Il nesso di pertinenzialità rende la confisca proporzionata alla gravità dell’illecito compiuto, essendo la misura della pena determinata dal reato stesso, senza alcun margine di apprezzamento che consenta la violazione del principio di proporzionalità.
Il caso concreto. Il caso specifico sottoposto all'esame della Suprema Corte concerne la contestazione all'indagato di traffico illecito di idrocarburi. Nello specifico la Guardia di Finanza aveva sottoposto a controllo – nell'ambito di indagini riguardanti il traffico illecito di idrocarburi – un autoarticolato guidato da un cittadino bulgaro. Detto mezzo era costituito da un trattore – oggetto di un contrato di locazione finanziaria intestato all'imputato – e da un rimorchio cisterna di proprietà del prevenuto. In seguito alla misurazione mediante termodensimetro, i militari hanno ritenuto che la sostanza trasportata avesse le caratteristiche tipiche di un prodotto idrocarburico e pertanto riconducibile all'ambito applicativo dell'articolo 21, comma 2, lett. d , d.lgs. numero 504/1995. L'Agenzia delle Dogane - sulla scorta di tali riscontri – ha quantificato le imposte non versate, e precisamente l'accisa pari ad € 12.620,64 e l'IVA. pari ad € 6.146,68. Il mezzo è stato immediatamente sottoposto a sequestro probatorio, nonché a sequestro preventivo conseguentemente la successiva richiesta del Pubblico Ministero. Il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Udine ha quindi valorizzato la sussistenza del fumus commissi delicti e la presenza di beni suscettibili di confisca obbligatoria ai sensi dell' articolo 44, comma 1, d.lgs. numero 504/1995 . Le tappe procedimentali. In data 14 ottobre 20020 fu emesso un decreto di sequestro probatorio dal P.M. e successivamente, nel marzo 2020 anche un sequestro preventivo d'urgenza convalidato dal GIP del Tribunale di Udine, in seguito al controllo da parte della Guardia di Finanza di un autoarticolato che trasportava circa 31 mila litri di prodotto, identificato come CMR come olio lubrificante. In seguito a specifica misurazione i militari accertarono la presenza di un prodotto idrocarburico nella cisterna non segnalato. Avverso i provvedimenti di sequestro il ricorrente - terzo estraneo – aveva promosso ricorso al tribunale delle Libertà di Udine, il quale emise l'ordinanza del 20/04/2021 oggetto di impugnazione in Cassazione. Il ricorso in Cassazione motivi di impugnazione. Il primo motivo lamentato dalla difesa era il vizio di violazione o falsa applicazione dell' articolo 44, comma 1- bis e 1- ter d.lgs. numero 504/1995 , introdotti dal d.l. numero 124/2019 convertito nella l. numero 157/2019 . La difesa sosteneva dunque la nullità dei provvedimenti adottati dal Pubblico Ministero, dal GIP e dal Tribunale del riesame con i quali veniva disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca senza però garantire all'interessato la possibilità di pagare la somma contestata evitando così l'applicazione della sanzione accessoria. Difatti lo stesso articolo 44, comma 1- bis e 1- ter d.lgs. numero 504/1995 prevede la non operatività della confisca «per la parte che il contribuente si impegna a versare all'Erario anche in presenza di sequestro». Con il secondo motivo veniva eccepito il vizio di violazione e/o falsa applicazione dell' articolo 275, comma 2, c.p.p. e nullità dell'ordinanza impugnata per difetto totale di motivazione e/o motivazione apparente. La censura mossa dal ricorrente era dunque attinente alla proporzionalità e l'adeguatezza della misura del sequestro preventivo. Difatti a fronte di un'imposta evasa quantificata in € 12.604,64 il valore dei beni colpiti dal provvedimento ablatorio avrebbero un valore di almeno dieci volte superiore. Ciò contrasta in modo evidente sia l' articolo 275 co. 2 c.p.p. sia l'articolo 1 del Protocollo numero 1 annesso alla CEDU . Dette norme difatti impongono all'organo giudicante un bilanciamento tra gli interessi coinvolti, fornendo altresì motivazioni pertinenti e sufficienti che giustifichino l'adozione del provvedimento di sequestro preventivo. Il ricorrente evidenziava la mancanza di una motivazione idonea a giustificare il sequestro dei beni, nel decreto del Pubblico Ministero e altresì sia nell'ordinanza impugnata quanto in quella emessa dal GIP in sede di convalida. Non furono altresì indicate le ragioni di urgenza volte a legittimare il sequestro preventivo della Procura locale e la conseguente convalida da parte del GIP. Il vizio di violazione dell'articolo 321, comma 3- ter c.p.p., con conseguente sopravvenuta inefficacia della misura cautelare disposta, costituiva il terzo motivo di eccezione lamentato dal ricorrente. Ciò era dovuto al fatto che già il 14 ottobre 2020 il Pubblico Ministero aveva dottato un decreto di sequestro probatorio, che possedeva già di per sé finalità preventive. Dunque, trattandosi di un sequestro preventivo ‘sostanzialmente' soggiace alle disposizioni contenute nell'articolo 321, comma 3- ter , c.p.p. che ne stabilisce i termini, rendendolo quindi privo di efficacia fin dall'origine poiché non seguito dalla necessaria convalida. Di conseguenza, il secondo decreto di sequestro preventivo disposto d'urgenza dal Pubblico Ministero nel marzo 2021 e convalidato dal GIP, costituiva un'indebita reiterazione della medesima misura cautelare. Con il quarto motivo la difesa deduce il vizio di violazione o falsa applicazione dell'articolo 1 del Protocollo numero 1 annesso alla CEDU , ratificata in Italia con la l. numero 848/1955 . Il ricorrente censura quindi la razionalità e coerenza della disciplina dell'istituto del sequestro probatorio nostro ordinamento, poiché essa si pone in evidente contraddizione con i criteri sanciti a livello convenzionale sacrificando altresì inevitabilmente la tutela del cittadino, perseguendo – nel caso in esame – una finalità repressiva mediante appunto l'applicazione di una sanzione accessoria prima dello svolgimento di un accertamento di merito. Con il quinto motivo il ricorrente eccepisce il vizio di violazione e/o falsa applicazione dell' articolo 321 c.p.p. e la nullità per omessa motivazione. Difatti la difesa lamenta l'omessa motivazione con specifico riferimento al requisito del periculum in mora, cioè la sussistenza della concreta ed attuale probabilità che possa realizzarsi un danno in futuro tale da giustificare l'adozione del provvedimento cautelare. La risposta della Corte Suprema. Il ricorso è stato ritenuto fondato limitatamente alla censura attinente la proporzionalità, mentre è stato ritenuto inammissibile per ciò che riguarda le altre eccezione lamentate dal ricorrente. In primo luogo, la Corte ha rilevato la legittimazione del ricorrente ad impugnare l'ordinanza de qua sia come titolare del rimorchio cisterna sequestrato, e sia come utilizzatore del trattore concessogli in locazione finanzia in quanto bene nella sua disponibilità. Chiarisce difatti la S.C. che il bene detenuto in leasing rientra nella sfera giuridica dell'utilizzatore, essendogliene attribuita la materiale disponibilità ed il diritto di godere e di disporre del bene stesso in virtù di un titolo – il contratto di leasing – che esclude i terzi. Difatti, proprio in base al vincolo contrattuale l'utilizzatore è legittimato a proporre impugnazione in quanto soggetto avente diritto alla restituzione del bene oggetto appunto del contratto stesso. Sebbene il provvedimento del GIP del 14.10.2020 attribuisca al ricorrente un «coinvolgimento dell'istante nella perpetrazione dell'illecito» tale non poter considerare il ricorrente «soggetto estraneo al reato» l'esame dello stesso non può che attribuirgli la qualifica di ‘terzo' non consentendo ictu oculi di qualificarlo formalmente come indagato, in quanto titolare della ditta di autotrasporti coinvolta del trasporto in esame, non fosse al corrente della tipologia del prodotto oggetto del trasporto quello specifico giorno. Per ciò che attiene le misure cautelari reali, è vero che la qualità di indagato non deve essere valutata sulla base della sussistenza di una notizia di reato e l'avvenuta iscrizione nel registro degli indagati, ma deve essere valutata sulla base della concreta qualità che il soggetto assume di fatto, in base alla situazione esistente ed a prescindere dalle iniziative del pubblico ministero Cass. penumero , sez. V, numero 20734/2016 . È però indubbio che detta qualità debba emergere chiaramente dagli atti del giudizio di merito, mentre nel caso in esame non la si può rilevare automaticamente dalla qualità di titolare della ditta individuale di autotrasporti – proprietaria ed utilizzatrice del bene colpito dalla misura – in assenza di maggiori consistenti e di ulteriori elementi indiziari. Ciò premesso, continua la S.C. dichiarando inammissibile il primo motivo di doglianza per manifesta infondatezza. Ricorda che il ricorso ai sensi dell' articolo 325 c.p.p. può essere proposto esclusivamente per violazioni di legge e pertanto non trova spazio la censura promossa ai sensi dell'articolo 606 co.1 lett. e c.p.p. Tuttavia, a tal proposito la S.C. ricorda che, sebbene la motivazione assente, meramente apparente ovvero priva dei pur minimi requisiti per rendere comprensibile la vicenda contesta e l' iter logico seguito dal giudice del provvedimento impugnato, integra un'ipotesi di violazione nel caso in esame non l'ordinanza impugnata non risulta presentare alcuna delle violazioni delle norme lamentate nel primo motivo. Nonostante l'articolo 12- bis del d.lgs. numero 74/2000 si esprima negli stessi termini dell' articolo 44 d.lgs. numero 504/95 in tema di confisca di beni costituenti il profitto o il prezzo e relativamente alla previsione dell'inoperatività della confisca «per la parte che il contribuente si impegna a versare all'Erario anche in presenza di sequestro» la Corte osserva che non si è mai dubitato dell'applicabilità della norma anche nella fase del sequestro. Nello stesso senso va la previsione disposta anche in materia di accise prevendendo l'articolo 12- bis d.lgs. numero 74/2000, introdotta dal d.lgs. numero 158/2015 , la confisca diretta o per equivalente «non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'Erario anche in presenza di sequestro» Cass. penumero , sez. III, numero 28225/2016 . Detto principio è valido anche – per analogia secondo quanto già affermato in materia tributaria – in materia di accise. Si tratta dunque di una inoperatività della confisca riconosciuta dalla citata normativa soltanto in caso di obbligo assunto in maniera formale Cass. penumero , sez. III, numero 5728/2016 . Tale impegno non risultava essere stato formalmente assunto dal ricorrente. Ad ogni modo la S.C. ha ritenuto infondato il motivo di doglianza poiché la confisca del caso in esame non era attinente né al prodotto né al profitto di reato, come invece previsto dall'articolo 44, comma 1- bis , d.lgs. numero 504/1995 limitante l'obbligatorietà della confisca soltanto ai beni che costituiscono ‘profitto o prezzo' dell'illecito. Ne deriva dunque l'assenza dell'obbligo del giudice di garantire all'interessato la possibilità di pagare la somma evitando così la confisca. È di contro applicabile invece, quanto disposto dall' articolo 44, comma 1, d.lgs. numero 504/1995 che prevede la confisca dei prodotti, delle materie prime e dei mezzi comunque utilizzati per commettere le violazioni di cui agli articolo 40,41 e 43 secondo le vigenti disposizioni legislative in materia doganale. Nel caso di specie, difatti, era stato sottoposto a confisca il mezzo utilizzato per commettere il reato di cui all' articolo 40, comma 1, d.lgs. numero 504/1995 quindi il reato di sottrazione di idrocarburi dal pagamento dell'accisa. Sulla scorta quindi di tali precisazioni, trovano applicazioni le disposizioni contenute nel TU Dogane articolo 301, D.P.R. 23 gennaio 1973, numero 43 recante ‘approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale' , e precisamente il comma 3 che recita «Si applicano le disposizioni dell' articolo 240 del codice penale se si tratta di mezzo di trasporto appartenente a persona estranea al reato qualora questa dimostri di non aver potuto prevedere l'illecito impiego anche occasionale e di non essere incorsa in un difetto di vigilanza». Ciò rinvia alla disposizione contenuta nell' articolo 240, comma 1, c.p. che prevede la confisca facoltativa per le «cose che servirono o furono destinate a commettere il reato». Sono ritenute infondati i rilievi oggetto del secondo motivo di doglianza ed attinenti alla carenza di argomentazioni atte a giustificare la proporzionalità e l'adeguatezza della misura. Come sopra precisato si siamo nell'ambito di applicazione della confisca facoltativa, relativa al reato di cui all' articolo 40, comma 1, d. lgs. numero 504/1995 rispetto al quale è stato riconosciuto al ricorrente la qualità di terzo estraneo, sul quale però grava l'onere di fornire la prova non soltanto della sua buona fede, ma anche quella di non aver potuto prevedere - per cause indipendenti dalla sua volontà – l'impiego illecito del bene – anche occasionale – da parte dei terzi e di non essere incorso in un difetto di vigilanza. Sotto tali profili, l'ordinanza impugnata esclude che vi fossero elementi idonei a far escludere che il ricorrente non fosse a conoscenza della tipologia del prodotto trasportato nonché la sussistenza della prova – neanche a livello indiziario – della sua buona fede. Sono invece degne di accoglimento - secondo la Suprema Corte – le doglianze inerenti il rispetto del principio di proporzionalità, atteso l'evidente eccedente del valore dei beni sottoposti a sequestro rispetto all'ammontare complessivo dei tributi evasi accise + IVA . Giunge in soccorso sul tema la sentenza numero 229/1974, che dichiarò l'illegittimità costituzionale dell'articolo 116 comma 1 l.d. – trasfuso nell'attuale articolo 301 – nella parte in cui imponeva la confisca elle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, anche se appartenenti a persone estranee al reato stesso, alle quali non fosse imputabile un difetto di vigilanza sull'utilizzazione illecita della cosa. Ciò spiega che se è possibile prevedere la confisca di cose – a chiunque appartengano – in virtù della loro illeceità assoluta per condizioni intrinseche delle cose stesse articolo 240, comma 2, numero 2 , diverso è invece per quelle cose che non sono criminose ab origine, ma lo diventano soltanto quando vengono utilizzate o destinate a commetter un reato, poiché l'illeceità deriva dall'esser la cosa strumento del reato, alla quale il terzo può essere assolutamente estraneo. La confisca può rientrare tra le pene non discrezionali, cioè tra quelle pene la cui irrogazione non passa attraverso una valutazione del giudice ai sensi dell' articolo 133 c.p. Non è neanche però una pena fissa, cioè prevista fissata per legge senza margini di possibile variazione. Il nesso di pertinenzialità rende la confisca proporzionata alla gravità dell'illecito compiuto, essendo la misura della pena è determinata dal reato stesso, senza alcun margine di apprezzamento che consenta la violazione del principio di proporzionalità. Nonostante la finalità preventiva degli instrumenta delicti trova sostegno nella facoltà del giudice di valutare nel caso concreto la reale capacità dei beni medesimi ad essere reimpiegati in nuove attività illecite, non si deve ritenere inapplicabile il principio di proporzionalità eccepito dalla difesa. Per tali ragioni la S.C. ritiene di dover richiedere al giudice di rinvio una più approfondita valutazione al fine di verificare il rispetto del principio del minor sacrificio patrimoniale imposto al proprietario. Nell'applicazione delle misure cautelari reali, il giudice deve quindi compiere una valutazione preventiva e non eludibile – come più volte affermato dalla giurisprudenza della stessa Cassazione – al fine di evitare un'esasperata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica privata tra le tante cfr. Cass. penumero , sez. V, numero 8152/2020 . Diversamente si verrebbe a determinare la violazione delle norme della Convenzione europea dei diritti dell'uomo essendo il principio di proporzionalità previsto altresì dall'articolo 52 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE, riconosciuta dal Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, ratificato con l. 2 agosto 2008, numero 130 Cass. penumero , sez. III, numero 42178/2009 . Sempre in merito al principio di proporzionalità, ricorda la Corte come la stessa Corte Costituzionale ne ha riconosciuto il fondamento costituzionale individuato negli articolo 3 e 27 Cost. tra le tante Corte Cost., numero 50/1980 Corte cost., numero 409/1989 Corte Cost., numero 313/1990 . Il principio di adeguatezza, proporzionalità e gradualità è ormai consolidato anche dalla più recente e molteplice giurisprudenza della stessa Cassazione Cass. penumero , sez. VI, numero 10153/2012 e Cass. penumero , sez. VI, numero 12515/2015 nonché in ambito sovranazionale tale principio è affermato sia dalle fonti dell'Unione cfr. par. 3 e 4 dell' articolo 5 TUE , articolo 49 par. 3 e articolo 52 par. 1 della Carta dei diritti fondamentali sia dal sistema della CEDU articolo 1, protocollo numero 1 CEDU . Altro conforto giunge anche dalla giurisprudenza sovranazionale articolo 6, 7 Cedu cfr. Corte Edu, sez. II, 20 gennaio 2009, Sud Fondi C. Italia, numero 75909/01 cfr, altresì C. Edu, Sez. I, 23 ottobre 2014, Melo Tadeu c. Portugal, ric. numero 27785/10 C.Edu, sez. II, 25 settembre 2008, Paraponiaris c. Grecia, numero 42132/06 . Verificando altresì le censure difensive attinenti il profilo della sproporzionalità, la S.C. ha rilevato come difatti il Tribunale del Riesame abbia effettivamente omesso di argomentare, ritenendo quindi degno di accoglimento del ricorso per la parte relativa a tale eccezione. Sul terzo motivo del ricorso, la Corte rileva la mancata eccezione in appello, e pertanto, alla luce delle disposizioni dell' articolo 606, ult. comma, c.p.p. , ne dichiara l'inammissibilità. Sul quarto motivo la Corte ha dichiarato l'infondatezza dello stesso, in quanto trattasi di una censura generica volta contestare un profilo astratto. Infine, anche sul quinto motivo di censura attinente all'omessa motivazione del requisito c.d. periculum in mora atto a giustificare il provvedimento di sequestro preventivo, la Corte lo dichiara inammissibile perché proposto per la prima volta, come per il terzo motivo. Difatti nel giudizio cautelare trova applicazione la regola della devoluzione tipica del giudizio d'appello in fase di cognizione. Conseguentemente, quindi, al giudice di secondo grado è precluso l'esame dei punti della decisione diversi da quelli oggetto dei motivi di impugnazione Cass. penumero , sez. unite, numero 8/1997 . Nel caso in esame il ricorrente aveva sollevato eccezioni relative soltanto eccezioni relative all'elemento materiale e soggettivo del rato nonché al difetto di sproporzionalità. Conclude la Corte Suprema annullando l'ordinanza impugnata con rinvio per un nuovo esame al Tribunale di Udine, limitatamente alla valutazione di proporzionalità della misura cautelare disposta.
Presidente Rosi – Relatore Scarcella Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del Tribunale del riesame di Udine, pronunciata il 20 aprile 2021, è stato confermato il decreto di convalida del sequestro preventivo d'urgenza disposto dal Pubblico Ministero nei confronti del ricorrente T.T. 2. Si osserva, per migliore intelligibilità dell'impugnazione, che nell'ambito di indagini aventi ad oggetto i traffici illeciti di idrocarburi, la Guardia di Finanza di Udine aveva sottoposto a controllo l'autoarticolato targato[…] condotto dal cittadino bulgaro A.B.T. . Il suddetto veicolo risulta composto da un trattore IVECO, concesso in locazione finanziaria al T., e da un rimorchio cisterna SACIM di proprietà dell'attuale prevenuto. L'autoarticolato in questione trasportava circa 31 mila litri di prodotto, identificato nel CMR come olio lubrificante. Tuttavia, l'analisi visiva e la misurazione del prodotto mediante il termo-densimetro, aveva indotto gli agenti della Guardia di Finanza a ritenere che la sostanza presente nella cisterna avesse le caratteristiche tipiche di un prodotto idrocarburico. Più nello specifico, il prodotto costituiva olio di gas e, di conseguenza, riconducibile all'ambito applicativo del D.Lgs. numero 504 del 1995, articolo 21, comma 2 lett. d . Alla luce di tali rilievi, l'Agenzia delle Dogane ha quantificato in 12.620,64 Euro l'accisa non pagata ed in 6.146,68 Euro l'IVA non corrisposta. Pertanto, nell'immediatezza del fatto era stato disposto il sequestro probatorio sia del trattore che del rimorchio prima indicati. Di seguito, il Pubblico Ministero aveva disposto il sequestro preventivo dei medesimi beni con provvedimento successivamente convalidato dal GIP presso il Tribunale di Udine. In particolare, il Giudice per le Indagini Preliminari, con il provvedimento impugnato dinanzi a questa Corte, ha valorizzato la sussistenza del fumus commissi delicti del reato contestato, nonché la presenza di beni suscettibili di confisca obbligatoria ai sensi del D.Lgs. numero 504 del 1995, articolo 44 comma 1. 2. Contro l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia - procuratore speciale, iscritto all'Albo speciale previsto dall' articolo 613 c.p.p. , articolando cinque motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per, la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p. 2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di violazione o falsa applicazione del D.Lgs. numero 504 del 1995, articolo 44, comma 1 bis e 1 ter, introdotti dal D.L. numero 124 del 2019 , convertito nella L. numero 157 del 2019 . In sintesi, con il primo motivo di ricorso, la difesa ritiene nulli i provvedimenti adottati dal Pubblico Ministero, dal GIP e dal Tribunale del riesame in quanto volti a disporre il sequestro finalizzato alla confisca senza garantire all'interessato la possibilità di pagare la somma di 12.604,64 Euro ed evitare, così, tale sanzione accessoria. A sostegno di tale doglianza, il ricorrente invoca la violazione del D.Lgs. numero 504 del 1995, articolo 44, comma 1 bis e 1 ter nella parte in cui prevedono la non operabilità della confisca per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro . 2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di violazione e/o falsa applicazione dell' articolo 275 c.p.p. , comma 2 e nullità dell'ordinanza impugnata per difetto totale di motivazione e/o motivazione apparente. In sintesi, con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente censura la proporzionalità e l'adeguatezza della misura del sequestro preventivo disposta nei suoi confronti. In particolare, a fronte di un'evasione di imposta quantificata in 12.604,64 Euro, sarebbero stati sottoposti a provvedimento ablatorio beni di valore di almeno dieci volte superiore. Una simile misura - prosegue la difesa - si pone in evidente contrasto sia con l' articolo 275 c.p.p. , comma 2 che con l'articolo 1 del Protocollo numero 1 annesso alla CEDU . Entrambe le norme, infatti, impongono all'organo giudicante di bilanciare gli interessi coinvolti e di fornire motivazioni pertinenti e sufficienti al fine di giustificare il provvedimento di sequestro preventivo. Nonostante tali censure difensive fossero state sollevate fin dall'instaurarsi del giudizio, nessun giudice avrebbe indicato l'esistenza di elementi di fatto idonei a rendere congrua e proporzionata una simile misura. Il ricorrente, infatti, si duole dell'esistenza stessa della motivazione, in quanto nè l'ordinanza impugnata, nè quella emessa dal GIP in sede di convalida, nè tantomeno il decreto del Pubblico Ministero conterrebbero una motivazione idonea a giustificare il sequestro di quei beni. Infine, i provvedimenti da ultimo menzionati non indicherebbero neanche le ragioni di urgenza volte a legittimare il sequestro preventivo della Procura locale e la conseguente convalida ad opera del GIP. 2.3. Deduce, con il terzo motivo, il vizio di violazione dell' articolo 321 c.p.p. , comma 3 ter, con conseguente sopravvenuta inefficacia della misura cautelare disposta. In sintesi, nel caso di specie, il sequestro preventivo dei beni dell'istante risalirebbe al 14 ottobre del 2020, data in cui il Pubblico Ministero aveva adottato un decreto di sequestro probatorio che, in realtà, possedeva intrinseche finalità preventive. Pertanto, trattandosi di un provvedimento di sequestro sostanzialmente preventivo che, come tale, soggiace al necessario rispetto dei termini di cui all' articolo 321 c.p.p. , comma 3 ter, dovrebbe ritenersi privo di efficacia fin dall'origine in quanto privo di una successiva convalida. Sulla base di queste premesse, la difesa ritiene che il secondo decreto di sequestro preventivo, disposto d'urgenza dal Pubblico Ministero nel marzo del 2021 e di seguito convalidato dal GIP, costituisca un'indebita reiterazione della medesima misura cautelare. 2.4. Deduce, con il quarto motivo, il vizio di violazione o falsa applicazione dell'articolo 1 del Protocollo numero 1 annesso alla CEDU , ratificata in Italia con la L. 4 agosto 1955, numero 848 . In sintesi, con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente censura la razionalità e coerenza della disciplina a cui è sottoposto nel nostro ordinamento l'istituto del sequestro probatorio. I principi che regolano l'applicazione di tale misura cautelare si pongono in netta contraddizione con i criteri sanciti a livello convenzionale e sono volti a sacrificare, inevitabilmente, la tutela del cittadino. Nel caso di specie, la finalità perseguita dai giudici della cautela sarebbe stata esclusivamente repressiva in quando diretta ad applicare una sanzione accessoria ben prima dello svolgimento di un accertamento nel merito. 2.5. Deduce, con il quinto motivo, il vizio di violazione e/o falsa applicazione dell' articolo 321 c.p.p. e la nullità per omessa motivazione. In sintesi, con il quinto motivo di ricorso, la difesa si duole dell'omessa motivazione in ordine al requisito del c.d. periculum in mora idoneo a giustificare l'adozione del provvedimento cautelare. Ai fini dell'adozione del sequestro preventivo, l' articolo 321 c.p.p. richiede la sussistenza del c.d. periculum in mora, ovvero la concreta ed attuale probabilità che possa realizzarsi un danno futuro. È necessario, inoltre, che il bene oggetto della misura possegga un'intrinseca e strutturale strumentalità rispetto al reato commesso ovvero a quelli di cui si teme la realizzazione. Tuttavia, nell'adottare il provvedimento ablatorio, il Tribunale del riesame avrebbe omesso di motivare adeguatamente in merito ai suddetti presupposti applicativi. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato limitatamente alla censura sul tema della proporzionalità, dovendo, nel resto, essere dichiarato inammissibile. 2. Deve, preliminarmente, ritenersi sussistere la legittimazione del T. ad impugnare l'ordinanza de qua, sicuramente in quanto proprietario di uno dei mezzi sequestrati il rimorchio cisterna SACIM , e in quanto nella disponibilità dell'altro mezzo, il trattore IVECO , concessogli in locazione finanziaria. Ed invero, il bene detenuto in forza di un contratto di leasing entra nella sfera giuridica dell'utilizzatore, cui è attribuita la materiale disponibilità del bene stesso ed il diritto di goderne e di disporne sulla base di un titolo che esclude i terzi, con la conseguenza che egli è legittimato a proporre impugnazione in quanto soggetto avente diritto alla restituzione sulla base di un titolo contrattuale. Quanto alla qualifica di terzo dell'attuale ricorrente, infatti, l'esame del provvedimento impugnato non consente di qualificarlo, formalmente, almeno allo stato, come indagato del reato per cui si procede, non essendo sufficiente quanto emergente dal provvedimento reiettivo del GIP del 14.10.2020 che ha parlato di un coinvolgimento dell'istante nella perpetrazione dell'illecito che non avrebbe consentito di considerare l'istante quale soggetto estraneo al reato nè, peraltro, pare allo stato risolutivo per qualificarlo come coindagato, quanto affermato nel provvedimento impugnato alle pagg. 4/5, laddove, nel pronunciarsi sull'elemento soggettivo del reato ipotizzato, si afferma che non sarebbe rinvenibile alcun elemento tale da ritenere ictu oculi che il T. , in quanto titolare della ditta di autotrasporti coinvolta nel trasporto di cui trattasi, non fosse al corrente della tipologia del prodotto che quel giorno era stato trasportato. È ben vero che in tema di misure cautelari reali, la qualità di indagato deve essere valutata non secondo un criterio formale, quale l'esistenza di una notitia criminis e l'avvenuta iscrizione nel registro degli indagati, ma secondo quello sostanziale della qualità che il soggetto ha in concreto assunto, in base alla situazione esistente ed a prescindere dalle iniziative del pubblico ministero Sez. 5, numero 20734 del 05/02/2016 - dep. 18/05/2016, Rv. 267286 - 01 , ma è altrettanto indubbio che detta qualità debba emergere in maniera chiara dagli atti del giudizio di merito, ciò che non si riscontra nel caso in esame, non derivando automaticamente dalla qualità di titolare della ditta di autotrasporti proprietaria del rimorchio e locataria della motrice , la responsabilità per il reato in esame, in assenza di più consistenti ed ulteriori elementi indiziari. 3. Il primo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza. 3.1. Giova premettere che, ai sensi dell' articolo 325 c.p.p. , il ricorso per Cassazione avverso l'ordinanza emessa dal Tribunale, all'esito della richiesta di riesame in tema di misure cautelari reali, può essere proposto esclusivamente per violazione di legge. Se dunque non vi è spazio per la censura di cui all' articolo 606 c.p.p. , comma 1, lett. e , deve pur ricordarsi che la motivazione assente, meramente apparente ovvero priva dei pur minimi requisiti per rendere comprensibile la vicenda contestata e l'iter logico seguito dal giudice del provvedimento impugnato, integra un'ipotesi di violazione di legge. 3.2. Nel caso di specie, l'ordinanza impugnata non risulta affetta da alcuna violazione delle norme invocate dall'odierno ricorrente. È ben vero che il D.Lgs. numero 74 del 2000, articolo 12-bis si esprime in termini identici al D.Lgs. numero 504 del 1995, articolo 44, La confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro , ma non si è mai dubitato dell'applicabilità della norma anche nella fase prodromica del sequestro. Analogamente deve dirsi con riferimento alla confisca in materia di accise, poiché, così come in tema di confisca di beni costituenti il profitto o il prezzo di reati tributari, la previsione di cui al D.Lgs. numero 74 del 2000, articolo 12 bis , introdotta dal D.Lgs. numero 158 del 2015 secondo la quale la confisca, diretta o per equivalente, non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro cfr. Sez. 3, numero 28225 del 09/02/2016 - dep. 07/07/2016, Passamonti, Rv. 267334 - 01 , anche la previsione identica contemplata dal D.Lgs. numero 504 del 1995, articolo 44, si riferisce alle assunzioni d'impegno nei termini riconosciuti e ammessi dalla legislazione di settore ad es., in materia di accise, l'accertamento con adesione o concordato . Analogamente, anche per la materia delle accise, dovrebbe quindi mutuarsi il principio, già affermato in materia tributaria, secondo cui la previsione di cui al D.Lgs. numero 74 del 2000, articolo 12-bis , comma 2 introdotta dal D.Lgs. numero 158 del 2015 , secondo cui la confisca ex D.Lgs. numero 504 del 1995, articolo 44, confisca che non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro , si riferisce ai soli casi di obbligo assunto in maniera formale cfr., in termini, nella materia tributaria Sez. 3, numero 5728 del 14/01/2016 - dep. 11/02/2016, Orsetto, Rv. 266037 - 01 . Impegno che, nella specie, non risulta essere stato formalizzato. 3.3. Tuttavia, il motivo è manifestamente infondato per altra ragione, atteso che la confisca di cui si discute nel caso di specie non riguarda nè il prodotto nè il profitto del reato nè, tantomeno, il prezzo , non trovando pertanto applicazione il D.Lgs. numero 504 del 1995, articolo 44, comma 1-bis, che limita l'obbligatorietà della confisca ai beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo , con conseguente esclusione dell'applicabilità del medesimo articolo 44, comma 1-ter che si riferisce alla confisca di cui al comma 1-bis . Dunque, nessun obbligo vi era per il giudice di garantire all'interessato la possibilità di pagare la somma ed evitare la confisca. Trova, diversamente, applicazione nel caso in esame il disposto del D.Lgs. numero 504 del 1995, articolo 44, comma 1, il quale invero prevede che I prodotti, le materie prime ed i mezzi comunque utilizzati per commettere le violazioni di cui agli articolo 40, 41 e 43 sono soggetti a confisca secondo le disposizioni legislative vigenti in materia doganale . E, nella specie, è indubbio che ad essere colpito dal provvedimento di sequestro preventivo è il mezzo utilizzato rectius, i mezzi utilizzati, trattore e rimorchio , per commettere il reato di cui al D.Lgs. numero 504 del 1995, articolo 40, comma 1, reato di sottrazione di idrocarburi dal pagamento dell'accisa , con la conseguenza che trovano applicazione nel caso di specie le disposizioni del TU Dogane D.P.R. 23 gennaio 1973, numero 43, articolo 301, recante Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale e, segnatamente, la disposizione del comma 3 secondo cui Si applicano le disposizioni dell' articolo 240 c.p. se si tratta di mezzo di trasporto appartenente a persona estranea al reato qualora questa dimostri di non averne potuto prevedere l'illecito impiego anche occasionale e di non essere incorsa in un difetto di vigilanza , che rinvia in particolare alla previsione dell' articolo 240 c.p. , comma 1, che per le cose che servirono o furono destinate a commettere il reato , prevede un'ipotesi di confisca facoltativa. Ed è indubbio che si versi in fatti nel caso in esame, essendo, almeno allo stato, il T. terzo estraneo al reato per cui si procede, in quanto il compendio sequestrato risulta composto da un trattore IVECO, concesso in locazione finanziaria al T. , e da un rimorchio cisterna SACIM di proprietà del medesimo. 4. Sono fondati invece i rilevi che attengono alla carenza di argomentazioni finalizzate a giustificare la proporzionalità ed adeguatezza della misura disposta, oggetto del secondo motivo. 4.1. Per meglio chiarire l'approdo cui è pervenuta questa Corte, s'impone una sintetica disamina della questione fattuale come affrontata dal tribunale del riesame. Con l'ordinanza impugnata, il Tribunale ha ritenuto infondate le censure sollevate dalla difesa ed ha confermato il provvedimento di convalida del GIP. Per quanto riguarda la sussistenza del fumus declicti, il Collegio ha evidenziato come questi rinvengano adeguato riscontro nelle analisi chimiche alle quale il prodotto trasportato era stato sottoposto. Il veicolo sequestrato, inoltre, non riportava all'esterno alcun pannello identificativo delle sostanze trasportate, con conseguente violazione di quanto prescritto dalla normativa Europea. Quanto al coinvolgimento soggettivo dell'odierno ricorrente, il Tribunale del riesame ha richiamato il principio di diritto per cui in sede di riesame di misure cautelari reali, è sufficiente dar atto degli elementi di fatto che non consentono di escludere ictu oculi la sussistenza dell'elemento soggettivo Cass. penumero , Sez. III, numero 26007/2019 . Nel caso di specie, il T. risulta titolare della ditta di autotrasporti coinvolta nella vicenda in contestazione, nè tantomeno sono emersi elementi idonei a far ritenere che egli non fosse a conoscenza della tipologia di prodotto trasportato. Sulla base di tali premesse, il Collegio ha ritenuto infondate le censure difensive ed ha confermato il provvedimento di sequestro preventivo. 4.2. Come anticipato in relazione al primo motivo, si versa in un caso di confisca facoltativa, relativa ai mezzi con cui il reato di cui al D.Lgs. numero 504 del 1995, articolo 40, comma 1, è stato commesso, rivestendo il ricorrente, almeno allo stato, la qualità di terzo estraneo al reato in quanto titolare della ditta di autotrasporti coinvolta nella vicenda in contestazione, nella disponibilità del trattore IVECO in quanto concessogli in locazione finanziaria, e proprietario del rimorchio cisterna SACIM oggetto del sequestro. Applicandosi il D.P.R. numero 43 del 1973, articolo 301, comma 3, secondo cui Si applicano le disposizioni dell' articolo 240 c.p. se si tratta di mezzo di trasporto appartenente a persona estranea al reato qualora questa dimostri di non averne potuto prevedere l'illecito impiego anche occasionale e di non essere incorsa in un difetto di vigilanza , va sicuramente ribadito il principio secondo cui la confisca del mezzo di proprietà di un terzo estraneo al reato, utilizzato per il trasporto della merce, è esclusa solo se tale soggetto fornisca la prova non soltanto della sua buona fede ma, specificamente, di non aver potuto prevedere, per cause indipendenti dalla sua volontà, l'illecito impiego - anche occasionale - del veicolo da parte di terzi e di non essere incorso in un difetto di vigilanza In motivazione, la Corte ha precisato che la possibilità di disporre, in tali ipotesi, la confisca del mezzo di proprietà di terzo estraneo al reato non viola l' articolo 1 del Protocollo numero 1 della Convenzione EDU , non potendo ritenersi sproporzionata l'ingerenza nel diritto del terzo rispetto al fine legittimo perseguito dalla misura cautelare Sez. 3, numero 8790 del 26/11/2019 - dep. 04/03/2020, Rv. 278267 - 01 . E sotto tale profilo, l'ordinanza impugnata ha escluso che fossero emersi elementi idonei a far ritenere che il T. non fosse a conoscenza della tipologia di prodotto trasportato. Nè risulta, al di là delle labiali affermazioni di cui al ricorso, la prova, nemmeno a livello indiziario, della sua situazione soggettiva di buona fede. 4.3. Nonostante quanto sopra, attesa la facoltatività del sequestro applicabile nel caso di specie, ritiene il Collegio come, nel caso di specie, colgono nel segno le doglianze difensive articolate sul mancato rispetto del principio di proporzionalità , atteso che il valore dei beni complessivamente sequestrati eccede in maniera lampante l'ammontare dei tributi evasi accise+IVA . Sul punto merita di essere ricordato che con la sentenza 229/1974 la Corte costituzionale dichiarò l'illegittimità costituzionale dell'articolo 116 comma 1 I.d - trasfuso poi nell'attuale articolo 301 - nella parte in cui imponeva la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, anche nell'ipotesi di loro appartenenza a persone estranee al reato, alle quali non fosse imputabile un difetto di vigilanza sull'utilizzazione illecita della cosa. Per quel che ci interessa, la sentenza della Corte costituzionale argomenta che se è lecito prevedere delle cose che devono essere necessariamente confiscate, a chiunque appartengano, in ragione della loro illiceità assoluta per condizioni intrinseche alle cose stesse - è il caso dell'articolo 240, comma 2, numero 2 - altrettanto non può dirsi per cose che non sono criminose ab origine, ma lo diventano allorquando vengono utilizzate o destinate a commettere un reato, perché in tal caso l'illiceità deriva da una qualificazione giuridica - e cioè l'essere la cosa strumento del reato - alla quale il terzo può essere assolutamente estraneo. La confisca può essere fatta rientrare tra le pene non discrezionali, intendendo con quest'espressione quelle pene la cui irrogazione non passa attraverso una valutazione del giudice ai sensi dell' articolo 133 c.p. Che non sia discrezionale, però, non vuol dire che essa sia fissa, intendendosi per pene fisse quelle pene la cui entità è fissata dalla legge, senza margini di possibile variazione. La presenza del nesso di pertinenzialità, ossia di quel legame che fa sì che si confischi il prezzo, il prodotto o il profitto o gli strumenti di quel reato, rende la confisca in nuce proporzionata alla gravità dell'illecito compiuto, perché la misura della pena è determinata dal reato stesso, e non c'è alcun margine di apprezzamento che possa spezzare questo legame e far ipotizzare una violazione del principio di proporzionalità. Non c'è niente di più proporzionato, infatti, che confiscare il mezzo attraverso cui il reato, nella specie quello del D.Lgs. numero 504 del 1995, articolo 40, è stato commesso. 4.4. Nella figura generale di misura di sicurezza delineata dall' articolo 240 c.p. richiamato dal D.P.R. numero 43 del 1973, articolo 301, comma 3 a seguito del rinvio di cui al D.Lgs. numero 504 del 1995, articolo 44, comma 1 , la finalità preventiva dell'acquisizione degli instrumenta delicti trova fondamento nell'opzione tendenzialmente facoltativa che permette al giudice di apprezzare nella situazione concreta la reale capacità dei beni medesimi ad essere reimpiegati in nuove attività illecite. Ciò, tuttavia, non esclude che debba ritenersi inapplicabile il principio di proporzionalità invocato dalla difesa. Ed infatti - ed è questo il profilo su cui il Collegio ritiene di dover richiedere al giudice di rinvio una più approfondita valutazione -, occorre verificare che la confisca degli instrumenta delicti sia pur sempre ispirata al principio del minor sacrificio patrimoniale imposto al proprietario. Come più volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, infatti, i principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità, dettati dall' articolo 275 c.p.p. per le misure cautelari personali, sono applicabili anche alle misure cautelari reali e devono costituire oggetto di valutazione preventiva e non eludibile da parte del giudice nell'applicazione delle cautele reali, al fine di evitare un'esasperata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica privata tra le tante, v. Sez. 5, numero 8152 del 21/01/2010 - dep. 01/03/2010, Magnano e altro, Rv. 246103 - 01 . A rafforzare l'esigenza del rispetto dei tale principio, questa stessa Sezione ha avuto modo di affermare la legittimità del sequestro preventivo su beni di proprietà di persone diverse dall'indagato o dell'imputato purché sia rispettato il principio di proporzione tra esigenze generali di prevenzione e salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo, determinandosi, in difetto, la violazione delle norme della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo In motivazione la Corte ha ulteriormente affermato che il principio di proporzionalità nella limitazione dei diritti garantiti è altresì previsto dall'articolo 52 della Carta dei diritti fondamentali dell'U.E., riconosciuta dal Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, ratificato con L. 2 agosto 2008, numero 130 Sez. 3, numero 42178 del 29/09/2009 - dep. 03/11/2009, Spini, Rv. 245172 - 01 . 4.5. Non deve nemmeno essere dimenticato, come già la già citata sentenza Spini di questa Sezione aveva affermato, che è l' articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea che richiama il rispetto del principio di proporzione nell'applicazione della confisca proprio con riferimento agli instrumenta delicti, richiamo che implicitamente riconosce un oggettivo coefficiente punitivo nell'ipotesi dell'ablazione degli strumenti del reato. E proprio l'immanenza in tale ipotesi di confisca del coefficiente punitivo, rectius sanzionatorio, che consente di agganciare la confisca-sanzione al tema della proporzionalità che, pur riguardando la pena stricto sensu, è indubbio che concerna anche la confisca-sanzione, con la conseguente necessità di tenere conto del principio di proporzionalità, atteso che di tale principio, ormai da decenni, la nostra Corte costituzionale ha riconosciuto il fondamento costituzionale negli articolo 3 e 27 Cost. tra le tante Corte Cost., sent. 50/1980 Corte Cost., sent. 409/1989 Corte Cost., sent. 313/1990 Corte Cost., sent. 343/1993 Corte Cost., sent. 422/1993 Corte Cost., sent. 341/1994 . Più di recente, non può non operarsi il riferimento alla illuminante sentenza Corte Cost., 10 maggio 2019, numero 112 , che ha operato lo scrutinio di legittimità sulla confisca formalmente amministrativa obbligatoria del prodotto e dei beni utilizzati per commettere l'illecito amministrativo di abuso di informazioni privilegiate, prevista dal D.Lgs. numero 58 del 1998, articolo 187 sexies nel testo originariamente introdotto dalla L. numero 62 del 2005, articolo 9, comma 2, lett. a , poi modificato dal d.lg. numero 107/2018, che ne aveva espunto il riferimento ai beni utilizzati per commettere l'illecito , dichiarando incostituzionale l'articolo 187 sexies, in ragione del suo contrasto con gli articolo 3 e 42 Cost. e articolo 117 Cost. , comma 1, quest'ultimo in relazione all'articolo 1 del Prot. addiz. Cedu, nonché dell'articolo 11 Cost. e articolo 117 Cost. , comma 1, in relazione agli articolo 17 e 49, § 3, Cdfue. Sul punto la Corte ha evidenziato come Tali forme di confisca assumono pertanto una connotazione punitiva, infliggendo all'autore dell'illecito una limitazione al diritto di proprietà di portata superiore e, di regola, assai superiore a quella che deriverebbe dalla mera ablazione dell'ingiusto vantaggio economico ricavato dall'illecito § 8.3.4 . La funzione lato sensu cautelare del sequestro, strumentale rispetto al successivo provvedimento di merito, del resto, come reiteratamente affermato da questa Corte, non è sganciata dai principi di adeguatezza e proporzionalità cfr., Sez. 6, numero 37639 del 13/03/2019 - dep. 11/09/2019, Bufano, non massimata sul punto ancora, Sez. 4, numero 18603 del 21/03/2013, P.M. in procomma Camerini, Rv. 237327, che, in motivazione, ha chiarito come i principi di adeguatezza , proporzionalità e gradualità , previsti dall' articolo 275 c.p.p. , come criteri di scelta delle misure cautelari personali, debbano essere applicati anche alle cautele reali. Ciò al fine di evitare un'esasperata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica privata nello stesso senso, fra le altre, Sez. 6, numero 10153 del 18/10/2012, dep. 2013 , Con, Rv. 254526 Sez. 5, numero 8152 del 21/01/2010, Magnano, Rv. 246103 e, più recentemente, Sez. 6, numero 12515 del 27/01/2015, Pi-checa, Rv. 263616 . Il principio di proporzione, dunque, certamente ancorato alla disciplina delle cautele personali nel procedimento penale ed alla tutela dei diritti inviolabili, ha nel sistema una portata più ampia esso travalica il perimetro della libertà individuale per divenire termine necessario di raffronto tra la compressione dei diritti quesiti e la giustificazione della loro limitazione. In ambito sovranazionale, il principio in esame è ormai affermato tanto dalle fonti dell'Unione cfr. par. 3 e 4 dell' articolo 5 TUE , articolo 49 par. 3 e articolo 52 par. 1 della Carta dei diritti fondamentali , che dal sistema della CEDU articolo 1, protocollo numero 1 CEDU . Altrettanto confortanti, in tale ottica, sono i richiami che provengono dalla giurisprudenza sovranazionale, non avendo ad esempio la giurisprudenza della Corte Edu esitato a conferire alla confisca natura nella sostanza punitiva, con la conseguente riconduzione dell'istituto alla materia penale modernamente intesa e, più da vicino, ai principi garantistici che ne informano i contenuti articolo 6, 7 Cedu cfr., per tutte, C. Edu, Sez. II, 29 ottobre 2013, Varvara comma Italia, numero 17475/09 C. Edu, Sez. II, 20 gennaio 2009, Sud Fondi comma Italia, numero 75909/01 cfr. altresì C. Edu, Sez. I, 23 ottobre 2014, Melo Tadeu comma Portugal, ricomma 27785/10 C. Edu, Sez. II, 25 settembre 2008, Paraponiaris comma Grecia, ricomma 42132/06 . 4.6. Sulla base delle considerazioni che precedono, dunque, emerge con tutta evidenza la fondamentale importanza del principio appena menzionato, nonché la necessità che il giudice del rinvio si attenga adeguatamente a tali coordinate ermeneutiche. Nel caso in esame, infatti, il Tribunale del riesame non risulta aver vagliato con attenzione la proporzionalità della misura ablativa disposta nei confronti dell'odierno ricorrente, incorrendo, così, nella violazione dedotta con il presente motivo di ricorso. Ed invero, alla luce della chiara indicazione normativa dell' articolo 325 c.p.p. , comma 1, il ricorso per Cassazione avverso i provvedimenti emessi in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge, dovendosi ricompren-dere in tale nozione sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice Cass. penumero , Sez. Unumero , sent. numero 25932/2008 Cass. penumero , Sez. VI, sent. numero 7472/2009 Cass. penumero , Sez. V, sent. numero 35532/2010 . Nel caso di specie, la difensa censura la carenza assoluta di motivazione dell'ordinanza impugnata in merito ad una specifica doglianza difensiva sollevata in sede di riesame cfr. pag. 4 istanza di riesame . In quest'ultima sede il ricorrente aveva evidenziato come, rispetto all'esigenza cautelare da fronteggiare, il sequestro preventivo in concreto disposto risultasse sproporzionato ed inadeguato. Ed infatti, i beni oggetto del provvedimento ablatorio posseggono un valore eccessivamente elevato almeno dieci volte superiore rispetto all'entità dell'imposta evasa. In particolare, per garantire il pagamento di accise di valore di poco superiore a 12.000 Euro sarebbe stato sufficiente disporre un sequestro più contenuto parametrando il sacrificio patrimoniale imposto con il sequestro in vista della futura confisca, ove ammissibile all'esito del giudizio di merito, al valore dei beni appresi ed all'entità del fatto-reato contestato , in modo tale da sacrificare i diritti dell'istante solo nei limiti di quanto necessario. Su tali specifiche censure difensive attinenti al profilo della proporzionalità, il Tribunale del riesame ha omesso di argomentare, con conseguente accoglimento del ricorso in parte qua. 5. Il terzo motivo di ricorso non merita invece accoglimento. 5.1. In particolare, le doglianze in esame non sono state ritualmente proposte nei motivi di riesame, con conseguente esonero del Tribunale adito da ogni valutazione sul punto. Pacifico infatti è il principio per cui il disposto dell' articolo 606 c.p.p. , comma 3 che prevede l'inammissibilità del ricorso se proposto per violazione di legge non dedotta con i motivi di appello, è applicabile anche nel caso di mancata deduzione in sede di riesame poiché il relativo procedimento, avendo carattere sostanziale di impugnazione del merito, si presenta equiparabile all'appello Sez. 4, numero 839 del 24/06/1993 - dep. 21/10/1993, Foti, Rv. 195324 01 . Pertanto, alla luce della preclusione di cui all' articolo 606 c.p.p. , u.c., il motivo di censura proposto deve essere dichiarato inammissibile. 6. Il quarto motivo di ricorso è parimenti inammissibile. 6.1. Sul punto, osserva preliminarmente il Collegio, non rileva la circostanza che la violazione di legge, relativa alla norma convenzionale dell'articolo 1 protocollo numero 1 CEDU , non sia stata sollevata nell'istanza di riesame. Ed invero, è ormai pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che è rilevabile d'ufficio, anche in sede di giudizio di legittimità, la questione relativa alla violazione dell'articolo 1 del protocollo numero 1 della CEDU , in quanto le decisioni della Corte EDU, quando evidenziano una situazione di oggettivo contrasto della normativa interna con la Convenzione Europea, assumono rilevanza anche nei processi diversi da quello nel cui ambito sono state pronunciate Fattispecie in tema di confisca urbanistica, in cui la Corte ha aggiunto che, essendo stato accertato per la prima volta dalla Corte EDU il profilo d'incompatibilità del sistema interno con la normativa convenzionale con una decisione successiva al ricorso per cassazione, il principio per cui il giudice è tenuto ad applicare il diritto nazionale in conformità ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali ex articolo 117 Cost. , comma 1, impone che, nel giudizio di legittimità, la questione debba essere rilevata d'ufficio ai sensi dell' articolo 609 c.p.p. , comma 2, come se ci si trovasse di fronte a uno ius superveniens , tanto più quando, come nella specie, la questione incide sull'irrogazione di una pena, nel senso di cui all'articolo 7 CEDU Sez. 3, numero 47280 del 12/09/2019 - dep. 21/11/2019, Cancelli, Rv. 277363 - 02 . 6.2. Purtuttavia, come anticipato, il motivo è manifestamente infondato, atteso che la censura difensiva non attinge il provvedimento impugnato ordinanza del tribunale del riesame pronunciatasi sul sequestro preventivo successivamente disposto dal GIP, a seguito della convalida di quello d'urgenza quanto, piuttosto, il sequestro probatorio originariamente disposto dal PM, censurando la razionalità e coerenza della disciplina a cui è sottoposto nel nostro ordinamento l'istituto del sequestro probatorio e sostenendo che, nel caso di specie, la finalità perseguita dai giudici della cautela sarebbe stata esclusivamente repressiva in quando diretta ad applicare una sanzione accessoria ben prima dello svolgimento di un accertamento nel merito. Trattasi, all'evidenza, di censura che, oltre ad essere generica, in quanto tendente a contestare un profilo astratto laddove si limita a sostenere che i principi che regolano l'applicazione di tale misura cautelare si porrebbero in netta contraddizione con i criteri sanciti a livello convenzionale e sono volti a sacrificare, inevitabilmente, la tutela del cittadino , è assolutamente eccentrica rispetto al provvedimento impugnato che, come detto, si pronunciava sulla legittimità della soluzione offerta dal GIP in relazione al sequestro preventivo successivamente disposto all'originario sequestro probatorio, non coinvolto nell'ordinanza impugnata. 7. Infine, quanto all'omessa motivazione in ordine al requisito del c.d. periclum in mora idoneo a giustificare l'adozione del provvedimento cautelare, oggetto del quinto ed ultimo motivo, si tratta di censura che, al pari del terzo motivo, è inammissibile perché proposta per la prima volta dinanzi a questo Giudice. Nel giudizio di appello cautelare, infatti, trova applicazione la medesima regola della devoluzione tipica del giudizio di appello in fase di cognizione. Di conseguenza, al giudice di secondo grado è precluso l'esame dei punti della decisione diversi da quelli oggetto dei motivi di impugnazione Cass. penumero , Sez. Unumero , sent. numero 8/1997 . Nel caso di specie, il ricorrente aveva dedotto in sede di riesame esclusivamente censure legate all'elemento materiale e soggettivo del reato ed al difetto di proporzionalità della misura cautelare in concreto disposta. Pertanto, ogni altra questione, compresa quella relativa alla sussistenza del requisito del periculum in mora, esulava dalla cognizione del Tribunale del riesame e la doglianza sul punto non può ora essere proposta per la prima volta dinanzi al Giudice di legittimità. Alla luce del principio per il quale al giudice dell'impugnazione di legittimità è devoluta la cognizione in relazione alle sole questioni legittimamente dedotte dinanzi al giudice a quo, deve rilevarsi dunque l'inammissibilità dell'ultimo motivo di ricorso. 8. L'impugnata ordinanza dev'essere conclusivamente annullata con rinvio per un nuovo esame al Tribunale di Udine, limitatamente alla valutazione di proporzionalità della misura cautelare disposta. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al tribunale di Udine competente ai sensi dell 'articolo 324 c.p.p ., comma 5.