Liquidità all’impresa dopo la pandemia: la banca non è obbligata a concedere il prestito

Fermo il diritto del soggetto finanziatore di vagliare il merito creditizio del soggetto richiedente prima di concedere il prestito.

Tizio, titolare di una piccola attività commerciale riferisce dinanzi al Tribunale di Brindisi di aver dovuto fronteggiare la crisi economica conseguente alla chiusura in ragione delle misure adottate dal Governo per fronteggiare la diffusione del COVID-19 a partire da marzo 2020 e di aver chiesto di usufruire della misura di agevolazione dell'accesso al credito adottata dal Governo per consentire l'immissione di liquidità nel sistema ai sensi del d.l. numero 23/2020, che ha previsto garanzie per consentire l'accesso al credito di imprese piccole, medie e grandi e la sospensione dei termini di scadenza dei titoli di credito. La richiesta è stata fatta alla banca resistente la quale ha negato la concessione ritenendo dalla sua analisi istruttoria la non sussistenza dei requisiti previsti dal cosiddetto d.l. liquidità. Il giudice della prima fase ha ordinato alla banca di rivalutare la richiesta di concessione del mutuo e avverso tale decisione la banca stessa propone reclamo. Resta fermo il diritto del soggetto finanziatore di vagliare il merito creditizio del soggetto richiedente prima di concedere il prestito. La ratio di questo risiede nella garanzia della libertà di iniziativa economica costituzionalmente garantita articolo 41 Cost. , nella necessità che l'urgenza di agevolare l'accesso al credito di soggetti pregiudicati dalle conseguenze derivanti dalla situazione di emergenza epidemiologica a seguito della diffusione del COVID-19 sia bilanciata con la necessità che la concessione di garanzie dello Stato avvenga a favore di soggetti economicamente dotati dei necessari requisiti di affidabilità che appaiono nelle condizioni di poter rimborsare le somme ricevute. Da qui la fondatezza del reclamo in ordine all'insussistenza di un obbligo a contrarre per la banca.

Giudice Marra Fatto Nella prima fase di questo giudizio cautelare, omissis titolare di una piccola attività commerciale nel settore merceologico alimentare, ha riferito di avere dovuto fronteggiare la crisi economica della sua azienda, conseguente alla sua chiusura in ragione delle misure adottate dal Governo per il contrasto alla diffusione del virus Covid-19 a partire da marzo 2020, e di avere pertanto chiesto di fruire della misura di agevolazione dell'accesso al credito adottata dal Governo per  consentire l'immissione di liquidità nel sistema mediante il  D.L.  numero 23 dell'8 aprile 2020 convertito con modificazioni dalla l. 5 giugno 2020, numero 40 che ha previsto garanzie pubbliche per favorire l'accesso al credito di imprese piccole, medie e grandi e la sospensione dei termini  di scadenza  dei titoli di credito. Lo omissis ha riferito di avere formulato richiesta di accesso al credito alla banca resistente con pec del 23 aprile 2020, alla quale la società ha risposto con un diniego, ritenendo dalla sua analisi istruttoria che non sussistessero i requisiti previsti dal D.L. liquidità. Il ricorrente ha affermato di avere diritto ad ottenere il finanziamento, perché l'articolo 13 del provvedimento citato assicurerebbe alle piccole e medie imprese cd alle persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni la cui attività d'impresa sia stata danneggiata dall'emergenza COVID-19  la  prestazione della garanzia da parte del Fondo di garanzia per le PMI al 100%, laddove esse abbiano chiesto un finanziamento per un importo non superiore ai 25.000,00 euro e al ricorrere di ulteriori presupposti ritendo che l'erogazione del prestito fosse un atto dovuto dalla Banca, dovendo essa emettere una delibera positiva senza una preliminare valutazione del merito del credito, il ricorrente ha rilevato, a fronte di tale diniego, il rischio attuale e concreto del completo tracollo della sua attività economica ed ha quindi chiesto che la banca fosse condannata all'erogazione del finanziamento richiesto, con vittoria delle spese di lite. Il giudice della prima fase, con provvedimento emesso inaudita altera parte, ha accolto la domanda attorea. La resistente, costituendosi in giudizio, ha chiesto preliminarmente la sospensione del decreto e l'anticipazione dell'udienza fissata per la conferma o meno del decreto emesso, atteso che controparte aveva già manifestato la volontà di agire in executivis, come infatti ha fatto notificando poi atto di precetto nel merito, ha riferito che la domanda di finanziamento avanzata dalla controparte non aveva potuto trovare accoglimento atteso che dall'esame della sua situazione contabile, sarebbero emerse perdite considerevoli nel bilancio aziendale e ripetuti sconfini, oltre al fatto che lo omissis non aveva pregressi rapporti con quell'istituto di credito la resistente si è detta tenuta ad effettuare una valutazione del merito creditizio in sede di concessione di quei finanziamenti assistiti dalla garanzia dello Stato e tanto al fine di evitare danni erariali conseguenti alla concessione di prestiti a soggetti ad alto rischio di onorabilità ha quindi chiesto il rigetto dell'avversa domanda cautelare, con vittoria delle spese di lite. Nelle more, ovvero l'8 gennaio 2021, Banca Popolare Pugliese ha provveduto all'erogazione del mutuo, versando su un conto corrente dedicato l'importo richiesto, pari a 11.757,00 euro. Il giudice della prima fase ha deciso il ricorso ex articolo 700 c.p.c., così revocando il provvedimento emesso inaudita altera parte, ordinando alla banca resistente di rivalutare la richiesta  di concessione del mutuo sulla base dei criteri dettati dal legislatore e richiamati nella parte motiva dell'ordinanza e compensando  per  un terzo  le spese di lite. Avverso questo provvedimento, BPP ha proposto reclamo, lamentando l'inesistenza del diritto di mutuo in capo al ricorrente - ribadendo altresì la piena autonomia e discrezionalità della banca nell'accordare o no il finanziamento richiesto -, l'abnormità e l'incongruenza del provvedimento reclamato, consistito, in sostanza, in una revoca del provvedimento emesso inaudita altera parte e la violazione dell'articolo 112 c.p.c., ovvero del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, con la conseguente nullità del provvedimento reclamato. Il reclamo è fondato e il provvedimento impugnato merita pertanto di essere riformato. Con il D.L. numero 23 del 2020, il Governo ha preso atto degli effetti negativi che l'emergenza epidemiologica COVID-19 sta producendo sul tessuto socioeconomico nazionale, prevedendo così misure di sostegno alla liquidità delle imprese e di copertura di rischi di mercato particolarmente significativi come si legge nella premessa dello stesso provvedimento legislativo . Non vi è dubbio che ad essere automaticamente concessa al richiedente è la garanzia dello Stato, subordinata solo al ricorrere delle condizioni indicate nel D.L., ovvero quelle indicate dalla lettera a alla lettera n del secondo comma dell'articolo 1. In tal senso, la Sace S.p.A., soggetto designato per il rilascio delle garanzie secondo il regime previsto dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020, non ha margini di apprezzamento discrezionale in ordine alla concessione dell'accesso al Fondo diversamente, resta fermo il diritto del soggetto finanziatore di vagliare il merito creditizio del richiedente prima di concedere il prestito. Tale interpretazione della disciplina di emergenza in esame è suggerita da testo dell'articolo I, comma VI, che disciplina una procedura semplificala di accesso al finanziamento è infatti previsto che l'impresa con meno di 5000 dipendenti in Italia e con valore del fatturato inferiore a 1,5 miliardi di euro interessata all'erogazione di un finanziamento garantito da SACE S.p.A., presenti a un soggetto finanziatore, che può operare ed eventualmente erogare anche in modo coordinato con altri finanziatori, la domanda di finanziamento garantito dallo Stato che in caso di esito positivo della delibera di erogazione del finanziamento da parte dei suddetti soggetti - dice testualmente la disposizione - questi ultimi trasmettono la richiesta di emissione della garanzia a SACE S.p.A. e quest'ultima processa la richiesta, verificando l'esito positivo del processo deliberativo del soggetto .finanziatore ed emettendo un codice unico identificativo del finanziamento e della garanzia il soggetto finanziatore procede quindi al rilascio del finanziamento assistito dalla garanzia concessa dalla SACE S.p.A Tanto consente di ritenere che il diritto dell'istituto di credito di verificare la fattibilità dell'operazione non è derogato dalla situazione emergenziale e quindi nessun automatismo si inserisce nella procedura di concessione del credito, risultando invece scevra da valutazioni discrezionali solo la concessione della garanzia dello Stato, al ricorrere delle condizioni di legge. La ratio della normativa richiamata risiede evidentemente nella garanzia della libertà di iniziativa economica costituzionalmente tutelata articolo 41 Cost. , nella necessità che l'urgenza di agevolare l'accesso al credito di soggetti pregiudicati dalle  conseguenze fortemente negative sul piano economico e sociale della situazione di emergenza dichiarata a seguito della diffusione del virus Covid-19 sia bilanciata con la necessità che la concessione di garanzie dello Stato avvenga a beneficio di soggetti economici dotati dei necessari requisiti di affidabilità, che quindi appaiano nelle condizioni di poter rimborsare le somme ricevute, e tanto a tutela di altri due principi di rango costituzionale, ovvero l'articolo 47 Cost. secondo cui la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito e l'articolo 81 Cost., che sancisce l'obbligo assunto dallo Stato di assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico . Resta fuori dalla cognizione di questo collegio, pertanto, la verifica della sussistenza dei presupposti , sotto il profilo contabile, per la concessione del finanziamento da parte della banca, al pari di ogni altra transazione economica fra privati non ignora questo collegio che l'ordinamento riconosca al giudice il potere di sindacare la sussistenza del sinallagma contrattuale, al fine di ristabilire l'equilibrio equitativo del contratto si pensi al potere di ridurre la clausola penale, al suo sindacato nel caso di esercizio dell'azione di rescissione o di risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta . E tuttavia, tale potere equitativo tende ed esplicarsi in ordine al “quomodo” del regolamento contrattuale, con il limite, in ogni caso, del rispetto della libertà negoziale delle parti nella fase delle trattative, invece, ovvero in relazione, specificamente, all'an dell'esercizio della libera iniziativa economica nel senso della decisione di operatore economico di stipulare o meno un contratto con un soggetto richiedente, il potere di intervento del giudice appare difficilmente configurabile, se non nelle ipotesi in cui l'operatore che fornisca un prodotto o servizio operi in un regime monopolistico o semi-monopolistico, ipotesi non ricorrente nel caso di specie. La fondatezza del reclamo in ordine all'insussistenza di un obbligo a contrarre per Banca Popolare Pugliese determina l'assorbimento di ogni altro motivo di censura dell'ordinanza cautelare reclamata. Appare congruo compensare fra le parti le spese di lite di entrambe le fasi del giudizio, in ragione della non particolare facilità di interpretazione della normativa emergenziale emessa dal Governo al fine di fronteggiare la crisi economica conseguente alla situazione di emergenza sanitaria dichiarata. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, rigettata ogni altra domanda e eccezione, così decide accoglie il reclamo e, per l'effetto, ordina a omissis di restituire a Banca Popolare Pugliese s.c.p.a., in persona del suo legale rappresentante p.t., la somma ricevuta a titolo di finanziamento compensa integralmente fra le parti le spese di lite relative ad entrambe le fasi del giudizio cautelare.