La S.C. torna sul prudente apprezzamento della prova da parte del giudice

«Il potere del giudice di valutazione della prova non è sindacabile in sede di legittimità quale apprezzamento non prudente della prova, sotto il profilo della violazione dell'articolo 116 c.p.c., perché l'esercizio del potere non deve uniformarsi ad un parametro astratto e generale di prudente apprezzamento ma è piuttosto estrinsecazione dello specifico prudente apprezzamento del giudice della causa secondo il “suo” prudente apprezzamento, prevede la norma , a garanzia dell'autonomia del giudizio in ordine ai fatti della causa, salvo il limite che la legge disponga altrimenti».

Con l'ordinanza in esame, la Suprema Corte è stata chiamata a intervenire in un giudizio volto al riconoscimento della risoluzione di un contratto di agenza a favore di una s.r.l. L'agenzia ricorre in Cassazione, lamentandosi, tra i vari motivi, della violazione dell'articolo 116 c.p.c., per errata valutazione delle prove, sotto il profilo della violazione della regola del prudente apprezzamento della prova. Il ricorso è infondato. La Corte di Cassazione, infatti, afferma che «il potere del giudice di valutazione della prova non è sindacabile in sede di legittimità quale apprezzamento non prudente della prova, sotto il profilo della violazione dell'articolo 116 c.p.c., perché l'esercizio del potere non deve uniformarsi ad un parametro astratto e generale di prudente apprezzamento ma è piuttosto estrinsecazione dello specifico prudente apprezzamento del giudice della causa secondo il “suo” prudente apprezzamento, prevede la norma , a garanzia dell'autonomia del giudizio in ordine ai fatti della causa, salvo il limite che la legge disponga altrimenti». A riguardo, la Suprema Corte ha già avuto modo di chiarire che la violazione del prudente apprezzamento non è denunciabile quale apprezzamento non prudente della prova da parte del giudice, e cioè quale cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove, posto che le prove devono essere valutate dal giudice secondo il “suo” prudente apprezzamento in base al dato testuale della legge, emerge la sfera di autonoma, e non sindacabile in sede di legittimità, valutazione del giudice di merito. Ne consegue che la valutazione della prova non dipende dalla mera soggettività del giudice, ma è ancorata ad un parametro, quello del prudente apprezzamento, che opera secondo la declinazione soggettiva del singolo giudice. Si tratta dunque del prudente apprezzamento non in astratto, ma in accordo al punto di vista del giudice della causa, da cui discende l'autonomia del giudice nella valutazione le prove. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Presidente Vivaldi – Relatore Scoditti Rilevato in fatto che Alivar s.r.l. propose opposizione innanzi al Tribunale di Torino avverso il decreto ingiuntivo emesso in favore di Diffusione s.r.l. per l'importo di Euro 11.832,12, a titolo di provvigioni periodo gennaio febbraio 2012 e di indennità suppletiva di clientela e mancato preavviso, nonché per la consegna degli estratti conto delle provvigioni, delle fatture di vendita e del libro IVA necessari alla liquidazione delle provvigioni relative ai mesi di gennaio e febbraio 2012. Espose l'opponente di avere risolto il contratto di agenzia per giusta causa assumendo l'insoddisfazione manifestata da alcuni clienti in un questionario per la frequenza delle visite dell'agente l'impossibilità di contattare l'agente il calo del fatturato del 55% nella zona di competenza dell'agente. Il Tribunale adito, sulla base di quanto risultante dal questionario e del calo del fatturato e del volume degli affari promossi dall'opposta, accolse l'opposizione. Avverso detta sentenza propose appello Diffusione s.r.l Con sentenza di data 3 agosto 2018 la Corte d'appello di Torino rigettò l'appello. Osservò la corte territoriale che, come dimostrato dai messaggi di posta elettronica confermati dalle testimonianze, Alivar aveva tentato di raggiungere Diffusione e per essa il suo legale rappresentante, evidentemente la persona di riferimento, il vero promotore degli affari della preponente, via mail e che se anche tutti questi messaggi hanno trovato strade diverse da quelle che dovevano portarli a destinazione, è altrettanto vero che il P. non si è fatto vivo per circa cinquanta giorni con il suo proponente. Il che, in un rapporto di agenzia relativo ad un portafoglio di circa 100 clienti, non è usuale . Aggiunse, previo rilievo che i questionari con quattro clienti non potevano essere prova dell'inadempimento, che, non avendo l'agente chiesto provvigioni per l'anno 2012 e non includendo inoltre i conteggi di Federagenti relativi alle spettanze di fine rapporto importi maturati nel 2012, doveva ritenersi che il fatturato imputato al 2012 era stato originato o da ordini precedentemente maturati o formulati senza intervento dell'agente e che la mancanza nei conteggi di Federagenti di credito per provvigioni in favore dell'appellata per il periodo gennaio-febbraio 2012 implicava il riconoscimento che nessuno affare era stato promosso dall'agente dopo il 31 dicembre 2011. Ha proposto ricorso per cassazione Diffusione s.r.l. sulla base di tre motivi e resiste con controricorso la parte intimata. È stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 380 bis.1 c.p.c È stata presentata memoria. Considerato in diritto che con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 132 c.p.c., comma 2, numero 4, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4. Osserva la parte ricorrente che la motivazione contiene affermazioni inconciliabili perché da una parte si afferma la necessità della presenza di un inadempimento grave ai fini del recesso immediato dal rapporto, dall'altro si assume che il comportamento assunto sia solo inusuale , circostanza che di per sé non può costituire un inadempimento contrattuale, e che privo di motivazione è il perché l'irreperibilità del legale rappresentante per cinquanta giorni costituisca un grave inadempimento agli obblighi contrattuali per un diverso soggetto quale è la società. Aggiunge che il rilievo secondo cui Diffusioni non avrebbe chiesto le provvigioni per il periodo gennaio-febbraio 2012, così ammettendo di non avere svolto le relative prestazioni, confligge con la circostanza che con la domanda di ingiunzione era stata richiesta anche la consegna degli estratti conto delle provvigioni, delle fatture di vendita e del libro IVA necessari alla liquidazione delle provvigioni relative ai mesi di gennaio e febbraio 2012. Il motivo è inammissibile. Va premesso che la riformulazione dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, numero 83, articolo 54, conv. in L. 7 agosto 2012, numero 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'articolo 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, numero 8053 . La denuncia di carenza di motivazione con riferimento alle provvigioni relative ai mesi di gennaio e febbraio 2012 poggia non sul testo della sentenza impugnata, ma sul dato esterno della domanda di ingiunzione di pagamento, ed è pertanto inammissibile. Inammissibile è anche la censura sull'assenza di motivazione circa le ragioni per le quali l'irreperibilità del legale rappresentante per cinquanta giorni costituisca un grave inadempimento agli obblighi contrattuali per un diverso soggetto quale è la società. La censura è incomprensibile, e dunque inidonea a raggiungere lo scopo della critica della decisione, alla luce della chiara circostanza dell'immedesimazione organica del legale rappresentante con la società, da cui l'imputazione alla seconda degli atti compiuti dal primo nella qualità di rappresentante le ragioni di censura non risultano chiarite neanche all'esito del deposito della memoria da parte della ricorrente . Infine, quanto alla censura in termini d'inconciliabilità delle affermazioni contenute nella decisione, il motivo attinge ad un profilo rilevante sotto il profilo della sufficienza della motivazione, che, sempre alla stregua di Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, numero 8053, non ha rilevanza ai fini dell'esistenza del requisito motivazionale. Il giudice di appello ha definito come non usuale la non rintracciabilità per un lungo periodo del legale rappresentante della società intimata, dotata di un portafoglio di circa cento clienti, e ha valutato tale anomalia nel rapporto fra agente e preponente come rilevante ai fini del giudizio di responsabilità contrattuale. Denunciando un'irriducibile contraddittorietà fra la premessa e la conclusione, la ricorrente denuncia in realtà un'insufficienza di motivazione che non ha accesso nel vigente rito di cassazione. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 116 c.p.c., articolo 1746,1748,1751 e 2697 c.c., ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3. Osserva la parte ricorrente che, in base a Cass. numero 11892 del 2016, quando la valutazione imprudente della prova sia grave, essa determina un'errata ricostruzione del fatto ed, in tal modo, un'erronea applicazione della norma di diritto. Sulla base di tale premessa, la ricorrente precisa che non risulta da alcuna parte che il P. fosse il promotore o l'unico interlocutore degli affari della preponente, anche in considerazione del numero dei clienti cento non è spiegato perché un comportamento inusuale costituisca inadempimento contrattuale le testimonianze ed i documenti provano che il P. non si è fatto vivo per cinquanta giorni, ma non che Diffusione sia inadempiente l'affermazione che non sia stata chiesta la provvigione per il 2012 confligge con la domanda di ingiunzione avente ad oggetto i documenti necessari per emettere la relativa fattura. Conclude nel senso che la corte territoriale ha attribuito un significato completamente diverso alle prove. Il motivo è infondato. La ricorrente denuncia la violazione dell'articolo 116, per errata valutazione delle prove, sotto il profilo della violazione della regola del prudente apprezzamento della prova. Nella censura si prende spunto da un passaggio motivazionale di Cass. 10 giugno 2016, numero 11892, il cui principio di diritto è però che la violazione dell'articolo 116 c.p.c., norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale è idonea ad integrare il vizio di cui all'articolo 360 c.p.c., numero 4, solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all'opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime. Il passaggio motivazionale richiamato nel motivo di censura costituisce nell'economia della motivazione un mero argomento il cui senso non può che essere quello che, ove il ricorrente denunci la falsa applicazione di norma di diritto quale conseguenza di un errato giudizio di fatto, prioritaria sul piano logico è la denuncia di vizio motivazionale, grazie alla quale conseguire un diverso giudizio di fatto e, per tale via, la corretta applicazione della norma di diritto. Come si evince dal richiamato principio di diritto, la violazione del prudente apprezzamento coincide con la falsa applicazione di siffatta regola, e cioè con il non avere liberamente valutato le prove, in un'ipotesi in cui mancava la deroga normativa all'esercizio di tale potere, o con l'avere liberamente valutato le prove, laddove invece era previsto un altro regime legale. La violazione del prudente apprezzamento non è invece denunciabile quale apprezzamento non prudente della prova da parte del giudice, e cioè quale cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove come espressamente afferma la citata Cass. numero 11892 del 2016, negando sul piano del principio di diritto la possibilità di sollevare sul punto la violazione dell'articolo 116 , posto che le prove devono essere dal giudice valutate secondo il suo - precisa l'articolo 116 - prudente apprezzamento. Emerge qui, in base ad un dato testuale della legge, la sfera di autonoma, e non sindacabile in sede di legittimità, valutazione del giudice di merito. L'uso nella disposizione dell'aggettivo possessivo suo non ha il senso del rimando ad un'arbitrarietà soggettiva, perché si tratta dell'attributo di un parametro di riferimento, e cioè quello del prudente apprezzamento. La legge non parla di suo apprezzamento , ma di suo prudente apprezzamento . Ne discende che la valutazione della prova non dipende dalla mera soggettività del giudice, ma è ancorata ad un parametro, quello del prudente apprezzamento, sia pure declinato in termini soggettivi. Il prudente apprezzamento è un'unità di misura cui iil giudice deve basarsi nella valutazione delle prove. Ciò nondimeno, il parametro opera secondo la declinazione soggettiva del singolo giudice. Si tratta del prudente apprezzamento non in astratto, ma in accordo al punto di vista del giudice della causa. La conseguenza dell'accezione soggettiva di prudente apprezzamento è l'autonomia del giudice nella valutazione le prove. È questo il fondamento della libertà, e non sindacabilità in sede di legittimità, della funzione giudiziale prevista dall'articolo 116. Il controllo sul giudizio di fatto resta affidato all'impugnazione di merito che caratterizza il giudizio di appello, il quale costituisce, come è noto, non un sindacato sull'atto il provvedimento giurisdizionale di primo grado , ma un giudizio direttamente sul rapporto dedotto in giudizio. Sul piano invece del sindacato di cassazione, la norma di cui all'articolo 116 non è formulata in termini di prudente apprezzamento senza attributi, il che rinvierebbe ad un parametro astratto e generale di cui denunciare la violazione in sede di legittimità, ma, come si è detto, essa qualifica il prudente apprezzamento nei termini soggettivi del giudice. Sotto questo aspetto, la norma non è qualificabile come attributiva di un potere, tale che in sede di legittimità si debba verificarne il rispetto. L'articolo 116 c.p.c., con il rimando allo specifico prudente apprezzamento del giudice della causa, è piuttosto norma di garanzia dell'esercizio della libera valutazione della prova da parte del giudice, salvo il limite che la legge disponga altrimenti . L'articolo 116 fonda in definitiva l'autonomia del giudizio del giudice di merito in ordine ai fatti della causa, quale corollario, nel processo civile, dei valori costituzionali di autonomia e indipendenza dell'autorità giudiziaria articolo 104 Cost. . Va in conclusione enunciato il seguente principio di diritto il potere del giudice di valutazione della prova non è sindacabile in sede di legittimità quale apprezzamento non prudente della prova, sotto il profilo della violazione dell'articolo 116 c.p.c., perché l'esercizio del potere non deve uniformarsi ad un parametro astratto e generale di prudente apprezzamento ma è piuttosto estrinsecazione dello specifico prudente apprezzamento del giudice della causa secondo il suo prudente apprezzamento, prevede la norma , a garanzia dell'autonomia del giudizio in ordine ai fatti della causa, salvo il limite che la legge disponga altrimenti . Con il terzo motivo si denuncia, in via subordinata, omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5. Osserva la parte ricorrente che il giudice di appello ha omesso di esaminare i seguenti fatti la parte contrattuale era Diffusione e non il P. nella domanda era stata chiesta l'ingiunzione di consegna della documentazione necessaria per fatturare l'attività regolarmente eseguita nei mesi di gennaio e febbraio 2012 e nei quali vi era stato un fatturato superiore a Euro 8.000,00. Il motivo è inammissibile. Ai sensi dell'articolo 348 ter c.p.c., il ricorso per cassazione non può essere proposto per il motivo di cui all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5, se la sentenza d'appello, che confermi la decisione di primo grado, è fondata sulle stesse ragioni inerenti alle questioni di fatto di quella del primo giudice. In sede di sommaria esposizione dei fatti di causa la ricorrente ha affermato che la decisione di primo grado è fondata, oltre che su quanto risultante dal questionario dei clienti, sul calo del fatturato e del volume degli affari promossi dall'opposta. Anche la sentenza d'appello è fondata sul rilievo che nessuno affare era stato promosso dall'agente dopo il 31 dicembre 2011. La coincidenza sul punto delle ragioni di fatto alla base delle decisioni di merito rende inammissibile la denuncia di vizio motivazionale. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, numero 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 - quater all'articolo 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, della sussistenza dei presupposti processuali dell'obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. numero 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.