Tale termine per la riassunzione del processo esecutivo sospeso a seguito della proposizione di una opposizione all’esecuzione decorre sempre, al più tardi, dal passaggio in giudicato della sentenza di rigetto dell’opposizione, anche nel caso in cui tale giudicato si determini in virtù di una decisione nel merito da parte della Cassazione, ex articolo 384, comma 2, c.p.c.
La BNL s.p.a. promuoveva l'azione esecutiva nei confronti dei suoi debitori, nelle forme del pignoramento immobiliare. I debitori proponevano opposizione all'esecuzione accolta in primo grado, poi definitivamente rigettata a seguito del ricorso per cassazione della banca. La creditrice poi procedeva alla riassunzione del processo esecutivo con apposito ricorso. I debitori eccepivano l'avvenuta estinzione del processo esecutivo per la tardività della sua riassunzione e proponevano opposizione agli atti esecutivi. Il giudice dell'esecuzione non accoglieva l'eccezione di estinzione e i debitori proponevano reclamo, respinto sia dal Tribunale che dalla Corte d'Appello. I debitori giungono così dinanzi alla Suprema Corte. Con unico motivo i ricorrenti sostengono che il termine per la riassunzione del processo esecutivo , ex articolo 627 c.p.c., decorre dalla data di passaggio in giudicato della pronuncia che ha rigettato l'opposizione, con la conseguenza che la riassunzione effettuata dalla banca doveva ritenersi tardiva. Erroneamente, quindi, la Corte territoriale avrebbe ritenuto che il suddetto termine decorresse invece dalla data della comunicazione da parte della Cancelleria, della sentenza della Corte di Cassazione che, decidendo nel merito, aveva rigettato la loro opposizione all'esecuzione. Sul punto, i Giudici accogliendo il ricorso affermano che «il termine per la riassunzione del processo esecutivo sospeso a seguito della proposizione di una opposizione all'esecuzione decorre sempre, ai sensi dell'articolo 627 c.p.c., al più tardi dal passaggio in giudicato della sentenza di rigetto dell'opposizione non avendo rilievo in proposito la relativa comunicazione alle parti costituite da parte della Cancelleria , anche nel caso in cui tale giudicato si determini in virtù di una decisione nel merito da parte della Corte di Cassazione ai sensi dell'articolo 384 c.p.c., comma 2».
Presidente Vivaldi – Relatore Tatangelo Fatti di causa La BNL S.p.a., in virtù di un titolo di formazione giudiziale, ha promosso l'azione esecutiva nei confronti di M.A. e B.A.M. , nelle forme del pignoramento immobiliare. I debitori hanno proposto opposizione all'esecuzione, ai sensi dell'articolo 615 c.p.c Il processo esecutivo è stato sospeso, ma l'opposizione, accolta in primo grado dal Tribunale di Grosseto, è stata poi definitivamente rigettata, a seguito del ricorso per cassazione della banca procedente, con sentenza di questa Corte numero 19791, pubblicata in data 18 agosto 2013. La creditrice ha proceduto alla riassunzione del processo esecutivo con ricorso depositato in data 27 marzo 2014. I debitori hanno eccepito l'avvenuta estinzione del processo esecutivo per la tardività della sua riassunzione ed hanno proposto opposizione agli atti esecutivi deducendo la nullità della attività processuali svolte successivamente a detta riassunzione. Il giudice dell'esecuzione non ha accolto l'eccezione di estinzione e i debitori hanno proposto reclamo ai sensi dell'articolo 630 c.p.c Il reclamo è stato respinto dal Tribunale di Grosseto, in quanto considerato tardivo. La Corte di Appello di Firenze, dichiarata invece ammissibile l'eccezione di estinzione del processo avanzata dai debitori, l'ha comunque rigettata nel merito. Ricorrono il M. e la B. , sulla base di un unico motivo. Resiste con controricorso 3-Invest S.p.A., in rappresentanza di NPL Securitisation Italy SPV S.r.l., cessionaria del credito fatto valere in via esecutiva. Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione degli articolo 375 e 380 bis.1 c.p.c I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell'articolo 380 bis.1 c.p.c Ragioni della decisione 1. Con l'unico motivo del ricorso si denunzia Violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell'articolo 627 c.p.c. e articolo 630 c.p.c. . I ricorrenti sostengono che il termine per la riassunzione del processo esecutivo, ai sensi dell'articolo 627 c.p.c., decorre, al più tardi, dalla data del passaggio in giudicato della sentenza che ha rigettato l'opposizione - nella specie coincidente con la pubblicazione della sentenza numero 19791/2018 di questa Corte, avvenuta in data 18 agosto 2013 - con la conseguenza che la riassunzione effettuata dalla banca creditrice, avvenuta in data 27 marzo 2014, doveva ritenersi tardiva con conseguente estinzione dell'esecuzione . Erroneamente, quindi, la corte di appello avrebbe ritenuto che il suddetto termine decorresse invece dalla data della comunicazione avvenuta in data 13 ottobre 2013 , da parte della Cancelleria, della sentenza della Corte di Cassazione che, decidendo nel merito, aveva rigettato la loro opposizione all'esecuzione. Non sarebbero, a loro avviso, conferenti le pronunzie della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione richiamate dalla stessa corte di appello a sostegno della decisione impugnata, e precisamente la sentenza numero 34 del 1970 della Corte Costituzionale con la quale è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo l'articolo 297 c.p.c., comma 1, nella parte in cui dispone la decorrenza del termine utile per la richiesta di fissazione della nuova udienza dalla cessazione della causa di sospensione anziché dalla conoscenza che ne abbiano le parti del processo sospeso nonché la sentenza numero 7760 del 29/03/2007 di questa Corte Sez. 3 , la quale afferma che l'articolo 627 c.p.c., stabilisce che in mancanza del termine perentorio fissato dal giudice dell'esecuzione, il processo esecutivo deve essere riassunto con ricorso nel termine di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado o dalla comunicazione della sentenza di appello che rigetta l'opposizione pertanto, ove non sia stata pronunciata sentenza di appello di rigetto dell'opposizione, risulta inapplicabile la norma predetta e, mancando nell'articolo 549 c.p.c., una alternativa alla ipotesi di fissazione, da parte del giudice, del termine per la riassunzione, devesi far applicazione della norma dell'articolo 297 c.p.c., stante la sostanziale assimilabilità di questa ipotesi alla fattispecie della sospensione ex articolo 295 c.p.c., cosicché il termine decorre dalla data del passaggio in giudicato della sentenza resa nella controversia che abbia determinato la sospensione del processo esecutivo . Il ricorso è fondato. Va in primo luogo osservato che sia la sentenza della Corte Costituzionale numero 34 del 1970, sia quella della Corte di Cassazione numero 7760 del 2007, richiamate dalla corte di appello, riguardano ipotesi diverse da quella qui in esame, e cioè riguardano ipotesi in cui, ai fini della riassunzione, era applicabile - o comunque è stato ritenuto applicabile - l'articolo 297 c.p.c. e non l'articolo 627 c.p.c In particolare, la Corte Costituzionale, con la sentenza numero 34 del 1970, ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale dell'articolo 297 c.p.c., che disciplina la riassunzione del processo ordinario di cognizione dopo la sospensione per pregiudizialità ai sensi dell'articolo 295 c.p.c. si trattava in effetti di un caso di sospensione per pregiudizialità di un ordinario giudizio civile di cognizione per la pendenza di un processo penale e la ratio della decisione del giudice delle leggi è costituita dal rilievo delle eccessive difficoltà che avrebbe avuto a conoscere la data di cessazione della causa di sospensione un soggetto che era parte del giudizio civile sospeso ma non era parte del processo penale pregiudiziale e, quindi, non era in grado di verificare agevolmente l'esito di quest'ultimo . D'altra parte, questa stessa Corte, con la sentenza numero 7760 del 2007 pronunciata, come è appena il caso di rilevare, nel regime anteriore alle modificazioni di cui agli articolo 547 e ss. intervenute a partire dal 2012 , ha affrontato il problema della riassunzione del processo esecutivo dopo la definizione del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, ipotesi che non era affatto disciplinata dall'articolo 627 c.p.c. norma che riguarda esclusivamente la sospensione del processo esecutivo ai sensi dell'articolo 624 c.p.c., in caso di opposizione all'esecuzione e può, al più, estendersi alla medesima sospensione eventualmente disposta in caso di opposizione agli atti esecutivi . In realtà, gli articolo 548 e 549 c.p.c. nel testo all'epoca vigente non prevedevano neanche espressamente la sospensione del processo esecutivo in seguito all'instaurazione del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo quando questo avveniva nelle forme dell'ordinario giudizio di cognizione , pur ritenendosi, in via interpretativa, che si determinasse comunque una sospensione di fatto del processo esecutivo, nelle more dello svolgimento del predetto giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo. Di certo, comunque, la riassunzione del processo esecutivo a seguito della sentenza di accertamento dell'obbligo del terzo non era disciplinata dall'articolo 627 c.p.c. peraltro, ai fini di tale riassunzione, la giurisprudenza più recente di questa stessa Corte ha ritenuto sufficiente la sentenza esecutiva di primo grado, anche non passata in giudicato cfr. Cass., Sez. L, Sentenza numero 23325 del 18/11/2010, Rv. 615743 - 01 , ma dallo stesso articolo 549 c.p.c. il quale statuiva, nella formulazione vigente anteriormente alle modifiche introdotte a partire dal 2012, che con la sentenza che definisce il giudizio di cui all'articolo precedente, il giudice, se accerta l'esistenza del diritto del debitore nei confronti del terzo, fissa alle parti un termine perentorio per la prosecuzione del processo esecutivo . La questione dell'eventuale applicabilità dell'articolo 297 c.p.c., in tale fattispecie questione peraltro ormai non più attuale, essendo radicalmente mutato il quadro normativo e non essendo più previsto il giudizio di cognizione ordinario, ai fini dell'accertamento dell'obbligo del terzo non può avere alcun rilievo nel caso di riassunzione conseguente al rigetto di una opposizione all'esecuzione, fattispecie per la quale è invece specificamente dettato l'articolo 627 c.p.c., che detta una autonoma e differente disciplina. Pare anche opportuno sottolineare che il principio di diritto affermato nella sentenza numero 7760 del 2007 di questa Corte, per quanto sia richiamato l'articolo 297 c.p.c., è in realtà quello come già visto poi superato dalla successiva giurisprudenza per cui il termine per la riassunzione del processo esecutivo sospeso a seguito del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo de-corre va dal passaggio in giudicato della sentenza che aveva definito tale giudizio non dalla sua comunicazione . Nella fattispecie in esame nella presente controversia, in ogni caso, non ricorre una sospensione per pregiudizialità penale e neanche la sospensione di fatto del processo di espropriazione presso terzi conseguente al giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, trattandosi della riassunzione di un processo esecutivo per espropriazione immobiliare sospeso in base all'articolo 624 c.p.c., a seguito del rigetto della relativa opposizione all'esecuzione, avvenuto con sentenza definitiva pronunciata dalla Corte di Cassazione ai sensi dell'articolo 384 c.p.c., comma 2 di conseguenza, deve ritenersi direttamente ed esclusivamente applicabile l'articolo 627 c.p.c. e non si può neanche porre il problema di una eventuale estensione della disciplina di cui all'articolo 297 c.p.c Orbene, in base all'articolo 627 c.p.c. la riassunzione del processo esecutivo deve avvenire entro sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado o dalla comunicazione della sentenza di appello che ha rigettato l'opposizione, così definendo un giudizio del quale sono parti necessarie sia il debitore che tutti i creditori e, quindi, tutti coloro ai quali spetta riassumere il processo esecutivo. Deve pertanto ritenersi che il termine per la riassunzione, in tale ipotesi, non possa mai decorrere da un momento successivo al passaggio in giudicato della sentenza di rigetto dell'opposizione, in qualunque grado essa sia emessa, avendo il legislatore semplicemente inteso anticipare tale decorrenza, per evidenti finalità acceleratorie del processo esecutivo, in caso di sentenza di secondo grado, pur non ancora passata in giudicato, di rigetto dell'opposizione. In altri termini, in caso di sentenza di primo grado di rigetto dell'opposizione, non passata in giudicato, viene concessa al creditore la facoltà di attendere la sentenza di secondo grado prima di riassumere l'esecuzione, onde eventualmente non rischiare che la riassunzione stessa avvenga inutilmente, con le inevitabili conseguenze, anche sul piano risarcitorio. Se però intervenga una sentenza di rigetto dell'opposizione di secondo grado, anche non passata in giudicato, l'ordinamento non consente ulteriori attese, non potendo l'esecuzione rimanere sospesa troppo a lungo a questo puntò, quindi, in mancanza di riassunzione, il processo esecutivo si estingue. Essendo quella appena indicata la ratio delle disposizioni che disciplinano il termine per la riassunzione del processo esecutivo sospeso in caso di opposizione all'esecuzione, ne consegue, per evidenti esigenze logiche e sistematiche, che il suddetto termine non può non cominciare immediatamente a decorrere quando interviene il passaggio in giudicato della pronuncia di rigetto dell'opposizione, in qualunque grado, quindi anche nell'ipotesi in cui ciò avvenga a seguito della pubblicazione della sentenza di decisione nel merito della Corte di Cassazione. Il regime così delineato non può ritenersi eccessivamente gravoso per la parte interessata alla riassunzione, se si tiene conto, in primo luogo, che il creditore è parte necessaria del giudizio di opposizione, onde egli ha certamente modo di verificare agevolmente la data del passaggio in giudicato della relativa sentenza anche laddove essa consegua alla pubblicazione della sentenza di decisione nel merito della Corte di Cassazione , al fine di procedere alla riassunzione del processo esecutivo nel termine previsto dalla legge rimasto di sei mesi, quindi non particolarmente stringente e, in secondo luogo, che si tratta, nella sostanza, del medesimo regime che opera in caso di sentenza di primo grado passata in giudicato di rigetto dell'opposizione anche una tale sentenza potrebbe non essere comunicata al creditore opposto e, anzi, certamente essa non va comunicata se questi rimane contumace nel giudizio di merito . Inoltre, risulta significativo, sotto il profilo in esame, che un analogo regime cioè un termine semestrale di decadenza decorrente per la parte del giudizio dalla pubblicazione della relativa sentenza, indipendentemente dalla sua comunicazione sia dettato dall'articolo 327 c.p.c. addirittura ai fini della possibilità di proporre l'impugnazione della sentenza di merito senza che possa dubitarsi della sua legittimità costituzionale . Deve altresì considerarsi che, se il termine per la riassunzione del processo esecutivo decorresse solo dalla comunicazione della sentenza, anche di legittimità, che respinga nel merito l'opposizione, così determinando l'immediato giudicato sul punto, il processo esecutivo stesso resterebbe esposto al rischio di una indefinita stasi in tutti i casi in cui il creditore opposto rimanesse intimato nel giudizio di legittimità e analoga stasi potrebbe determinarsi in caso di sua contumacia nel giudizio di merito e quindi non avesse diritto ad alcuna comunicazione in tal caso, infatti, il termine per la riassunzione non decorrerebbe mai. Infine, deve aggiungersi, a ulteriore sostegno di quanto sin qui osservato, che, in base all'indirizzo di questa stessa Corte, è ben possibile che il termine per la riassunzione possa decorrere dalla mera pubblicazione e non dalla comunicazione della sentenza della Corte di Cassazione che definisca nel merito il giudizio che determina la sospensione almeno quando la sospensione deriva dalla pendenza di un giudizio di cui siano parti le medesime del giudizio sospeso , e ciò persino nell'ambito del giudizio di cognizione, con riguardo alla sospensione di cui all'articolo 420 bis c.p.c. alla quale pure si ritiene applicabile l'articolo 297 c.p.c. , senza che ciò possa determinare dubbi di legittimità costituzionale, in relazione alla mancata previsione della comunicazione della suddetta pubblicazione al contumace cfr. Cass., Sez. L, Sentenza numero 7696 del 28/03/2018, Rv. 647670 - 01 Sez. L, Sentenza numero 24946 del 24/11/2014, Rv. 633309 - 01 . In definitiva, la sentenza impugnata va cassata, in applicazione del seguente principio di diritto, in base al quale dovrà essere decisa la controversia in sede di rinvio il termine per la riassunzione del processo esecutivo sospeso a seguito della proposizione di una opposizione all'esecuzione decorre sempre, ai sensi dell'articolo 627 c.p.c., al più tardi dal passaggio in giudicato della sentenza di rigetto dell'opposizione non avendo rilievo in proposito la relativa comunicazione alle parti costituite da parte della Cancelleria , anche nel caso in cui tale giudicato si determini in virtù di una decisione nel merito da parte della Corte di Cassazione ai sensi dell'articolo 384 c.p.c., comma 2 . 2. Il ricorso è accolto e la sentenza impugnata è cassata, con rinvio alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso e cassa in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.