassazione incentrato su un unico motivo di diritto. In buona sostanza il ricorrente contestava la valutazione della Corte d'Appello, che non avrebbe valutato correttamente la situazione del Condominio. Il giudice, difatti, aveva reputato la scala oggetto di lite come un Condominio parziale, mentre per il condomino che aveva aperto l'accesso questa era parte comune dello stabile. La conseguenza pratica di tale distinzione sarebbe stata che la creazione di un accesso dall'appartamento alla scala sarebbe stata considerata come un uso più intenso, ma consentito, della cosa comune, e non una violazione delle disposizioni sul Condominio parziale. Con la sentenza numero 35955/2021, i Giudici di legittimità rigettavano il ricorso dichiarandolo inammissibile. La valutazione del giudice sopra menzionato era in primo luogo legata alla formulazione del ricorso. Il condomino, infatti, aveva sostanzialmente contestato la valutazione operata dalla Corte d'Appello sullo stato dei luoghi e le conseguenze giuridiche tratte dalla stessa. Tale motivo, tuttavia, non poteva essere deciso dalla Cassazione, la quale – Giudice di legittimità – non può operare valutazioni sul fatto, ma solo sul diritto e sull'applicazione delle norme fatta dal precedente giudice. Quanto al caso specifico, la Cassazione sottolineava come l'articolo 1117 c.c. stabilisca un elenco, non tassativo, delle parti comuni del Condominio. Tali parti, come la facciata, il tetto, le scale, sono legati alle parti private dal c.d. “nesso di condominialità”, ossia l'asservimento delle parti comune a tutte le proprietà private. Tale nesso può essere superato solamente con prova contraria, costituita dal titolo di acquisto dell'immobile o dal regolamento condominiale contrattuale. Esiste, poi, la figura giuridica del Condominio parziale. Tale condizione si verifica laddove una parte si pensi alle scale come nel caso in oggetto non serve la totalità dei condomini ma sia invece «per sue obbiettive caratteristiche strutturali e funzionali destinato al servizio e/o godimento, in modo esclusivo, di una parte soltanto dell'edificio in Condominio» si veda anche Cass. Sez. II, 24 novembre 2010 numero 23851 Cass. Sez. II, 17 giugno 2015 numero 12641 e Cass. Sez. Ii, 16 gennaio 2020, numero 791 . In tali casi, quindi, la parte non è assoggettata a tutti i condomini, ma si costituisce – ex articolo 1123, comma 3, c.c. – una condizione in ragione della quale solo una parte dei condomini può godere della stessa, nonché sostenere le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria relative al manufatto. Nel caso in questione, ragionava la Corte, l'apertura realizzata dal condomino era illegittima in quanto il varco metteva in comunicazione l'appartamento privato dello stesso con una parte condominiale afferente non alla generalità dei condomini, ma solo ad una parte degli stessi, nella quale non figurava il sopra menzionato. In ragione della non appartenenza del condomino alla scala in questione quindi, egli aveva costituito una servitù illegittima e alterato la cosa comune in modo non lecito. In conseguenza di quanto sopra riportato, quindi, la Corte d'Appello aveva correttamente valutato il caso e, dichiarando l'illegittimità dell'opera, validamente condannato il condomino il condomino alla rimozione della stessa. Il ricorso veniva quindi dichiarato inammissibile e rigettato, con condanna del ricorrente alla refusione delle spese di lite della controparte e al versamento del contributo unificato in misura maggiorata ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, d.P.R. numero 115/2002.

Presidente Lombardo – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione D.F.M. ha presentato ricorso articolato in unico motivo avverso la sentenza numero 1503/2018 della Corte d'appello di Palermo, pubblicata il 13 Luglio 2018. Resiste con controricorso il Condominio omissis , Palermo. Il Tribunale di Palermo, con sentenza del 3 marzo 2014, respinse la domanda del Condominio omissis volta ad ottenere la condanna del condomino D.F.M. a chiudere l'accesso sul pianerottolo della scala A dell'edificio condominio, con il quale l'appartamento del D.F. condivide un muro perimetrale. Il Condominio aveva dedotto che il fabbricato è composto da due scale, scala A e scala B, che servono distintamente due diversi gruppi di appartamenti, rientrando l'appartamento del D.F. tra quelli serviti dalla scala B. Il Tribunale, qualificata la domanda come negatoria servitutis, ritenne non configurabile una situazione di condominio parziale della scala A e perciò non superata la presunzione di comunione ex articolo 1117 c.c., con conseguente legittimità dell'opera realizzata dal D.F. . La Corte d'appello di Palermo ha poi riformato totalmente la sentenza di primo grado, affermando, all'opposto, che la scala A non svolge alcuna funzione di utilità per le unità immobiliari servite dalla scala B, neppure consentendo l'accesso al lastrico solare, nè essendo su di essa collocati il vano contatori ed il vano archivio, posti in uno spazio sottostante raggiungibile senza necessità di utilizzare la scala A. D.F.M. nell'unico motivo di ricorso deduce la violazione o falsa applicazione degli articolo 1117,1118,1119,1123,1124,1131 e 2697 c.c., dell'articolo 61disp. att. c.p.c. e dell'articolo 115 c.p.c., nonché l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5. La censura richiama la giurisprudenza in tema di condominio parziale ed assume che tale situazione può ravvisarsi per le scale solo laddove il complesso immobiliare sia dotato di ingressi autonomi. La Corte d'appello avrebbe omesso di considerare il fatto che il Condominio omissis ha un unico portone ingresso, dal quale si accede ad entrambe le scale. Il ricorrente sostiene che i condomini della scala B possono comunque trarre utilità dalla scala A anche soltanto, ad esempio, al semplice banale scopo di salire e scendere da quella scala per fare un pò di movimento . Afferma il ricorrente, pertanto, di essersi legittimamente servito della cosa comune, in relazione all'articolo 1122 c.c., visto che il muro perimetrale nel quale è stato aperto il varco è un muro perimetrale dell'appartamento e non dell'edificio . Mancherebbe anche la prova della distinta ripartizione delle spese relative alla manutenzione della scala A. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso dovesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all'articolo 380 bis c.p.c., in relazione all'articolo 375 c.p.c., comma 1, numero 1 , il presidente ha fissato l'adunanza della Camera di Consiglio. Il ricorrente ha presentato memoria. Il motivo di ricorso è sprovvisto dei caratteri di tassatività e specificità imposti dall'articolo 360 c.p.c. e dall'articolo 366 c.p.c., comma 1, numero 4, riducendosi ad una critica generica della sentenza impugnata, formulata sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati. Il vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, previsto dall'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, è dedotto mediante l'indicazione di nove disposizioni asseritamente violate, ma mancano specifiche argomentazioni, intese a dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbano ritenersi in contrasto con ciascuna delle norme individuate dal ricorrente come regolatrici della fattispecie. D'altro canto, la censura si risolve nell'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, vizio che inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità. Quanto all'invocazione del vizio di cui all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5, manca il riferimento all'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia , atteso che l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio in questione qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. La sentenza impugnata ha peraltro deciso la questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l'esame del motivo di ricorso non offre elementi per confermare o mutare l'orientamento della stessa, con conseguente inammissibilità del ricorso ex articolo 360 bis c.p.c., numero 1 Cass. Sez. U., 21/03/2017 numero 7155 . La Corte di Palermo ha accertato in fatto che i condomini delle unità immobiliari servite dalla scala B del Condominio omissis non traggono alcuna utilità dalla scala A, in quanto essa non consente neppure l'accesso al lastrico solare, al vano contatori ed al vano archivio, svolgendo sul punto un apprezzamento delle risultanze istruttorie espresso in una conseguente motivazione fornita delle argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni della decisione. L'infondatezza in diritto delle censure del ricorrente discende dunque dalle seguenti considerazioni. Il nesso di condominialità, presupposto dalla regola di attribuzione di cui all'articolo 1117 c.c., è ravvisabile in svariate tipologie costruttive, sia estese in senso verticale, sia costituite da corpi di fabbrica adiacenti orizzontalmente, purché le diverse parti siano dotate di strutture portanti e di impianti essenziali comuni, come appunto quelle res che sono esemplificativamente elencate nell'articolo 1117 c.c., con la riserva se il contrario non risulta dal titolo . È dunque agevole ipotizzare come possano esservi, nell'ambito dell'edificio condominiale, delle parti comuni, quali, ad esempio, il tetto, o l'area di sedime, o i muri maestri, o le scale e ciò indipendentemente dall'eventuale unicità del portone d'ingresso, come nella specie, in quanto distinta parte comune rispetto alle scale , o l'ascensore, o il cortile, che risultino destinati al servizio o al godimento di una parte soltanto del fabbricato. Secondo la giurisprudenza, è in siffatte ipotesi automaticamente configurabile la fattispecie del condominio parziale ex lege tutte le volte, cioè, in cui un bene, come detto, risulti, per le sue obbiettive caratteristiche strutturali e funzionali, destinato al servizio e/o al godimento, in modo esclusivo, di una parte soltanto dell'edificio in condominio, esso rimane oggetto di un autonomo diritto di proprietà, venendo in tal caso meno il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria di tutti i condomini su quel bene Cass. Sez. 2, 24/11/2010, numero 23851 Cass. Sez. 2, 17/06/2016, numero 12641 Cass. Sez. 2, 16/01/2020, numero 791 . Mancano, quindi, i presupposti per l'attribuzione, ex articolo 1117 c.c., della proprietà comune a vantaggio di tutti i partecipanti se le cose, i servizi e gli impianti di uso comune, per oggettivi caratteri materiali, appaiano necessari per l'esistenza o per l'uso, ovvero siano destinati all'uso o al servizio non di tutto l'edificio, ma di una sola parte o di alcune parti di esso. Come venne autorevolmente chiarito da Cass. Sez. U, 07/07/1993, numero 7449, in tema di condominio negli edifici, l'individuazione delle parti comuni, risultante dall'articolo 1117 c.c. il quale non si limita a formulare una mera presunzione di comune appartenenza a tutti i condomini, vincibile con qualsiasi prova contraria -, e che può essere superata soltanto dalle opposte risultanze di un determinato titolo, non opera affatto con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, risultino destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari. È agevole da superare l'ulteriore considerazione del ricorrente circa la possibilità che i condomini della scala B utilizzino la scala A ànche soltanto per fare un pò di movimento , in quanto i termini servire ed utilità adoperati dall'articolo 1123 c.c., comma 3, sul quale poggia la figura del cosiddetto condominio parziale, fanno riferimento alla utilizzazione obbiettiva della res , e dunque all'utilità prodotta indipendentemente da qualsiasi attività umana in favore delle unità immobiliari dall'unione materiale o dalla destinazione funzionale delle cose, degli impianti, dei servizi. Fraintende tali principi la memoria ex articolo 380-bis c.p.c., comma 2, presentata dal ricorrente, quando paventa che le due scale dell'unico edificio finirebbero così per costituire due condomini tra loro diversi , in quanto è appunto conseguenza della disciplina di cui all'articolo 1123 c.c., comma 3, non moltiplicare i condomini, ma distinguere in rapporto all'utilità tratta dalle parti comuni i gruppi di condomini obbligati a contribuire alle spese e le correlate situazioni di contitolarità. Così pure infondata è l'obiezione che il varco sarebbe stato aperto in un muro perimetrale dell'appartamento e non dell'edificio , in quanto, in un edificio in condominio, le scale oggetto di proprietà comune a norma dell'articolo 1117 c.c., numero 1 -, comprendono l'intera relativa cassa , di cui costituiscono componenti essenziali ed inscindibili le murature che la delimitano, assolvano o meno le stesse, in tutto o in parte, anche la funzione di pareti delle unità immobiliari di proprietà esclusiva cui si accede tramite le scale stesse Cass. Sez. 2, 07/05/1997, numero 3968 . Deve dunque affermarsi che è illegittima l'apertura di un varco praticata da un condomino nel muro dell'edificio condominiale al fine di mettere in comunicazione l'appartamento di sua proprietà esclusiva con l'andito di una scala destinata a servire un'altra parte del fabbricato, comportando tale utilizzazione l'imposizione sul bene oggetto di condominio parziale di un peso che dà luogo ad una servitù in favore di una unità immobiliare esterna alla limitata contitolarità di esso, con conseguente alterazione della destinazione della cosa comune arg. da ultimo da Cass. Sez. 6 2, 25/02/2020, numero 5060 . Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di cassazione vengono regolate secondo soccombenza, con condanna del ricorrente al rimborso in favore del contro ricorrente. Sussistono i presupposti processuali per il versamento ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.