La prova della mala fede o della colpa grave della parte è necessaria ai fini della condanna ex art. 96 c.p.c.

La responsabilità aggravata di cui ai commi 1 e 3 dell’articolo 96 c.p.c. presuppone il previo accertamento della colpa grave o della mala fede e ove un tale accertamento risulti solo enunciato deve constatarsi falsa applicazione della norma in parola inoltre, ove la colpa addebitata alla parte sanzionata debba rinvenirsi esclusivamente nella macroscopica erronea prospettazione giuridica, il vaglio del giudice del merito, poiché involgente questioni di diritto, è sindacabile dalla Corte di Cassazione.

Premessa. La seconda sezione della Corte di Cassazione con l'ordinanza numero 34818, depositata in cancelleria il 17 novembre 2021 ha enunciato un principio di diritto in materia di responsabilità aggravata ex articolo 96 c.p.c. e relativa condanna in ordine all'accertamento che il giudice di merito è chiamato ad eseguire onde condannare la parte al pagamento di una somma liquidata a titolo di risarcimento danni. Il fatto. La vicenda coinvolge la parte civile di un processo penale che proponeva domanda alla Corte di Appello per ottenere la condanna del Ministero di Giustizia al pagamento dell'indennizzo per la non ragionevole durata del processo penale , in cui si era costituita parte civile, adducendo la violazione delle norme costituzionali e comunitarie sulla ragionevole durata del processo. La richiesta era qualificata inammissibile dalla Corte territoriale che eccepiva la decorrenza della durata del processo dall'atto di costituzione della parte civile il mancato esperimento dell'istanza di accelerazione i quattro rinvii richiesti dal procuratore di parte civile che avevano fatto slittare ingiustificatamente il processo di oltre tre mesi. Anche il reclamo era rigettato per inammissibilità ed infondatezza. Su istanza del Ministero, il giudizio si era altresì concluso con la condanna del reclamante per responsabilità aggravata , con conseguente statuizione al pagamento di un importo determinato, per non aver il ricorrente esercitato la diligenza minima che gli avrebbe consentito di cogliere l'inammissibilità del ricorso e comunque l'infondatezza della domanda. I giudici affermavano l'irrilevanza del tempo trascorso per la costituzione di parte civile della questione di costituzionalità sollevata con riferimento all'onere di deposito dell'istanza di accelerazione nonché l'inascrivibilità dei rinvii alle carenze dell'organizzazione giudiziaria in quanto richiesti dalla parte civile.  La falsa applicazione dell' articolo 96 c.p.c. . La pronuncia veniva impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione per plurimi motivi. Quello che desta interesse ai fini della presente indagine concerne l'impugnazione del capo della decisione nel quale la Corte di Appello lo aveva condannato al pagamento di una somma determinata ai sensi e per gli effetti dell' articolo 96 c.p.c. . Il ricorrente si doleva del fatto che la Corte territoriale affermasse che Egli avesse agito con mala fede o colpa grave , pur senza specificare su cosa si fondasse l'enunciata inammissibilità ed infondatezza della domanda. La necessaria prova delle condotte fattuali poste a fondamento della condanna ex articolo 96 c.p.c. . La Corte di Cassazione evidenziava a tal riguardo come il giudice del merito si fosse limitato ad enunciare la colpa grave e la mala fede del ricorrente elementi questi richiesti dalla norma di cui all' articolo 96 c.p.c. ai fini della liquidazione del danno , ricollegandole indirettamente alla manifesta inammissibilità ed infondatezza della domanda, senza tuttavia fornire una valida costruzione giuridica delle condotte fattuali contestate. Concludendo. A tale proposito i Giudici di legittimità evidenziavano la necessità dell'accertamento in capo alla parte soccombente della sua mala fede o colpa grave, come ad esempio la pretestuosità dell'iniziativa, l'inconsistenza giuridica delle censure, la manifesta infondatezza dei motivi di impugnazione. Nel caso di specie invece non erano evidenziate condotte concrete, con conseguente collegamento della colpa grave e del dolo solo alla manifesta inammissibilità o infondatezza della domanda. Del pari i Giudici specificavano che nessuna spiegazione veniva fornita con riferimento alla pretestuosità dell'iniziativa giudiziaria per contrarietà al diritto vivente ed alla giurisprudenza. Il tutto con conseguente falsa applicazione dell' articolo 96 c.p.c. che per l'appunto subordina la condanna al concreto accertamento in capo al soccombente della colpa grave o della mala fede.

Presidente Manna – Relatore Grasso Fatto e diritto ritenuto che con decreto monocratico la Corte d'appello di Campobasso dichiarò inammissibile il ricorso con il quale D.D. aveva chiesto l'indennizzo per la non ragionevole durata di un processo penale, nel quale il predetto si era costituito parte civile il 15/4/2014, definito con sentenza del Giudice di pace del 23/7/2018, in quanto - il processo penale per il D. era iniziato solo dal momento della di lui costituzione di parte civile - non era stato esperito il rimedio preventivo dell'istanza acceleratoria, introdotta dal D.L. numero 83 del 2012, articolo 55, comma 1, lett. a , numero 2, convertito nella L. numero 134 del 2012 - il giudizio si era protratto per quattro anni, tre mesi e undici giorni e da tale periodo andava sottratto quello corrispondente ai rinvii richiesti dal difensore della parte civile che la Corte d'appello di Campobasso in composizione collegiale, con il provvedimento di cui in epigrafe, rigettò l'opposizione del richiedente argomentando, in sintesi, nei termini seguenti - riportando orientamento di legittimità afferma l'irrilevanza del tempo trascorso prima della costituzione di parte civile, poiché solo da quel momento l'offeso dal reato assume la qualità di parte vengono citati numerosi arresti di questa Corte fino alla sentenza numero 178/2017 - afferma l'irrilevanza della questione di costituzionalità rimessa dalla Cassazione con ordinanza numero 2438/2018 in relazione all'introduzione nella L. numero 89 del 2001, ad opera del D.L. numero 83 del 2012 , convertito nella L. numero 134 del 2012 , dell'onere, a pena d'inammissibilità della domanda, di depositare istanza acceleratoria nel processo presupposto, stante che nella fattispecie veniva in considerazione l'articolo 1, comma 2, introdotto dalla legge di stabilità del 2016 - precisa che i rinvii ottenuti su richiesta della difesa della parte civile avevano avuto durata congrua ognuno di poco superiore ai tre mesi e non erano ascrivibili a concorrenti carenze dell'organizzazione giudiziaria - conclude per l'inammissibilità della domanda per il mancato esperimento del rimedio acceleratorio e, comunque, per l'infondatezza che con la statuizione di cui si discorre la Corte locale, reputando sussistere responsabilità aggravata del reclamante, per non avere esercitato la minima diligenza, che gli avrebbe consentito di cogliere agevolmente l'inammissibilità e, comunque, l'infondatezza della domanda, sanziona il D. , accogliendo l'istanza della parte opposta, ai sensi dell' articolo 96 c.p.c. , comma 3 ritenuto che avverso la decisione della Corte di Campobasso il D. ricorre sulla base di quattro motivi e che il Ministero della Giustizia resiste con controricorso considerato che il primo motivo, con il quale il ricorrente denunziando violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 6 p.1 Carte edu, in relazione all' articolo 360 c.p.c. , numero 3, solleva questione di legittimità costituzionale della L. numero 89 del 2001, articolo 2, comma 2 bis, laddove prevede che per la parte civile il processo si considera iniziato con la sua costituzione in giudizio per contrasto con l' articolo 117 Cost. , in riferimento all'articolo 6 p.1 CEDU , è manifestamente infondato, stante che, con la sentenza numero 249/2020, la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale della L. 24 marzo 2001, numero 89, articolo 2, comma 2 bis, Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell' articolo 375 c.p.c. , inserito dal D.L. 22 giugno 2012, numero 83, articolo 55, comma 1, lett. a , numero 2, Misure urgenti per la crescita del paese , convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, numero 134 , sollevata, in riferimento all' articolo 117 Cost. , comma 1, in relazione all' articolo 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali , firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con L. 4 agosto 1955, numero 848 , avendo chiarito che I diritti e le facoltà riconosciuti dal codice di procedura penale alla persona offesa nel corso delle indagini preliminari, allo scopo di far perseguire o condannare l'indagato, e consistenti, indicativamente, nel presentare memorie, nell'indicare elementi di prova, nel nominare un difensore, nel proporre querela, nell'interloquire sulla proroga delle indagini o sulla richiesta di archiviazione, risultano, pertanto, estranei di norma all'ambito del diritto di carattere civile in causa di cui all'articolo 6 della Convenzione. Del resto, non può sottacersi che la stessa condizione cui è subordinata la possibilità di costituzione della parte civile - e cioè l'esercizio dell'azione penale - è pur sempre rimessa all'iniziativa del pubblico ministero con la precisazione che lo stesso decreto del giudice, che accolga la richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero e respinga l'opposizione proposta dalla persona offesa, non è suscettibile di impugnazione se non nei soli casi di mancato rispetto delle regole poste a garanzia del contraddittorio formale, non potendo poi essere oggetto di censura le valutazioni poste a fondamento dell'ordinanza di archiviazione ritenuto che con il terzo motivo, la cui trattazione conviene anticipare, il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 6 p. 1, Carta edu, nonché violazione della L. numero 89 del 2001, articolo 2, in relazione all' articolo 360 c.p.c. , numero 3, nonché violazione e/o falsa applicazione dell' articolo 132 c.p.c. , comma 2, numero 4, articolo 111 Cost. , D.Lgs. numero 25 del 2008, articolo 8, D.Lgs. numero 251 del 2007, articolo 14, lett. c, in relazione all' articolo 360 c.p.c. , numero 4, per anomalia motivazionale del provvedimento , assumendo che il Giudice aveva non tenuto conto dei parametri di legge al fine di accertare la violazione della ragionevole durata del processo, quali la complessità, l'oggetto, il comportamento delle parti e del giudice, nonché di ogni altro soggetto coinvolto e, nel caso in esame, la Corte distrettuale aveva scomputato il tempo occorso per i rinvii chiesti dal difensore della parte civile, senza verificare se vi fosse stato uno scopo dilatorio, o se, invece se i detti rinvii rientravano effettivamente nelle prerogative della difesa, specie dovendosi considerare che l'interpretazione deve essere sintonica con i principi affermati dalla Corte edu e che anche i rinvii richiesti dalla parte possono essere imputati in parte all'apparato giudiziario, se e nella misura in cui la lunghezza di ciascun rinvio non risulti giustificata dalle ragioni per le quali è stato richiesto , dovendosi escludere uno scomputo automatico considerato che il motivo non è fondato, dovendosi osservare quanto segue - il ricorrente prende le mosse dal principio più volte affermato da questa Corte, secondo il quale va detratto il periodo riferito a rinvii richiesti dalle parti solo nei limiti in cui siano imputabili ad intento dilatorio o a negligente inerzia delle stesse, e, in generale, all'abuso del diritto di difesa, restando addebitabili gli altri rinvii alle disfunzioni dell'apparato giudiziario, salvo che ricorrano particolari circostanze, che spetta alla P.A. evidenziare, riconducibili alla fisiologia del processo così, fra le ultime, Sez. 2, numero 25318/2019 - a fronte della constatazione di cui al decreto, secondo il quale i rinvii, disposti su istanza del difensore della parte civile, avevano importato una dilazione ragionevole poco al di sopra dei tre mesi per volta e che non trovavano giustificazione in concorrenti carenze dell'organizzazione giudiziaria , il D. insiste nell'affermare che non si ebbe a trattare di richieste a scopi dilatori e che la motivazione offerta dal Giudice doveva reputarsi apparente - che i rinvii non fossero dipesi da esigenze processuali, siano esse state di natura organizzativa in genere, che ricollegate a vizi procedurali addebitabili all'ufficio, viene affermato dal Giudice dell'equa riparazione e poiché trattasi di una constazione negativa, non è dato cogliere quale ulteriore approfondimento motivazionale avrebbe potuto offrire - per contro, il ricorrente neppure ipotizza per quali ragioni non ascrivibili alla mera istanza della difesa della parte civile i predetti rinvii fossero stati effettuati, nè contesta la congruità degli iati temporali - ciò posto, tenuto conto del numero dei rinvii richiesti, della semplicità dell'affare trattavasi di processo penale di competenza del giudice di pace con un solo imputato , pare al Collegio che la Corte di Campobasso abbia implicitamente, ma piuttosto chiaramente, ricollegato la reiterata stasi processuale alla negligenza della parte e la conferma di una tale conclusione si ricava dalle odierne difese del ricorrente, il quale continua a non spiegare per quali ragioni, non dilatorie e non dipendenti da negligenza, ebbe bisogno di richiedere ben quattro rinvii, che a nulla approdarono considerato che il secondo motivo, con il quale il ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 6, p.1, e articolo 13 Carta edu, in relazione all' articolo 360 c.p.c. , numero 3, per avere la Corte locale giudicato inammissibile la domanda per il mancato deposito dell'istanza acceleratoria, pur in astratto fondato la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi con ordinanza di rimessione di questa Corte, con la sentenza numero 169/2019 ha dichiarato l'incostituzionalità, per contrasto con l' articolo 117 Cost. e in relazione alle norme CEDU di cui sopra, lo strumento, posto a pena di decadenza, perché non dotato di effettiva attitudine a ridurre i tempi del processo, chiarendo che il principio era valevole anche per la istanza di accelerazione prevista per il processo penale , resta assorbito impropriamente dal rigetto del terzo motivo ritenuto che con il quarto motivo il ricorrente allega violazione e/o falsa applicazione dell' articolo 96 c.p.c. , comma 3, in relazione all' articolo 360 c.p.c. , numero 3, per essere stato condannato dalla Corte di Campobasso al pagamento della somma di Euro 1.965,00 per avere agito con mala fede o colpa grave, e assume l'erroneità della pronuncia per non avere specificato se fosse stata integrata la colpa grave o la mala fede, dovendosi escludere che la domanda fosse pretestuosamente in contrasto con il diritto vivente o manifestamente inammissibile, a cagione dell'omesso deposito d'istanza acceleratoria considerato che il motivo appare fondato sulla base delle valutazioni che seguono - questa Corte ha già avuto modo di precisare essere necessario l'accertamento, in capo alla parte soccombente, della mala fede consapevolezza dell'infondatezza della domanda o della colpa grave per carenza dell'ordinaria diligenza volta all'acquisizione di detta consapevolezza , venendo in considerazione, a titolo esemplificativo, la pretestuosità dell'iniziativa giudiziaria per contrarietà al diritto vivente e alla giurisprudenza consolidata, la manifesta inconsistenza giuridica delle censure in sede di gravame ovvero la palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione S.U. numero 22405, 13/9/2018, Rv. 650452 - la Corte d'appello di Campobasso ha motivato la condanna in discorso, emessa su istanza della controparte, nei termini seguenti le argomentazioni sopra svolte consentono di ritenere sussistente nella fattispecie in esame la mala fede o la colpa grave dell'opponente, tenuto conto della manifesta inammissibilità ed infondatezza della domanda già come proposta nella fase monocratica, domanda che è stata ribadita con la presente opposizione - ove, come nel caso di specie, non vengano in evidenza condotte diverse ed estranee come quando si evidenzino comportamenti extra o pre-processuali all'attività processuale strettamente ricollegabile alla statuizione di giustizia, non si rinvengono aree di apprezzamento fattuale in questa sede non censurabili per contro, ove, come nel caso di specie, la colpa grave o il dolo vengono ricollegati dal giudice pretestuosità dell'iniziativa giudiziaria per contrarietà al diritto vivente ed alla giurisprudenza consolidata, ma addirittura, erra nell'esprimere un giudizio di palese inammissibilità per mancato deposito dell'istanza acceleratoria come sopra si è ricordato la Corte Costituzionale ha giudicato tali rimedi preventivi inconsistenti e, quindi, incostituzionali quanto poi all'infondatezza resta del tutto ignota l'addotta contrarietà al diritto vivente e alla giurisprudenza consolidata, dovendosi, per contro, escludere, sulla base dei principi enunciati da questa Corte cfr., ex multis, la già richiamata sentenza Sez. 2, numero 25318/2019 temerarietà della domanda, ciò anche in relazione al decorso della durata del processo per la persona offesa, il quale ha necessitato dell'intervento della Corte Costituzionale, epilogato in una pronuncia d'infondatezza della questione e non in una pronuncia di manifesta infondatezza - in altri termini, deve convenirsi per una falsa applicazione dell' articolo 96 c.p.c. , commi 1 e 3, il qual subordina la condanna all'accertamento di colpa grave o mala fede, stante che un tale accertamento risulta solo apparentemente essere stato effettuato - in sintesi è opportuno enunciare il seguente principio di diritto la responsabilità aggravata di cui all' articolo 96 c.p.c. , commi 1 e 3, presuppone il previo accertamento della colpa grave o della mala fede e ove un tale accertamento risulti solo enunciato deve constatarsi falsa applicazione della norma in parola inoltre, ove la colpa addebitata alla parte sanzionata debba rinvenirsi esclusivamente nella macroscopica erronea prospettazione giuridica, il vaglio del giudice del merito, poiché involgente questioni di diritto, è sindacabile dalla Corte di cassazione considerato che, pertanto, la decisione impugnata deve essere cassata sul punto senza rinvio e che le spese del giudizio di cassazione, tenuto conto dell'epilogo, possono compensarsi per intero, confermandosi il regolamento delle spese del giudizio svoltosi innanzi alla Corte di Campobasso. P.Q.M. accoglie il quarto motivo del ricorso e, decidendo nel merito, elimina la condanna di D.D. al pagamento della somma di Euro 1.965,00, ex articolo 96 c.p.c ., comma 3 rigetta gli altri motivi conferma la statuizione di condanna alle spese di cui alla impugnata decisione della Corte d'appello di Campobasso compensa per intero le spese del presente giudizio di legittimità.