Inutile i richiami difensivi dell’insegnante a un presunto metodo educativo. Evidente, invece, secondo i Giudici, il ludibrio cui è stato sottoposto l’alunno indisciplinato. Riconosciuto anche un risarcimento in favore della madre del bambino.
Punire l'allievo indisciplinato sottoponendolo alla stessa incivile condotta da lui tenuta vale una condanna per l'insegnante Cass. penumero , sez. VI, 7 luglio 2021, numero 37642 . All'origine della vicenda ci sono i racconti di alcuni giovanissimi allievi di una scuola elementare. Essi spiegano alle mamme come è stato punito un loro compagno poco disciplinato nello specifico, Caietto è stato richiamato dalla maestra per avere sputato per terra e verso le persone e poi è stato obbligato dalla stessa maestra a divenire lui l' oggetto degli sputi dei compagni di classe. I racconti dei bambini alle mamme spingono queste ultime ad avvertire i genitori di Caietto. Passaggio successivo, ovviamente, è la segnalazione della maestra alle forze dell'ordine. Per l'insegnante scatta il processo, che si conclude, sia in primo che in secondo grado, con la condanna per « abuso dei mezzi di correzione e disciplina » ai danni del piccolo Caietto. In aggiunta, i Giudici la obbligano anche a versare 5mila euro alla madre di Caietto come risarcimento. Inequivocabile l'episodio verificatosi in classe, quando l'insegnante ha costretto il giovanissimo allievo, «che durante la lezione di educazione motoria aveva continuato a sputare per terra e verso i presenti», a subire a sua volta «l'umiliazione di essere bersaglio di sputi da parte di altri suoi compagni di classe, così provocando al bambino un forte turbamento e pianto». Col ricorso in Cassazione la maestra prova a mettere in discussione l'episodio, sostenendo l' inattendibilità delle testimonianze degli allievi della sua classe e, allo stesso tempo, spiegando di avere agito con finalità educative . Su quest'ultimo fronte la donna spiega di essersi mossa nella «sicura convinzione che la condotta rientrasse nei limiti dello ius corrigendi e in applicazione del cosiddetto metodo educativo ‘role play', che conosceva ed aveva applicato in altri contesti». I Giudici di terzo grado ritengono acclarato l'episodio incriminato, come raccontato da alcuni alunni alle loro mamme, che a loro volta «lo avevano raccontato il giorno successivo alla madre di Caietto». Ma ciò che conta è la lettura da dare alla linea seguita dalla maestra. Quest'ultima ha dato indicazione ai suoi allievi di «sputare davvero al loro compagno di classe» e di non «limitarsi a mimare il gesto dello sputo», e per i Giudici è lapalissiana la sua « volontà di abusare dei mezzi di correzione». Sacrosanta, quindi, la condanna della maestra, alla luce del principio secondo cui è catalogabile come «abuso dei mezzi di correzione o di disciplina» il comportamento dell'insegnante che «fa ricorso a qualunque forma di violenza , fisica o morale, ancorché minima ed orientata a scopi educativi». I magistrati della Cassazione sottolineano, difatti, che in questa vicenda «un bambino di 6 anni è stato esposto, su indicazione della sua insegnante, ad una punizione mediante denigrazione e ludibrio, utilizzando i suoi compagni di classe». Evidente, quindi, come la maestra abbia così «abusato dolosamente dei mezzi di correzione e disciplina».
Presidente Petruzzellis – Relatore Mogini Ritenuto in fatto 1. C.C. ricorre per mezzo del suo difensore di fiducia avverso la sentenza in epigrafe, con la quale la Corte di appello di Venezia ha confermato il giudizio di penale responsabilità per il contestato reato di abuso dei mezzi di correzione e disciplina articolo 571 c.p. pronunciato nei suoi confronti in primo grado, ad esito di giudizio abbreviato, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vicenza e le altre statuizioni penali, riducendo ad Euro cinquemila la somma liquidata a titolo di risarcimento del danno a favore della costituita parte civile. La ricorrente è imputata del delitto di cui all' articolo 571 c.p. , per avere, nella sua qualità di insegnante del primo anno della scuola primaria, abusato dei mezzi di correzione e disciplina nei confronti dell'alunno P.S. costringendo quest'ultimo, che durante la lezione di educazione motoria aveva continuato a sputare per terra e verso i presenti, a subire a sua volta l'umiliazione di essere bersaglio di sputi da parte di altri suoi compagni di classe, così provocando al bambino un forte turbamento e pianto. 2. La ricorrente deduce i seguenti motivi di ricorso. 2.1. Violazione di legge penale e vizi di motivazione in relazione alla valutazione delle testimonianze rese dai minori sentiti nelle forme dell'audizione protetta, per non avere la Corte territoriale motivato adeguatamente la preferenza data alle testimonianze confermative dell'accusa rispetto a quelle, rese da altri minori, di segno contrario. 2.2. Violazione di legge penale e vizi di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo del delitto di cui all' articolo 571 c.p. , posto che nel caso di specie la ricorrente si è mossa nella sicura convinzione che la sua condotta rientrasse nei limiti dello ius corrigendi e in applicazione del cosiddetto metodo educativo role play , che conosceva ed aveva applicato in altri contesti. 3. In mancanza di tempestiva istanza di trattazione orale, il ricorso è stato trattato e deciso in camera di consiglio senza l'intervento del Procuratore Generale e dei difensori, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, numero 137, articolo 23, comma 8. La Procura Generale, in persona del Sostituto Procuratore Generale Senatore Vincenzo, ha depositato conclusioni scritte per il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile, poiché aspecifico e reiterativo di doglianze già proposte in appello. In vero, esso non si confronta compiutamente con la congrua motivazione della sentenza impugnata, immune dai predicati vizi logici e giuridici, su entrambi i punti dedotti. 1.1. In particolare, la sentenza in esame pp. 2-3 giustifica puntualmente e con valutazione assolutamente coerente e adeguata la ricostruzione del fatto contestato offerta da tre compagni di classe del piccolo S. , oltre che da quest'ultimo, spiegando, tra l'altro, che la circostanza che due dei minori sentiti in audizione protetta non abbiano ricordato lo specifico episodio non intacca il resto del compendio probatorio a carico, ed in particolare le concludenti dichiarazioni rese nelle forme di legge dagli altri minori, i quali subito dopo il fatto lo avevano già riferito alle loro mamme, che a loro volta lo avevano raccontato il giorno successivo alla madre di S. . 1.2. La sentenza in esame risponde compiutamente anche alla deduzione relativa alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo del contestato reato di cui all' articolo 571 c.p. , là dove pp. 3-4 , dopo aver ricordato che i bambini, su conforme indicazione della ricorrente, non si erano limitati a mimare il gesto dello sputo, ma avevano realmente sputato al loro compagno di classe, ha altresì correttamente rammentato che il reato in parola richiede il dolo generico, cioè la volontà di abusare dei mezzi di correzione, mentre il fine disciplinare costituisce un elemento della fattispecie e non una qualificazione dell'elemento soggettivo. Sicché la Corte territoriale mostra di aver dato esplicita e impeccabile applicazione del principio di diritto, costantemente affermato da questa Corte, secondo cui integra il reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina il comportamento dell'insegnante che faccia ricorso a qualunque forma di violenza, fisica o morale, ancorché minima ed orientata a scopi educativi da ultimo, tra molte, Sez. 6, numero 9954 del 03/02/2016, M., Rv. 266434, in fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva ricondotto al predetto reato la condotta di una insegnante che aveva sottoposto i bambini a lei affidati a violenze fisiche, consistite in schiaffi o nel tirare loro i capelli con forza, ovvero a violenza psicologica e, ancora, a condotte umilianti, come il minacciarli dell'arrivo di un diavoletto, nel costringerli a cantare o a mangiare, nel farli tenere la lingua fuori dalla bocca , posto che un bambino di sei anni veniva esposto su indicazione della sua insegnante ad una punizione mediante denigrazione e ludibrio, servendosi dei suoi compagni di classe, così abusando dolosamente dei mezzi di correzione e disciplina. 2. All'inammissibilità del ricorso conseguono le statuizioni di cui all' articolo 616 c.p.p. . La ricorrente va altresì condannata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, ammessa al patrocinio a spese dello Stato. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l'imputata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Venezia con separato decreto di pagamento ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 8 2 e 83 , disponendo il pagamento in favore dello Stato.