Non è configurabile la stipulazione di un contratto misto di vendita e di appalto quando la volontà delle stesse parti è quella di mantenere separati i due contratti. Pertanto, nel caso in cui l'appaltatore non abbia portato a termine l'esecuzione dell'opera commissionata, restando inadempiente all'obbligazione assunta con il contratto, la disciplina applicabile nei suoi confronti è quella generale in materia di inadempimento contrattuale, dettata dagli articolo 1453 e 1455 c.c., mentre la speciale garanzia prevista dagli articolo 1667 e 1668 c.c. trova applicazione nella diversa ipotesi in cui l'opera sia stata portata a termine, ma presenti vizi, difformità o difetti.
Il caso. Tizio aveva sottoscritto una proposta di acquisto di un immobile. La proposta evidenziava che l'immobile era in costruzione e che sarebbe stato ultimato entro fine luglio 2009. La proposta avrebbe perso efficacia in caso mancata stipula del preliminare entro 15 giorni dalla data della sottoscrizione. Solo dopo la scadenza del termine indicato, le parti concludevano il contratto preliminare relativo all' immobile , che, a differenza di quanto previsto nella iniziale proposta, veniva venduto nello stato in cui si trovava unità immobiliare adibita ad uso deposito , con termine di consegna concordato alla fine di luglio 2009. Dunque, il venditore si impegnava a proprie cure e spese, entro il rogito, all'espletamento delle pratiche catastali necessarie per modificare la destinazione dell'oggetto della compravendita da locale uso deposito a locale uso abitativo. In data 8 ottobre 2009 veniva stipulato il contratto definitivo avente ad oggetto l'immobile “nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava”, dandosi atto che esso era in fase di ristrutturazione e che il possesso giuridico di quanto oggetto del presente atto era stato trasferito alla parte acquirente a maggio 2010. Premesso ciò, Tizio conveniva in giudizio Caio chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti a causa dell'inadempimento contrattuale consistente nell'avere consegnato in ritardo e con vizi l' immobile oggetto di contratto di appalto intercorso tra le parti. Costituendosi in giudizio, il convenuto eccepiva la prescrizione e la decadenza dell'azione. Nel giudizio di primo grado il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda di Tizio con condanna Caio al risarcimento dei danni. Avverso la pronuncia in esame, Caio proponeva appello, chiedendone la riforma della pronuncia, in particolare della corretta qualificazione del contratto come vendita. La qualificazione giuridica dei contratti. Secondo la Corte territoriale era da escludersi la stipulazione di un contratto misto di vendita e di appalto in quanto la volontà delle stesse parti era chiaramente volta a mantenere separati i due contratti. Difatti, la iniziale proposta di acquisto dell'immobile prevedeva sia la compravendita dello stesso, sia la ristrutturazione . Tale proposta, tuttavia, era divenuta inefficace non essendo intervenuto il contratto preliminare nel termine stabilito. Inoltre, circa un mese dopo la scadenza del termine indicato, le stesse parti avevano stipulato un contratto preliminare diverso che prevedeva la vendita del medesimo immobile, mentre i lavori di ristrutturazione dell'immobile erano stati appaltati a Caio con accordo verbale separato. In tale situazione, alla luce del contenuto degli atti che si erano succeduti tra le parti, era evidente che le stesse avevano abbandonato l'iniziale intenzione di stipulare un contratto misto di vendita e di appalto, scegliendo invece di concludere due contratti diversi , ossia un contratto di vendita che, a parte il mancato rispetto della data di consegna del bene, ha avuto esecuzione regolare, ed un contratto di appalto , in relazione al quale Caio si era reso inadempiente. Eccezione di decadenza dell'azione. Quanto alle eccezioni di decadenza e prescrizione dell'azione, secondo la Corte territoriale, non essendo stati conclusi i lavori, non erano applicabili nel caso concreto le norme in materia di appalto. Difatti, come osservato in giurisprudenza, nel caso in cui l'appaltatore non abbia portato a termine l'esecuzione dell'opera commissionata, restando inadempiente all'obbligazione assunta con il contratto, la disciplina applicabile nei suoi confronti è quella generale in materia di inadempimento contrattuale, dettata dagli articolo 1453 e 1455 c.c. , mentre la speciale garanzia prevista dagli articolo 1667 e 1668 c.c. trova applicazione nella diversa ipotesi in cui l'opera sia stata portata a termine, ma presenti vizi, difformità o difetti. Ne consegue che, in caso di omesso completamento dell' opera , anche se questa, per la parte eseguita, risulti difettosa o difforme, non è comunque consentito , al fine di accertare la responsabilità dell'appaltatore per inesatto adempimento, fare ricorso alla disciplina dell'anzidetta garanzia che, per l'appunto, richiede necessariamente il totale compimento dell'opera Cass. civ. numero 13983/2011 . L'argomentazione innanzi esposta confermava a differenza della tesi dell'appellante l'esclusione delle norme sulla vendita, essendo qui in considerazione il solo contratto di appalto , che le parti avevano scelto di concludere separatamente da quello di vendita dell'immobile. Di conseguenza, nella vicenda in esame, hanno trovato applicazione le ordinarie norme contrattuali il diritto al risarcimento dei danni fondato sulla generale responsabilità dell'appaltatore per inadempimento quella del termine di prescrizione in generale previsto per tale diritto, piuttosto che il termine di due anni previsto dall' articolo 1667 c.c. In conclusione, per le ragioni esposte, l'appello è stato rigettato.
Presidente Calendino – Relatore Busacca Motivi della decisione Con atto di citazione notificato in data 12.11.2013, Gi. Po. conveniva in giudizio Ma. So. chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti a causa dell'inadempimento contrattuale consistente nell'avere consegnato in ritardo e con vizi l'immobile sito in Lo. Ce., venduto da So. a Po. ed oggetto di contratto di appalto intercorso tra le parti stesse risarcimento quantificato nell'importo complessivo di E 94.554,67 di cui E 62.750,00 per costi per interventi di ripristino, E 18.404,67 per danni materiali e spese, E 7.240,00 per danni fisici e morali sofferti dall'attore, E 4.000,00 quale importo versato direttamente al So. per allacciamenti ed E 2.160,00 quale somma corrisposta a titolo di provvigioni a favore dell'agenzia immobiliare di cui il convenuto risultava però socio titolare . Ma. So. si costituiva ritualmente in giudizio, chiedendo il rigetto delle domande di parte attrice, perché infondate in fatto e diritto, sia per intervenuta prescrizione e decadenza dell'azione, sia per assenza di responsabilità o colpa da ritardo e/o inesatto adempimento in capo al convenuto o, comunque, per il concorso colposo dell'attore nella causazione dei danni. All'esito del giudizio, in cui venivano assunte le prove testimoniali e veniva espletata CTU sull'esistenza dei denunciati vizi e difetti, il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda, condannando So. al pagamento della somma di E 39.946,40 IVA inclusa e alla rifusione, in favore di controparte, delle spese di lite, liquidate nell'importo di E 5.871,00, oltre accessori, e ponendo altresì il costo della CTU a carico dello stesso So Avverso tale decisione quest'ultimo ha proposto appello in questa sede, chiedendone la riforma per i motivi in seguito esposti. Gi. Po. si è costituito, insistendo per il rigetto del gravame. Quindi la causa, respinta l'istanza di inibitoria proposta dall'appellante, all'udienza del 4.3.2021 è stata posta in decisione sulle conclusioni come precisate in atti e, decorsi i termini assegnati per il deposito degli scritti conclusionali, è stata decisa nel corso dell'odierna camera di consiglio. La sentenza di primo grado viene censurata dall'appellante attraverso plurimi motivi di gravame, nessuno dei quali può trovare accoglimento, per le ragioni di seguito esposte. 1 Per ragioni di ordine logico deve esaminarsi preliminarmente un'eccezione proposta dall'appellante soltanto nella memoria conclusionale di replica, concernente l'inesistenza ovvero la nullità della sentenza impugnata, per omessa pubblicazione. L'appellante, premesso che solo con il deposito la sentenza esiste come atto giuridico, sostiene che nella sentenza impugnata non risulta apposta la firma digitale del Cancelliere ma solo quella del Giudice di primo grado, laddove, a norma del combinato disposto degli articolo 133 c.p.comma pubblicazione della sentenza e 15, comma 3, DM numero 44/2011 deposito dell'atto del processo da parte dei soggetti abilitati interni , la firma del Cancelliere deve essere apposta 'dentro' la Sentenza ossia in corpo , stabilendosi che 'il cancelliere dà atto del deposito in calce alla sentenza e vi appone la data e la firma' articolo 133, comma 2, c.p.comma , ossia, in concreto, la propria firma digitale richiama, a conferma della circostanza che è compito del Cancelliere perfezionare il procedimento di deposito, giurisprudenza di merito e di legittimità. Ebbene, mentre non è dubbio che sia compito del Cancelliere dare atto del deposito della sentenza, l'appellante erra laddove ritiene che nel caso concreto questo non sia avvenuto, confondendo all'evidenza la presenza della firma digitale del Cancelliere sull'atto con la pubblicazione della sentenza. Invero l'invocato articolo 133 c.p.comma prevede, al comma 1, che 'la sentenza è resa pubblica mediante deposito nella cancelleria del giudice che l'ha pronunciata' e al comma 2 che 'il cancelliere dà atto del deposito in calce alla sentenza e vi appone la data e la firma, ed entro cinque giorni, mediante biglietto contenente il testo integrale della sentenza, ne dà notizia alle parti che si sono costituite' deve anzitutto osservarsi che elemento essenziale per l'esistenza dell'atto è soltanto la pubblicazione della sentenza mediante deposito della stessa nella cancelleria del giudice che l'ha pronunciata, a norma dell' articolo 133, comma 1, c.p.comma deposito consistente nella consegna ufficiale al cancelliere dell'originale della decisione sottoscritta dal giudice , mentre, al contrario, la certificazione del compimento di tale attività che deve essere eseguita dal cancelliere a norma del comma 2 dello stesso articolo 133 , è formalità estrinseca all'atto, con la conseguenza che la sua mancanza, non determina la nullità della sentenza, quando la cancelleria 'abbia annotato l'avvenuta pubblicazione della sentenza stessa nel registro cronologico, l'abbia trasmessa all'ufficio del registro atti giudiziari e abbia, infine, comunicato alle parti costituite l'avvenuto deposito della decisione', cosicché la parte interessata, come nel caso concreto, abbia potuto tempestivamente impugnare la pronuncia a lei sfavorevole cfr. ad es. Cass. numero 9863/2004 e numero 4130/2001 . La stessa giurisprudenza citata dall'appellante, secondo cui 'in tema di redazione della sentenza in formato digitale, la pubblicazione, ai fini della decorrenza del termine cd. 'lungo' di impugnazione di cui all' articolo 327 c.p.comma , si perfeziona nel momento in cui il sistema informatico provvede, per il tramite del cancelliere, ad attribuire alla sentenza il numero identificativo e la data, poiché è da tale momento che il provvedimento diviene ostensibile agli interessati' cfr. Cass. numero 2362/2019 , si riferisce evidentemente alla pubblicazione della sentenza, attività che nel caso in esame è indubbiamente avvenuta, riportando l'atto sia il numero identificativo che la data di pubblicazione, apponibili solo da parte del Cancelliere. La citata decisione, premesso che, a seguito dell'adozione dei registri informatizzati, l'attività risulta regolata dal D.M. 27.4.2009, conferma pertanto che con l'unico adempimento della pubblicazione , riservato al cancelliere, 'il sistema provvede all'attribuzione alla sentenza del numero identificativo e della data di pubblicazione ai sensi e per gli effetti degli articolo 133, comma secondo, e 327, comma primo, cod. procomma civ.' e che 'l'attestazione di cancelleria concernente la data di pubblicazione della sentenza cui è equiparabile, nell'ambito del processo civile telematico, l'adempimento della pubblicazione, con cui il sistema informatico provvede, per tramite del cancelliere, all'attribuzione alla sentenza del numero identificativo e della data di pubblicazione costituisce atto pubblico, la cui efficacia probatoria, ex articolo 2700 c.comma , può essere posta nel nulla solo con la proposizione della querela di falso'. Anche le Sezioni Unite della Suprema Corte cfr. sent. numero 18569/2016 hanno chiarito che il deposito e la pubblicazione della sentenza coincidono e si realizzano nel momento in cui il deposito ufficiale in cancelleria determina l'inserimento della sentenza nell'elenco cronologico, con attribuzione del numero identificativo e conseguente conoscibilità per gli interessati adempimenti che nel caso concreto sono tutti stati regolarmente eseguiti. La deduzione di inesistenza ovvero nullità della sentenza risulta pertanto del tutto infondata. 2 Passando agli altri motivi di impugnazione, è anzitutto irrilevante, ai fini che qui interessano, la deduzione dell'appellante per cui la sentenza di primo grado, a pagina 4, è copiata dalle conclusioni di controparte. La stessa giurisprudenza di legittimità richiamata dall'appellante Cass., Sezioni Unite, numero 10628/2014 , avente ad oggetto il ricorso per cassazione avverso una decisione del Consiglio di Stato in materia disciplinare, ha affermato che integra, appunto, illecito disciplinare la condotta del giudice civile che abbia redatto una sentenza con la parte motiva consistente nella integrale, pedissequa riproduzione del contenuto della comparsa conclusionale della parte vittoriosa, 'qualora la riproduzione sia tale, in concorso con ulteriori elementi sintomatici, da poter indurre a ritenere che il giudice non abbia compiuto alcuna effettiva valutazione del caso sottoposto al suo esame, violando così il dovere di garantire che la decisione sia assunta in piena autonomia di giudizio' situazione, questa, peraltro ben diversa da quella qui denunciata, in cui il Giudicante avrebbe copiato, dalla comparsa attorea, una ventina di righe riguardanti esclusivamente lo svolgimento del processo, quindi una parte assolutamente non valutativa ma riportante le tappe del procedimentali a conoscenza delle parti, il cui verificarsi, nelle modalità indicate, nemmeno viene posto in dubbio. 3 L'appellante contesta quindi la valutazione del Tribunale concernente la qualificazione del contratto stipulato dalle parti quale contratto misto, in cui, unitamente alla vendita, il venditore si impegnava alla ristrutturazione del bene venduto. Per meglio comprendere la questione in esame, occorre evidenziare che tra le parti sono intervenuti i seguenti atti giuridici relativi all'immobile di proprietà di Ma. So., sito in Lonate Ceppino VA , via Mazzini 8 il 3 febbraio 2009 Gi. Po. e la madre del medesimo Ma. Anumero Na. sottoscrivevano una proposta di acquisto del citato immobile, precisando che lo stesso era 'attualmente in costruzione. Il tutto verrà ultimato come da capitolato descrittivo entro il 30.7.2009' il prezzo veniva indicato in E 165.000 euro e si prevedeva che la proposta avrebbe perso efficacia se entro 15 giorni dalla data della sottoscrizione 'il Venditore non comunicherà l'accettazione o non verrà stipulato il contratto preliminare' solo dopo la scadenza del termine indicato, ossia in data 9 marzo 2009, le parti concludevano il contratto preliminare relativo all'immobile, che, a differenza di quanto previsto nella iniziale proposta, veniva venduto nello stato in cui si trovava 'unità immobiliare ora adibita ad uso deposito composta da un vano al piano terreno con antistante porzione di area esclusiva e con portico, con annessa cantina al piano interrato' , al prezzo di euro 90.000 e con termine di consegna concordato al 31.7.2009 il venditore si impegnava a propria cura e spese, entro il rogito, all'espletamento delle pratiche catastali necessarie per modificare la destinazione dell'oggetto della compravendita da locale uso deposito a locale uso abitativo in data 8 ottobre 2009 veniva stipulato il contratto definitivo, avente ad oggetto l'immobile 'nello stato di fatto e di diritto in cui si trova', dandosi atto che esso era in fase di ristrutturazione e che 'il possesso giuridico di quanto oggetto del presente atto viene trasferito alla parte acquirente con la firma del presente contratto ed il materiale godimento, per ogni effetto utile ed oneroso a decorrere dal 30 novembre 2009' data poi non rispettata, in quanto Po. prendeva possesso dell'immobile l'8.5.2010 si dava altresì atto che il prezzo veniva così corrisposto E 8.000,00 già versati come acconto in data 3.2.2009 E 82.000,00 a mezzo di due assegni circolari trasferibili emessi nella data del rogito. Il primo Giudice ha ritenuto la natura mista del contratto stipulato dalle parti, osservando quanto segue 'Aldilà del nomen iuris ad esso attribuito, si ritiene provato che il So., unitamente alla vendita dell'immobile di sua proprietà sito in Lonate Ceppino VA si sia assunto anche l'obbligo di ristrutturazione dello stesso, configurandosi come irrilevante l'osservazione per cui lo stesso non eserciterebbe la professione di imprenditore edile. Dalla documentazione attorea oltre che dall'escussione dei testi esperita durante il dibattimento, è emerso che fu proprio il signor So. a prendere i contatti con le ditte che si sarebbero occupate a vario titolo infissi, allacci degli impianti, ecc . della ristrutturazione dell'immobile venduto al sig. Po., e fu sempre lo stesso So. a stilare un calendario degli interventi da effettuarsi, così come sempre lui, a seguito di tempestiva denuncia dei vizi da parte dell'attore, si è mostrato disponibile ed ha partecipato al sopralluogo presso l'immobile per cui è causa per fare il punto sugli interventi ulteriori e riparatori da effettuarsi sullo stesso vedasi docomma 23 fascicolo attoreo . A conferma dell'effettivo ruolo rivestito dal convenuto, vi è anche la circostanza per cui lo stesso, come documentato dall'attore, avrebbe percepito dallo stesso la somma complessiva di E 165.000,00 in luogo dei 90.000,00 previsti sia nel preliminare che nel contratto di vendita quali corrispettivo per la vendita dell'immobile. Tale surplus di E 75.000,00 si motiva con l'obbligo di ristrutturazione che il So. si era assunto che risulta anche dall'interessamento dello stesso a procedere al deposito, presso il Comune di Lonate Ceppino, in qualità di proprietario dell'immobile oggetto del presente giudizio, una seconda DIA, in data 21.5.2009, ovvero a distanza di due mesi dalla sottoscrizione del contratto preliminare con l'odierno attore, avvenuta in data 9.3.2009. Tale condotta risulterebbe oltremodo priva di qualunque ratio se, come sostenuto dal convenuto, l'intenzione dello stesso era quella di vendere l'immobile nelle condizioni in cui si trovava e soprattutto, non giustificherebbe, l'incasso da parte dello stesso della importante somma di E 75.000,00 extra rispetto al corrispettivo dell'immobile, né perché, in data 21.01.2010, quindi 4 mesi prima dell'effettiva consegna del bene avvenuta dopo ripetuti solleciti lo stesso si fosse premurato di redigere di proprio pugno un elenco dettagliato delle opere ancora da realizzarsi ed un calendario per la loro esecuzione. Tale eccesso di zelo, verificatosi in data successiva alla sottoscrizione del rogito avvenuta in data 8.10.2009, si spiega trovando conferma nell'istruttoria e nei documenti in atti con l'obbligo che lo stesso si era assunto di ristrutturare l'immobile oggetto della vendita. .'. Ancora, prosegue la sentenza, a riprova della volontà delle parti di stipulare un contratto misto e dell'infondatezza dell'eccezione di decadenza formulata dal convenuto, vi era ' il fatto che quando l'attore, in data 19.6.2010 quindi solo 42 giorni dopo la presa di possesso dell'immobile avvenuta l'8.5.2010 per il tramite del proprio legale contestò, interrompendo decadenza e prescrizione, in maniera dettagliata i difetti riscontrati e le opere non realizzate rispetto al capitolato, per poi reiterare, con ulteriore denuncia del 29.11.2011 le medesime denunce, il signor So. non eccepì alcunché. In quell'occasione avrebbe infatti potuto eccepire il proprio ruolo di venditore e non di appaltatore, e/o l'avvenuta decadenza o prescrizione dell'azione nulla di ciò fu opposto. Di contro, il legale del convenuto, con implicito riconoscimento degli obblighi sul proprio assistito gravanti riscontrò tali denunce, riportando la disponibilità del So. ad un sopralluogo valutativo avvenuto il 19.5.2012 nel corso del quale, come già suddetto, il So. si mostrò propenso e disponibile a porre rimedio al proprio inadempimento'. L'appellante sostiene che il contratto dovrebbe invece essere qualificato come vendita, in quanto il primo preliminare rectius la proposta iniziale è stato caducato e comunque sostituito sarebbe stato l'acquirente a dirigere le maestranze per i lavori nelle missive di Po. e dei suoi avvocati non si parlava mai di appalto ma solo di vendita non è stato l'appellante a percepire i 75.000 euro per i lavori versati a terze persone il capitolato dei lavori era allegato solo al primo 'preliminare di preliminare' e non ai successivi contratti. Pur riguardando il contratto definitivo la sola vendita dell'immobile nello stato in cui si trovava, le risultanze processuali hanno tuttavia provato, senza ombra di dubbio, che le parti abbiano altresì concluso, separatamente, un contratto di appalto avente ad oggetto la ristrutturazione dello stesso immobile. Premesso che, pacificamente, in tema di appalto fra privati non è richiesta la forma scritta né ad substantiam né ad probationem, l'accordo delle parti relativo alla ristrutturazione dell'immobile risulta dai molteplici elementi indicati dal primo Giudice, che vengono messi in discussione dall'appellante con considerazioni generiche, apodittiche e contrastanti con quanto emerso dai documenti e dalle prove testimoniali. L'appellante sostiene infatti che l'istruttoria processuale avrebbe escluso l'esistenza dell'appalto, laddove i verbali di assunzione delle prove dimostrano l'esatto contrario, in quanto l'arch. Cl. Ca. progettista e direttore lavori ha dichiarato quanto segue 'fui incaricato della progettazione e della direzione lavori per l'immobile sito in Lonate Ceppino da Ma. So. . fui pagato dal signor So. per le mie prestazioni' Ma. Be. idraulico a sua volta ha riferito di essere 'stato pagato dal signor So. Ma. . l'importo complessivo corrisposto era pari a circa E 14.000,00' Ni. Ca. fornitore di serramenti ha affermato 'L'incarico per la realizzazione e posa dei serramenti mi fu dato dal signor So. che accettò il preventivo scritto poi i signori Po. vennero a scegliere le finiture' Da. Ro. elettricista ha spiegato 'fui contattato dal signor So. Ma. per realizzare l'impianto elettrico . poi nel corso dei lavori mi interfacciai con il cliente finale, signor Po. che mi diede la disposizione dei mobili per poter realizzare correttamente l'impianto e collocare prese e punti luce . l'incarico da So. mi fu dato nel luglio 2009' Fa. Di Pa. carpentiere , ha risposto affermativamente ai quesiti oggetto dei capitoli di prova a lui riferiti, ossia di essere stato contattato ed incaricato personalmente dal sig. Ma. So. al fine di effettuare alcuni lavori di carpenteria presso l'immobile di cui si discute. E' pertanto palese che sia stato So. a prendere i contatti con le imprese che si sono occupate a vario titolo della ristrutturazione dell'immobile, provvedendo anche al pagamento diretto delle stesse, mentre l'intervento di Po. si è limitato alla scelta delle finiture in tale situazione non si vede su quali basi l'appellante possa fondare la richiesta, contenuta nelle rassegnate conclusioni, di 'dichiarare il concorso colposo del Po Ancora, secondo l'appellante, l'appalto sarebbe escluso dalle missive inviate da Po., in cui il medesimo ed i suoi Avvocati parlerebbero solo di vendita e mai di appalto peraltro nelle lettere in esame compendiate sub docomma 11 di parte appellante , oltre ai riferimenti alla compravendita e consegna dell'immobile, vi è non solo il richiamo all'impegno di So. di 'completare i lavori ed a consegnare il cantiere, ultimato e regolarmente accatastato, entro e non oltre il 31.7.09' così ad es. lettera 29.11.2011 , ma altresì vengono espresse precise, plurime e reiterate contestazioni a So. per i lavori non svolti o svolti malamente, nonché per i danni subiti a causa dei 'vizi e difetti' riscontrati. Anche l'affermazione di parte appellante per cui So. avrebbe ricevuto da Po. solo l'importo pattuito per la vendita dell'immobile al grezzo E 90.000,00 , mentre importi ulteriori erano stati consegnati da Pozzato a soggetto terzo individuato in tale Na. Fu., ha trovato smentita negli atti, che indicano proprio nell'appellante il percettore delle somme. Anzitutto la signora Fu. formalmente destinataria di alcuni importi è persona che non risulta avere alcun legame con Po., mentre è invece legata a So., il quale non ha mai contestato l'affermazione di controparte per cui ella è la sua compagna convivente, nonché sua socia nella Atmosphera Immobiliare srls anzi quest'ultima circostanza risulta documentata dalla visura camerale sub docomma 3 dell'appellato. A Na. Fu. risulta in particolare intestato un assegno circolare di E 18.500,00 emesso da Po. nella stessa data 8.10.2009 in cui ha corrisposto i due assegni circolari a So. in occasione della stipulazione del contratto definitivo per l'acquisto dell'immobile cfr. docomma 11 appellato risulta pertanto evidentemente riscontrata la circostanza, affermata da Po., che sia stato So. ad indicargli a chi intestare l'assegno. Inoltre ci sono numerose firme di ricevuta apposte personalmente da So. oltre ad una sola di Na. Fu. docomma 13 appellato per vari importi totale euro 35.300,00 euro corrisposti da Po. dopo la data del rogito, ossia dal novembre 2009 al marzo 2010, che non si vede a quale titolo siano stati ricevuti da So. se non per l'esecuzione dei lavori dei quali aveva incaricato i soggetti che hanno deposto nel processo stesso discorso vale per gli importi corrisposti con assegni intestati a So. ed incassati dal medesimo dopo la stipulazione del preliminare di vendita in data 17.4.2009, 20 e 30.5.2009, per complessivi E 4.000,00. L'appellante non ha fornito una spiegazione alternativa della ricezione di tali somme, se non che 'la ragione è da ricercarsi nei lavori che il sig. Po. avrebbe richiesto in eccesso sul prezzo base. Nessun tipo di apprensione di denaro è stata esercitata dal So. che il Po. non volesse scientemente' cfr. pag. 8 comparsa di costituzione e risposta espressione invero fumosa, dalla quale però si evince che Po. avrebbe chiesto l'esecuzione di lavori, per i quali ha corrisposto somme a So., il quale non ha esercitato pressioni per ottenerle. Si tratta proprio, all'evidenza, delle prestazioni tipiche di un contratto di appalto. Ugualmente infondata si rivela la contestazione, da parte dell'appellante, dell'affermazione del primo Giudice secondo cui il Legale di So., con implicito riconoscimento degli obblighi gravanti sul proprio assistito, aveva riscontrato tali denunce, riportando la disponibilità del medesimo ad un sopralluogo valutativo avvenuto il 19.5.2012 nel corso del quale So. si sarebbe mostrato propenso e disponibile a porre rimedio al proprio inadempimento. Si tratta di un sopralluogo eseguito presso l'abitazione acquistata da Po., in cui erano presenti le parti So. nella dichiarata qualità di legale rappresentante di Colonica srl, mediatore immobiliare intervenuto per la compravendita del bene , il rappresentante di un'impresa edilizia e l'architetto consulente di Po., nel corso del quale venne redatto un verbale docomma 23 di parte appellante in cui si elencavano i lavori svolti ed i difetti riscontrati. La Difesa di So. sostiene che tale atto non poteva essere interpretato quale riconoscimento di debito, in quanto, come indicato nella lettera che lo aveva preceduto, era stato svolto solo 'al fine di comprendere', con riserva di ogni più ampia contestazione, concludendosi poi il verbale con la riserva, da parte dell'appellante, di ogni ulteriore contraddittorio tecnico ed amministrativo. Tali rilievi, tuttavia, non inficiano le conclusioni cui è giunto il primo Giudice, che invero non ha attribuito al predetto verbale la valenza specifica di una ricognizione di debito, ma lo ha indicato come ulteriore dato da cui emerge l'impegno di So. nell'esecuzione dei lavori di ristrutturazione dell'immobile, già invero provato dai plurimi citati elementi, cui deve essere altresì aggiunto, per la particolare pregnanza, il foglio in data 21 gennaio 2010 docomma 17 dell'appellato , redatto e sottoscritto dal medesimo appellante, il quale ha elencato tutte le opere ancora da realizzare e fornito un calendario dettagliato per la loro esecuzione, indicando una serie di date, ricomprese tra il 25 gennaio ed il 6 febbraio 2010, per l'esecuzione dei diversi interventi controsoffitto, elettricista, piastrelle, idraulico da eseguirsi sull'immobile, e concludendo con la 'indicazione di consegna del bene tra il 10 febbraio e il 14 febbraio 2010'. Nello stesso atto So. ha espressamente dichiarato che 'dal 28.01.2010 dobbiamo coordinare scavi con impresa St. con Geom. Iol., realizzare nicchia e marciapiede esterno, consegna stufa a pellet .' in tale contesto davvero ininfluente è la comunicazione di Po., rivolta ai condomini, di avere incaricato l'impresa Stillitano dell'esecuzione dei lavori di allacciamento del tronco fognario docomma 14 di parte appellante , la quale non dimostra affatto, come invece vorrebbe l'appellante, che era stato Po. ad incaricare direttamente le imprese, atteso che lo scopo di tale comunicazione era quello di indicare quale fosse l'impresa esecutrice dei lavori, essendo evidentemente superfluo specificare, in quella sede, chi avesse di fatto conferito l'incarico per lavori comunque riferibili all'immobile di cui l'appellato era divenuto proprietario. Se pertanto l'esistenza di un contratto di appalto tra le parti risulta certa, esclude tuttavia la Corte che sia stato stipulato un contratto misto di vendita e di appalto, in quanto la volontà delle stesse parti appare chiaramente volta a mantenere separati i due contratti. Si consideri infatti che la iniziale proposta di acquisto dell'immobile prevedeva sia la compravendita dello stesso, sia la ristrutturazione, come dall'allegato capitolato descrittivo, per il prezzo complessivo di E 165.000 tale proposta è divenuta inefficace, non avendola il venditore accettata, né essendo intervenuto il contratto preliminare nel termine stabilito tuttavia, circa un mese dopo la scadenza del termine indicato, le stesse parti hanno stipulato un contratto preliminare diverso, che prevedeva la vendita del medesimo immobile al rustico al prezzo di E 90.000,00 lo stesso appellante sottolinea, in più passaggi dei propri atti difensivi, come il rogito non possa considerarsi un contratto misto, prevedendo solo la cessione del bene senza alcun ulteriore impegno , mentre i lavori di ristrutturazione dell'immobile sono stati appaltati a So. con accordo verbale separato, come dimostrato dalle univoche e palesi circostanze emerse dal processo, sopra indicate. In tale situazione, alla luce del contenuto degli atti che si sono succeduti tra le parti, appare evidente che le stesse hanno abbandonato l'iniziale intenzione di stipulare un contratto misto di vendita e di appalto, scegliendo invece di concludere due contratti diversi, ossia un contratto di vendita che, a parte il mancato rispetto della data di consegna del bene, ha avuto esecuzione regolare, ed un contratto di appalto, in relazione al quale So. si è reso inadempiente. 4 Quanto alle eccezioni di decadenza e prescrizione dell'azione, pure oggetto dell'atto di impugnazione, deve osservarsi che, non essendo stati conclusi i lavori, non sono applicabili nel caso concreto le norme in materia di appalto, come indica correttamente lo stesso appellante, citando Cass. 13983/2011 'Nel caso in cui l'appaltatore non abbia portato a termine l'esecuzione dell'opera commissionata, restando inadempiente all'obbligazione assunta con il contratto, la disciplina applicabile nei suoi confronti è quella generale in materia di inadempimento contrattuale, dettata dagli articolo 1453 e 1455 cod. civ. , mentre la speciale garanzia prevista dagli articolo 1667 e 1668 cod. civ. trova applicazione nella diversa ipotesi in cui l'opera sia stata portata a termine, ma presenti vizi, difformità o difetti. Ne consegue che, in caso di omesso completamento dell'opera, anche se questa, per la parte eseguita, risulti difettosa o difforme, non è comunque consentito, al fine di accertare la responsabilità dell'appaltatore per inesatto adempimento, fare ricorso alla disciplina dell'anzidetta garanzia che, per l'appunto, richiede necessariamente il totale compimento dell'opera'. Da tale considerazione non discende peraltro, come sostiene l'appellante, che dovrebbero applicarsi le norme sulla vendita, essendo qui in considerazione il solo contratto di appalto, che le parti hanno scelto di concludere separatamente da quello di vendita dell'immobile anche se si trattasse di contratto misto la tesi dell'appellante non sarebbe comunque scontata, alla luce dei plurimi e dibattuti criteri con cui dottrina e giurisprudenza ne individuano la disciplina applicabile . Ne consegue invece l'applicazione delle ordinarie norme contrattuali, tra cui, quanto al diritto al risarcimento dei danni fondato sulla generale responsabilità dell'appaltatore per inadempimento, quella del termine di prescrizione in generale previsto per tale diritto, piuttosto che il termine di due anni previsto dall' articolo 1667 c.comma cfr. Cass. numero 1186/2015 , secondo cui 'In tema di appalto, quando sia richiesta l'eliminazione dei vizi per le opere già eseguite, ma non ancora ultimate, è esclusa l'operatività della speciale garanzia ex articolo 1668 cod. civ. , la quale presuppone il totale compimento dell'opera, mentre può essere fatta valere la comune responsabilità contrattuale ex articolo 1453 e 1455 cod. civ. , non preclusa dalle disposizioni di cui agli articolo 1667 e 1668 cod. civ. , in quali integrano, senza negarli, i normali rimedi in materia di inadempimento contrattuale' conformi, ad es., Cass. numero 9198/2018 e numero 4511/2019 . Tale pacifica conclusione assorbe le eccezioni dell'appellante sull'intervenuta decadenza e prescrizione dell'azione, non applicandosi le norme invocate in materia di vendita ovvero di appalto. Deve infine osservarsi che nelle conclusioni l'appellante chiede di 'accertare e dichiarare il difetto di legittimazione passiva del So. per la Società Colonica srl non chiamata in causa, quanto alla mediazione incamerata dalla società', Il riferimento è alla statuizione, contenuta nella sentenza di primo grado, di condanna di So. a rifondere a Po., oltre ai danni materiali subiti, anche la somma di E 2.160,00, ingiustamente pagata dall'attore all'agenzia immobiliare mediatrice dell'acquisto con So., il quale si è rivelato essere però, come documentato in atti, socio titolare dell'agenzia medesima, in palese contrasto con il disposto dell' articolo 1754 c.comma La richiesta contenuta nelle conclusioni non risulta però ancorata ad una parte motiva nell'atto di appello, cosicché non risulta formulata alcuna critica al percorso motivazionale della decisione, che ha ritenuto responsabile personalmente So. per l'indebito esborso da parte di Po Ne deriva, sotto tale profilo, la inammissibilità della richiesta stessa, atteso che, come è noto, l'impugnazione deve contenere una chiara individuazione non solo delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata, ma altresì, insieme ad essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice cfr., per tutte, Cass., Sez. Unite, numero 27199/2017 , mediante quindi una precisa e ben argomentata critica della decisione e la formulazione di pertinenti ragioni di dissenso in relazione alla operata ricostruzione dei fatti ovvero alle questioni di diritto trattate. La sentenza impugnata deve essere pertanto confermata. Le spese processuali del grado seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo tenuto conto del valore scaglione E 26.000/52.000 e della complessità media della controversia, senza riconoscimenti per la non svolta attività istruttoria . Non può accogliersi la richiesta dell'appellato, avanzata nella comparsa conclusionale, di riconoscimento della temerarietà della lite, con le conseguenze previste dall' articolo 96 c.p.comma , atteso che la condotta dell'appellante non può essere valutata, quantomeno nella sua globalità, alla stregua di abuso del processo, ovvero quale impugnazione totalmente pretestuosa. Ricorrono infine i presupposti per il versamento, da parte dell'appellante, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato di cui all' articolo 13 comma 1-quater DPR 115/2002 . P.Q.M. La Corte, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, disattesa ed assorbita ogni diversa istanza ed eccezione, così provvede rigetta l'appello come sopra proposto avverso la sentenza del Tribunale di Varese numero 275/2018, pronunciata e pubblicata in data 11 aprile 2018, che pertanto conferma condanna l'appellante Ma. So. al pagamento delle spese del presente grado in favore dell'appellato Gi. Po., liquidate in E 6.615,00 per compensi professionali, oltre al 15 per cento per rimborso spese generali, IVA se dovuta e CPA come per legge dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dello stesso appellante, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato di cui all 'articolo 13, comma 1-quater, DPR 115/200 2, così come modificato dall 'articolo 1 comma 17 Legge 228/201 2.