Estinzione della società: la sorte dei crediti litigiosi

È configurabile una presunzione di rinuncia ai crediti litigiosi a seguito dell’estinzione della società? A questo interrogativo risponde la Prima Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione con l’ordinanza numero 27894, del 13 ottobre 2021 che, con un giro di compasso, ricostruisce analiticamente lo stato dell’arte giurisprudenziale sul tema.

La Corte offre i seguenti tre addentellati la cancellazione della società dal registro delle imprese non genera una presunzione, neppure iuris tantum, di rinuncia della società al credito litigioso si verifica la successione dei soci nella titolarità del credito litigioso in assenza di una rinuncia allo stesso – riscontrabile al momento della cancellazione della società – espressa anche attraverso comportamenti concludenti univocamente incompatibili con la volontà di avvalersi di tale diritto la decisione di non ricostituire la pluralità dei soci da cui è derivata l'estinzione di una società in nome collettivo non è assimilabile alla volontà di questa di rinunciare ai crediti oggetto di contestazione in sede giudiziaria la cui titolarità dal lato attivo viene acquisita, per successione, dal socio superstite.   La questione dibattuta. Il Tribunale di Lucca rigettava le domande di una società in nome collettivo volte ad ottenere la condanna di un istituto di credito alla restituzione del denaro illegittimamente riscosso per effetto dell'applicazione in conto corrente di interessi anatocistici e di tassi ritenuti usurari. Veniva interposto gravame dal successore della società cancellata dal registro delle imprese in conseguenza del verificarsi della causa legale di scioglimento di diritto di cui all'articolo 2272, numero 4 c.c. i.e. la società si scioglie «quando viene a mancare la pluralità dei soci, se nel termine di sei mesi questa non è ricostituita» . La Corte di Appello di Firenze dichiarava inammissibile l'appello ritenendo sussistente la carenza di legittimazione dell'impugnante il quale, dopo aver acquistato la quota di partecipazione della società in nome collettivo, aveva deciso di non addivenire alla ricostituzione della pluralità dei soci. Ad avviso della Corte territoriale nessun elemento di prova era stato fornito dal socio superstite per vincere la presunzione di rinuncia al diritto di credito vantato dalla società verso la banca. Da qui il ricorso per cassazione. Sopravvenienze attive e cancellazione della società dal registro imprese una panoramica giurisprudenziale. La Corte di Cassazione ricorda, in apertura di motivazione, l'insegnamento delle Sezioni Unite sentenze numero 4060, 4061 e 4062 del 2010 secondo cui la cancellazione di una società di capitali o cooperativa dal registro delle imprese dopo l'esaurimento del procedimento di liquidazione determina l'estinzione della società anche se non tutti i rapporti giuridici, attivi e passivi, di cui la società era titolare al momento della cancellazione siano stati definiti tale effetto estintivo si verifica in coincidenza con la cancellazione, se questa abbia avuto luogo in epoca successiva al 1° gennaio 2004 data di entrata in vigore della riforma del diritto societario o a partire da quella data se si tratti di cancellazione intervenuta in un momento precedente. Regola questa applicabile, per ragioni di ordine sistematico, anche alla cancellazione volontaria delle società di persone dal registro delle imprese. Puntualizzano poi i Giudici di legittimità che la cancellazione delle società di persone dal registro delle imprese ha valore di pubblicità dichiarativa dell'estinzione che è superabile con prova contraria, consistente nello svolgimento dell'attività sociale anche dopo cancellazione della società dal registro delle imprese. In questa ultima ipotesi si configura la c.d. cancellazione della pregressa cancellazione cfr. Cass. S.U. numero 4826/2010 . Vengono poi ricordati i principi di diritto enunciati sempre dalle Sezioni Unite con le pronunce numero 6070, 6071 e 6072 del 2013 che consentono, in breve, di configurare un articolato fenomeno di tipo successorio conseguente alla cancellazione della società dal registro delle imprese. In precedenza, soggiungono i Giudici di legittimità, era intervenuta sulla questione anche la sentenza numero 16758/2010 in forza della quale si era concluso che la decisione di porsi in liquidazione e cancellarsi dal registro svela la scelta della società di rinunciare a far valere la pretesa giudiziaria. Spunto interpretativo questo ripreso dalle Sezioni Unite del 2013 le quali asserirono come fosse «ben possibile» che la scelta della società di cancellarsi dal registro delle imprese, nonostante una «pendenza non ancora definita» sia da intendere come «tacita manifestazione di volontà di rinunciare alla relativa pretesa». Segue le evoluzioni giurisprudenziali sulla sorte dei crediti litigiosi. La Prima Sezione ricorda inoltre che le argomentazioni delle richiamate Sezioni Unite ― successivamente valorizzate da alcune pronunce v. Cass. numero 19302/2018 numero 23269/2016 numero 25974/2015 numero 1183/2014 , ma anche disattese da altre v. Cass. numero 15637/2019 numero 17492/2018 le quali hanno riconosciuto la legittimazione degli ex soci di società estinta a contraddire su diritti di credito controversi fatti valere in giudizio dalla società prima della sua estinzione ― sono state approfondite nella più recente decisione di legittimità numero 9464/2020 che ha appuntato l'attenzione sul fenomeno successorio in capo ai soci, con conseguente applicazione dell'articolo 110 c.p.c. ragion per cui è possibile, ad avviso della Corte, desumere i seguenti corollari i anche i residui attivi e le sopravvenienze attive possono trasferirsi ai soci della società estinta ii la rinuncia della società al credito non può presumersi in base al solo rilievo che il credito non è indicato nel bilancio di liquidazione. Precisano i Giudici di legittimità che la remissione del debito è pur sempre un atto negoziale che richiede una manifestazione di volontà, anche tacita. È pertanto indispensabile che la volontà abdicativa risulti da una serie di circostanze concludenti e non equivoche, assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi del diritto di credito, comunicate al debitore e sempre che quest'ultimo non abbia dichiarato, in un congruo termine, di non volerne profittare iii i requisiti della univocità e della concludenza del comportamento abdicativo – da riscontrare al momento in cui la società si cancella dal registro delle imprese – devono essere valutati con particolare rigore e cautela» sicché «ove difettino indici univoci sulla volontà remissoria deve essere esclusa la volontà di remissione del debito» iv è errato presumere sempre iuris et de iure, a fronte di cancellazione richiesta dal liquidatore della società ed effettuata in corso di causa, una rinuncia della stessa al diritto azionato v la mancata dichiarazione del difensore ai fini dell'interruzione del processo e la prosecuzione del medesimo costituisce un elemento in senso contrario rispetto ad un'ipotizzata volontà abdicativa. Cancellazione della società e presunzione di rinuncia al credito litigioso. La Corte Suprema conferma, in allineamento alle coordinate fornite dalle Sezioni Unite, che la cancellazione della società dal registro delle imprese non si traduce in una presunzione, neppure iuris tantum, di rinuncia della società a tali crediti. La successione dei soci nella titolarità dei crediti litigiosi non si verifica solo se la rinuncia agli stessi, riscontrabile al momento della cancellazione della società, sia espressa anche attraverso comportamenti concludenti univocamente incompatibili con la volontà di avvalersi di tali diritti comunicati al debitore, sempre che quest'ultimo non abbia dichiarato, entro congruo termine, di non volerne profittare. In buona sostanza, conclude la Corte, tale volontà abdicativa della società non è predicabile ove manchino indici univoci della sua esistenza. In considerazione di quanto esposto viene cassata la sentenza della Corte di Appello di Firenze che si è basata su di una presunzione di rinuncia ai crediti litigiosi. Nella specie, la mancata ricostituzione della pluralità dei soci è difatti rilevante soltanto in funzione dello scioglimento della società in alcun modo può considerarsi assimilabile alla volontà di questa di rinunciare ai crediti oggetto di contestazione in sede giudiziaria la cui titolarità dal lato attivo è stata acquisita, per successione, dal socio superstite. Per la dottrina. Sugli effetti del bilancio finale di liquidazione, autorevolmente, v. G. NICCOLINI, Contributo allo studio del bilancio finale di liquidazione delle società di capitali, Torino, 2019, 157 ss. Sulle sopravvenienze attive, cfr. M. ACONE, La tutela dei creditori sociali nel prisma della cancellazione-estinzione della società, in Riv. dir. proc., 2020, 935. In argomento, di recente, cfr. P. GHIONNI CRIVELLI VISCONTI, Scioglimento e liquidazione delle società di capitali, sub articolo 2484-2496 in Il Codice Civile Commentario, diretto da Busnelli e Ponzanelli, Milano, 2021.

Fatti di causa 1. Con sentenza del 7 giugno 2013 il Tribunale di Lucca rigettò le domande proposte dalla omissis s.numero c. di seguito indicata come omissis nei confronti della Banca del Monte dei Paschi di Siena s.p.a. di seguito indicata come Banca Monte di accertamento della insussistenza di propri debiti verso la banca derivanti dagli intercorsi rapporti di conto correte bancario di condanna della banca alla restituzione di danaro da lei illegittimamente riscosso per effetto della applicazione di interessi anatocistici trimestrali, di tasso debitore ultralegale non pattuito per iscritto e comunque superiore a quello c.d. di soglia fissato in applicazione della L. numero 108 del 1996, di commissioni e spese non concordate, nonché al risarcimento del danno derivato dalla mancata disponibilità del danaro illegittimamente pagato alla banca ovvero da costei illegittimamente preteso. 2. Adita da S.G. , successore di omissis a seguito della cancellazione di tale società dal registro delle imprese avvenuta il 30 marzo 2006 nel corso del giudizio di primo grado in conseguenza del verificarsi della causa legale di scioglimento di diritto della società di cui all'articolo 2272 c.c., numero 4 , la Corte di appello di Firenze, con sentenza emessa il 1 ottobre 2015, dichiarò inammissibile l'appello contro tale sentenza per non essere l'appellante attivamente legittimato alla proposizione dell'impugnazione, in quanto la decisione di S. di acquistare da N.L. la quota di partecipazione alla società di cui costei era titolare e di non addivenire alla ricostituzione della pluralità dei soci nel termine prescritto dalla citata disposizione del codice civile è imputabile a libera scelta del socio superstite, con suo conseguente obbligo di procedere alla cancellazione della società dal registro delle imprese nessun elemento di prova S. ha dato per vincere la presunzione, iuris tantum, di rinuncia al diritto di credito dalla società vantato verso la banca secondo la ricostruzione offerta da Cass. S.U. numero 6071 del 2013 delle conseguenze della cancellazione delle società di persone dal registro delle imprese sui rapporti ancora in corso a tale momento che non poteva sicuramente essere ritenuto nè certo nè liquido al momento della cancellazione della società . 3. Per la cassazione di tale sentenza S. , quale successore di omissis , propose ricorso contenente un motivo di impugnazione contrastato da controricorso notificato dalla Banca Monte. Ragioni della decisione 1. Con l'unico motivo sviluppato, con tecnica redazionale non delle più felici, nelle seguenti pagine del ricorso da 8 a 11 da 17 a 29 il ricorrente deduce che la sentenza impugnata è caratterizzata da violazione ovvero falsa applicazione dell'articolo 110 c.p.c., articolo 2272,2312 e 2495 c.c., in quanto dall'estinzione in corso di causa della società omissis derivata dalla richiesta di cancellazione di tale società per mancata ricostituzione della pluralità dei soci è necessariamente derivata la successione di esso ricorrente nei rapporti, sostanziali e processuali, mettenti capo alla società estinta, con conseguente legittimazione attiva ex articolo 110 c.p.c. inoltre, lo scioglimento della società di persone per la causa indicata dall'articolo 2272 c.c., numero 4 , non determina alcuna modificazione soggettiva nei rapporti facenti capo all'ente, la cui titolarità si concentra nell'unico socio rimasto inoltre, dalla cancellazione della società in conseguenza del suo scioglimento per tale causa non può inferirsi alcuna manifestazione implicita di rinuncia ai crediti azionati, essendo la richiesta di cancellazione conseguenza necessitata della mancata ricostituzione della pluralità dei soci a esso non quanto meno esclusivamente imputabile il credito, poi, al momento della cancellazione, non era ancora stato definito nè era ancora venuto alla luce , essendo tale evento verificatosi soltanto con il deposito della prima CTU dalla cancellazione non può presumersi volontà di esso ricorrente di rinunciare al credito, anche perché milita in senso contrario a tale presunzione il fatto che esso ricorrente non fece valere tale evento interruttivo nel corso del giudizio di primo grado. 2. La questione rilevante controversa nel caso di specie è quella della sorte di crediti da restituzione di indebito oggettivo e da risarcimento di danno secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata e dal contenuto della trascrizione, nel ricorso, delle conclusioni dal ricorrente rassegnate con l'atto introduttivo del processo avanti il Tribunale di Lucca vantati da società di persone verso una banca oggetto di controversia in sede giudiziaria al momento della cancellazione volontaria dal registro delle imprese della società medesima. Con le sentenze nnumero 4060, 4061 e 4062 del 2010 le sezioni unite della corte, sul rilievo della valenza innovativa del precetto recato dall'articolo 2495 c.c. nel testo introdotto dal D.Lgs. numero 6 del 2003 rispetto alla disciplina di cui al precedente articolo 2456 c.c., affermarono che la cancellazione di una società di capitali o cooperativa dal registro delle imprese dopo l'esaurimento del procedimento di liquidazione determina l'estinzione della società anche se non tutti i rapporti giuridici, attivi e passivi, di cui la società era titolare al momento della cancellazione siano stati definiti tale effetto estintivo si verifica in coincidenza con la cancellazione, se questa abbia avuto luogo in epoca successiva al 1 gennaio 2004 data di entrata in vigore della citata riforma o a partire da quella data se si tratti di cancellazione intervenuta in un momento precedente. Per ragioni di ordine sistematico desunte anche dal disposto della L. Fall., novellato articolo 10 , la stessa regola è ritenuta applicabile anche alla cancellazione volontaria delle società di persone dal registro delle imprese, per le quali è rimasto in vigore l'invariato disposto dell'articolo 2312 c.c. integrato, per le società in accomandita semplice, dal successivo articolo 2324 . La cancellazione delle società di persone dal registro delle imprese in applicazione delle disposizioni di legge da ultimo citate ha valore di pubblicità meramente dichiarativa dell'estinzione superabile dunque con prova contraria, consistente nello svolgimento dell'attività sociale anche dopo cancellazione della società dal registro delle imprese. È questa soltanto la situazione alla quale la successiva sentenza numero 4826 del 2010, resa sempre a sezione unite, ricollega anche la possibilità che, tanto per le società di persone quanto per le società di capitali, si addivenga anche d'ufficio alla cancellazione della pregressa cancellazione cioè alla rimozione della cancellazione dal registro in precedenza intervenuta , in applicazione del precetto contenuto nell'articolo 2191 c.c., con la conseguente presunzione che la società non abbia mai cessato medio tempore di operare e di esistere. Tale interpretazione costituisce il presupposto di quella successivamente offerta dalle sentenze, sempre rese a sezioni unite, nnumero 6070, 6071 e 6072 del 2013, che hanno espressamente affermato i seguenti principi di diritto, riferiti alla cancellazione delle società di persone e di capitali dal registro delle imprese determinante estinzione costitutiva per le società di capitali dichiarativa per le società di persone nel senso precisato dalle menzionate sentenze del 2010 di tali soggetti Qualora all'estinzione della società, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale a le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali b si trasferiscono del pari ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, ma non anche le mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, nè i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore giudiziale o extragiudiziale il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato . La cancellazione volontaria dal registro delle imprese di una società, a partire dal momento in cui si verifica l'estinzione della società medesima, impedisce che essa possa ammissibilmente agire o essere convenuta in giudizio. Se l'estinzione della società cancellata dal registro intervenga in pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo del processo, disciplinato dagli articolo 299 c.p.c. e segg., con possibile successiva eventuale prosecuzione o riassunzione del medesimo giudizio da parte o nei confronti dei soci. Ove invece l'evento estintivo non sia stato fatto constare nei modi previsti dagli articoli appena citati o si sia verificato quando il farlo constare in quei modi non sarebbe più stato possibile, l'impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi della società deve provenire o essere indirizzata, a pena d'inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci succeduti alla società estinta . Prima di tali sentenze del 2013, sulla questione era intervenuta Cass. numero 16758 del 2010, relativa a mera pretesa giudiziaria volta a far accertare la simulazione di un negozio risolutivo di cui la società cancellata era parte , ove si era concluso che se la società sarebbe stata legittimata all'esercizio di tale azione essa non l'aveva però mai intrapresa e, con la decisione di porsi in liquidazione e cancellarsi dal registro decisione che i controricorrenti sottolineano essere stata presa a suo tempo da tutti i soci all'unanimità , ha evidentemente scelto di non farlo . Con la conclusione che tale pregresso comportamento dimostra come la società abbia scelto di rinunciare proprio a esperire l'azione. Tale originario spunto interpretativo, circoscritto a una situazione di mancato esercizio di un'azione del tutto incerta nell'an da parte della società prima della sua estinzione, è stato ripreso in un obiter dalle menzionate sentenze delle sezioni unite del 2013 che asserirono come fosse ben possibile che la scelta della società di cancellarsi dal registro delle imprese, nonostante una pendenza non ancora definita , ma ad essa nota, sia da intendere come tacita manifestazione di volontà di rinunciare alla relativa pretesa , essendo dato di postularsi agevolmente ciò, quando si tratti di mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, cui ancora non corrisponda la possibilità d'individuare con sicurezza nel patrimonio sociale un diritto o un bene definito, onde un tal diritto o un tal bene non avrebbero neppure perciò potuto ragionevolmente essere iscritti nell'attivo del bilancio finale di liquidazione così, in motivazione, Cass. S.U. numero 6070 del 2013, che pure ebbe modo di precisare che quando, invece, si tratta di un bene o di un diritto che, se fossero stati conosciuti o comunque non trascurati al tempo della liquidazione, in quel bilancio avrebbero dovuto senz'altro figurare, e che sarebbero perciò stati suscettibili di ripartizione tra i soci al netto dei debiti , un'interpretazione abdicativa della cancellazione appare meno giustificata, e dunque non ci si può esimere dall'interrogarsi sul regime di quei residui o di quelle sopravvenienze attive . Tali argomentazioni, pur in seguito riprese e valorizzate da varie pronunce di legittimità in questo senso, cfr Cass. numero 19302 del 2018 Cass. numero 23269 del 2016 Cass. numero 25974 del 2015 Cass. numero 1183 del 2014 , ma sostanzialmente disattese da altre che hanno considerato gli ex soci di società estinta legittimati a contraddire su diritti di credito controversi fatti valere in giudizio dalla società prima della sua estinzione in questo senso, cfr. Cass. numero 15637 del 2019 Cass. numero 17492 del 2018 , hanno formato oggetto di specifica disamina da parte di Cass. numero 9464 del 2020. Con tale ultima sentenza si è con chiarezza precisato che la portata decisoria del principio fissato dalle sentenze delle sezioni nnumero 6070, 6071 e 6072 del 2013 è solo nel senso che una volta estinta la società, i diritti dalla medesima vantati, non liquidati nel bilancio finale di liquidazione perché al momento non considerati, se ne ignorasse, o no, l'esistenza , transitano nella titolarità dei soci avendo ricondotto la fattispecie ad un fenomeno successorio in capo ai soci, con conseguente applicazione dell'articolo 110 c.p.c., atteso che il primo soggetto si estingue e proseguono il processo i suoi successori a titolo universale avendo, invero, ragionato tali sentenze nel senso che tale disposizione contempla, altresì, qualsiasi altra causa per la quale una parte venga meno, onde risulta idonea a ricomprendere anche l'ipotesi dell'estinzione dell'ente collettivo . Da tale precisazione è stato desunto che anche i residui attivi e le sopravvenienze attive possono trasferirsi ai soci della società estinta può certamente ammettersi che la società possa rinunciare ai crediti suddetti, ma questa rinuncia non può presumersi in base al solo rilievo che il credito non è indicato nel bilancio di liquidazione la remissione del debito articolo 1236 c.c. , infatti, è pur sempre un atto negoziale che richiede una manifestazione di volontà, anche tacita, ma in tal caso è indispensabile che la volontà abdicativa risulti da una serie di circostanze concludenti e non equivoche, assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi del diritto di credito, comunicati al debitore e sempre che quest'ultimo non abbia dichiarato, in un congruo termine, di non volerne profittare i requisiti della univocità e della concludenza del comportamento abdicativo che devono essere riscontrati nel comportamento della società nel momento in cui essa si cancella dal registro delle imprese, al fine di individuarvi anche la rinuncia in ordine ai diritti di credito ancora non esatti o non liquidati - devono essere valutati con particolare rigore e cautela , sì che ove difettino indici univoci sulla volontà remissoria deve essere esclusa la volontà di remissione del debito è dunque errato presumere sempre iuris et de iure, a fronte di cancellazione richiesta dal liquidatore della società ed effettuata in corso di causa, una rinuncia della stessa al diritto azionato anche perché le menzionate sentenze del 2013 evidenziarono come possibile tale evenienza infine, la mancata dichiarazione del difensore, ai sensi dell'articolo 300 c.p.c., ai fini della interruzione del processo e la prosecuzione del medesimo, pur dopo l'avvenuta cancellazione della società come, l'eventuale prosecuzione del processo da parte dei soci, successori a titolo universale, senza previa interruzione del giudizio evenienza del tutto lecita , costituisce un elemento in senso contrario rispetto ad un'ipotizzata volontà abdicativa essendo ragionevolmente presumibile, piuttosto, in generale che il difensore, mandatario della società, avesse in tal senso concordato con la stessa la linea difensiva da tenere, anche nell'interesse dei soci, il cui sostrato personale riemerge proprio nel momento della cancellazione del soggetto collettivo . Tale ricostruzione della sorte dei crediti litigiosi riscontrabili al momento dell'estinzione della società nel corso del processo per il relativo accertamento le c.d. sopravvivenze attive deve essere in questa sede confermata perché, in coerenza con i principi di diritto affermati dalla sopra richiamata giurisprudenza delle sezioni unite delle corte, non indica nella cancellazione della società dal registro delle imprese il fatto generante una presunzione, neppure iuris tantum, di rinuncia della società a tali crediti si ripete non ancora giudizialmente accertati nell'an e nel quantum evidenziando invece che la successione dei soci nella titolarità di tali crediti regola derivante dall'estinzione della società non si verifica solo se eccezione alla regola la rinuncia agli stessi, riscontrabile al momento della cancellazione della società, sia espressa anche attraverso comportamenti concludenti univocamente incompatibili con la volontà di avvalersi di tali diritti comunicati al debitore, sempre che quest'ultimo non abbia dichiarato, entro congruo termine, di non volerne profittare. La conseguenza è che tale volontà abdicativa della società non è predicabile ove manchino indici univoci della sua esistenza. Premesso che in questa sede non è in discussione l'avvenuta estinzione della società omissis quale effetto della sua cancellazione dal registro delle imprese su richiesta del socio S.G. che dichiarò l'avvenuto scioglimento della società per la causa indicata articolo 2272 c.c., numero 4 , la società, dunque, si sciolse e allo scioglimento non seguì formale liquidazione del relativo patrimonio secondo il procedimento delineato dagli articolo 2309-23011 c.c. , costituente fatto comune alle parti, la sentenza impugnata è in contrasto con i principi in questa sede ribaditi, in quanto ha, in buona sostanza, costruito una presunzione di rinuncia ai crediti litigiosi da restituzione di indebito oggettivo e da risarcimento del danno per fatti verificatisi fino all'11 maggio 2005, secondo quanto si legge nelle conclusioni della citazione trascritte a pag. 3 del ricorso su di un fatto la mancata ricostituzione della pluralità di soci di omissis entro sei mesi dal giorno in cui l'odierno ricorrente divenne socio unico solo rilevante in funzione dello scioglimento della società e, dunque, in alcun modo assimilabile volontà di questa di rinunciare ai crediti oggetto di contestazione in sede giudiziaria la cui titolarità dal lato attivo è stata acquisita, per successione, dal socio ricorrente. La sentenza impugnata deve dunque essere cassata con rinvio alla Corte di appello di Firenze che, in diversa composizione e nel rispetto del principio sopra ribadito, si dovrà pronunciare sull'appello dell'odierno ricorrente sulla regolamentazione delle spese relative al giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, cui demanda la liquidazione delle spese relative al giudizio di legittimità.