Distacco dal riscaldamento centralizzato: il singolo condomino può farlo purché…

È legittima la rinuncia di un condomino all’uso dell’impianto centralizzato anche senza necessità di autorizzazione da parte degli altri condomini, purché l’impianto non ne sia pregiudicato.

Un Condominio conveniva avanti al Tribunale un condomino rilevando che il Condominio stesso era disciplinato da un regolamento, che all'articolo 2 indicava tra i beni comuni, indivisibili e inalienabili, l'impianto completo di riscaldamento con le relative apparecchiature ed accessori e all'articolo 9 stabiliva, in particolare, che tutti i condomini dovessero contribuire alle spese necessarie per conservare e mantenere in condizioni di efficienza di dette parti comuni. Era successo che il convenuto nel 1993 aveva eseguito alcuni lavori di ristrutturazione dell'immobile acquistato e aveva distaccato la propria unità immobiliare dall'impianto di riscaldamento condominiale centrale senza il consenso e l'autorizzazione del Condominio che egli dal 1993 al 2004 aveva sempre pagato quanto dovuto per le spese di manutenzione ed esercizio dell'impianto di riscaldamento centrale, mentre dalla gestione 2004/2005 aveva omesso di provvedere al pagamento di siffatte spese. Il Tribunale di Torino condannava il convenuto al pagamento della somma di denaro in favore del Condominio. La decisione veniva confermata anche dalla Corte d'Appello. Pertanto, il condomino ricorre in Cassazione. La Suprema Corte al riguardo ricorda la distinzione già operata in passato tra le spese di conservazione dell'impianto di cui all'articolo 1118, comma 2, c.c. e quelle dovute in relazione all'uso, richiamando, la giurisprudenza di legittimità, secondo cui è legittima la rinuncia di un condomino all'uso dell'impianto centralizzato anche senza necessità di autorizzazione da parte degli altri condomini, purché l'impianto non ne sia pregiudicato. A ciò consegue l'esonero, in applicazione del principio contenuto nell'articolo 1123, comma 2, c.c., dall'obbligo di sostenere le spese per l'uso del servizio centralizzato e l'obbligo di pagare solo le spese di conservazione. Tale principio prevale anche sul regolamento. Pertanto, l'operatività della rinuncia è limitata dal divieto di sottrarsi all'obbligo di concorrere alle spese necessarie alla conservazione della cosa comune con aggravio degli altri partecipanti. In conclusione, va accolto il ricorso.

Presidente Di Virgilio – Relatore Bellini Fatto e diritto Con atto di citazione, notificato in data 22.1.2010, il CONDOMINIO di omissis , conveniva avanti al Tribunale di Torino il condomino A.L. rilevando che il Condominio era disciplinato da un Regolamento di natura contrattuale, che all'articolo 2 indica tra i beni comuni, indivisibili e inalienabili, l'impianto completo di riscaldamento con le relative apparecchiature ed accessori mentre all'articolo 9 stabiliva, in particolare, che tutti i condomini dovessero contribuire alle spese necessarie per conservare e mantenere in condizioni di efficienza le parti comuni elencate all'articolo 2, e che nessuno pertanto avrebbe potuto mai esimersi, anche parzialmente, dal pagamento delle quote di spese spettantegli per le cose e i servizi comuni, anche se intendesse rinunciare a detti servizi che, inoltre, in base all'articolo 13, i condomini si obbligavano irrinunciabilmente per sé e per gli aventi causa a qualsiasi titolo ad utilizzare il servizio del riscaldamento centrale. Il convenuto nel 1993 aveva eseguito alcuni lavori di ristrutturazione dell'immobile acquistato e aveva distaccato la propria unità immobiliare dall'impianto di riscaldamento condominiale centrale senza il consenso e l'autorizzazione di parte attrice che il convenuto dal 1993 sino all'anno 2004 aveva sempre pagato quanto dovuto per le spese di manutenzione ed esercizio dell'impianto di riscaldamento centrale, mentre dalla gestione 2004/2005 aveva omesso di provvedere al pagamento di siffatte spese che il 9.10.2008 l'assemblea aveva approvato il consuntivo delle spese di riscaldamento gestione 2007/2008 e il preventivo delle spese di riscaldamento gestione 2008/2009, sicché, sulla base dei piani di riparto, il convenuto era debitore della somma di Euro 6.830,43 per spese di riscaldamento. Si costituiva in giudizio il convenuto contestando la fondatezza dell'avversa domanda, giacché la somma richiesta non corrispondeva a quanto risultante dai documenti relativi alla gestione 2008/2009. Confermava poi di avere provveduto nel 1993 al distacco dalla rete centralizzata di riscaldamento creando un sistema di riscaldamento autonomo e dalla relazione di un professionista, da lui incaricato prima di procedere ai detti lavori, era emerso che il distacco non solo non creava danno al Condominio ma ne migliorava la situazione, non essendovi stato alcun nocumento per il Condominio le norme regolamentari non tenevano conto dell'ormai consolidata giurisprudenza sul punto era, quindi, legittimo il distacco dall'impianto centralizzato, con totale esenzione dei costi di gestione qualora non vi fosse aggravio di spese o squilibrio termico per gli altri condomini, come era accaduto nel caso di specie, e in ogni caso erano nulle le delibere che non consentivano il distacco. Con sentenza numero 2734/2013, il Tribunale di Torino condannava il convenuto al pagamento in favore del Condominio della somma di Euro 1.128,05, oltre interessi legali, indicata dal Condominio come relativa ai costi di gestione e manutenzione dell'impianto comune, applicando il disposto di cui all'articolo 9 del Regolamento condominiale. Avverso detta sentenza proponeva appello il Condominio, al quale resisteva l'A., che proponeva appello incidentale in ordine alla disposta compensazione parziale delle spese di lite. Con sentenza numero 2243/2015, depositata in data 21.12.2015, la Corte d'Appello di Torino condannava A.L. al pagamento in favore del Condominio appellante della somma di Euro 6.778,29, oltre interessi dalla domanda al saldo, nonché al pagamento delle spese di lite dei due gradi di giudizio. In particolare, la Corte territoriale rilevava che la decisione appellata implicava la statuizione di piena legittimità del distacco e che l'appello non sfiorava la suddetta statuizione implicita, da ritenere ormai coperta da giudicato, con la conseguenza che veniva in rilievo solo il quantum delle spese. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione A.L., sulla base di due motivi, illustrati da memoria. Resiste il Condominio con controricorso. Ragioni della decisione 1.1. - Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la Violazione e/o falsa applicazione degli articolo 1362,1363,1366,1367 e 1369 c.c., con riferimento all'interpretazione degli articolo 9 e 13 del Regolamento condominiale . Il ricorrente contesta, da un lato, che il significato dell'articolo 9 sarebbe stato travisato dalla Corte d'Appello, che considerava autonomi i diversi periodi del comma 1, mentre la statuizione avrebbe dovuto essere interpretata nel senso che, ove il condomino non fruisse più del servizio di riscaldamento centralizzato, egli sarebbe comunque tenuto alle spese necessarie per conservare e mantenere in efficienza l'impianto. Viceversa, secondo la Corte distrettuale, l'articolo 13, comma 3, non allude alle spese per il servizio di riscaldamento centrale, ma impone l'obbligo di utilizzo di detto servizio ai condomini e, comunque, solo per il periodo stabilito dalla maggioranza degli utenti e nel rispetto delle disposizioni di legge in materie la discrasia tra le due norme non riguardando le spese, quanto semmai la possibilità di operare il distacco. Riguardo al termine utenti contenuto nell'articolo 13, comma 1, riferito alle spese di manutenzione straordinaria e di ricostruzione dell'impianto termico, esso doveva essere inteso nel senso di tutti i condomini , mentre il termine utenti di cui all'articolo 13, comma 2 spese per combustibile, fuochista, energia elettrica andava inteso nel senso proprio. 1.2. - Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la Violazione e/o falsa applicazione del principio statuito dall'articolo 1118 c.c., relativamente al distacco dall'impianto di riscaldamento centrale, alla luce del quale vanno interpretate le norme di cui agli articolo 9 e 13 del regolamento di condominio . La la sentenza impugnata avrebbe ignorato i dettami di cui all'articolo 1118 c.c., comma 4, così come sostituito dalla L. numero 220 del 2012. Infatti, l'articolo 13, comma 3, del Regolamento condominiale, pur formalmente impedendo ai condomini di operare il distacco dall'impianto di riscaldamento centrale impone il rispetto delle disposizioni di legge in materia, anche in termini di addebito spese sicché, l'articolo 1118 c.c., comma 4, altro non è che una presa d'atto legislativa dell'interpretazione di norme già in precedenza applicabili. 2. - In considerazione della stretta connessione logico-giuridica, i due motivi vanno esaminati e decisi congiuntamente. 2.1. - Il ricorso è fondato. 2.2. - Costituisce principio consolidato quello secondo cui l'apprezzamento del giudice di merito, nel porre a fondamento della propria decisione una argomentazione, tratta dalla analisi di fonti di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e le circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata Cass. numero 9275 del 2018 Cass. numero 5939 del 2018 Cass. numero 16056 del 2016 Cass. numero 15927 del 2016 . Tale accertamento è censurabile in sede di legittimità soltanto per vizio di motivazione Cass. numero 1646 del 2014 , nel caso in cui questa risulti talmente inadeguata da non consentire di ricostruire l'iter logico seguito dal giudice per attribuire all'atto negoziale un determinato contenuto, oppure nel caso di violazione delle norme ermeneutiche dovendosi escludere che alcuna di tali censure avesse potuto risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, sostanziatosi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione . 2.3. - Sotto altro profilo, va ritenuto che nella interpretazione di un negozio giuridico qualora il ricorso per cassazione deduca l'erroneità di tale interpretazione per violazione dei canoni ermeneutici , è onere del ricorrente indicare non solo la regola interpretativa violata, ma anche in qual modo il ragionamento del Giudice si sia da essa discostato, non potendo la relativa censura limitarsi a un generico richiamo alla violazione di uno o più criteri astrattamente intesi ovvero a una mera prospettazione di un risultato interpretativo diverso da quello accolto nella sentenza Cass. numero 1893 del 2009 Cass. numero 29322 del 2008 Cass. numero 13587 del 2010 . E va posto in evidenza che le regole legali di ermeneutica contrattuale sono elencate negli articolo 1362 - 1371 c.c., secondo un ordine gerarchico conseguenza immediata è che le norme strettamente interpretative, dettate dagli articolo 1362 - 1365 c.c., precedono quelle interpretative integrative, esposte dagli articolo 1366 - 1371 c.c., e ne escludono la concreta operatività quando la loro applicazione renda palese la comune volontà dei contraenti. Da questo principio di ordinazione gerarchica delle regole ermeneutiche nel cui ambito il criterio primario è quello esposto dall'articolo 1362 c.c., comma 1, vale a dire il criterio dell'interpretazione letterale consegue ulteriormente che qualora il giudice del merito abbia ritenuto che il senso letterale delle espressioni impiegate dagli stipulanti riveli con chiarezza e univocità la loro volontà comune, così che non sussistano residue ragioni di divergenza tra il tenore letterale del negozio e l'intento effettivo dei contraenti, l'operazione ermeneutica deve ritenersi utilmente compiuta, dovendosi far ricorso ai criteri interpretativi sussidiari solo quando i criteri principali significato letterale delle espressioni adoperate dai contraenti, collegamento logico tra le varie clausole siano insufficienti alla identificazione della comune intenzione stessa Cass. numero 26690 del 2006 ex pluimis Cass. numero 5595 del 2014 Cass. numero 12082 del 12082 Cass. numero 10896 del 2016 . Sicché, nella interpretazione del contratto il carattere prioritario dell'elemento letterale non va inteso in senso assoluto, atteso che il richiamo nell'articolo 1362 c.c., alla comune intenzione delle parti impone di estendere l'indagine ai criteri logici, teleologici e sistematici anche là dove il testo dell'accordo sia chiaro, ma incoerente con indici esterni rivelatori di una diversa volontà dei contraenti pertanto, sebbene la ricostruzione della comune intenzione delle parti debba essere operata innanzitutto sulla base del criterio dell'interpretazione letterale delle clausole, assume valore rilevante anche il criterio logico-sistematico di cui all'articolo 1363 c.c., che impone di desumere la volontà manifestata dai contraenti da un esame complessivo delle diverse clausole aventi attinenza alla materia in contesa, tenendosi, altresì, conto del comportamento, anche successivo, delle parti Cass. numero 20294 del 2019 conf. Cass. numero 13595 del 2020 . 2.4. - Per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data dal giudice del merito al contratto non deve essere necessariamente l'unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle plausibili interpretazioni, sì che quando di una clausola contrattuale siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto la interpretazione poi disattesa dal giudice del merito, dolersi in sede di legittimità che sia stata privilegiata l'altra Cass. numero 8909 del 2013 Cass. numero 24539 del 2009 Cass. numero 15604 del 2007 Cass. numero 4178 del 2007 Cass. numero 17248 del 2003 . Di conseguenza, qualora deduca la violazione dei citati canoni interpretativi, il ricorrente deve precisare in quale modo il ragionamento del giudice se ne sia discostato, non essendo sufficiente un astratto richiamo ai criteri asseritamente violati e neppure una critica della ricostruzione della volontà dei contraenti che, benché genericamente riferibile alla violazione denunciata, si riduca, come nella specie, alla mera prospettazione di un risultato interpretativo diverso da quello accolto nella sentenza impugnata Cass. sez. unumero 1914 del 2016 cfr. Cass. numero 3657 del 2016 Cass. numero 25728 del 2013 Cass. numero 1754 del 2006 . 2.5. - L'articolo 9 del Regolamento di condominio dispone che Tutti i condomini devono contribuire nelle spese necessarie per conservare e mantenere in condizioni di efficienza le parti comuni elencate nell'articolo 2 del presente regolamento. Nessun condomino pertanto potrà mai esimersi, anche parzialmente, dal pagamento delle quote di spese spettantegli per le cose e i servizi comuni, anche se intendesse rinunciare a detti servizi . A sua volta, l'articolo 13 prevede che Le spese di manutenzione straordinaria e di ricostruzione dell'impianto termico saranno ripartite fra gli utenti in base alle rispettive quote di comproprietà generale comma 1 Le spese del riscaldamento e precisamente le spese per combustibile, fuochista, energia elettrica, pulizia camino, tasse e quant'altro necessario per il funzionamento dell'impianto saranno ripartite fra gli utenti in base alle risultanze della colonna 4 della tabella millesimale comma 2 I condomini si obbligano irrinunciabilmente per sé e per gli aventi causa a qualsiasi titolo ad utilizzare il servizio del riscaldamento centrale, per il periodo stabilito dalla maggioranza degli utenti e nel rispetto delle disposizioni di legge comma 3 . 2.6. - Orbene, il significato della disposizione di cui all'articolo 9 prima parte del Regolamento di condominio risulta equivocato dalla Corte distrettuale, che considera autonomi i diversi periodi del comma 1, mentre la statuizione deve essere interpretata nel senso che, ove il condomino non fruisca più del servizio di riscaldamento centralizzato, egli sarà comunque tenuto alle spese necessarie per conservare e mantenere in efficienza l'impianto. Dal canto suo, l'articolo 13, comma 3, non allude alle spese per il servizio di riscaldamento centrale, ma impone l'obbligo di utilizzo di detto servizio ai condomini e, comunque, solo per il periodo stabilito dalla maggioranza degli utenti e nel rispetto delle disposizioni di legge in materia sicché, tra l'altro, la ritenuta discrasia tra la portata delle due norme non riguarda il regime delle spese, bensì semmai la possibilità di operare il distacco. Per quanto riguarda il termine utenti contenuto nell'articolo 13, comma 1, riferito alle spese di manutenzione straordinaria e di ricostruzione dell'impianto termico, la Corte di merito ha affermato come esso debba essere inteso nel senso di tutti i condomini, mentre il termine utenti di cui all'articolo 13, comma 2 spese per combustibile, fuochista, energia elettrica vada inteso nel senso proprio. Il Giudice di secondo grado, dunque, non riconoscendo la portata della previsione di cui all'articolo 13, comma 3, nel rispetto delle disposizioni di legge in materia è incorso in un vizio logico e di diritto, avendo omesso di collegarla e raffrontarla con le altre clausole, onde chiarire l'effettivo significato di queste ultime. La Corte d'appello riconosce, coerentemente, che nella norma in esame il lemma utenti sia utilizzato come sinonimo di condomini ma nel contempo essa ritiene, del tutto equivocamente e contraddittoriamente, che il riferimento agli utenti di cui ai primi due commi dell'articolo 13 debba essere inteso in senso antiletterale come sinonimo di condomini, in applicazione del principio generale di conservazione del contratto e di prevalenza dell'ordinamento positivo su quello contrattuale v. sentenza impugnata, pag. 20, in cui, per la Corte, la confusa disposizione regolamentare complessiva è ricondotta a coerenza e razionalità, oltre che a conformità con la legge. 2.7. - La Corte distrettuale ha dunque, nella specie, trascurato l'ambito applicativo degli indicati canoni interpretativi, omettendo di darne natura e significato così venendosi, nella sostanza, a creare una rilevante anomalia motivazionale determinante per il presupposto circa la sussistenza del vulnus arrecato al paradigma di cui all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 che si traduce in termini di mera apparenza e di apoditticità della attività di interpretazione dell'atto e del negozio giuridico. 2.8. - Già in passato questa Corte aveva operato una distinzione tra le spese di conservazione dell'impianto ex articolo 1118 c.c., comma 2, e quelle dovute in relazione all'uso richiamando, da un lato, la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale è legittima la rinuncia di un condomino all'uso dell'impianto centralizzato anche senza necessità di autorizzazione da parte degli altri condomini, purché l'impianto non ne sia pregiudicato con il conseguente esonero, in applicazione del principio contenuto nell'articolo 1123 c.c., comma 2, dall'obbligo di sostenere le spese per l'uso del servizio centralizzato e l'obbligo di pagare solo le spese di conservazione Cass. numero 19893 del 2011 conf. Cass. numero 28051 del 2018 Cass. numero 11970 del 2017 principio che prevale anche sul regolamento. L'operatività della rinuncia è limitata dal divieto di sottrarsi all'obbligo di concorrere alle spese necessarie alla conservazione della cosa comune con aggravio degli altri partecipanti Cass. numero 15079 del 2006 conf. Cass. numero 24209 del 2014 . 3. - In conclusione, va accolto il ricorso la sentenza impugnata deve essere dunque cassata e rinviata dalla Corte d'appello di Torino a diversa Corte di appello che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte, accoglie il primo motivo, con assorbimento del secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia dalla Corte d'appello di Torino, a diversa Corte di appello, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.