Il GIP dispone che il PM svolga ulteriori indagini per mezzo dell’interrogatorio dell’indagato. È un provvedimento abnorme?

«Va rimesso alle Sezioni Unite il seguente quesito se sia abnorme il provvedimento col quale il GIP, decidendo sulla richiesta di archiviazione, restituisca gli atti al P.M. perché provveda all’interrogatorio dell’indagato, laddove nell’ordinanza non vi sia l’indicazione di ulteriori indagini da compiere».

La Corte di Cassazione, con la pronuncia numero 36417/2021, depositata il 7 ottobre, è chiamata a pronunciarsi in tema di abnormità del provvedimento del GIP in caso di archiviazione, con particolare alla dibattuta questione della qualificazione dell' interrogatorio dell'indagato come atto di indagine. Il fatto. Il GIP presso il Tribunale di Ancona rigettava la richiesta di archiviazione avanzata dal PM in sede e, contestualmente, disponeva la restituzione degli atti alla Procura per la prosecuzione delle indagini rispetto ad altra figura di reato e per il mezzo dell'interrogatorio degli indagati.  Avverso tale provvedimento ricorre il PM procedente, lumeggiando l'abnormità dell'ordinanza impugnata alla luce del consolidato orientamento alla stregua del quale l'interrogatorio dell'indagato non costituisce atto investigativo, bensì rappresenta una garanzia difensiva . Tuttavia, con requisitoria scritta, la Procura Generale chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile, sulla scorta dei principi condivisi dall'opposto indirizzo pretorio più recente secondo cui per l'integrazione dell'abnormità provvedimentale è necessario che si realizzi uno stallo nel procedimento di tipo meccanicistico. La questione è dibattuta. È necessario l'intervento delle Sezioni Unite. I Giudici di Legittimità della Seconda Sezione, dinanzi alla doglianza sollevata dal P.M. e alla contraria richiesta della Procura Generale, registrano effettivamente l'esistenza di due indirizzi interpretativi tra loro collidenti . A tenore della tesi più datata, l'ordinanza del GIP che dispone, ex articolo 409, comma 4, c.p.p., la prosecuzione delle indagini per il solo mezzo dell'interrogatorio dell'indagato sarebbe affetta da abnormità . Ciò perché l'interrogatorio costituisce atto di garanzia difensiva e non uno strumento di indagine. Secondo il più recente orientamento, invece, poiché l'abnormità provvedimentale non può prescindere da una stasi del procedimento e da un'indebita regressione cronologica degli atti, l'ordinanza del GIP che disponga ulteriori indagini per mezzo dell'interrogatorio dell'indagato non è abnorme. Sulla scorta di tale contrasto, il Collegio Decidente ritiene di dover offrire una soluzione univoca alla questione. Pertanto, alla luce della diatriba esegetica così delineata, la Sezione Seconda, ex articolo 618 c.p.p., rimette la questione al Supremo Consesso della Corte di Cassazione, ponendo il seguente quesito di diritto se sia abnorme il provvedimento col quale il GIP, decidendo sulla richiesta di archiviazione, restituisca gli atti al PM  perché provveda all'interrogatorio dell'indagato, laddove nell'ordinanza non vi sia l'indicazione di ulteriori indagini da compiere.

Presidente Diotallevi – Relatore Turtur Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 23/04/2021 ii G.i.p. del Tribunale di Ancona rigettava la richiesta di archiviazione avanzata dal Pubblico Ministero nei confronti di F.C. e A.R., indagati per i reati di cui agli articolo 633 e 635 c.p. , e, contestualmente, disponeva che il Pubblico Ministero istruisse il procedimento nel termine di 90 giorni con ulteriori indagini volte all'accertamento delle singole responsabilità in ordine al delitto di cui all' articolo 646 c.p. , ravvisabile nell'appropriazione di parti del locale ad uso commerciale paiono segnatamente da tenere distinte le posizioni del F. e dell' A. in considerazione dell'arco temporale in cui ciascuno ha gestito l'attività . Pare da verificare anche la sussistenza dell'aggravante dell'esposizione alla pubblica fede delle vetrine danneggiate, sostenuta dall'opponente con riferimento al delitto di cui all' articolo 635 c.p. . Dovrà quindi procedersi all'interrogatorio degli indagati e, sulla scorta delle loro dichiarazioni, assumere ulteriori elementi atti a chiarire la vicenda . 2. Ha proposto ricorso il Pubblico Ministero chiedendo l'annullamento dell'ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Ancona, con un unico articolato motivo di ricorso, con il quale è stata dedotta l'abnormità dell'ordinanza pronunciata, atteso che il G.i.p., pur dichiarando inammissibile l'opposizione all'archiviazione e non pronunciandosi sui reati ipotizzati ex articolo 633 e 635 c.p. , per i quali era stata richiesta l'archiviazione, aveva rigettato la richiesta avanzata ex articolo 408 c.p.p. , ritenendo sussistente il diverso reato di cui all' articolo 646 c.p. , ed aveva ordinato conseguentemente lo svolgimento di ulteriori indagini consistenti esclusivamente nell'interrogatorio degli indagati al fine di verificare la possibilità di assumere ulteriori elementi atti a chiarire la vicenda. Il Pubblico Ministero, dopo aver sottolineato come fossero stati richiesti approfondimenti su reato diverso da quello oggetto di indagine, ha evidenziato che non era stata indicata dal G.i.p. alcuna indagine suppletiva, ma il mero interrogatorio degli indagati, in assenza del presupposto processuale di riferimento, con conseguente stasi del procedimento. A sostegno del motivo proposto venivano richiamate Sez. 2, numero 15299 del 21/12/2012, P.M. in proc. Trisolino, Rv. 256480-01, Sez. 6, numero 1052 del 14/11/2012, P.O. in proc. Argenio, Rv. 253650-01, nonché Sez. 6, numero 1783 del 19/12/2005, P.M. in proc. Grilli, Rv. 233388-01 secondo le quali si doveva ritenere abnorme l'ordinanza con la quale il G.i.p., in esito ad udienza camerale fissata a seguito di opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione indichi al P.M. di svolgere l'interrogatorio dell'indagato, non essendo tale atto mezzo di indagine, ma strumento di garanzia e difesa. Il Pubblico Ministero ricorrente ha richiamato anche la decisione della Sez. 6, numero 48573 del 14/03/2019, PMT C/Calcano, Rv. 277412-01 che ha affermato un principio contrario, rilevando la natura minoritaria di tale orientamento e la non condivisibilità dello sforzo ermeneutico proposto volto ad identificare l'abnormità con uno stallo della procedura di tipo meccanicistico e non sostanziale, mentre nel caso concreto oggetto di ricorso si assiste ad una indebita regressione della sequenza logico cronologica del procedimento. 3. La Procura Generale con requisitoria scritta ai sensi del D.L. numero 137 del 2020, articolo 23, ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile, condividendo il principio di diritto espresso da Sez. 6, numero 48573 del 14/03/2019. Considerato in diritto 1. La vicenda posta all'attenzione del Collegio riguarda l'applicazione di una disposizione sulla cui esegesi la giurisprudenza di legittimità ha assunto posizioni contrastanti già oggetto di segnalazione da parte dell'Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di cassazione. Nel caso di specie il G.i.p., nel pronunciare ordinanza di rigetto della richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero, ha formulato un ordine di svolgimento di ulteriori indagini per l'accertamento delle singole responsabilità in relazione ad un reato diverso da quello contestato articolo 646 c.p. , anziché articolo 633 e 635 c.p. , indagini individuate esclusivamente nell'interrogatorio degli indagati, per giungere eventualmente, sulla scorta delle loro dichiarazioni , ad assumere ulteriori elementi atti a chiarire la vicenda. 2. Il ricorso del Pubblico Ministero, e le stesse conclusioni articolate dalla Procura Generale, hanno evidenziato la presenza di un contrasto radicato ed attuale, concernente l'ambito dei poteri del G.i.p., ai sensi dell' articolo 409 c.p.p. , comma 4, nell'indicare le ulteriori indagini ritenute necessarie, in particolare con riferimento all'eventuale abnormità derivante dal provvedimento che individui tali indagini esclusivamente nell'interrogatorio degli indagati. 2.1. Il vaglio di legittimità della decisione impugnata e', pertanto, direttamente legato alla corretta delimitazione dell'ambito di operatività di tale disposizione, quanto alla portata dei poteri del G.i.p., da leggere alla luce della disciplina ricavabile dagli articolo 326 e 358 c.p.p. , secondo i quali il Pubblico Ministero ha il dovere di compiere ogni attività necessaria ai fini delle determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale nell'ambito del principio di completezza delle indagini preliminari. L' articolo 409 c.p.p. , comma 4, risulta posto, anche nella lettura datane dalla Corte costituzionale, a presidio della completezza dell'indagine al fine di evitare un esercizio solo apparente dell'azione penale. Corte Cost. numero 88 del 1991 , numero 263 del 1991 . Tuttavia, la stessa Corte costituzionale ha anche precisato come l'indicazione del giudice operi come devoluzione di un tema d'indagine che il Pubblico Ministero deve svolgere in piena autonomia e libertà di scelta circa la natura, il contenuto e le modalità di assunzione dei singoli atti necessari al fine dell'eventuale esercizio dell'azione penale Corte Cost. numero 253 del 1991 , Corte Cost. numero 96 del 2014 . 3. In tale quadro di riferimento normativo va ricondotta la questione oggetto del presente procedimento. La giurisprudenza ha affrontato la questione controversa secondo direttrici diversificate, che si polarizzano in due orientamenti contrapposti. 3.1. Un primo indirizzo si colloca in una prospettiva che configura come affetto da abnormità il provvedimento del G.i.p. che disponga, quale indagine suppletiva, a seguito del rigetto della richiesta di archiviazione, l'interrogatorio degli indagati Sez. 6, numero 13892 del 04/03/2014, Buongiorno, Rv. 259459-01, Sez. 6, numero 1052 del 09/01/2013, P.O. in proc. Argenio, Rv. 253650-01, Sez. 2, numero 15299 del 21/12/2012, P.M. in proc. Trisolino, Rv. 256480-01, Sez. 3, numero 23930, del 27/05/2010, B., Rv. 247875-01, Sez. 6, numero 1783 del 17/0 1/2006, P.M. in proc. Grilli, Rv. 233388-01, Sez. 5, numero 2293 del 14/05/1999, PM in proc. Vio, Rv. 213733-01 . Questa prima linea interpretativa sottolinea come sia stato più volte ribadito il principio affermato da Sez. 6, numero 1783 del 17/0 1/2006, P.M. in proc. Grilli, Rv. 233388-01, ossia che nell'ipotesi in cui il giudice per le indagini preliminari non accolga la richiesta di archiviazione e richieda nuove indagini, ai sensi dell' articolo 409 c.p.p. , comma 4, deve ritenersi abnorme e quindi impugnabile in cassazione il provvedimento con cui si indichi al P.M. lo svolgimento dell'interrogatorio dell'indagato, non essendo tale atto un mezzo di indagine, bensì soltanto una garanzia difensiva nello stesso senso, già in precedenza, Sez. 5, numero 2293 del 14/05/1999, PM in proc. Vio, Rv. 213733-01 . E' stato osservato che, in questo caso, appare contraddittorio che il giudice, da un lato, disponga un supplemento d'indagine perché non è in grado di decidere sull'infondatezza o fondatezza della notizia di reato ipotesi, quest'ultima, che peraltro avrebbe comportato l'invito al Pubblico Ministero di formulare l'imputazione e, dall'altro, disponga l'espletamento di un atto, l'interrogatorio, che postula la formulazione di un'imputazione un atto, come l'interrogatorio, che non è un mezzo d'indagine non avendo l'indagato alcun dovere di accusarsi o di discolparsi o di fornire elementi di riscontro alla tesi avversa , ma si caratterizza piuttosto quale strumento di garanzia difensiva, rilevante in quanto sia stata effettivamente formulata la contestazione dell'accusa, al fine di garantire, mediante l'indicazione di precisi elementi, il perimetro del coinvolgimento dell'indagato, così da non entrare in conflitto con la presunzione di non colpevolezza dello stesso. Il punto centrale di questo orientamento, nell'evidenziare l'abnormità della disposizione del G.i.p., è quello riconducibile alla valenza del necessario collegamento tra imputazione ed interrogatorio dell'indagato, momento in cui viene evidenziata la funzione tipica di garanzia difensiva dell'atto processuale. L'abnormità rilevata sembra incidere, dunque, su diversi principi costituzionalmente rilevanti, rappresentati da una parte dall'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale e relativi poteri conseguentemente attribuiti al Pubblico Ministero nella valutazione degli elementi oggetto d'indagine e, dall'altra, dalla presunzione di non colpevolezza dell'indagato, chiamato a rendere dichiarazioni in mancanza di una chiara contestazione del fatto allo stesso ascritto. In tal senso, Sez. 6, numero 1052 del 09/01/2013, P.O. in proc. Argenio, Rv. 253650-01 ha affermato che l'interrogatorio dell'indagato non è un atto geneticamente volto alla ricerca di elementi prova, bensì un incombente tipico da effettuare, una volta acquisite circostanze tali da superare la soglia del mero sospetto nei confronti dell'indagato, come atto di difesa e garanzia dello stesso dalle cui dichiarazioni possono eventualmente emergere ulteriori elementi rispetto a quelli già acquisiti . Secondo la Corte tale principio discende dalle disposizioni di cui all' articolo 374 c.p.p. , articolo 375 c.p.p. , comma 3, e articolo 376 c.p.p. , per le quali è l'indagato che può presentarsi spontaneamente agli inquirenti, mentre l' invito a presentarsi e l' accompagnamento coattivo possono essere disposti soltanto nei casi stabiliti dalla legge, come stabilisce l' articolo 132 c.p.p. . E' stato osservato, ancora, che tra tali casi non vi è alcun riferimento a esclusive finalità investigative, essendo previsto che l'invito a presentarsi deve, contenere l' enunciazione del fatto quale risulta dalle indagini fino a quel momento compiute . L'abnormità della disposizione da parte del G.i.p., che con la richiesta di indagini identifichi queste esigenze esclusivamente nell'interrogatorio dell'indagato, viene affermata in considerazione del fatto che pur rientrando astrattamente tale potere nell'ambito delle competenze attribuite all'ufficio -concretamente la stessa si manifesta avulsa dal sistema processuale e dalle competenze del Pubblico Ministero. Infatti, con l'invito a presentarsi, l'indagato dovrebbe essere chiamato rispondere a sua difesa su atti d'indagine già compiuti e che consentano di formulare un addebito a suo carico, seppur provvisorio una situazione che appare palesemente in contrasto con la presenza di una richiesta di archiviazione già formulata dal Pubblico Ministero. Nella stessa direzione si colloca Sez. 2, numero 15299 del 03/04/2013, P.M. in proc. Trisolino, Rv. 256480-01 nell'ambito della quale è stato oggetto di analisi critica il diverso principio affermato da Sez. 2, numero 36936 del 28/09/2011, P.M. in proc. Giacoia, Rv. 251139-01 in questo caso è stato osservato come non sia convincente l'identificazione dell'abnormità con uno stallo della procedura di tipo meccanicistico e non sostanziale, tale da poter escludere la configurabilità di un atto abnorme anche nel caso dell'imposizione al Pubblico Ministero dell'interrogatorio dell'indagato, pur in assenza di tutti i presupposti processuali necessari, e ciò esclusivamente per la presenza di un potere del G.I.P. di restituzione degli atti al P.M. per effettuare nuovi approfondimenti di indagini. Con la sentenza numero 15299/2013 la Seconda sezione ha chiarito che se questa Corte ha progressivamente elaborato e circoscritto la nozione di atto abnorme, le cui caratteristiche di identificazione sono costituite dall'essere il provvedimento del tutto avulso dal sistema e dalla sua capacità di determinare la stasi del procedimento, ovvero una indebita regressione della sequenza logico-cronologica del procedimento, incompatibile col principio costituzionale della ragionevole durata del processo è evidente che imbastire un atto processuale che manca dei requisiti minimali di validità basti pensare che il P.M. non può procedere a contestazioni perché l'accusa è tanto dubbia da averne chiesto l'archiviazione costituisce una alterazione della struttura logica del processo ed una implicita stasi dello stesso assolutamente ingiustificabile , anche perché il sistema contempla l'interrogatorio dell'indagato come strumento di garanzia dopo l'arresto del medesimo, cioè dopo che a suo carico siano emersi gravi indizi Sez. 3, numero 23939 del 27/05/2010, B. Rv. 247875-01 . 4. Un secondo ed opposto orientamento, mutuato, nelle sue più recenti decisioni, dalla Quinta e dalla Sesta sezione della Corte di cassazione Sez. 5, numero 29879 del 15/09/2020, PMT, Rv. 279700-01, Sez. 6, numero 48753 del 14/03/2019, PMT e. Calcano, Rv. 277412-01 , ritiene, invece, che non è abnorme il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari non accolga la richiesta di archiviazione e richieda nuove indagini, consistenti nell'interrogatorio dell'indagato, trattandosi di provvedimento che non determina alcuna stasi del procedimento. In tal senso è stato precisato che il giudice per le indagini preliminari legittimamente può indicare al Pubblico Ministero di procedere all'interrogatorio dell'indagato, non potendosi affermare a priori la superfluità delle dichiarazioni dell'indagato sul presupposto che quest'ultimo non ha alcun dovere di accusarsi, discolparsi o fornire riscontri alle tesi dell'accusa. Per tale linea ermeneutica l'atto non solo non presenta profili di abnormità, ma, al contrario, è espressione del legittimo esercizio del potere cognitivo conferito al giudice dal sistema processuale, come già affermato da Sez. 2, numero 36936 del 28/09/2011, P.M. in proc. Giacoia, Rv. 251139-01. Secondo l'interpretazione appena richiamata il giudice non ha esercitato poteri eccedenti la sua competenza, né reso una decisione che si colloca al di fuori del sistema organico della legge processuale o che comunque determini la paralisi del processo o l'impossibilità di proseguirlo. A sostegno della tesi secondo cui non sarebbe sussistente la denunciata abnormità vengono richiamate le decisioni delle Sezioni Unite che hanno delineato il concetto di abnormità del provvedimento limitandone la nozione ai provvedimenti extra norma e non anche contra norma Sez. U, numero 25957 del 26/03/2009, P.M. in proc. Toni, Rv. 243590-01, Sez. U, numero 22909 del 31/05/2005, P.M. in proc. Minervini, Rv. 231162-01 . In questo caso il provvedimento adottato non esorbita dalla sfera della legge processuale, né determina la sua stasi o l'impossibilità di proseguirlo, giacché non si realizza né un indebito ritorno ad una fase del procedimento già esaurita e conclusa, né una paralisi irrimediabile del suo corso, considerato che la sfera di valutazione del giudice per le indagini preliminari non è limitata ad un semplice esame della richiesta finale del pubblico ministero, ma è estesa al complesso degli atti procedimentali rimessi al giudice dell'organo requirente nel rispetto delle prerogative del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale Sez. 5, numero 29879 del 15/09/2020, PMT, Rv. 279700-01, Sez. 2, numero 36936 del 28/09/2011, P.M. in proc. Giacoia, Rv. 251139-01, Sez. 3, numero 47717 del 10/10/2003, P.M. in proc. Angelini, Rv. 226727-01 . 5. Ciò premesso, rileva il collegio come le Sez. U, numero 20569 del 18/01/2018, Ksouri, Rv. 272715-01, abbiano recentemente affrontato il tema dei rapporti tra G.i.p. e P.M. in un caso particolare, richiamando sistematicamente gli approdi della giurisprudenza di legittimità in tema di abnormità, in cui è stato affermato che L'abnormità costituisce, come è noto, una forma di patologia dell'atto giudiziario priva di riconoscimento testuale in un'esplicita disposizione normativa, ma frutto di elaborazione da parte della dottrina e della giurisprudenza, tramite cui si è inteso porre rimedio, attraverso l'intervento del giudice di legittimità, agli effetti pregiudizievoli derivanti da provvedimenti non previsti nominatim come impugnabili, ma affetti da tali anomalie genetiche o funzionali, che li rendono difformi ed eccentrici rispetto al sistema processuale e con esso radicalmente incompatibili. Le Sezioni Unite numero 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590-01, hanno delimitato l'area dell'abnormità, ricorribile per cassazione, nella sua duplice accezione, strutturale e funzionale, riconducendola ad un fenomeno unitario, caratterizzato dallo sviamento della funzione giurisdizionale, inteso non tanto quale vizio dell'atto, che si aggiunge a quelli tassativamente stabiliti dall' articolo 606 c.p.p. , comma 1, quanto come esercizio di un potere in difformità dal modello descritto dalla legge. Nello specifico settore dei rapporti tra giudice e pubblico ministero, l'abnormità strutturale è riconoscibile soltanto nel caso di esercizio da parte del giudice di un potere non attribuitogli dall'ordinamento processuale carenza di potere in astratto , ovvero di deviazione del provvedimento giudiziale rispetto allo scopo di modello legale nel senso di esercizio di un potere previsto dall'ordinamento, ma in una situazione processuale radicalmente diversa da quella configurata dalla legge e cioè completamente al di fuori dei casi consentiti, perché al di là di ogni ragionevole limite carenza di potere in concreto . L'abnormità funzionale, riscontrabile nel caso di stasi del processo e di impossibilità di proseguirlo, va limitata all'ipotesi in cui il provvedimento giudiziario imponga al Pubblico Ministero un adempimento che concretizzi un atto nullo rilevabile nel corso futuro del procedimento o del processo . 5.1. I due orientamenti richiamati, nella fattispecie in esame, si concentrano sullo specifico snodo processuale relativo all'esercizio di un potere effettivamente attribuito o meno dall'ordinamento processuale al G.i.p. l'orientamento che sostiene l'abnormità quanto alla richiesta di ulteriori indagini, identificate nell'interrogatorio degli indagati, configura tale richiesta come una situazione processuale di fatto del tutto diversa da quella disciplinata dalla legge. In tal senso anche la Dottrina ha evidenziato come la previsione di cui all' articolo 409 c.p.p. , comma 4, sia stata spesso considerata come un vero e proprio residuo della vischiosità inquisitoria, una forma di interferenza investigativa da parte del G.i.p., che trova la propria giustificazione soltanto nello svolgimento di indagini non ancora effettuate e da identificarsi compiutamente. La richiesta di svolgere quale attività integrativa l'interrogatorio dell'indagato, dunque, se riferita alla formulazione di un'imputazione per quanto possibile puntuale, sembra porsi in una situazione di sostanziale incompatibilità con l'invito rivolto al Pubblico Ministero quando non ricorre in concreto, nella valutazione proposta, un insieme di elementi sufficienti per giungere a tale formulazione. Se, dunque, l'indicazione di ulteriori indagini non può essere generica, si dovrebbe trattare di indagini possibili. 5.2. Il tema in esame interessa quindi più profili legati al principio di obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale e dei suoi presupposti , al potere di controllo del G.i.p. e suoi limiti ed, infine, alla natura dell'interrogatorio dell'indagato in questa fase procedimentale. La giurisprudenza di legittimità appare consolidata nel ritenere che tali norme debbano formare oggetto di rigorosa interpretazione. 5.3. Un ulteriore elemento di riflessione è rappresentato dalla considerazione relativa alla funzionalità dell'attività di indagine rispetto ad un irrimediabile stallo processuale legato alla mancanza di un'imputazione nella prospettiva del Pubblico Ministero, senza poter giungere alla formulazione di adeguate contestazioni. 5.4. Appare rilevante anche il tema concernente la qualificazione dell'interrogatorio quale atto a carattere investigativo. La disciplina in tema di interrogatorio, con particolare riferimento agli articolo 64 e 65 c.p.p. , può fornire utili elementi di riflessione, nel senso che potrebbe essere ipotizzata una criticità di sistema rispetto alla necessità di una formulazione dell'accusa chiara e precisa funzionale ad evitare uno stallo processuale. Il tema si presenta in sostanziale e diretta interferenza con l'analisi fornita dalla Dottrina quanto alla posizione che l'imputato può assumere nella formazione della prova, nel duplice ruolo di organo e oggetto di prova articolo 349 c.p.p. , comma 2, comma 2-bis, articolo 354 c.p.p. , comma 3, articolo 352,359,359-ivs, 360, 361, 213, 220 c.p.p. . La considerazione dell'imputato o indagato quale organo di prova è da riferire e considerare inerente normalmente al concetto di autodifesa, che si articola sia nel contributo attivo di rendere dichiarazioni relative all'accertamento del fatto, che nella cd. autodifesa passiva, ovvero nell'esercizio del diritto a non rendere dichiarazioni. Peraltro, secondo il principio di non colpevolezza, sembra necessario guardare all'indagato come alla persona meno informata dei fatti oggetto d'imputazione, in ossequio al rispetto dell'onere della prova gravante sulla pubblica accusa per la formulazione finale di una chiara imputazione. Pertanto, anche se si può convenire sulla natura investigativa dell'interrogatorio in fase d'indagine, sembrano emergere, tuttavia, elementi di criticità quando, come nel caso in esame, di fatto un'imputazione non solo sia assente, ma anche non ritenuta possibile dal Pubblico Ministero tanto da giustificare una richiesta di archiviazione. 6. Per le considerazioni svolte, perché possa trovare risoluzione il contrasto di orientamenti delineatosi nella giurisprudenza di questa Corte circa l'abnormità o meno del provvedimento del G.i.p. sulla richiesta di archiviazione avanzata dal P.M., con il quale invece restituisca gli atti al Pubblico Ministero perché provveda all'interrogatorio dell'imputato, laddove tuttavia nell'ordinanza medesima manchi la prevista indicazione delle ulteriori indagini da compiere, il ricorso deve essere rimesso alle Sezioni Unite perché stabiliscano Se sia abnorme il provvedimento con il quale il G.i.p. decidendo sulla richiesta di archiviazione restituisca gli atti al Pubblico Ministero perché provveda all'interrogatorio dell'imputato, laddove tuttavia nell'ordinanza medesima manchi l'indicazione delle ulteriori indagini da compiere . P.Q.M. Rimette il ricorso alle Sezioni Unite.