Ricettazione di uno smartphone: rileva anche la violazione della privacy del proprietario

Confermata la condanna di un uomo beccato in possesso di un cellulare di provenienza furtiva. A rendere grave la sua condotta è anche, secondo i Giudici, l’appropriazione dei dati sensibili conservati dal proprietario nello smartphone.

Entrare in possesso di uno smartphone precedentemente rubato legittima la condanna per il reato di ricettazione. A rendere grave la condotta, però, non è tanto il valore intrinseco del bene, quanto, piuttosto, l'appropriazione dei dati sensibili del proprietario conservati sul telefonino Cass. penumero , sez. II, 4 novembre 2021, numero 39584 . Ricostruita la vicenda, grazie soprattutto alle indagini effettuate sul telefono cellulare – che conteneva ancora la SIM del proprietario –, i giudici di merito ritengono sacrosanta la condanna dell'uomo sotto processo, colpevole, in sostanza, della ricettazione di uno smartphone sottratto al legittimo proprietario. Col ricorso in Cassazione, però, l'uomo prova a mettere in discussione la solidità dell'impianto accusatorio. Obiettivo è porre in dubbio la colpevolezza sancita in Appello o, quantomeno, vedere riconosciuta la non punibilità, preso atto, secondo il difensore, della ridotta rilevanza dei fatti, anche tenendo presente il valore economico del telefonino. Per i Giudici di terzo grado, però, va esclusa categoricamente l'ipotesi della non punibilità . In prima battuta viene ritenuto evidente il reato attribuito all'uomo sotto processo. Fondamentali in questa ottica le indagini effettuate sul telefono cellulare a cui era ancora associata la scheda telefonica del proprietario così si è potuto riscontrare il possesso altrui e risalire all'uomo sotto processo, il quale non ha saputo dimostrare a quale titolo possedeva il bene che era di provenienza furtiva . Per quanto concerne poi la rilevanza da attribuire alla condotta dell'uomo, i magistrati ritengono, come fatto già in Appello, evidente «la gravità del danno cagionato » al proprietario del telefono . Ciò, però, non tanto alla luce del «valore intrinseco del bene» quanto, piuttosto, ragionando sulla « appropriazione di dati sensibili attinenti alla sfera riservata» del proprietario del cellulare e «custoditi nello smartphone» come ormai d'abitudine. A rendere grave la condotta dell'uomo sotto processo, quindi, è «la pericolosa e non autorizzata intrusione» da lui compiuta «nella privacy » del proprietario dello smartphone.

Presidente Gallo – Relatore Agostinacchio Fatto e diritto 1. Con sentenza in data 16/12/2019 la Corte di Appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Roma emessa il 10/01/2019, con la quale l'imputato appellante U.I. era stato condannato alla pena di giustizia perché ritenuto responsabile del reato di ricettazione di un telefono cellulare. 2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell'U. eccependo la violazione di legge articolo 62, 191 e 526 c.p.p. per essere stato il giudizio di colpevolezza basato sulle dichiarazioni rese dinanzi all'organo di polizia giudiziaria la violazione di legge articolo 131 bis c.p. ed il vizio di motivazione circa il diniego di applicazione dell'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto senza alcuna ragione plausibile. 3. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi. 4. Dalla lettura del testo della cd. doppia conforme sentenza di condanna si rileva che il riscontro della tesi accusatoria non è costituita dalle dichiarazioni dell'imputato rese alla polizia giudiziaria ma dalle indagini effettuate sul telefono cellulare, al quale era ancora associata la scheda telefonica SIM del proprietario sì che sì è potuto riscontrare il possesso altrui e risalire all'imputato costui non ha saputo dimostrare altresì a quale titolo possedesse un bene di provenienza furtiva. 5. Quanto al secondo motivo, ai fini dell'applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall' articolo 131 bis c.p. , il giudizio sulla tenuità dell'offesa dev'essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all' articolo 133 c.p. , comma 1, ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti. Nel caso di specie, la corte territoriale ha tenuto presente la gravità del danno cagionato alla persona offesa con riferimento non già al valore intrinseco del bene quanto all'appropriazione di dati sensibili, attinenti alla sfera riservata della persona, custoditi in un telefono cellulare, secondo l'uso da ritenersi ormai comune e che non necessita di specifica prova a riguardo. La condotta delittuosa, quindi, ha implicato una pericolosa e non autorizzata intrusione nella privacy della vittima, circostanza che la corte di merito ha valorizzato al fine di escludere il beneficio in argomento, con argomentazione immune da vizi logici e coerente con il dato normativo. 6. Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso va dichiarato inammissibile. Segue, a norma dell' articolo 616 c.p.p. , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di Euro tremila a titolo di sanzione pecuniaria. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Sentenza a motivazione semplificata. Motivazione semplificata.