Canoni di locazione maggiorati ‘fuori’ dal contratto: al conduttore l’azione di ripetizione

Ai contratti di locazione conclusi anteriormente all’entrata in vigore della l. 9 numero 431/1998 e rinnovatisi dopo la sua entrata in vigore, ma non assoggettati al momento della stipulazione alla disciplina  della l. numero 392/1978 legge sul c.d. equo canone si applica l’articolo 13 l. numero 431/1998, con conseguente diritto del conduttore, a far data dalla prima rinnovazione successiva all’entrata in vigore dello ius superveniens, a ripetere il canone di locazione versato in misura superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato.

Con la pronuncia del 12 ottobre 2021, numero 27806, la Cassazione chiarisce le modalità, riconosciute al conduttore, di ripetere quanto corrisposto in misura maggiore rispetto al contratto di locazione effettivamente sottoscritto, con particolare riferimento alla successione di legge in materia. Il caso. La sentenza in commento definisce il giudizio avviato dal conduttore di un immobile che, avendo sottoscritto, a margine del contratto di locazione, una scrittura privata con la quale si impegnava a corrispondere – come effettivamente ha fatto per tutta la durata del contratto – una somma maggiorata rispetto a quanto previsto dal contratto, chiedeva al locatore la ripetizione di detti importi. Tale domanda veniva rigettata in primo grado e la decisione confermata in appello. Avverso la decisione della Corte territoriale lo stesso conduttore promuoveva ricorso per Cassazione, sostenendo la non applicabilità, del caso di specie, della l. numero 392/1978 sull'equo canone in forza della esistenza, nel Comune dove si trovava l'immobile, di una situazione di «tensione abitativa» e, di conseguenza, l'erroneità della decisione della Corte di Appello. La Cassazione, rimodulando i motivi di ricorso, accoglie la domanda, sostenendo che, proprio in forza della non applicabilità della legge sull'equo canone, stante l'intervenuta entrata in vigore della l. numero 431/1998, era consentita, e legittima, la richiesta di ripetizione avanzata dal conduttore per le somme pattuite fuori dal testo contrattuale. Legge numero 431/1998 e pattuizione contrarie al contratto. A tutela del conduttore – che nel rapporto locatizio relativo a locazioni abitative è, tendenzialmente, considerato il soggetto debole - l'articolo 13, l. numero 431/1998 sancisce la nullità - che deriva dal contrasto con norme imperative - di ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato e riconosce al conduttore azione di ripetizione per le somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato. In tale prospettiva, deve essere dichiarata nulla la scrittura privata, non registrata, contenente «condizioni integrative» di un contratto di locazione registrato nella medesima data di detta scrittura privata, con riguardo alle pattuizioni relative ad un canone maggiore di quello risultante dalla scrittura registrata. In applicazione di tale principio, è pertanto evidente che, nel contrasto fra la scrittura registrata e quella di stessa data che preveda un canone superiore ma che è priva di registrazione, non può che essere riconosciuta la prevalenza della prima, con esclusione di ogni diritto del locatore di pretendere i maggiori importi. Canone di locazione maggiorato e scrittura privata integrativa. Fermo quanto precede, secondo la giurisprudenza, tale disposizione non deve intendersi riferita all'ipotesi della simulazione parziale del contratto di locazione relativa alla misura del canone, bensì al caso in cui nel corso di svolgimento del rapporto venga pattuito un canone più elevato rispetto a quello risultante dal contratto originario, che deve restare invariato, a parte l'eventuale aggiornamento Istat, per tutta la durata del rapporto legalmente imposta. In altri termini, l'articolo 13 sanziona esclusivamente il patto occulto di maggiorazione del canone, oggetto di un procedimento simulatorio, mentre resta valido il contratto registrato e resta dovuto il canone apparente il patto occulto, in quanto nullo, non è sanato dalla registrazione tardiva, che costituisce fatto extranegoziale inidoneo ad influire sulla validità civilistica. Successione delle leggi in tema di locazione e rinnovi contrattuali. Nella sentenza in commento la Cassazione affronta il tema della ripetizione dei canoni di locazioni maggiorati rispetto al dato contrattuale anche in relazione alla successione di leggi in pendenza dei contratti. In particolare, richiamando un orientamento già espresso, il S.C. afferma che la rinnovazione tacita di un contratto con canone ultralegale, intervenuta successivamente all'entrata in vigore della l. numero 431/1998, legittima il conduttore ad esercitare l'azione prevista dall'articolo 79 l. numero 392/1978, onde ottenere l'applicazione del canone cd. equo, determinato ai sensi degli articolo 12 e ss. della citata legge numero 392, a decorrere dall'origine del contratto e fino alla sua naturale scadenza, ivi compreso il periodo successivo alla rinnovazione tacita e sostituzione imperativa del canone convenzionale ai sensi dell'articolo 1339 c.c. Non applicabilità della legge 392/1978 e ripetizione dei canoni maggiorati. L'applicazione dell'articolo 79 sopra riferito presuppone, anche considerandone l'efficacia ultrattiva, che il regime vincolistico, quanto alla misura del canone di locazione, fosse proprio quella della l. numero 392/1978. Nel caso di specie, per contro, la relazione contrattuale era sottratta all'applicazione, per quanto di interesse in questa sede, della legge sull'equo canone di conseguenza, una volta entrata in vigore la l. numero 431/1998, non vi era ragione per escludere, in occasione del primo rinnovo, proprio l'applicazione dell'articolo 13 che, come visto, sancisce la nullità della pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato. Canoni maggiorati e azione di ripetizione la natura dell'indebito. Qualora, come nel caso di specie, il conduttore abbia corrisposto a titolo di canone una somma maggiore rispetto a quella consentita dalla legge, l'azione che egli intende proporre si colloca, come fattispecie, nella regola generale di cui all'articolo 2033 c.c. in forza di tale disposizione, gli interessi sulle somme da restituire decorrono dal giorno della domanda giudiziale se l' accipiens era in buona fede e da quello del pagamento se era in mala fede. Applicando tale previsione al rapporto locatizio, si può affermare che non è affatto automatica la mala fede del locatore, sicché il conduttore ha l'onere di dimostrare di essere stato indotto dal locatore alla corresponsione del canone in misura superiore a quella legale, nonostante la sua volontà contraria, a meno che la mala fede non emerga dalle circostanze di fatto. Azione di ripetizione dei canoni maggiorati e legittimazione. L'azione di ripetizione poc'anzi descritta e relativa, quindi, alle somme pagate in eccedenza rispetto al canone legale, si differenzia dalla comune azione di ripetizione di indebito, trovando titolo nel rapporto di locazione, sicché la relativa legittimazione spetta unicamente al conduttore, anche se il pagamento dei canoni sia stato effettuato da altra persona.

Presidente Graziosi – Relatore Guizzi Fatti di causa 1. G.V. ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza numero 924/18, del 12 giugno 2018, della Corte di Appello di Genova, che - respingendone il gravame avverso la sentenza numero 3417/16, del 10 novembre 2016, del Tribunale di Genova - ha confermato sia il rigetto della domanda dallo stesso proposta e volta a ripetere quanto, a suo dire, indebitamente versato alla Parrocchia A. dei SS. Martino e Giorgio di OMISSIS d'ora in poi, la Parrocchia , a titolo di canone di locazione dell'appartamento sito in OMISSIS in OMISSIS , sia l'accoglimento della riconvenzionale della Parrocchia per il risarcimento dei danni cagionati all'immobile, quantificati in Euro 101.776,45, oltre accessori di legge. 2. In punto di fatto, il ricorrente riferisce di aver condotto in locazione, dal 1989 al 2013, l'appartamento suddetto, in forza di contratto concluso il 1 ottobre 1989 e debitamente registrato, impegnandosi a corrispondere, come da copia registrata del contratto, un canone di Lire 300.000,00, maggiorato, tuttavia, in forza di scrittura privata sottoscritta alla stessa data di stipulazione, nella misura di Lire 600.000,00. La medesima scrittura, inoltre, faceva carico al conduttore di realizzare a propria cura e spese - come effettivamente poi avvenuto, non essendo l'appartamento abitabile al momento della conclusione del contratto - sia i lavori edili di ristrutturazione, esibendo un preventivo dell'importo di Lire 55.000.00 esclusa l'IVA , che gli impianti elettrici, idraulici e gli infissi di porte e finestre, oltre alla pitturazione, il tutto per ulteriori Lire 25.000,00 sempre esclusa l'IVA . Nel corso degli anni il canone trimestrale di locazione - che il ricorrente assume di aver sempre puntualmente pagato - veniva rideterminato, una prima volta, a far data dall'aprile 1995, nell'importo di Lire 1.900.000,00, nonché, successivamente, in Euro 1.084,56 e, poi, in Euro 1.500,00. Tanto premesso, e sempre quale antefatto rispetto alla vicenda oggetto del giudizio culminato nella sentenza oggi impugnata, il G. riferisce di essere stato convenuto innanzi al Tribunale di Chiavari, nell'anno 2009, con intimazione di sfratto per finita locazione e contestuale citazione per la convalida, per la data del 15 dicembre di quell'anno. Eccepita, in quella sede giudiziale, l'intempestività della disdetta, egli denunciava di aver sempre pagato, illegittimamente, un canone doppio rispetto a quello pattuito il 1 ottobre 1989, manifestando l'intenzione di chiedere la ripetizione di quanto indebitamente pagato. Avendo l'adito giudicante chiavarese, con sentenza numero 701-10, rigettato la domanda della Parrocchia, dichiarando che il contratto sarebbe venuto a scadenza il 30 settembre 2013 tanto da essere poi rilasciato dal conduttore il 2 ottobre 2013, essendo stata fissata per l'esecuzione del rilascio data non anteriore al 30 ottobre di quell'anno , il G. con lettera raccomandata del 20 maggio 2010, trasmesso assegno per i canoni di locazione dall'ottobre 2009 al giugno 2010, formulava anche richiesta di ripetere le somme indebitamente versate in aggiunta a quanto pattuito nel contratto ed oggetto di registrazione. Essendo tale richiesta rimasta senza esito, egli adiva il Tribunale genovese, esperendo azione di ripetizione di indebito, in relazione alla quale la Parrocchia non solo resisteva alla pretesa attorea, ma agiva in riconvenzione per il risarcimento dei danni causati all'immobile. Rigettata da giudice di prime cure la domanda, ed accolta invece la riconvenzionale per l'importo dianzi indicato, il gravame dell'attore soccombente veniva respinto dal giudice di appello. 3. Avverso la sentenza della Corte genovese ricorre per cassazione il G., sulla base - come detto - di quattro motivi, i primi due attinenti al rigetto della propria domanda, i restanti due relativi, invece, all'accoglimento della riconvenzionale. 3.1. Con il primo motivo - proposto ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 3 e 4 - è denunciata violazione della L. 9 dicembre 1998, numero 431, articolo 13 e 14 nonché dell'articolo 2909 c.c. e articolo 324 c.p.c., nonché mancanza di motivazione sotto il profilo dell'illogicità e della contraddittorietà manifesta. Si censura la sentenza impugnata in quanto essa, sebbene abbia ritenuto di confermare la inapplicabilità dell'equo canone ai sensi della L. numero 392 del 1978 al contratto per cui è causa, ha deciso di non applicare ad esso neppure la L. numero 431 del 1998, articolo 13 e ciò sebbene la già citata sentenza numero 701 del 2010 del Tribunale di Chiavari, passata in giudicato, avesse accertato che il contratto concluso nel 1989 si fosse rinnovato ai sensi di tale legge. Il ricorrente censura il ragionamento svolto dalla Corte territoriale per pervenire a tale conclusione, ritenendo che essa abbia fatto cattiva applicazione del principio - pure espressamente richiamato - enunciato da questa Corte nella sentenza 5 giugno 2009, numero 12966, secondo cui, in ipotesi di pendenza alla data di entrata in vigore della L. numero 431 del 1998 di un contratto di locazione ad uso abitativo con canone convenzionale ultralegale rispetto a quello previsto della L. numero 392 del 1978, articolo 12 e ss. qualora sia intervenuta la sua rinnovazione tacita ai sensi della stessa L. numero 431 del 1998, articolo 2, comma 6, il conduttore, nonostante l'abrogazione della L. numero 392 del 1978, articolo 79 verificatasi per effetto della cessazione della sua ultrattività fino al momento della rinnovazione per il periodo in corso, cui allude la L. numero 431 del 1998, articolo 14, comma 5, può esercitare l'azione ai sensi del detto articolo 79 diretta a rivendicare l'applicazione fin dall'origine al contratto del canone legale e la sostituzione imperativa di esso al canone convenzionale . Invero, secondo il ricorrente, il citato arresto non avrebbe affatto affermato la persistente, generalizzata, applicabilità della L. numero 392 del 1978, articolo 79 ai contratti rinnovatisi sotto la vigenza della L. numero 431 del 1998 con esclusione, dunque, dell'applicazione articolo 13 della stessa , avendola, per contro, limitata per il periodo in corso al momento della sopravvenienza della nuova legge. Di qui, pertanto, la necessità di accogliere la domanda di ripetizione, ai sensi della L. numero 431 del 1998, articolo 13 se non addirittura per i pagamenti indebiti effettuati a far data dal 30 dicembre 1998 data di entrata in vigore della nuova legge , almeno per quelli successivi al 30 settembre 2001, giacché il periodo in corso , al quale continuerebbe ad applicarsi l'articolo 79 Legge sull'Equo Canone, sarebbe quello della prima rinnovazione del contratto per cui è causa successiva all'entrata in vigore della L. numero 431 del 1998, ovvero quello quadriennale compreso tra il 1 ottobre 1997 e 30 settembre 2001. Si censura, inoltre, la sentenza impugnata anche per essere intrinsecamente contraddittoria ed illogica , laddove, per un verso, ha ritenuto che il contratto inter partes fosse un contratto a canone libero, siccome allo stesso non si applicherebbe la normativa sul canone legale contenuta nella L. numero 392 del 1978 , salvo ritenere applicabile proprio tale normativa ad eccezione soltanto delle regole sulla durata in forza di una pretesa ultrattività della stessa oltre il periodo in corso . 3.2. Con il secondo motivo - proposto ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 3 e 4 - è denunciata violazione della L. 27 luglio 1978, numero 392, articolo 12 e 25 oltre che violazione ed errata applicazione della stessa L. numero 392 del 1978, articolo 26 nonché mancanza di motivazione sotto il profilo dell'illogicità e della contraddittorietà manifesta, ed infine violazione dell'articolo 437 c.p.c. Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che il canone fosse liberamente determinabile, attesa l'esclusione della L. numero 392 del 1978, articolo 12 e 25 ai sensi del successivo articolo 26, in quanto ben costituisce fatto notorio locale, come dedotto dall'appellata, che il Comune di OMISSIS , così come molti altri piccoli Comuni della Liguria, dal 1971 in poi e, quindi, anche dal 1971 alla stipula della locazione in questione nel 1989 non abbia avuto alcun aumento della popolazione residente . Ancora una volta la sentenza impugnata, secondo il ricorrente, non avrebbe operato una corretta applicazione dei principi enunciati da questa Corte. Difatti, essa ha certamente affermato che, ai fini dell'applicazione della L. numero 392 del 1978, articolo 26, comma 2, - il quale stabilisce che le disposizioni per la determinazione dell'equo canone non si applicano alle locazioni concernenti immobili siti in Comuni che, al censimento del 1971, avevano popolazione residente fino a 5.000 abitanti, qualora nel quinquennio precedente l'entrata in vigore della legge stessa, e successivamente ogni quinquennio, la popolazione residente non abbia subito variazioni in aumento, o comunque l'aumento percentuale sia stato inferiore a quello medio nazionale, secondo i dati dell'ISTAT - deve aversi riguardo unicamente al dato relativo alla popolazione residente al momento genetico del contratto di locazione, con esclusione, sul punto, di successivi mutamenti che vengano rilevati nel corso del rapporto locativo e prima della sua scadenza nondimeno, essa ha pure chiarito che, per stabilire se un Comune rientri nella categoria di cui al citato articolo occorre fare riferimento al censimento del 1971, onde se da detto censimento la popolazione residente risulta essere superiore ai 5.000 abitanti vanno applicate le norme dell'equo canone, mentre nel caso contrario non si ha un'automatica esclusione dell'applicabilità degli articolo da 12 a 25 della legge, occorrendo esaminare se nel quinquennio precedente alla sua entrata in vigore e successivamente ogni quinquennio la popolazione abbia subito un qualche aumento , visto che la ratio dell'articolo 26 è da individuarsi nel fatto che si è ritenuto opportuno che il canone vincolato vi fosse in tutti i Comuni di una certa dimensione abitativa, ed, altresì, in tutti quei Comuni nei quali, anche se piccoli, vi fosse stato un aumento della popolazione sensibile e tale da potere determinare una situazione di tensione abitativa e' citata Cass. Sez. 6-3, ord. 8 febbraio 2017, numero 3040, Rv. 642746-01 . Orbene, nel caso che qui occupa l'odierno ricorrente aveva allegato come il Comune di OMISSIS , malgrado avesse una popolazione inferiore a 5.000 abitanti al momento della stipula del contratto per cui è causa, versasse, in pari data, in quella situazione di tensione abitativa alla quale ha dato rilievo la citata sentenza di questa Corte ai fini dell'esclusione dell'operatività della L. numero 392 del 1978, articolo 26 secondo quanto attestato dalla Delib. CIPE 30 maggio 1985, emessa ai sensi delle L. numero 94 del 1982 e L. numero 118 del 1985 . La Corte territoriale, nel ritenere irrilevante tale documento mentre esso, per vero, costituiva l'unico parametro oggettivo utilizzabile per la verifica delle condizioni di esclusione stabilite dal citato articolo 26 , ha invocato, invece, una presunta - ma inesistente - notorietà locale , dando inoltre rilievo a documentazione relativa al fatto che il Comune di OMISSIS , dal 1971 al 2011, non avrebbe registrato alcun incremento della popolazione residente, documentazione che oltre ad essere tardiva, giacché depositata con la comparsa di costituzione e risposta, non poteva ritenersi indispensabile ai fini della decisione, ex articolo 437 c.p.c., perché da essa non si desume che gli incrementi della popolazione siano stati inferiori a quelli della media nazionale . 3.3. Il terzo motivo - proposto ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 3 e 4 , - denuncia violazione dell'articolo 2697 c.c. per illegittima inversione dell'onere della prova, nonché mancanza di motivazione sotto il profilo della illogicità e della omessa motivazione , oltre che violazione del diritto di difesa ex articolo 24 Cost. Si censura la decisione della Corte territoriale nella parte in cui ha respinto il motivo di appello con cui era stata denunciata l'erroneità della pedissequa ed acritica ricezione, da parte del primo giudice, delle errate risultanze della CTU svolta nel procedimento di accertamento tecnico preventivo. In particolare, ci si duole, anche in questa sede, del fatto che il consulente e, dunque, la sentenza impugnata abbia trascurato di considerare che gli interventi di ristrutturazione dell'immobile, oggetto del preventivo presentato in occasione della stipulazione del contratto, non potevano aver causato alcun danno, essendo la tecnica adoperata corretta e corrispondente a quella in uso nel 1989 per interventi simili , ed in ogni caso perché il materiale utilizzato non ha in alcun modo sovraccaricato il peso della strutture lignee originali, avendole semmai alleggerite . Altrettanto, poi, dovrebbe dirsi per i danni lamentati in relazione allo stato dei pavimenti, delle pareti-murature, dei serramenti esterni ed interni, delle fessurazioni e ai problemi di staticità asseritamente registrati, nonché all'assenza di agibilità dell'immobile dopo il rilascio, profili, tutti, oggetto di confutazione nella consulenza tecnica di parte svolta nell'interesse dell'odierno ricorrente. Si contestano, inoltre, sia le soluzioni tecniche suggerite dal CTU per eliminare i danni e le loro cause giacché quella ipotizzata dal consulente costituirebbe una radicale miglioria dell'intero complesso immobiliare , sia, di riflesso, la quantificazione dei danni dallo stesso operata, evidenziando che, nonostante le puntuali critiche rivolte alle errate, abnormi, ed infondate risultanze della CTU , non solo il G. non poteva essere ritenuto responsabile di alcunché ai sensi dell'articolo 1218 c.c. o dell'articolo 1590 c.c., ma neppure poteva ritenersi dimostrato che i vizi riscontrati fossero ascrivibili alle opere eseguite nel 1989, donde, allora, l'avvenuta illegittima inversione dell'onere della prova, avendo la sentenza impugnata erroneamente ritenuto dimostrati i danni denunciati dalla Parrocchia, nonostante che la stessa non avesse assolto l'onere di fornirne la prova , e ciò anche in ragione del fatto che la CTU non è un mezzo di prova, sicché le valutazioni del consulente d'ufficio non hanno efficacia vincolante per il giudice che può, attraverso un'analisi critica adeguatamente motivata, legittimamente disattenderle . 3.4. Il quarto motivo - proposto ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 3 e 4 , - denuncia violazione ed errata applicazione degli articolo 1218,1576 e 1590 c.c. , nonché mancanza di motivazione sotto il profilo del travisamento, dell'illogicità e irrazionalità manifeste . Invero, si lamenta che la Corte genovese, pur accogliendo - a dire del ricorrente - il motivo di gravame con cui era stata dedotta la violazione ed errata applicazione dell'articolo 1590 c.c., ha comunque ritenuto irrilevante lo stato dell'immobile all'atto della locazione, giacché il conduttore si era comunque assunto l'impegno di eseguire onerose manutenzioni e di riconsegnarlo, non già nello stato in cui l'aveva ricevuto, ma in buono stato di conservazione , provvedendo nel corso della locazione alle sostituzioni necessarie a mantenere l'appartamento in buone condizioni locative . Nel giungere a tale conclusione la Corte territoriale sarebbe, però, incorsa in evidente travisamento , e ciò in quanto il G. si impegnò contrattualmente ad eseguire le opere del preventivo allegato alla stipulazione del contratto e non, indistintamente, ogni e qualsivoglia opera di straordinaria manutenzione che si fosse resa necessaria in futuro. Di conseguenza, non è logico, anzi è del tutto illogico e irrazionale , secondo il ricorrente, che la Corte territoriale abbia ritenuto fondata la pretesa risarcitoria avanzata dalla Parrocchia a distanza di ben 24 anni dai lavori eseguiti. Il tutto, infine, senza tacere del fatto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il proprietario e locatore di un immobile, che ha autorizzato il conduttore ad eseguire opere di ristrutturazione del bene, a quest'ultimo altrimenti vietate in base alla disciplina legale della locazione, è legittimato e obbligato, ai sensi degli articolo 1576,832 e 2043 c.c., ad ingerirsi e a sorvegliare l'attività autorizzata o, comunque, consentita, allo scopo di evitare che da essa possa derivarne un ingiusto danno ai terzi e a maggior ragione a sé stesso , dovendo altrimenti rispondere in solido con il conduttore . 4. La Parrocchia ha resistito, con controricorso, all'avversaria impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilità ovvero, in subordine, il rigetto. In via preliminare, la controricorrente, attesa l'avvenuta notificazione in via telematica della sentenza impugnata, eccepisce - qualora dovesse difettare l'attestazione autografa della conformità all'originale della copia analogica prodotta dal ricorrente - l'applicazione del principio enunciato da Cass. Sez. 3, sent. 14 luglio 2017, numero 17450, e ciò perché essa non è in grado di confermare la corrispondenza dei documenti prodotti . Sempre in limine , la controricorrente eccepisce l'inammissibilità del ricorso ai sensi dell'articolo 360-bis c.p.c., non avendo il ricorrente provveduto ad indicare le ragioni per cui discostarsi dagli orientamenti giurisprudenziali di legittimità dei quali la sentenza impugnata avrebbe fatto applicazione. Quanto al merito del ricorso, in relazione al primo motivo, la controricorrente evidenzia l'irrilevanza delle affermazioni contenute nella sentenza 701/10 del Tribunale di Chiavari, dal momento che è la stessa L. numero 431 del 1998 articolo 2 comma 6 a stabilire che, ai contratti stipulati anteriormente alla sua entrata in vigore, ma rinnovatisi sotto la sua vigenza, si applichi il termine di durata da essa previsto, escludendo, invece, l'applicazione dell'articolo 13 Patti contrari alla legge , in ragione della ultrattività articolo 14, comma 5 della L. numero 392 del 1978, articolo 79. In relazione, invece, al secondo motivo, che involge il tema della non applicabilità al presente contratto della Legge sull'Equo Canone ai sensi dell'articolo 26 della stessa , per avere il Comune di OMISSIS meno di 5.000 abitanti al momento della stipulazione, la controricorrente evidenzia come anche ad avere riguardo alle variazioni di quinquennio in quinquennio, il dato non muta, visto che dall'Unità d'Italia detto Comune non ha mai superato i 1.305 abitanti, con un decremento inesorabile, visto che al censimento del 2011 risultavano 453 abitanti, diminuiti ulteriormente a 229 nel 2014 per, poi, attestarsi a 416 nel 2016. Nessuna censura, pertanto, meriterebbe sul punto la sentenza impugnata, non solo per aver fatto riferimento ad una nozione - notorio locale ampiamente utilizzata nella giurisprudenza di legittimità, ma per aver dato rilievo a documentazione prodotta dall'allora appellata, la cui ritenuta ammissibilità ex articolo 437 c.p.c. non sarebbe sindacabile in sede di legittimità. In relazione ai motivi terzo e quarto, la controricorrente, in via preliminare, ne eccepisce l'inammissibilità, perché chiaramente diretti - come conferma anche la circostanza che la loro illustrazione rappresenta quasi pedissequa trascrizione del precedente atto di appello - a sollecitare un rinnovato apprezzamento su aspetti di merito della controversia. Gli stessi, inoltre, sarebbero inammissibili ai sensi dell'articolo 366, comma 1, numero 4 , in quanto privi del carattere della specificità. Quanto al merito degli stessi, si sottolinea come la documentazione versata in atti e gli accertamenti operati da ambo i giudici di merito abbiano confermato l'esistenza di danni all'immobile indicato, addirittura, come oggetto di vandalizzazione da parte del conduttore , nonché dell'inadempimento all'obbligo assunto, contrattualmente, non solo di restituire lo stesso in buono stato di conservazione , ma pure di eseguire gli interventi di manutenzione straordinaria, sicché, in tale contesto, sarebbe stato onere del G. - in applicazione degli ordinari criteri di riparto dell'onere della prova in materia di responsabilità contrattuale - dimostrare che l'inadempimento non è dipeso da causa a lui non imputabile. 5. Il Procuratore della Repubblica presso questa Corte ha presentato conclusioni scritte, in persona di un suo sostituto, per chiedere l'accoglimento del primo motivo di ricorso assorbito, invece, il secondo , ed il rigetto del terzo e del quarto motivo. 6. Entrambe le parti hanno presentato memoria, insistendo nelle rispettive argomentazioni. Ragioni della decisione 7. In via preliminare, va disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso in ragione della mancanza di attestazione della conformità, all'originale digitale, della copia analogica della sentenza depositata all'esito della notificazione avvenuta telematicamente. 7.1. Invero, i principi enunciati dall'arresto di questa Corte citato dal controricorrente Cass. Sez. 3, sent. 14 luglio 2017, numero 17450 sono stati superati dalla nota, successiva, pronuncia delle Sezioni Unite intervenuta in materia Cass. Sez. Unumero , sent. 25 marzo 2019, numero 8312, Rv. 653597-02 . In base ad essa, infatti, il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall'ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata - redatta in formato elettronico e sottoscritta digitalmente, e necessariamente inserita nel fascicolo informatico -, priva di attestazione di conformità del difensore D.L. numero 179 del 2012, ex articolo 16-bis, comma 9-bis, convertito dalla L. numero 221 del 2012, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non determina l'improcedibilità del ricorso per cassazione laddove il controricorrente o uno dei controricorrenti , nel costituirsi anche tardivamente , depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca la conformità della copia informale all'originale nell'ipotesi in cui, invece, la controparte o una delle controparti sia rimasta soltanto intimata, ovvero abbia effettuato il suddetto disconoscimento, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità il ricorrente ha l'onere di depositare l'asseverazione di conformità all'originale della copia analogica, entro l'udienza di discussione o l'adunanza in camera di consiglio . Orbene, nel caso di specie, a fronte della sibillina affermazione della controricorrente Parrocchia, la quale riferisce non essere in grado di confermare la corrispondenza dei documenti prodotti , è da escludersi l'ipotesi del disconoscimento della conformità della copia analogica della sentenza all'originale digitale disconoscimento che avrebbe determinato l'onere, per il ricorrente, di depositare l'asseverazione, per evitare di incorrere nella i mprocedibilità del ricorso . L'arresto delle Sezioni Unite, come detto, esige un espresso disconoscimento, che difetta, invece, nel caso in esame. 8. Ciò premesso, il ricorso va accolto, nei limiti di seguito precisati. 8.1. I primi due motivi di ricorso - da esaminare congiuntamente, giacché entrambi censurano la sentenza impugnata per avere rigettato la domanda di ripetizione dell'indebito, avanzata dal G. in relazione ai canoni di locazione che egli assume versati in misura superiore a quella risultante dalla copia registrata del contratto - sono fondati, per quanto di ragione. 8.1.1. La Corte genovese muove dall'assunto che il contratto per cui è causa risultava sottratto all'applicazione della disciplina sul cd. equo canone , di cui al capo I della L. 27 luglio 1978, numero 392, in forza di quanto previsto dall'articolo 26, comma 2 stessa legge. Questa affermazione è contestata dal ricorrente, in particolare con il secondo motivo di ricorso, ma con censure che non si confrontano adeguatamente con la duplice ratio decidendi espressa, sul punto, dalla sentenza impugnata. Il G., infatti, per negare l'applicabilità - al caso che occupa - della L. numero 392 del 1978, articolo 26, comma 2, si affida al rilievo di aver fornito dimostrazione, in giudizio, che il Comune di OMISSIS versasse, al momento della stipulazione del contratto per cui è causa, in una situazione di tensione abitativa , suscettibile di assumere rilievo ai fini della mancata operatività della suddetta norma di esenzione che sottrae all'applicazione della cd. Legge sull'Equo Canone i contratti relativi ad immobili destinati ad uso abitativo siti in Comuni che al censimento del 1971 avevano popolazione residente fino a 5.000 abitanti qualora, nel quinquennio precedente l'entrata in vigore della presente legge, e successivamente ogni quinquennio, la popolazione residente non abbia subito variazioni in aumento, o comunque l'aumento percentuale sia stato inferiore a quello medio nazionale, secondo i dati pubblicati dall'ISTAT . Orbene, sul punto, deve innanzitutto rilevarsi che, per le locazioni di immobili siti in Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, la norma suddetta, mentre assoggetta le stesse egualmente alla legge sull'equo canone allorché ricorrano, alternativamente, due condizioni ovvero, variazioni in aumento della popolazione ad ogni quinquennio successivo all'entrata in vigore della legge, oppure un aumento percentuale che non sia stato inferiore a quello medio nazionale, secondo i dati pubblicati dall'ISTAT , non dà affatto rilievo, nella stessa prospettiva, ad alcuna situazione di tensione abitativa , la quale, semmai, costituisce la ratio sottesa alla previsione di quelle due condizioni. Già su questo piano, dunque, la censura del ricorrente appare, per così dire, fuori fuoco . Dirimente e', tuttavia, la constatazione che il G. come si notava appena sopra - non si confronta in modo adeguato con le due rationes decidendi individuate dalla sentenza impugnata per ritenere applicabile l'esenzione di cui alla norma in esame l'essere fatto notorio locale che, dal 1971 al 1989, il Comune di OMISSIS non abbia subito alcuna variazione in aumento di popolazione, ed essere stata, addirittura, accertata l'esistenza di una diminuzione di popolazione dal 1971 al 2011, in base alla documentazione prodotta in appello dalla Parrocchia, produzione ritenuta ammissibile dalla Corte territoriale a norma dell'articolo 437 c.p.c. Nessuna di tali rationes risulta, infatti, adeguatamente contestata. Non la prima, perché il ricorrente si limita ad affermare, quanto alla ritenuta notorietà locale nozione cui questa Corte ha già dato, in passato, rilievo cfr. Cass. Sez. 3, sent. 18 luglio 2011, numero 15715, Rv. 619487-01 circa l'assenza di variazioni in aumento della popolazione del Comune di OMISSIS , che non si sa dove e su che base derivata , mostrando, però, di ignorare che il ricorso al fatto notorio attiene all'esercizio di un potere discrezionale riservato al giudice di merito e sindacabile, in sede di legittimità, solo se la decisione della controversia si basi su un'inesatta nozione del notorio - da intendersi come fatto conosciuto da un uomo di media cultura, in un dato tempo e luogo - e non anche per inesistenza o insufficienza della motivazione, non essendo egli tenuto ad indicare gli elementi su cui si fonda la sua determinazione Cass. Sez. 3, sent. 10 settembre 2015, numero 17906, Rv. 636706-01 . D'altra parte, non adeguatamente contrastata è anche l'altra ratio , visto che la censura che attiene alla non indispensabilità della documentazione prodotta dalla Parrocchia perché, secondo il ricorrente, smentita da quella da esso G. offerta , si pone in contrasto con il principio secondo cui, nel rito del lavoro, e dunque anche in quello locatizio soggetto alla stessa disciplina, l'acquisizione di nuovi documenti o l'ammissione di nuove prove da parte del giudice di appello rientra tra i poteri discrezionali allo stesso riconosciuti dagli articolo 421 e 437 c.p.c., e tale esercizio è insindacabile in sede di legittimità anche quando manchi un'espressa motivazione in ordine alla indispensabilità o necessità del mezzo istruttorio ammesso, dovendosi la motivazione ritenere implicita nel provvedimento adottato Cass. Sez. 3, sent. 19 dicembre 2016, numero 26117, Rv. 642341-01 . 8.1.2. Tuttavia, proprio la circostanza che il contratto corrente tra il G. e la Parrocchia fosse ab origine sottratto all'applicazione del capo I della L. numero 392 del 1978 comporta che, a seguito dell'entrata in vigore della L. 9 dicembre 1998, numero 431 o meglio, a seguito del primo rinnovo contrattuale avvenuto nella vigenza della nuova disciplina, e dunque quello realizzatosi il 30 settembre 2001 , dovesse trovare applicazione l'articolo 13 Legge stessa, e non certo l'articolo 79 della cd. Legge sull'Equo Canone. In senso contrario, infatti, non può invocarsi - come ha osservato anche il Procuratore Generale presso questa Corte l'arresto con cui questo giudice di legittimità si tratta di Cass. Sez. 3, sent. 5 giugno 2009, numero 12996, Rv. 608386-01 ha riconosciuto l'ultrattività della L. numero 392 del 1978, articolo 79 giacché essa presuppone - secondo quanto risulta proprio da tale pronuncia e, più in generale, dal conforme indirizzo giurisprudenziale che ne è derivato - che il contratto, già prima dell'avvento dello ius superveniens costituito dalla L. numero 431 del 1998, fosse soggetto, appunto, alla disciplina dell'equo canone. Questa Corte, infatti, ha più volte affermato che la rinnovazione tacita di un contratto con canone ultralegale, intervenuta successivamente all'entrata in vigore della L. 9 dicembre 1998, numero 431 , legittima il conduttore solo ad esercitare l'azione prevista dalla L. 27 luglio 1978, numero 392, articolo 79 onde ottenere l'applicazione del canone cd. equo, determinato ai sensi degli articolo 12 e ss. citata L. numero 392, a decorrere dall'origine del contratto e fino alla sua naturale scadenza, ivi compreso il periodo successivo alla rinnovazione tacita avvenuta nel vigore della L. numero 431 del 1998 senza distinzioni di sorta, dunque, tra il primo periodo e i successivi , con sostituzione imperativa del canone convenzionale ai sensi dell'articolo 1339 c.c. Cass. Sez. 3, sent. 24 febbraio 2015, numero 3596, Rv. 634782-01 ma nello stesso senso anche Cass. Sez. 3, sent. 19 luglio 2013, numero 17696 Cass. Sez. 6-3, ord. 30 ottobre 2013, numero 24498 Cass. Sez. 3, sent. 29 novembre 2013, numero 26802, tutte non massimate . Essa, inoltre, ha pure precisato, in un successivo arresto, che la - differente - proposta di esegesi della L. numero 431 del 1998, articolo 14, comma 5, nel senso che esso avrebbe assicurato la permanenza del regime di equo canone per la durata contrattuale situatasi sì durante la vigenza della L. numero 431 del 1998, ma fino al momento della rinnovazione tacita intervenuta sotto ed alla stregua di essa quoad durata, non solo omette di considerare le ampie considerazioni di Cass. numero 12996 del 2009 paragrafo 2.3. sul significato della detta norma e dell'ultrattività della L. numero 392 del 1978, articolo 79 da essa giustificata , ma si risolve in un'esegesi delle parole per tutta la loro durata che, supponendo che tale espressione riguardi il contratto in corso solo fino al periodo di rinnovazione tacita intervenuto sotto l'impero della legge del 1998, trascura completamente il valore che proprio alla tacita rinnovazione deve attribuirsi in termini di permanenza della nullità della clausola attributiva del canone ultralegale prima di quella rinnovazione, siccome ampiamente motivato dalla sentenza nel paragrafo 2.4. così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 29 settembre 2015, Rv. 636999-01 . Presupposto, però, per l'applicazione ultrattiva della L. numero 392 del 1978, articolo 79 per tutta la durata del contratto, pur rinnovatosi - quoad durata - ai sensi della sopravvenuta L. numero 431 del 1998, è che il regime vincolistico , quanto alla misura del canone locatizio, fosse, appunto, quello della L. numero 392 del 1978. Nella specie, per contro, la relazione contrattuale era sottratta all'applicazione del capo I della legge sull'equo canone, sicché una volta entrata in vigore la nuova legge prevista per le locazioni ad uso abitativo - non vi era ragione per escludere, in occasione del primo rinnovo, l'applicazione della L. numero 431 del 1998, articolo 13, comma 1, che ha sancito la nullità della pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato come, appunto, lamentato nel caso di specie . Pertanto, la censura oggetto, in particolare, del primo motivo di ricorso va accolta, nei termini appena indicati. 8.2. Quanto, invece, ai motivi terzo e quarto - anch'essi suscettibili di scrutinio congiunto, concernendo ambedue l'accoglimento della riconvenzionale della Parrocchia avente ad oggetto il risarcimento dei danni all'immobile locato - deve rilevarsene l'inammissibilità. 8.2.1. A tale esito, peraltro, non si perviene - come assume, invece, la controricorrente - ai sensi dell'articolo 348-ter c.p.c., u.c., giacché tale norma, ancorché astrattamente applicabile ratione temporis al presente giudizio, non può trovare in concreto applicazione. Essa, infatti, nei casi di cd. doppia conforme di merito , preclude la proposizione solo delle censure formulate ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5 , mentre nessuno dei motivi del presente ricorso è proposto per censurare l'omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, ai sensi della norma appena richiamata, essendo invece denunciati o vizi di falsa applicazione di norme di diritto, oppure carenze motivazionali. L'inammissibilità dei presenti motivi discende, per contro, va affermata alla stregua dalle seguenti ragioni. 8.2.2. Invero, la censura secondo cui la Corte territoriale avrebbe dovuto ritenere non dimostrato che la causa degli asseriti danni e vizi fosse ascrivibile all'esecuzione dei lavori effettuati dal conduttore, si presenta inammissibile alla luce del principio secondo cui l'errore compiuto dal giudice di merito nell'individuare la regola giuridica in base alla quale accertare la sussistenza del nesso causale tra fatto illecito ed evento è censurabile in sede di legittimità ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, mentre l'eventuale errore nell'individuazione delle conseguenze che sono derivate dall'illecito, alla luce della regola giuridica applicata, costituisce una valutazione di fatto, come tale sottratta al sindacato di legittimità, se adeguatamente motivata Cass. Sez. 3, sent. 25 febbraio 2014, numero 4439, Rv. 630127-01 Cass. Sez. 3, ord. 10 aprile 2019, numero 9985, Rv. 653576-01 . Inammissibile, egualmente, è anche la censura di violazione dell'articolo 2697 c.c., formulata sul rilievo che la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto dimostrati i danni denunciati dalla Parrocchia, nonostante che la stessa non avesse assolto l'onere di fornirne la prova . Si tratta, per vero, di censura che attiene all'apprezzamento della prova, mentre la violazione del precetto di cui all'articolo 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 , è configurabile soltanto nell'ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l'onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni così, da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 29 maggio 2018, numero 13395, Rv. 64903801 evenienza, quella appena indicata, che non risulta lamentata nel caso di specie, restando, invece, inteso che - come, appunto, avvenuto nel caso in esame - laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti , essa può essere fatta valere ai sensi del medesimo articolo 360, numero 5 Cass. Sez. 3, sent. 17 giugno 2013, numero 15107, Rv. 626907 - 01 , ovviamente entro i limiti ristretti del nuovo suo testo Cass. Sez. 3, ord. numero 13395 del 2018, cit. . Quanto, invece, all'adesione del giudice alle valutazioni del consulente tecnico d'ufficio, la stessa non può tacciarsi di acriticità o apoditticità . Difatti, è vero che il giudice del merito, mentre non è tenuto a fornire un'argomentata e dettagliata motivazione là dove aderisca alle elaborazioni del consulente ed esse non siano state contestate in modo specifico dalle parti , qualora, invece, siano state sollevate censure dettagliate e non generiche, ha l'obbligo di fornire una precisa risposta argomentativa correlata alle specifiche critiche sollevate, corredando con una più puntuale motivazione la propria scelta di aderire alle conclusioni del consulente d'ufficio Cass. Sez. 3, sent. 19 giugno 2015, numero 12703, Rv. 635763-01 nello stesso anche Cass. Sez. 1, sent. 31 novembre 2016, numero 23637, Rv. 642660-01, Cass. Sez. 1, ord. 11 giugno 2018, numero 15147, Rv. 649560-01, nonché, in motivazione, Cass. Sez. 6-Lav., ord. 9 ottobre 2017, numero 23493, Rv. 645668-01 . Nondimeno, tale onere è stato soddisfatto nel caso che occupa, atteso l'ampio spazio - più di dodici pagine - che la sentenza riserva all'individuazione e quantificazione dei danni, tutti descritti analiticamente. Fermo restando, peraltro, in ogni caso che la censura è inammissibile a norma dell'articolo 366 c.p.c., comma 1, numero 6 , se è vero che la contestazione del vizio motivazionale elevata nei confronti della motivazione della sentenza che recepisca le conclusioni della CTU non può limitarsi al rilievo di una insufficienza dell'indicazione delle ragioni del detto recepimento , dovendo il ricorrente indicare - a norma dell'articolo 366 c.p.c., comma 1, numero 6 - il fatto storico , il cui esame sia stato omesso, il dato , testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività , adempimenti che questa Corte ha escluso essere stati correttamente compiuti qualora, come avvenuto pure nel caso in esame, nella articolazione delle censure non venga specificatamente indicato in quale parte la CTU non si sia fatta carico di esaminare e confutare i rilievi di parte, limitandosi la ricorrente a giustapporre le proprie valutazioni alle conclusioni dei consulenti , senza che siano precisati i passaggi della consulenza nella quale siano mancati l'esame e la confutazione dei rilievi di parte così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 26 luglio 2017, numero 18391, non massimata in senso analogo anche Cass. Sez. 1, sent. 3 giugno 2016, numero 11482, Rv. 639844-01 Cass. Sez. 1, ord. 3 agosto 2017, numero 19427, Rv. 645178-02 . Quanto, invece, alla censura di travisamento delle risultanze istruttorie, deve farsi applicazione del principio secondo cui l'eventuale l'esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5 che attribuisce rilievo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio , né in quello del precedente numero 4 , disposizione che - per il tramite dell'articolo 132 c.p.c., numero 4 , - dà rilievo unicamente all'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante Cass. Sez. 3, sent. 10 giugno 2016, numero 11892, Rv. 640194-01 in senso conforme, tra le altre, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 12 ottobre 2017, numero 23940 Cass. Sez. 3, sent. 12 aprile 2017, numero 9356, Rv. 644001-01 Cass. Sez. 1, ord. 26 settembre 2018, numero 23153, Rv. 650931-01 Cass. Sez. 3, ord. 30 ottobre 2018, numero 27458, Cass. Sez. 6-2, ord. 18 marzo 2019, numero 7618 . Infine, nessuna violazione degli articolo 1218,1576 e 1590 c.c. può addebitarsi alla sentenza impugnata, avendo essa ravvisato un inadempimento del conduttore all'obbligo assunto, contrattualmente, non solo di restituire lo stesso in buono stato di conservazione , ma pure di eseguire gli interventi di manutenzione straordinaria, sicché le censure del ricorrente, anche sotto questo profilo, si risolvono nella contestazione relativa all'effettiva riconducibilità, al suo contegno, dei danni riscontrati nell'immobile. Ma si tratta, a ben vedere, di una doglianza che è estranea di violazione di legge, se è vero che essa consiste nella deduzione di un'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e', invece, esterna all'esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità da ultimo, ex multis , Cass. Sez. 1, ord. 13 ottobre 2017, numero 24155, Rv. 645538-03 Cass. Sez. 1, ord. 14 gennaio 2019, numero 640, Rv. 652398-01 Cass. Sez. 1, ord. 5 febbraio 2019, numero 3340, Rv. 652549-02 , e ciò in quanto il vizio di sussunzione postula che l'accertamento in fatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo ed indiscusso, sicché è estranea alla denuncia del vizio di sussunzione ogni critica che investa la ricostruzione del fatto materiale, esclusivamente riservata al potere del giudice di merito Cass. Sez. 3, ord. 13 marzo 2018, numero 6035, Rv. 648414-01 . Ne consegue, quindi, che il discrimine tra l'ipotesi di violazione di legge in senso proprio a causa dell'erronea ricognizione della fattispecie astratta normativa e l'ipotesi della erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest'ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa così, in motivazione, Cass. Sez., Unumero , sent. 26 febbraio 2021, numero 5442 evenienza, quest'ultima, che ricorre nel caso di specie, visto che il presente motivo sollecita, in realtà, un diverso apprezzamento delle risultanze istruttorie. 9. In conclusione, in accogliento - per quanto di ragione - dei motivi primo e secondo, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di Appello di Genova, in diversa composizione, per la decisione sul merito della controversia e per la liquidazione delle spese anche del presente giudizio , alla stregua del presente principio ai contratti conclusi anteriormente all'entrata in vigore della L. 9 dicembre 1998, numero 431 e rinnovatisi dopo la sua entrata in vigore, ma non assoggettati al momento della stipulazione alla disciplina di cui al capo I della L. 27 luglio 1978, numero 392, si applica la predetta L. numero 431 del 1998, articolo 13 con conseguente diritto del conduttore, a far data dalla prima rinnovazione successiva all'entrata in vigore dello ius superveniens , a ripetere il canone di locazione versato in misura superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato . P.Q.M. La Corte accoglie, per quanto di ragione, i motivi di ricorso primo e secondo, dichiarando inammissibili i motivi terzo e quarto, e cassa in relazione la sentenza impugnata, rinviando alla Corte di Appello di Genova in diversa composizione per la decisione nel merito, oltre che sulle spese anche del presente giudizio.