In tema di sequestro preventivo, il soggetto legittimato a proporre impugnazione avverso il provvedimento di rigetto di dissequestro della società deve individuarsi esclusivamente nella società stessa, legalmente rappresentata dal rispettivo organo amministrativo.
Il Tribunale di Reggio Calabria respingeva l'appello cautelare proposto da un socio di una s.r.l. avverso il provvedimento con il quale era stata respinta l'istanza di dissequestro della medesima società nello specifico, la società era ritenuta nella effettiva disponibilità di Tizio ed era stata da questi utilizzata per realizzare il delitto di illecita concorrenza con minaccia o violenza, ai sensi dell'articolo 513-bis c.p., in danno del legale rappresentante di una s.a.s. Caio, titolare del 60% delle quote sociali della s.r.l., ricorre in Cassazione, chiedendo l'annullamento dell'ordinanza. Il ricorso è inammissibile in quanto proposto da un soggetto non legittimato. La Corte di Cassazione, infatti, afferma che il singolo socio non è legittimato ad impugnare i provvedimenti in materia di sequestro preventivo di beni di proprietà di una società, «attesa la carenza di un interesse concreto ed attuale, non vantando egli un diritto alla restituzione della cosa o di parte della somma equivalente al valore delle quote di sua proprietà, quale effetto immediato e diretto del dissequestro» Cass. penumero , numero 29663/2019 . La legittimazione ad impugnare il provvedimento ablatorio, pertanto, spetta unicamente al legale rappresentante dell'ente e non anche ai soci, i quali non hanno una titolarità giuridica qualificata «potendo al più vantare una mera disponibilità indiretta e di fatto sui beni societari» Cass. penumero , numero 16860/2019 . Dunque, non il socio, ma la società, rappresentata dal suo organo amministrativo, è titolare del patrimonio sociale e dei beni che ne fanno parte ne consegue che il soggetto legittimato a proporre impugnazione avverso il provvedimento di rigetto di dissequestro della società, nei cui confronti è stato disposto il sequestro preventivo, deve individuarsi esclusivamente nella società stessa, legalmente rappresentata dal rispettivo organo amministrativo. Per questi motivi, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Presidente Rosi – Relatore Gai Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 5 novembre 2020, il Tribunale di Reggio Calabria ha respinto l'appello cautelare, ex articolo 322 bis c.p.p., proposto da B.F. , socio della Mister Dog s.r.l. , terza estranea al reato, avverso il provvedimento del Tribunale di Locri con il quale era stata respinta l'istanza di dissequestro della medesima società, sottoposta a sequestro preventivo disposto, con decreto in data 14/6/2018, dai del Tribunale di Reggio Calabria, società ritenuta nella effettiva disponibilidi B.L. e da questi utilizzata per realizzare il delitto di illecita concorrenza con minaccia o violenza, ai sensi dell'articolo 513 bis c.p., in danno di T.L. , legale rappresentante della s.a.s. Dog Center . 2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazione B.F., titolare del 60% delle quote sociali della Mister Dog s.r.l., a mezzo del proprio difensore di fiducia e procuratore speciale, chiedendo l'annullamento dell'ordinanza per i seguenti motivi. Con il primo motivo deduce la violazione di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. b , in relazione all'erronea applicazione dell'articolo 321 c.p.p., comma 2 e articolo 240 c.p., comma 1 e 3. Argomenta la ricorrente che, con decreto di sequestro preventivo emesso nell'ambito di indagini svolte nei confronti di B.L. per il reato di cui all'articolo 513 bis c.p., era stato disposto il sequestro preventivo della società Mister Dog s.r.l. sul ritenuto presupposto che fosse nella disponibilità del B. il quale si sarebbe servito della medesima società, di proprietà delle figlie V. e F. ed amministrata da D.M.A. , per porre in essere le condotte di illecita concorrenza con minaccia o violenza in danno di T.L. , legale rappresentante della s.a.s. Dog Center . Su tali presupposti era stato disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca facoltativa, ai sensi dell'articolo 240 c.p., comma 1. L'ordinanza impugnata avrebbe respinto l'istanza di dissequestro sul mero rilievo dell'asservimento dell'impresa al reato, essendo il B. il reale gestore della stessa non considerando, da cui la erronea applicazione della legge penale che, in ipotesi di confisca facoltativa, come quella in esame, l'articolo 240 c.p., comma 3, esclude l'applicazione della confisca nel caso in cui il bene appartenga a persona estranea al reato. Il bene oggetto di sequestro sarebbe nell'esclusiva proprietà di soggetti terzi estranei al reato. Conclusivamente la società Mister Dog s.r.l. non rientrerebbe nel novero dei beni confiscabili in via facoltativa, ai sensi dell'articolo 240 c.p., commi 1 e 3, perché appartenente a soggetti terzi estranei al reato. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge in relazione al ritenuto giudicato cautelare formatosi in ragione della dichiarazione di inammissibilità del ricorso proposto da D.M.A. da parte della Corte di cassazione. Non essendosi formato il giudicato cautelare, la questione sulla confiscabilità del bene sarebbe proponibile. Considerato in diritto 3. Il ricorso è inammissibile perché proposto da soggetto non legittimato. L'articolo 322 c.p.p., attribuisce la legittimazione alla proposizione dell'impugnazione contro il decreto in materia di sequestro preventivo, all'imputato e al suo difensore , alla persona alla quale le cose sono state sequestrate e a quella che avrebbe diritto alla loro restituzione. Tale previsione deve essere letta alla luce del principio generale sancito dall'articolo 568 c.p.p., comma 4, secondo cui, ai fini della proposizione dell'impugnazione, è necessario avervi interesse. Al pari delle altre impugnazioni, pertanto, anche il ricorso al Tribunale del riesame avverso i provvedimenti in materia di sequestro deve essere sorretto da un interesse concreto ed attuale che, dovendo corrispondere al risultato tipizzato dall'ordinamento per lo specifico schema procedimentale, va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro, non rilevando nella procedura cautelare incidentale ulteriori e solo eventuali interessi Sez. 3, numero 47313 del 17/05/2017, Ruan e altri, Rv. 271231 Sez. 2, numero 50315 del 16/09/2015, Mokchane, Rv. 265463 . 4. Sotto questo profilo, premesso che il vincolo reale è stato disposto in relazione alla società e ai suoi beni aziendali, questa Corte di legittimità ha espresso l'indirizzo giurisprudenziale, assolutamente costante e condivisibile, secondo cui il singolo socio non è legittimato ad impugnare i provvedimenti in materia di sequestro preventivo di beni di proprietà di una società, attesa la carenza di un interesse concreto ed attuale, non vantando egli un diritto alla restituzione della cosa o di parte della somma equivalente al valore delle quote di sua proprietà, quale effetto immediato e diretto del dissequestro Sez. 2, numero 29663 del 04/04/2019, Tufo, Rv. 276735 - 01 . La legittimazione ad impugnare il provvedimento ablatorio spetta unicamente al legale rappresentante dell'ente e non anche ai soci, i quali non hanno una titolarità giuridica qualificata potendo al più vantare una mera disponibilità indiretta e di fatto sui beni societari Sez. 6, numero 16860 del 19/03/2019, Cuppari, Rv. 275934 - 01 . Nelle società di capitali, la legale rappresentanza spetta all'amministratore che la esercita in modo conforme alla legge e allo statuto articolo 2745 bis c.c. , il singolo socio non ha poteri di rilevanza esterna e può unicamente sollecitare gli organi sociali ad agire nell'interesse di quest'ultima, salva la possibilità di agire, nel caso di inerzia, nei confronti degli amministratori stessi e di chiedere la liquidazione della quota sociale articolo 2289 c.c. . L'insieme dei beni aziendali di una società di capitali, qual è la società a responsabilità limitata, appartiene alla società che è soggetto munito di autonomia giuridica distinta dalle persone fisiche e/o giuridiche dei soci che compongono la compagine sociale. Dunque, non il socio, ma la società, rappresentata dal suo organo amministrativo, è titolare del patrimonio sociale e dei beni che ne fanno parte. Da ciò consegue che gli oggetti legittimati a proporre impugnazione avverso al provvedimento di rigetto di dissequestro del compendio aziendale della Mister Dog srl, nei cui confronti è stato disposto il sequestro preventivo del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria, deve individuarsi esclusivamente nella società stessa, legalmente rappresentata dal rispettivo organo amministrativo che ha prontamente esperito i rimedi impugnatori. Diversamente, ma non è questo il caso in esame, il socio titolare di quote di una società a responsabilità limitata è legittimato a impugnare i provvedimenti volti al dissequestro delle quote sociali in titolarità del medesimo costituendo oggetto dei suoi autonomi diritti patrimoniali Sez. 1, numero 5883 del 08/01/2021, Luca, Rv. 280792 . Il singolo socio di società di capitali non è portatore di una legittimazione e di un interesse concreto, inteso come interesse alla restituzione del compendio aziendale sottoposto a vincolo cautelare, ad impugnare il provvedimento di rigetto dell'istanza di dissequestro. Conclusivamente la ricorrente B.F., titolare della quota della società Mister Dog srl, non è legittimata ad impugnare il provvedimento del Tribunale del riesame di rigetto della richiesta di dissequestro della società. II secondo motivo di ricorso resta assorbito. 5. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'articolo 616 c.p.p Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, numero 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Motivazione semplificata.