«I cittadini stranieri che si trovano nelle documentate circostanze di cui all'articolo 19, comma 2, lettera c , d.lgs. numero 286/1998, ossia convivono effettivamente con parenti entro il secondo grado di nazionalità italiana, non beneficiano solo della tutela avverso i provvedimenti espulsivi scaturente dalla loro condizione di inespellibilità ma possono attivarsi per richiedere e ottenere dal Questore un permesso di soggiorno per motivi familiari, ai sensi dell'articolo 28, comma 1, lettera b , d.P.R. numero 394/1999».
Il caso. Il Tribunale di Brescia negava il rilascio del visto d'ingresso richiesto da un cittadino naturalizzato italiano per ricongiungimento familiare alla propria sorella, per l'assenza del requisito della convivenza nello specifico, i Giudici di prime cure rigettavano la domanda sul rilievo che le norme sul ricongiungimento familiare sia per quanto riguarda i cittadini comunitari che per gli stranieri extracomunitari non contemplavano i fratelli che erano invece contemplati da altre norme, a proposito della inespellibilità, quali l'articolo 28, comma 1, lett. b , d.P.R. numero 394/1999 e l'articolo 19, comma 2, lett. c , d.lgs. numero 286/1998. Ad avviso del Tribunale, queste ultime norme riguardavano il divieto di espulsione e, pertanto, erano operative in un momento successivo a quello dell'ingresso in Italia, sicché alla donna non poteva essere riconosciuto un diritto di ingresso nello Stato, nonostante l'accertata convivenza, in quanto questo risultato poteva essere riconosciuto solo in caso di espulsione. La Corte d'Appello di Brescia, in riforma della sentenza di primo grado, si adeguava alla prassi delle Questure, le quali, in caso di comprovata convivenza, rilasciano il permesso di soggiorno anche ai fratelli. Il Ministero dell'Interno ricorre in Cassazione, lamentandosi del fatto che la Corte d'Appello avesse interpretato l'inespellibilità sancita dall'articolo 19, comma 2, lett. c , d.lgs. numero 286/1998, in favore del fratello o sorella di un cittadino italiano naturalizzato , nel senso di considerarla un canale preferenziale svincolato da qualsiasi requisito economico e/o abitativo idoneo ad aggirare le vie d'ingresso ordinarie nel territorio nazionale, e con il rischio di «minare la coerenza interna dell'ordinamento dell'immigrazione». La decisione della Corte. Il ricorso è infondato. La Corte di Cassazione, infatti, afferma che i fratelli di cittadini italiani non hanno diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari in assenza del requisito della convivenza effettiva ai sensi dall'articolo 19, comma 2, lett. c , d.lgs. numero 286/1998. «La relazione tra due fratelli entrambi maggiorenni e non conviventi – precisano i Giudici – non è riconducibile alla nozione di ‘vita familiare' rilevante a norma dell'articolo 8 CEDU, difettando ogni elemento presuntivo dell'esistenza di un legame affettivo qualificato da un progetto di vita in comune», con la conseguenza che, affinché un fratello possa ottenere un permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare ad altro fratello o sorella, è necessario il requisito della convivenza effettiva Cass. civ., numero 7427/2020 . Ciò premesso, la Suprema Corte enuncia il seguente principio di diritto «i cittadini stranieri che si trovano nelle documentate circostanze di cui all'articolo 19, comma 2, lettera c , d.lgs. numero 286/1998, ossia convivono effettivamente con parenti entro il secondo grado di nazionalità italiana, non beneficiano solo della tutela avverso i provvedimenti espulsivi scaturente dalla loro condizione di inespellibilità ma possono attivarsi per richiedere e ottenere dal Questore un permesso di soggiorno per motivi familiari, ai sensi dell'articolo 28, comma 1, lettera b , d.P.R. numero 394/1999».
Presidente Cesare – Relatore Solaini Rilevato che L'Avvocatura Generale dello Stato ha proposto ricorso in cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello di Brescia che aveva accolto il gravame proposto da R.S.M. avverso l'ordinanza ex articolo 702 bis c.p.c., emessa dal tribunale di Brescia, che aveva confermato il diniego del Questore di Brescia al rilascio del visto d'ingresso richiesto per ricongiungimento familiare alla propria sorella, per l'assenza del requisito della convivenza, poiché la ricorrente non era stata trovata in casa, all'atto dell'accertamento da parte dei Carabinieri. In riferimento al chiesto ricongiungimento, il tribunale aveva rigettato la domanda sul rilievo che le norme sul ricongiungimento familiare sia per quanto riguarda i cittadini comunitari D.Lgs. numero 30 del 2007, articolo 2,3 e 10 che per gli stranieri extracomunitari D.Lgs. numero 286 del 1998, articolo 29 e 30 non contemplavano i fratelli, che erano invece contemplati da altre norme, a proposito della inespellibilità, quali del D.P.R. numero 394 del 1999, articolo 28, comma 1, lett. b e D.Lgs. numero 286 del 1998, articolo 19, comma 2, lett. c . Ad avviso del Tribunale, queste ultime norme riguardavano il divieto di espulsione e, pertanto, erano operative in un momento successivo a quello dell'ingresso in Italia, così che alla ricorrente non poteva essere riconosciuto un diritto di ingresso nello Stato, nonostante l'accertata convivenza, poiché questo risultato poteva essere riconosciuto solo in caso di espulsione. R.S.M. ha proposto appello che, nella resistenza dell'amministrazione appellata, veniva accolto. Il particolare, la Corte territoriale di Brescia, mutando il proprio precedente orientamento, ha ritenuto di adeguarsi alla prassi delle Questure, le quali, in caso di comprovata convivenza, rilasciano il permesso di soggiorno anche ai fratelli. Nel caso di specie, la convivenza era rimasta provata dalle dichiarazioni concordanti di S.S., soggetto assistito dalla sorella della ricorrente, e da S.D., suo figlio, che avevano dichiarato che le due sorelle vivevano nella stessa unità abitativa, l'una con il ruolo di badante e l'altra con il ruolo di domestica. Contro la sentenza della Corte d'appello, il Ministero dell'Interno ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di un unico articolato motivo. R.S.M. non ha spiegato difese scritte. Considerato che Con il motivo di ricorso, l'Amministrazione ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare del D.Lgs. numero 286 del 1998, articolo 19, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, perché la Corte d'appello, aveva interpretato l'inespellibilità sancita dalla norma in rubrica, in favore del fratello o sorella di un cittadino italiano naturalizzato , nel senso di considerarla, di fatto, un canale preferenziale svincolato da qualsiasi requisito economico e/o abitativo idoneo ad aggirare le vie d'ingresso ordinarie nel territorio nazionale, e con il rischio di minare la coerenza interna dell'ordinamento dell'immigrazione infatti, secondo l'amministrazione, il trend in aumento del numero di cittadini naturalizzati comporta il rischio connesso dell'aumento esponenziale dei permessi di soggiorno rilasciati per inespellibilità, sul mero presupposto dell'ospitalità difficilmente distinguibile da una reale convivenza , in fase istruttoria amministrativa o giudiziale , presso un parente collaterale residente in Italia. Il motivo è infondato. Secondo il quadro normativo vigente, il D.Lgs. numero 30 del 2007, si applica a qualsiasi cittadino dell'Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari ai sensi del D.Lgs. numero 30 cit., articolo 2, comma 1, lett. b e dunque, in sintesi il coniuge il partner che abbia contratto un'unione equiparata dalla legislazione di uno Stato membro, a matrimonio i discendenti di età inferiore a 21 anni o a carico, gli ascendenti a carico con esclusione, pertanto, dei fratelli. Anche in base all'articolo 7.1, lett. d del predetto testo normativo il cittadino dell'Unione ha diritto di soggiornare nel territorio nazionale per un periodo superiore ai tre mesi quando è familiare, come definito dall'articolo 2, che accompagna o raggiunge un cittadino dell'Unione che ha diritto di soggiornare ai sensi delle lettere a , b e c . L'estensione agevolata di ingresso e soggiorno dei familiari previsti dall'articolo 3 del citato D.Lgs. fra i quali anche i fratelli richiede invece ulteriori requisiti precisamente deve trattarsi di familiare a carico o convivente, nel Paese di provenienza, con il cittadino dell'Unione titolare del diritto di soggiorno a titolo principale o devono sussistere gravi motivi di salute tali da imporre che il cittadino dell'Unione lo assista personalmente. In tal senso cfr. Cass. ordinanza numero 25661 del 17.12.2010 il diritto all'ingresso e al soggiorno per ricongiungimento familiare del cittadino extracomunitario con cittadino italiano è regolato esclusivamente dalla disciplina normativa di derivazione comunitaria, introdotta dal D.Lgs. 6 febbraio 2007, numero 30, che ha recepito la Direttiva 2004/38/CE. Tale diritto non può, pertanto, essere riconosciuto a un cittadino straniero collaterale nella specie sorella del cittadino italiano, in quanto tale vincolo di parentela non è compreso nella definizione normativa di familiare , contenuta nell'articolo 2 del citato D.Lgs., nè un'interpretazione estensiva della norma da ultimo citata può essere giustificata dal successivo articolo 3, che prefigura la possibilità di un'estensione della nozione di familiare , ma esclusivamente in presenza di specifiche condizioni quali una seria infermità, l'essere a carico del cittadino italiano di cui è necessario dimostrare l'esistenza . Pertanto, ai sensi del D.Lgs. numero 30 del 2007, i fratelli dei cittadini italiani non hanno diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari se non sulla base dei peculiari presupposti sopra ricordati. Con riferimento al D.Lgs. numero 286 del 1998, è in base all'articolo 19, comma 2, del medesimo - il quale vieta l'espulsione, tra l'altro, degli stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado e con il coniuge, di nazionalità italiana - che i fratelli dei cittadini italiani hanno diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari, qualora però ricorra il presupposto della convivenza. La predetta convivenza deve essere effettiva infatti le pronunce di merito e legittimità Cass. numero 12745 del 23.5.2013 numero 5303 del 6.3.2014 che escludono la necessità dell'effettiva convivenza ai fini del rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno si riferiscono all'ipotesi di rapporto di coniugio. In assenza quindi del requisito della convivenza con familiare italiano entro il secondo grado previsto dal D.Lgs. numero numero 286 del 1998, articolo 19, comma 2, lett. c , richiamato del D.P.R. numero 394 del 1999, articolo 28, comma 1, lett. b , si ha revoca del permesso o rigetto della istanza di rilascio/rinnovo. Va rilevato che il caso di un fratello e una sorella maggiorenni non conviventi non è riconducibile alla nozione di famiglia rilevante a norma dell'articolo 8 CEDU, difettando ogni elemento presuntivo dell'esistenza di un legame affettivo qualificato da un progetto di vita in comune di conseguenza, affinché un fratello possa ottenere un permesso di soggiorno per il ricongiungimento ad un altro fratello o sorella, è necessario il requisito della convivenza effettiva, come prescritto dal combinato disposto del D.P.R. numero 394 del 1999, articolo 28 a mente del quale Quando la legge dispone il divieto di espulsione il questore rilascia il permesso di soggiorno lettera b per motivi familiari nei confronti degli stranieri che si trovano nelle documentate circostanze di cui all'articolo 19, comma 2, lett. c del Testo Unico e dell'articolo 19, comma 2, lett. c TUI. Secondo l'insegnamento di questa S.C., La relazione tra due fratelli, entrambi maggiorenni e non conviventi, non è riconducibile alla nozione di vita familiare rilevante a norma dell'articolo 8 CEDU, difettando ogni elemento presuntivo dell'esistenza di un legame affettivo qualificato da un progetto di vita in comune, con la conseguenza che, affinché un fratello possa ottenere un permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare ad altro fratello o sorella, è necessario il requisito della convivenza effettiva, come previsto dal combinato disposto del D.P.R. numero 394 del 1999, articolo 28 e del D.Lgs. numero 286 del 1998, articolo 19, comma 2, lett. c Cass. numero 7427/20 . Non può essere pertanto condivisa la tesi proposta dal Ministero ricorrente, secondo cui la condizione soggettiva di inespellibilità del parente collaterale convivente troverebbe espressione e assumerebbe rilievo solo come strumento difensivo a disposizione dello straniero a fronte dell'attivazione di provvedimenti espulsivi da parte dell'Amministrazione e non potrebbe invece giustificare la richiesta, d'iniziativa dello straniero, di un permesso di soggiorno per motivi familiari. Secondo i principi generali che governano la materia la situazione soggettiva di inespellibilità deve potersi tradursi in un titolo che consenta al collaterale del cittadino italiano di soggiornare legittimamente, atteso che il suo previo ingresso è una situazione di fatto che, una volta realizzatasi, è dall'ordinamento tutelata contro successivi atti espulsivi. Il rilascio del predetto titolo legittimante è espressamente previsto del D.P.R. numero 394 del 1999, articolo 28 e 29, che pur se norme di rango sub-primario della cui legittimità neppure l'Amministrazione ricorrente si spinge, almeno esplicitamente, a dubitare sono attuative - attraverso lo strumento della delegificazione - di una norma primaria e cioè, del D.Lgs. numero 286 del 1998, articolo 19, comma 2, lett. c . Il richiamato precedente di legittimità, ossia l'ordinanza numero 7427/2020, conforta chiaramente le conclusioni assunte, visto che in quell'occasione la Corte si concentrò esclusivamente sulla imprescindibilità del requisito della effettiva convivenza ai fini del riconoscimento del permesso di soggiorno al fratello di una cittadina italiana, senza porre in alcun modo in dubbio la legittimità delle ricordate norme regolamentari D.P.R. numero 394 del 1999, articolo 28 e 29 e la possibilità dello straniero di attivarsi per la concessione del permesso e non solo di resistere alle eventuali iniziative espulsive dell'Amministrazione. Conclusivamente la Corte ritiene di enunciare il seguente principio di diritto ex articolo 384 c.p.c. I cittadini stranieri che si trovano nelle documentate circostanze di cui al D.Lgs. numero 286 del 1998, articolo 19, comma 2, lett. c , ossia convivono effettivamente con parenti entro il secondo grado di nazionalità italiana, non beneficiano solo della tutela avverso i provvedimenti espulsivi scaturente dalla loro condizione di inespellibilità ma possono attivarsi per richiedere e ottenere dal Questore un permesso di soggiorno per motivi familiari, ai sensi del D.P.R. numero 394 del 1999, articolo 28, comma 1, lett. b . Nella presente vicenda, la convivenza tra i due fratelli è stata accertata in punto di fatto dalla Corte del merito e non è rimessa in discussione in questa sede. Il ricorso pertanto deve essere rigettato. La mancata costituzione di R.S.M. esonera il Collegio dal provvedere sulle spese. P.Q.M. LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso.